Tuttavia, se dall’ambito dei media classici transitiamo alle molteplici forme di comunicazione che si avvalgono delle reti telematiche, il quadro si complica ulteriormente. In linea di principio, sembra corretto proporre una prima articolazione della comunicazione umana in tre ambiti di interesse: interpersonale, di massa, mediata dai nuovi dispositivi digitali (i cosiddetti “nuovi media”). A uno sguardo più attento tale classificazione si rivela però parziale ed arbitraria, non sempre adeguata a render conto dei casi particolari e delle molteplici declinazioni che si incontrano nel mondo della comunicazione.
Come classificare infatti i personal media, ossia quelle forme di comunicazione interpersonale, che si avvalgono di evolute tecnologie, al fine di estendere le naturali facoltà umane? È il caso del telefono mobile, uno strumento basato su sofisticati componenti microelettronici e dunque complesso nei suoi aspetti tecnologici, ma percepito come “naturale” nelle pratiche di consumo quotidiane, richiedendo per il suo utilizzo un bagaglio di competenze relativamente limitato. Per inciso, i telefoni cellulari di prima generazione, che si affermarono nel corso degli anni Novanta, accompagnando il boom delle utenze mobili nel nostro Paese, si basavano su una tecnologia di trasmissione analogica, oggi non più supportata dagli operatori, denominata Tacs (Total
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Access Communications System), che non permetteva l’accesso a servizi diversi dalla comunicazione vocale, come sms, fax ed e-mail: a rigore, non avrebbero potuto essere apparentati con le più sofisticate device digitali, ma il loro uso venne comunque catalogato tra le forme di comunicazione innovative, nella misura in cui rompeva attitudini e schemi comportamentali ormai consolidati.
In ogni caso, a differenza del telefono fisso, tradizionalmente collegato a utenze familiari o professionali, il telefono mobile è in genere associato a una persona singola e – liberato dai vincoli del cavo fisico – la segue in ogni momento della giornata: consente dunque di comunicare a distanza, ma secondo modalità che si avvicinano alle situazioni caratterizzate della compresenza fisica, fatta salva l’ovvia accortezza di mettere in enfasi gli aspetti paralinguistici della comunicazione non verbale (es.: volume, ritmo e tono della voce, pause e interiezioni, ecc.) rispetto a quelli cinesici (gesti, contatto oculare, postura, mimica facciale), non accessibili al proprio interlocutore.
In definitiva, tanto nelle versioni entry level quanto nelle forme più evolute (smartphone), il telefono mobile appare come «l’estensione più immediata delle naturali facoltà comunicative umane» (Paccagnella, 20102, p. 76), cosa che lo ha reso protagonista di un processo di assimilazione, che ha profondamente modificato la platea degli utenti e le modalità d’uso per cui era stato inizialmente progettato. Mentre sulla carta sembrava logico attendersi l’uso prevalente di questo strumento da parte di professionisti soggetti a vincoli di reperibilità (medici, giornalisti, agenti di commercio, ecc.), nei fatti la rapida diffusione di questa tecnologia va imputata in larga misura agli adolescenti, grazie ai quali la telefonia mobile ha fatto ingresso nella vita quotidiana, insediandosi stabilmente tra le pratiche di comunicazione interpersonali. È tuttavia interessante notare come gli adolescenti non si siano limitati ad assorbire questa tecnologia, ma ne abbiano profondamente rielaborato il significato: curiosamente, il cellulare non viene principalmente utilizzato per telefonare, ma piuttosto per inviare messaggi di testo e “squillini” (Scifo, 2005b; cfr. anche infra cap 5). Lo squillino è una pratica – assimilabile alla comunicazione non verbale – letteralmente “inventata” dagli utenti più giovani: consiste nel comporre il numero di qualcuno, attendere il primo segnale di linea libera e quindi annullare la chiamata, prima che l’interlocutore risponda. In questo modo, chi origina lo squillino non paga nulla, non essendoci alcuna risposta,
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ma riesce comunque a lasciare una traccia sul display della persona chiamata (data, ora, nome ed eventuale immagine associata al numero telefonico del chiamante): è dunque una forma di comunicazione fática, priva di contenuto informativo, ma in grado di tenere aperto il canale della relazione con il proprio interlocutore, rinnovando ogni volta il legame, spesso in forma rituale (es.: lo squillino della buona notte). L’invio di messaggi di lunghezza limitata, digitati dalla tastiera o dal touch screen del proprio cellulare e visualizzati sul display del proprio interlocutore (sms2, nel caso dei dispositivi più semplici, ma anche messaggini che si avvalgono di software come WhatsApp Messenger3, nel caso dei dispositivi più sofisticati) è invece una forma di comunicazione asincrona, che non richiede la presenza nello stesso istante di entrambi gli interlocutori: il messaggio - recapitato e conservato in memoria nel dispositivo mobile del destinatario - può essere letto anche in un secondo momento.
Insomma, l’uso del cellulare per certi aspetti (sms, messaggini) si avvicina ad alcune forme di comunicazione mediata dal computer, come le mail; per altri aspetti (telefonate, videochiamate) rappresenta un’estensione in chiave virtuale delle tradizionali forme di comunicazione face to face: anche a prescindere dagli elementi di carattere tecnologico (il sistema “analogico” Tacs è stato supportato fino a pochi anni fa), risulta difficile, almeno in prima battuta, ascrivere in toto all’area dei nuovi media le molteplici attività che possono essere sviluppate con l’ausilio di questo dispositivo.
D’altro canto, anche la comunicazione mediata dal computer (Cmc) ha le caratteristiche di uno strumento ibrido, in parte riconducibile all’ambito della comunicazione interpersonale, in parte a quello dei mass media, ma pure contrassegnata da elementi di forte originalità.
Attualizzando le distinzioni proposte da Hoffmann e Novak (1996), si può notare come il computer consenta di comunicare in forma privata con un conoscente, sia in modalità asincrona (scambio di messaggi di posta elettronica), sia in situazioni che richiedono la compresenza (videochiamata tramite skype), dunque secondo modalità “one-to-one”, che, almeno in linea di principio, richiamano la comunicazione interpersonale. D’altro canto, è possibile anche leggere l’edizione online di un
2
Sms (short message service): servizio che consente l’invio tramite cellulare di messaggi testuali della lunghezza massima di 160 caratteri.
3
WhatsApp Messenger: sistema di messaggistica mobile multi-piattaforma. Funziona in modo simile agli Sms
per inviare e ricevere messaggi tramite telefono mobile, appoggiandosi tuttavia al piano dati solitamente utilizzato per le e-mail e per la navigazione web. In questo modo consente di inviare messaggi, immagini e altri contenuti in modo gratuito e sostanzialmente senza limiti.
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quotidiano oppure seguire in modalità streaming live4 un programma televisivo, ritrovando in rete modalità di fruizione caratteristiche della comunicazione broadcast, che ha dominato i mass media nel corso del ventesimo secolo (modello “one-to-many”): una molteplicità di soggetti attinge in questo caso le informazioni dalla medesima fonte, centralizzata in un sito web. È possibile infine partecipare a forme di comunicazione multi direzionale (modello “many-to-many”), in cui tutti hanno la possibilità di interagire con un’ampia comunità di persone - tanto in veste di emittenti, quanto in veste di destinatari - come accade in un forum di discussione o in un social network. Ancora una volta, appare quanto meno discutibile l’attribuzione di una patente di novità a tutto ciò che viene sviluppato online con il supporto di una piattaforma tecnologica digitale. Di più, con l’introduzione di tablet e smartphone è la stessa distinzione tra telefono mobile e computer ad andare in crisi.