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L'art 54-bis del D.lgs 165/2001: il contributo delle linee guida ANAC e del Piano Nazionale anticorruzione alla definizione delle tutele a favore del

CAPITOLO 3: Il Whistleblowing nell'ordinamento italiano

3.2. L'art 54-bis del D.lgs 165/2001: il contributo delle linee guida ANAC e del Piano Nazionale anticorruzione alla definizione delle tutele a favore del

denunciante

Nel primo capitolo abbiamo visto come una prima apertura dell'ordinamento italiano all'istituto del whistleblowing, sia avvenuta nel contesto di una riforma normativa di prevenzione e contrasto della corruzione, operata dalla Legge 190/2012. Come rilevato dal rapporto GRECO infatti, l'Italia nel 2009 non aveva ancora un programma coordinato per prevenire la corruzione, essendo l'attenzione del legislatore prevalentemente orientata a reagire al fenomeno corruttivo mediante strumenti di diritto penale177. In un secondo monitoraggio, effettuato due anni dopo, il GRECO confermava un giudizio negativo sull'esecuzione della prima raccomandazione e si era espresso anche in modo perplesso su quanto previsto dal disegno di legge anticorruzione allora all'esame al parlamento178.

In particolare, nella proposta legislativa non erano previste misure di prevenzione adeguate per coloro che, in buona fede, segnalano sospetti di corruzione nella pubblica amministrazione. Partendo da questi spunti, il neo costituito governo Monti, aveva dato vita ad un comitato di esperti, denominato “Commissione per lo studio e l'elaborazione di proposte in tema di trasparenza e prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione”, con l'intento di correggere il disegno di legge nel senso di garantire un adeguato riguardo alla prevenzione della corruzione. Tra queste era assai significativa l'introduzione di

176

Armone G., in op.cit.

177 I-II Evaluation Round, Report Italy, 43 Plenary Meeting, Strasburgo 2009, in www.coe.int. 178 Ci si riferisce alla proposta di legge di iniziativa governativa C 4434, presentata dal quarto

un'adeguata tutela del dipendente pubblico che segnala condotte illecite riscontrate nell'esercizio delle proprie funzioni. L'art 1, comma 51 della legge anticorruzione prevede, in modo specifico, l'inserimento dell'art 54-bis nel D.Lgs.165/2001, introducendo un regime di speciale tutela del dipendente pubblico.

La prima osservazione che si può fare, riguarda la collocazione della norma all'interno del TU sul pubblico impiego, che detta disposizioni sulle attività lavorative per i dipendenti della pubblica amministrazione; in particolare l'art 54-bis è incluso nel Titolo IV sui rapporti di lavoro. Il legislatore ha pertanto scelto di non creare una normativa completa ed indipendente sul whistleblowing ma ha optato per l'inserimento della materia all'interno della normativa giuslavorista vigente per il settore del pubblico impiego. Inoltre, la scelta della compressione della complessa disciplina dell'istituto in un limitato spazio costituito in un solo articolo ha comportato l'ontologica incompletezza della regolamentazione della materia.

L'embrionale disciplina introdotta dalla legge anticorruzione, deve essere infatti integrata dalle “Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che

segnala illeciti(c.d.whistleblower), adottate dall'Autorità Nazionale Anticorruzione179 nell'ambito dei relativi poteri di regolazione, derivanti dalla più generale funzione di indirizzo sulle misure di prevenzione della corruzione; nel rispetto di queste norme, l'ANAC, ha redatto una serie di linee guida, un documento di regolazione di portata generale che si propone di fornire un quadro procedurale per il trattamento delle segnalazioni, che tenga in considerazione la necessità di proteggere la riservatezza del denunciante. Inoltre, nel Piano Nazionale Anticorruzione 2013 e successive modificazioni, ritroviamo i caratteri generali che devono ispirare i meccanismi di denuncia istituti dai vari enti.

Con le linee guida, l'ANAC, ha inteso “da una parte delineare l'ambito

soggettivo e oggettivo di applicazione dell'art 54-bis richiamato e, dall'altra, fornire indicazioni in ordine alle misure che le pubbliche amministrazioni devono approntare per tutelare la riservatezza dell'identità dei dipendenti che

segnalano condotte illecite; nonché dare conto delle procedure sviluppate da ANAC per la tutela della riservatezza dell'identità sia dei propri dipendenti che dei dipendenti delle altre amministrazioni che trasmettano all'Autorità una segnalazione”180.

Attraverso il Piano Nazionale Anticorruzione invece, si è avuta una prima diffusione dell'istituto del whistleblowing. Nel PNA 2013, adottato con delibera CIVIT n.72/2013 e sue successive modificazioni181, si prevede infatti che “le

pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 sono tenute ad adottare i necessari accorgimenti tecnici affinché trovi attuazione la tutela del dipendente che effettua segnalazioni di cui all’art. 54 bis del d.lgs. n. 165 del 2001”182. La tutela del dipendente segnalante è quindi inclusa tra le misure preventive obbligatorie, in quanto direttamente imposte dalla legge, di cui le amministrazioni devono dotarsi, specificando che le misure ad hoc ai fini di tale tutela devono essere riportate nei Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione (PTPC), adottati da ciascuna di esse183.

Bisogna poi ricordare che, come abbiamo visto nel primo capitolo, oltre alla disposizione di cui all'art 54-bis, segnalare condotte illecite, quindi avere un comportamento collaborativo, rientra tra gli obblighi di condotta previsti nel Codice di comportamento dei pubblici dipendenti (D.P.R. 62/2013), che espressamente impone, infatti, al dipendente di segnalare al proprio superiore gerarchico184 eventuali situazioni di illecito nell'amministrazione, di cui sia venuto a conoscenza(artt 8 e 16).

L’art 54-bis, però, non chiarisce se le segnalazioni degli illeciti da parte del pubblico dipendente costituisca per esso un obbligo o una mera facoltà. Dalla lettura combinata dell’articolo in commento, con gli articoli 8 e 16 del D.P.R. 62/2013 e con il precetto di cui all’art 361 c.p.(“Omessa denuncia di reato da

180 Cfr. Linee guida. 181

In particolare l'aggiornamento approvato con la Determinazione n.12 del 28/10/2015, a seguito delle modifiche intervenute con il d.l. 90/2014, convertito, con modificazioni dalla l.114/2014, l'aggiornamento apportato con Determinazione n.831 del 03/08/2016, in virtù dell'art.1, co.2-bis della legge 190/2012, introdotto dal d.lgs. 97/2016 e infine l'aggiornamento approvato con la Delibera n.1208 del 22 novembre 2017.

182

Par. 3.1.11.

183 Par 3.1.11.

184 Vedremo poi che il soggetto deputato alla ricezione delle segnalazioni, sarà individuato

parte del pubblico ufficiale”), si dovrebbe identificare tale condotta come un

dovere per il dipendente pubblico185.

Infine, si deve segnalare che lo scorso novembre il Senato ha approvato la prima legge ad hoc a tutela del whistleblowing186, dopo un lungo iter parlamentare iniziato nel 2013187. Le relative novità verranno trattate in un paragrafo a parte, ma fin da subito bisogna sottolineare come alcune delle lacune presenti nella disciplina introdotta dalla legge anticorruzione siano state colmate dalla novella, pertanto alcuni aspetti andranno letti alla luce di essa. Venendo all'analisi della disposizione, essa pone tre norme188:

a) la tutela dell’anonimato;

b) il divieto di discriminazione nei confronti del whistleblower;

c) la previsione che la denuncia è sottratta al diritto di accesso fatta esclusione delle ipotesi eccezionali descritte nel comma 2.

Il tema del whistleblowing è anzitutto presente nelle previsioni del comma 1, che espressamente dispone: “Fuori dei casi di responsabilità a titolo di

calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'art 2043 c.c., il pubblico dipendente che denuncia all'Autorità Giudiziaria o alla Corte dei Conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia”. Esso dapprima elenca le tre

185 Dall’Ozzo G., “Il whistleblowing nel pubblico impiego”, in Riv. Sicurezza e giustizia,

n.IV/MMXIV.

186

Legge 30 novembre 2017, n.179 “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”.

187 In particolare ci si riferisce alla proposta di legge, ad iniziativa dei deputati Businarolo ed

altri “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato” (AC3365) presentata il 15 ottobre 2015 ed approvata alla Camera dei Deputati il 21 gennaio 2016. L'atto ha assorbito due precedenti iniziative ad esso abbinate: in particolare la Proposta di legge, iniziativa dei deputati Businarolo ed altri, “Disposizioni per la protezione degli autori di segnalazioni di reati o di irregolarità nell'interesse pubblico” (AC 1751), presentata il 30 ottobre 2013 e la proposta di legge Ferranti ed altri “Modifiche all'art 54-bis del D.Lgs. 30 Marzo 2001, n.165, e all'articolo 6 del D.Lgs. 8 giugno 2001, n.231, in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato” (AC 3433). Tutti i testi sono disponibili su www.camera.it.

eccezioni alla disciplina di protezione, individua poi i soggetti preposti alla ricezione delle segnalazioni e l'ambito oggettivo delle segnalazioni e da ultimo menziona le possibili ipotesi di discriminazioni che potrebbe subire il dipendente a cause della denuncia.

La prima osservazione da fare è che il legislatore ha confinato la tutela soltanto al dipendente pubblico, scelta che diverge non solo dalle norme contenute negli strumenti internazionali e sovranazionali189 ma anche dai modelli esteri più avanzati (quali quello statunitense e quello britannico). Unanime è stato anche il giudizio fornito da alcuni dei più importanti osservatori sovranazionali e internazionali, tra cui Transparency International190, la Commissione Europea e l'OCSE, concordi nel ritenere la suddetta disciplina scarna e eccessivamente settoriale.

Una possibile giustificazione razionale a tale formulazione, potrebbe fondarsi sulla particolare importanza ed utilità delle indicazioni fornite dal dipendente pubblico, in quanto soggetto interno alla stessa pubblica amministrazione191. Tra i commentatori siffatta scelta è apparsa fin da subito difficilmente giustificabile, in quanto si è opportunamente sottolineato che era già esistente nell'ordinamento un obbligo di denuncia, ai sensi degli artt. 361, 362, e 331 c.p.p., gravante sui dipendenti pubblici che siano pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio (artt 357, 358 c.p.) con la conseguenza che la denuncia medesima rappresenta, comunque, l'adempimento di un dovere, tale da porre al riparo il soggetto da conseguenze su qualsivoglia fronte, amministrativo, disciplinare, e/o risarcitorio192. Peraltro lo stesso principio di imparzialità e di

189 La Convenzione Civile sulla Corruzione richiede infatti di adottare norme per tutti i

dipendenti che segnalano fatti corruttivi senza distinguere fra pubblici e privati.

190 In uno degli studi effettuati da Transparency International, una delle più importanti

associazioni contro la corruzione, si legge che in Italia “i legislatori hanno respinto i suggerimenti per approvare una legge completa sugli informatori, hanno rifiutato gli emendamenti che avrebbero esteso la protezione ai dipendenti del settore privato” in Whistleblowing in Europe, cit. pag 55.

191

Naddeo A., in Fraschini G., Parisi N., Rinoldi D., op.cit., “benché ovviamente si tratti di materia da non poter in nessun modo essere sottovalutata anche in ambito privato…il settore pubblico, proprio perché tale, dovrebbe evidentemente dare l’esempio” cit. pag. 11.

192 Per tali rilievi, si veda Cantone R., op cit pag 254-255, che ritiene “inappagante” la tesi, pur

meramente ipotetica, di una scelta legislativa per una più rigorosa tutela dei dipendenti pubblici per la loro peculiare posizione e la rilevanza delle informazioni da questi provenienti, cui pervengono Spadaro S., Pastore A., Legge anticorruzione(l.6 novembre 2012, n.190), in Il penalista, 2012, 76.

buon andamento della P.A., di cui all'art 97 Cost., potrebbe ritenersi idoneo a tutelare il pubblico dipendente contro gli atti discriminatori più gravi, connessi ad un suo comportamento collaborativo.

A chiarire il quadro suppliscono le Linee Guida dell'ANAC193, le quali sottolineano che “l'obbligo di denuncia in base alle suddette previsioni del

codice penale e del codice di procedura penale e la possibilità di segnalare disfunzioni e illeciti come dipendente pubblico ai sensi dell'art 54-bis del D.Lgs. 165/2001 hanno un diverso rilievo”. Infatti, mentre l'obbligo di denuncia

all'Autorità giudiziaria previsto dalla disciplina penalistica è riferita anche ma non solo ai reati in materia di corruzione, limitatamente a determinate categorie di soggetti e in presenza di specifici presupposti, la norma contenuta nell'art 54-

bis oltre a prevedere un ambito soggettivo più ampio, è rivolta soprattutto a

creare una rete di tutela intorno ai segnalanti, dipendenti pubblici, da parte dei soggetti preposti a ricevere la segnalazione. Come vedremo più avanti, questa lacuna è stata colmata tramite l'estensione della tutela anche al settore privato, ad opera della recente legge sul whistleblowing.

Sempre con riguardo all'ambito soggettivo, è necessaria un'ulteriore specificazione. Il comma 59 dell'art 1 della legge anticorruzione, prevede che “le disposizioni di prevenzione della corruzione di cui ai commi da 1 a 57 del

presente articolo, di diretta attuazione del principio di imparzialità di cui all'articolo 97 della Costituzione, sono applicate in tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni”. Le disposizioni citate, devono guidare

l'interprete con riferimento sia alle strutture organizzative all'interno delle quali devono essere previste misure di tutela, sia ai soggetti direttamente tutelati. Nello specifico, nella nozione di pubblica amministrazione devono essere fatti rientrare, sicuramente gli enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigilati o finanziati da pubbliche amministrazioni, cioè tutti gli enti pubblici economici. Sebbene non espressamente previsto dalla norma, le Linee guida suggeriscono che anche gli enti privati in controllo pubblico e gli enti pubblici economici, possono farsi

193 Parte II della determinazione n°6 del 28 Aprile 2015 “Linee guida in materia di tutela del

rientrare nell'alveo applicativo della stessa194. In attesa poi di una chiarificazione del legislatore a riguardo, esse suggeriscono anche l'applicazione dello strumento negli enti di diritto privato partecipati dalla PA. Circa l'identificazione dei dipendenti pubblici, le Linee Guida indicano che la categoria ricomprende i lavoratori dipendenti della PA, sia nel caso in cui siano titolari di un rapporto di lavoro pubblico, sia nel caso di un rapporto di lavoro privato. Occorre tuttavia considerare che nelle amministrazioni pubbliche operano anche soggetti che non possono essere ricompresi fra i dipendenti pubblici ma che pure svolgono la propria attività professionale all'interno dei pubblici uffici, pertanto, sempre le citate Linee Guida, rilevano l'opportunità di apprestare idonee garanzie anche a collaboratori o consulenti, a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, ai collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere a favore dell'amministrazione, sebbene non ricompresi nell'attuale dettato normativo195.