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CAPITOLO 3: Il Whistleblowing nell'ordinamento italiano

3.6. Criticità e profili aperti dell'istituto

Volendo fornire qualche considerazione d'insieme circa la disciplina del

whistleblowing nell'ordinamento italiano, possiamo riportare qualche dato

proveniente dai monitoraggi espletati dall'ANAC, circa lo “stato dell'arte” dell'istituto.

L'ANAC dal 2016, effettua, con cadenza annuale, un'attività di valutazione periodica sull'applicazione della disciplina del whistleblowing in Italia al fine di evidenziare le criticità e comprendere l'efficacia dell'istituto come strumento di prevenzione della corruzione. D'altra parte, l'attività di reporting, costituisce

253 Comma 4, art 1.

254 Nel vecchio art 54-bis, vi era un generico riferimento alle responsabilità penali per calunnia

anche un modo per dar conto ai cittadini delle attività pubbliche che compie l'Autorità, così da consentire un controllo diffuso su di esse.

Se nel primo monitoraggio255 il numero delle segnalazioni ricevute dall'Autorità era basso, negli ultimi si rileva un aumento delle stesse. Dall'analisi della serie storica dei dati statistici, che inizia nel 2014 fino all'anno 2017, risulta evidente la crescita delle segnalazioni inviate all'Autorità nel periodo considerato256. I numeri sembrano comunque ancora modesti se paragonati alla considerevole mole di denunce effettuate negli Stati Uniti e nel Regno Unito ma bisogna considerare che in Italia il fenomeno del whistleblowing è molto recente e inizia ad essere conosciuto negli ultimi tempi.

Se si considera poi anche la qualità delle segnalazioni, si tratta sempre più di condotte illecite che hanno una certa rilevanza nell'attività delle amministrazioni, mentre sono in diminuzione quelle che riguardano questioni “bagatellari”257

.

Per queste ragioni la performance italiana non appare totalmente negativa, fermo restando che per valutare l'efficacia del meccanismo, bisogna anche valutare l'esito delle istruttorie effettuate sulle segnalazioni. Spesso l'Autorità ha dovuto dichiarare la propria incompetenza ad amministrare molte di esse258 e i motivi dell'archiviazione riguardano soprattutto casi di segnalazioni poco circostanziate, quelle provenienti da soggetti non abilitati a ricorrere all'ANAC, quelle di rilevanza penale già all'attenzione dell'autorità giudiziaria ed infine quelle anonime, che come sappiamo possono essere prese in considerazione dall'Autorità, soltanto nel caso in cui riguardano fatti di particolare rilevanza o gravità ovvero presentano informazioni adeguatamente circostanziate, utili al fine di integrare le informazioni in possesso dell'ufficio in ambito dell'esercizio della complessiva attività di vigilanza che l'Autorità stessa svolge. Oltre alla valutazione di questo passaggio, bisogna considerare che l'ANAC nota ancora una certa diffidenza nei confronti dell'istituto sia da parte dei vertici degli enti

255 Il primo monitoraggio è stato pubblicato sul sito dell'ANAC il 22 giugno 2016. 256 Vedi Relazione annuale del 2017 reperibile su www.anac.it.

257 Secondo monitoraggio nazionale sull'applicazione del whistleblowing, pubblicato il 22

giugno 2017 sul sito dell'Autorità.

258 Nel comunicato del Presidente del 27 aprile 2017, l'Autorità ha specificato quale il suo

ambito di intervento specificando anche i casi di segnalazioni estranee alla sua sfera di competenza.

pubblici che da parte dei dipendenti e più in generale dell'opinione pubblica. Purtroppo il whistleblower è ancora percepito come un “elemento di disturbo” capace di mettere a repentaglio la reputazione della pubblica amministrazione, quanto di rompere quel clima di connivenza che si crea nei vari settori ed uffici. È evidente che uno degli ostacoli alla diffusione del fenomeno è rappresentato dal fattore cultura. Finché il dipendente che è a conoscenza della condotta illecita non percepisce il disvalore della condotta e a contrario non comprende il vantaggio che dalla segnalazione può derivare sia in termini individuali che collettivi, il whistleblowing non potrà esplicare la sua funzione nella prevenzione dei fenomeni corruttivi. Inoltre, il primo cambio culturale dovrebbe provenire anche all'interno della stessa legge sul whistleblowing, prevedendo le forme con le quali si vuole incoraggiare la cultura della segnalazione259.

Non solo la cultura, ci sono altri profili critici che bisogna considerare per capire come l'istituto possa essere “innestato” anche nel nostro ordinamento. La nuova legge si inserisce infatti in un contesto complesso costituito sia dalle disposizioni generali in materia di pubblica amministrazione, sia dallo stesso D.Lgs. 231/2001, per quanto riguarda il settore privato.

Inoltre, deve anche fare i conti con una serie di atti sublegislativi che sono stati emanati durante il periodo che ha preceduto l'approvazione della legge260. Con riferimento a quest'ultimo profilo, alcune delle indicazioni fornite da ANAC, sono state trasposte nella disciplina attuale, a volte in maniera completa, altre parzialmente.

Uno dei profili che ha dato modo di fare alcune riflessioni circa la disciplina italiana sul whistleblowing, riguardo il caso delle “denunce anonime”. Pare contraddittorio, in un ordinamento come quello italiano, dove pochi sono gli obblighi di denuncia, non prevedere, più ampi strumenti, come l'anonimato, per favorire ed incentivare il whistleblowing261. Si tratta di un problema di

259 Resoconto stenografico dell'audizione nella seduta del 23 ottobre 2015 innanzi alle

Commissioni riunite(II e XI) della Camera dei Deputati in sede di indagini conoscitive per l'istruttoria del progetto di legge C.1751, in www.camera.it.

260 In particolare le linee guida dell'ANAC.

261 Gargano G., “la cultura del whistleblower quale strumento di emersione dei profili

coordinamento di norme e di cultura giuridica, ancora legata al modello del diritto penale poco incline a recepire la denuncia anonima. La giurisprudenza penale ha in parte mitigato il rigore di questo precetto, prevedendo che quando le denunce anonime sono dettagliate, possono essere prese in considerazione come stimolo di un'attività investigativa, che deve portare all'acquisizione di una notitia criminis specifica, “vestita” e non più anonima262.

Partendo da questo spunto si potrebbe allora vedere il whistleblower non come fonte probatoria su cui basare la decisione ma come fonte per una pre- inchiesta263. Potrebbe quindi avere una funzione orientativa e di stimolo per ricercare ulteriori elementi utili per l'individuazione della notizia di reato. Nell'ambito del procedimento amministrativo, si potrebbe pensare a questo strumento come spunto per gli organi interni per approfondire le questioni e intraprendere un'attività ispettiva. Sarà poi l'organo di controllo ad essere la base del successivo procedimento, disciplinare o penale ed in cui la denuncia del whistleblower diventerebbe solo uno dei modi con cui cui acquisire l'input per un approfondimento istruttorio. Uscire dagli schemi del diritto penale e cercare di inquadrare il whistleblowing all'interno del diritto amministrativo e precisamente all'interno del procedimento amministrativo.

In questo senso potrebbe essere un modo per rafforzare la trasparenza, che come è noto, nata negli anni '90 come trasparenza sugli atti amministrativi, è diventata poi diritto di accesso civico come trasparenza su tutti gli atti pubblici. Con il whistleblowing potrebbe anche diventare trasparenza non solo sugli atti ma anche dei processi decisionali di diverso livello e di diversa importanza264. È evidente che questo tipo di trasparenza, proprio perché manca una base documentale, necessita delle “testimonianze” di coloro che lavorano in quell'organizzazione. In che modo allora incentivare la “cultura del

whistleblower”, ossia la “cultura della segnalazione”? Durante i lavori

preparatori dell'attuale legge, molto si è discusso con riguardo alle misure di incentivazione economica. Partendo dal presupposto che nell'attuale disciplina

262 In questo senso nel Resoconto stenografico dell'audizione nella seduta del 22 ottobre 2015

innanzi alle Commissioni riunite(II e XI) della Camera dei Deputati in sede di indagini conoscitive per l'istruttoria del progetto di legge C.1751, in www.camera.it., pag.5.

263 Gargano G., op.cit., paragrafo 2.1. 264 Gargano G., op. cit., paragrafo 6.

non sono previste questo tipo di misure, possiamo fare un breve cenno alle ragioni che hanno condotto a tale scelta.

Come abbiamo visto nel capitolo 2, l'ordinamento statunitense ha fatto largo uso di incentivi premiali di tipo economico per stimolare le denunce, con risultati molto soddisfacenti, viste le enormi cifre recuperate. Nel nostro ordinamento e in generale negli ordinamenti europei, non si accetta l'idea che qualcuno possa essere premiato per aver fatto il proprio dovere. È quindi un problema culturale prima di tutto.

Ulteriore preoccupazione desta la situazione di coloro che, a causa di segnalazioni infondate, sono chiamati a sopportare perdite economiche e inconvenienti di altra natura. Si potrebbe obiettare che esistono vari strumenti per combattere le segnalazioni infondate, quale la possibilità di perseguire il denunciante per calunnia o diffamazione. Tuttavia non è sempre facile riparare il danno subito dalla vittima di una denuncia ingiusta, poiché i pregiudizi sono spesso intangibili e difficili da identificare.

L'altro effetto collaterale che non bisogna dimenticare, è che con la possibilità di ricevere un premio, c'è una particolare tentazione da parte del dipendente a segnalare all'esterno la conoscenza dell'illecito. Ciò comporterebbe quindi un indebolimento dei controlli interni e nel nostro caso, della figura del Responsabile della prevenzione della corruzione265. Il sistema di prevenzione della corruzione disciplinato dalla legge 190/2012, fa perno su questa figura, alla quale è affidato il delicato compito di proporre strumenti e misure per contrastare fenomeni corruttivi.

Un'ultima critica mossa nei confronti degli incentivi economici, prende in considerazione il fatto che colui che commette un atto illecito e colui che lo segnala, condividerebbero la medesima logica opportunistica266.

A questo punto è necessario però chiedersi quale sia l'obiettivo del legislatore: se è quello di arginare le logiche opportunistiche o quello di evitare che

265 In tal senso Forti G., in Resoconto stenografico dell'audizione nella seduta del 22 ottobre

2015 innanzi alle Commissioni riunite(II e XI) della Camera dei Deputati in sede di indagini conoscitive per l'istruttoria del progetto di legge C.1751, pag. 17.

266 Forti G., Il crimine dei colletti bianchi come dislocazione dei confini normativi. “Doppio

standard” e “doppio vincolo” nella decisione di delinquere o di blow the whistle, in Aa. Vv., Impresa e giustizia penale: tra passato e futuro, Giuffré, Milano, 2009, pag.173.

vengano commessi reati che potrebbero nuocere alla collettività. È assai arduo immaginare un segnalatore come un soggetto totalmente distaccato e disinteressato, tuttavia attribuirgli finalità opportunistiche appare una forzatura. Va considerato, infatti, che colui che denuncia condotte illecite generalmente espone la propria persona e consistenti rischi economici e fisici. Senza contare che chi effettua una segnalazione, non è in grado di prevedere l'esito del procedimento, rischiando non solo di non vedersi corrispondere alcun premio, ma anche di vedersi rigettare la denuncia.

A sostegno di questa interpretazione si può fare un'ulteriore considerazione. Nel nostro ordinamento sono previsti meccanismi latu sensu premiali, per coloro che offrono collaborazione alle autorità inquirenti(c.d.collaboratore di giustizia). Non si vede perché la possibilità di prevedere forme di premialità, non necessariamente in denaro, per il dipendente che segnali illeciti, sia stata scartata in toto. Sappiamo infatti che uno dei maggiori ostacoli all'attività di segnalazione, è rappresentata proprio dalla paura di subire delle conseguenze negative che potrebbero consistere anche nello sostenere ingenti spese legali. “Dare un premio potrebbe significare che in fondo la legalità è qualche cosa che si deve pagare, perché non è scontata, non è qualcosa che dobbiamo aspettarci”267

ma è pur vero che che finora coloro che hanno denunciato hanno pagato personalmente. Un modo per dare maggiori incentivi e maggiori tutele al soggetto che segnala illeciti, potrebbe allora essere rappresentato dall'istituzione di fondi di tutela, che vengono alimentati dalle risorse recuperare dallo stato per i danni erariali o di immagine della pubblica amministrazione268. Il vero problema è infatti la protezione dei soggetti che compiono un atto di coraggio civile e hanno il diritto di essere tutelati proprio perché la loro azione può essere un efficace deterrente contro la corruzione amministrativa.

Visto che attualmente la legge non prevede misure premiali, bisogna trovare altri èscamotages che possono indurre il dipendente a segnalare condotte

267

In tal senso Forti G., op. cit., pag 18.

268 In Resoconto stenografico dell'audizione nella seduta del 22 ottobre 2015 innanzi alle

Commissioni riunite(II e XI) della Camera dei Deputati in sede di indagini conoscitive per l'istruttoria del progetto di legge C.1751, in www.camera.it.

illecite e più in generale casi di maladministration. Un fronte sul quale è possibile intervenire è quello della formazione. A questo fine l'Autorità, in collaborazione con la Scuola Nazionale dell'Amministrazione(SNA), ha programmato un'attività di formazione delle Pubbliche amministrazioni, perché sia compresa da parte dei pubblici dipendenti la necessità di un ricorso consapevole all'istituto e la necessità della loro collaborazione nell'emersione dei fenomeni corruttivi.

Come accennato nel primo capitolo, un ruolo di primo piano in seno ad una lungimirante politica di contrasto alla corruzione, va assegnato alla promozione della cultura della legalità nell'attività amministrativa e dell'etica pubblica. Tra tutte le misure introdotte dalla legge 190/2012, in tema di prevenzione della corruzione, il whistleblowing è fra quelle che più richiedono, per una propria efficace applicazione, non solo la messa a punto di aspetti organizzativi e procedurali nuovi, ma anche e soprattutto di un cambiamento culturale.

Da ultimo si può affermare che il successo e lo sviluppo in Italia del

whistleblowing, non è però legato soltanto al famoso cambio culturale, che pure

è necessario e che richiederà tempo, ma soprattutto all'acquisizione di una graduale fiducia dei dipendenti nella sicurezza della procedura, nella serietà e nell'obiettività dell'interlocutore e nell'utilità della propria collaborazione.

CONCLUSIONI

Alla luce di quanto esposto nel presente elaborato, possiamo fare alcune considerazioni d'insieme. La nuova Legge sul whistleblowing arriva dopo un lungo iter parlamentare che si protraeva ormai da qualche anno e interviene come sbocco inevitabile di un disegno avviato da diverso tempo nel nostro ordinamento, anche nell'ottica di recepire gli obblighi derivanti dalla legislazione internazionale. Il testo approvato, rappresenta un chiaro compromesso tra chi riteneva sufficiente la disciplina già dettata dall'art 54-bis e chi invece proponeva di introdurre misure più incisive. Abbiamo visto che il fattore cultura gioca nell'esperienza italiana un ruolo importante: il fenomeno del whistleblowing, infatti, oltre ad avere delle connotazioni strettamente giuridiche, si colloca anzitutto in un sistema sociale che, senza indugiare, potrebbe essere definito “omertoso”. Nel nostro Paese si riscontra una difficoltà ad accettare la segnalazione di illeciti altrui, poiché culturalmente c'è un sentimento diffuso, purtroppo, di collusione e omertà che conduce a ritenere il

whistleblower una spia, un delatore, che segnala esclusivamente per un

interesse personale. Questi appellativi negativi non si pongono certamente in linea con lo spirito che ha animato il legislatore della Legge anticorruzione, il quale, attingendo dall'esperienza anglosassone, ha inteso introdurre anche in Italia questo “nuovo modo” di essere del dipendente pubblico, che con le sue segnalazioni può richiamare l'attenzione delle autorità, interne o esterne, su condotte di illegalità, riconducibili ad un concetto di corruzione inteso in senso lato. Nel lessico italiano non esiste una parola semanticamente equivalente al termine angloamericano; manca la parola ma è innanzitutto il concetto designato ad essere poco familiare presso l'opinione pubblica. Con la novella dello scorso novembre il legislatore ha compiuto una vera rivoluzione culturale, grazie alla quale la figura del whistleblower risulta totalmente trasfigurata. Il segnalatore non è più lo spione che tradisce il proprio datore di lavoro o i propri colleghi, ma è colui che si espone e si batte per l'interesse pubblico ed è proprio

per questo che viene tutelato dall'ordinamento. L'aumento del numero delle segnalazioni pervenute ad Anac rappresenta un chiaro sintomo che l'istituto e la “cultura” che sta dietro allo stesso si stanno sempre più diffondendo nel nostro Paese. Nonostante ciò, alcune criticità della disciplina potrebbero rallentare questo trend positivo. Chi denuncia vuole essere tutelato non solo ex post in caso di licenziamento, ma anche prima, e cioè attraverso la sicurezza che la propria identità non sarà svelata. Ma,come si è potuto verificare nel presente lavoro, la tutela dell'anonimato non può essere introdotta nel nostro ordinamento, per un evidente problema di cultura giuridica ancora legata al modello del diritto penale, poco incline a recepire la denuncia anonima. Bisogna allora uscire dagli schemi del diritto penale e inquadrare l'istituto entro gli strumenti di diritto amministrativo, in particolare nel procedimento amministrativo. In questo modo, la denuncia del dipendente pubblico non sarebbe più la base su cui fondare il successivo procedimento disciplinare o penale ma diverrebbe un modo per fare emergere i profili decisionali della pubblica amministrazione, in un'ottica di rafforzamento della trasparenza269. Il

whistleblowing, così inteso, diverrebbe uno strumento importante al servizio

dell'etica professionale della pubblica amministrazione.

269Gargano G., “La cultura del whistleblower quale strumento di emersione dei profili

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