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VUOTA Manifesto
contro
il
giro
della


2.
 Contro
la
festa
civile

La
 Lega
 Nord
 è
 la
 principale
 forza
 di
 contestazione
 del


centocinquantesimo
 anniversario
 dell’Unità
 d’Italia
 non
 solo
 per
 la
messa
 in
 discussione
dell’oggeOo
 della
ricorrenza.
 Subentra
a
parCre
da
febbraio
 2011
 un
 secondo
 livello
 di
 criCca:
 il
 parCto
 di
 Bossi,
 infa-,
 contesta
 il
 giorno
 dedicato
 ai
 festeggiamenC
 in
 quanto
 tale,
 la
 festa
 civile
 in
 sé.
 Ne
 meOe
 in
 discussione
 la
 legi-mità
 su
 due
 piani:
 da
 un
 lato
 pone
 l’accento
 sull’inadeguatezza
di
un
giorno
fesCvo
infrase-manale
in
un
momento
di
crisi
 economica,
dall’altro
si
focalizza
sulla
natura
civile
della
festa
del
17
marzo,
ne
 soOolinea
la
dualità
con
le
feste
religiose,
riconoscendo
solo
a 
queste
ulCme
la
 capacità
di
creare
forme
di
appartenenza
colle-ve
realmente
partecipate. Festa
e
lavoro

Di
 fronte
 al
 proposito,
 condiviso
 dalla
 maggioranza
 delle
 forze
 poliCche,
di
isCtuire
un
giorno
di
festa 
nazionale
per
celebrare
la
ricorrenza
del
 centocinquantesimo,
 la
 Lega
 Nord
 sulle
 pagine
 del
 suo
 quoCdiano
 invita 
 a
 rifleOere
 sull’opportunità
 di
 un
 giorno
 fesCvo
 infrase-manale.
 Non
 è
 da
 irresponsabili,
si
chiede
«la
Padania»,
indire
un
giorno
di
festa
vista
la 
delicata
 congiuntura
economica
in
 cui
 l’Italia
si
trova?
 Le
argomentazioni
che
 la
Lega
 adduce
 non
 si
 limitano
 alla
 revisione
 della 
 storia
 unitaria
 italiana
 o
 alla
 rivendicazione
di
appartenenze
storico‐culturali
altre,
ma 
in
questo
caso
sono
 più
 ampie.
 Il
 Carroccio
 ascolta 
 le
 richieste
 provenienC
 dal
 mondo
 imprenditoriale,
 che
 chiedono
 di
 non
 celebrare
 l’anniversario
 il
 17
 marzo
 stesso,
 ma
 di
 posCcipare
 le
 cerimonie
 ufficiali
 la
 domenica 
 successiva.
 Le
 assimila,
 facendosene
 portavoce
 e
 inserendole
 nella
 tradizionale
 struOura
 diale-ca
nord‐sud. «la
Padania»,
descriOe
le
piccole
patrie
del
nord
Italia
lontane
ed
estranee
ai
 valori
nazionali
italiani,
va
ora
oltre
per
contrapporle,
questa
volta
tuOe
unite
 soOo
la
definizione
di
Nord
(il
ricorso
al
termine
Padania
è
più
raro),
al
Sud
 e
 allo
Stato
italiano.
 L’immagine
è
traAe
da
 «la
Padania»,
11
marzo,
p.
8.

Roberto
Calderoli
[...]
sul
17
marzo,
da
dirigente
del
Carroccio,
e
sopraOuOo
da
uomo
del
 Nord,
ha
deOo
ciò
che
 tanC
(anche
senza
avere
per
forza
in
tasca
la
tessera
con
l’Alberto
 da
 Giussano)
 al
 di
 sopra
 del
 Po
 pensano:
 passi
 pure
 la
 ricorrenza,
 ma
 non
 c’è
 alcun
 bisogno
 di
 fermare
 ogni
 a-vità
 lavoraCva
 per
 ricordare
 la
 proclamazione
 del
 Regno
 d’Italia
da
parte
di
Re
ViOorio
Emanuele47.

L’oggeOo
festeggiato
scivola
in
secondo
piano
per
diventare
quasi
tollerato.
Il
 discorso
 viene,
invece,
indirizzato
 su
temaCche
care
alla
Lega
Nord:
 in
 primis
 l’anCmeridionalismo.
 Il
 Nord
 è
 descriOo
 quale
 la
 parte
 sana
 e
 responsabile
 della
società 
civile
italiana,
perché
sempre
laboriosa
e
pronta
al
sacrificio
ancor
 di
più
nel
caso
di
dover
far
fronte
alla
crisi
economica.
L’anima
produ-visCca
 del
 SeOentrione
 diventa
 la
 protagonista
 in
 posiCvo.
 Diversa
 luce
 è
 rivolta,
 invece,
al
resto
d’Italia:
il
Sud
ozioso
 e
lo
Stato
dissipatore
difendono
 la
festa
 del
 17
 marzo
 non
 per
 reale
 compartecipazione
 quanto
 piuOosto
 per
 beneficiare
della
«vacanzina
tricolore48»
che
essa
determina49.


In
 Padania
 voglia
 di
 festeggiare
 ce
 n’è
 poca.
 Si
 pensa
 a
 superare
 la
 crisi
economica,
 si
 chiedono
le
 riforme,
il
federalismo
prima
 di
tuOo
e
 in
questo
clima
 meOere
 su
palchi
 e
 orchestre
per
 il
 17
marzo
 non
 è
 esaOamente
 il
primo
pensiero
 che
 viene
 in
mente
 alla
 gente
che
lavora
50.

Opporsi
al
17
 marzo
 in
 nome
del
 produ-vismo
 (seOentrionale)
 rappresenta
 un’occasione
 per
 ribadire
 la
 differenza
 tra
 il
 nord
 e
 il
 sud
 del
 Paese,
 soOolineando
ancora
una
volta 
l’inesistenza
dell’unità 
italiana.
Il
giorno
del
17
 marzo,
 «la
 Padania»
 presenta
 una
 lunga
 sezione
 inCtolata
 «150
 anni
 di
 centralismo,
che
GUASTI!»
con
 un
 ricco
apparato
 di
grafici,
 con
 l’obie-vo
 di
 descrivere
 visivamente
 la
 situazione
 della
 penisola
 facendo
 leva 
 su
 alcune
 parole
chiave
della 
retorica
leghista:
tendenza
all’evasione
fiscale,
altri
raggiri
 illegali
 (truffe
alle
assicurazioni,
 falsi
invalidi),
 inefficienza
dei
servizi
 pubblici
 (spreco
nella
sanità,
numero
di
università
regionali),
parassiCsmo.
Il
risultato
è
 quello
di
un’Italia
dicotomica,
divisa
tra
nord
e
sud,
dove
le
regioni
centrali
di
 volta
 in
 volta
 si
 collocano
 o
 con
 la
 parte
 virtuosa 
 del
 paese
 o
 con
 quella
 trainata.

Strenua 
 è
 la
 baOaglia
 che
 la 
 Lega 
 Nord
 intraprende
 contro
 la
 proclamazione
 del
17
 marzo
 come
fesCvità
 nazionale.
 È
 «solo
 la
 festa
degli
 sprechi»51 
 ripete
 Roberto
 Calderoli,
 che
 assume
 la
 direzione
 di
 questa


47
Paolo
Bassi,
 C’è
la
crisi,
 assurdo
fermare
il
paese
 per
 la
festa 
del
150°,
in
«la
Padania»,
 9
febbraio
 2011,
p.
5.

48
Ibid.

49
Broggi,
E
in
Campania
si
pensa
già
al
ponte
di
4
giorni,
ivi.,
12
febbraio
2011,
p.
1.


50
Annamaria
 De
SanCs,
 Bricolo 
e
Reguzzoni:
In
Padania
poca
voglia
di
festeggiare,
 ivi.,
 19 
febbraio
 2011,
p.
2.

baOaglia,
 conquistando
 ampio
 spazio
 tra
le
 pagine
 del
 quoCdiano.
 Vengono
 avanzate
diverse
opzioni:
festeggiare
lavorando,
festeggiare
andando
a
scuola,
 spostare
le
celebrazioni
alla
domenica
successiva.
La
decisione
finale
gela
però
 le
alternaCve
leghiste:
a
un
mese
dal
17
marzo,
il
governo
decide
l’isCtuzione,
 solo
 per
 il
 2011,
 della
 festa
 nazionale
 in
 onore
 dell’anniversario
 dell’unità
 d’Italia.
 La
 Lega
 Nord
 non
 ci
 sta:
 «il
 17
 marzo
 noi
 lavoriamo»52
 è
 il
 coro


unanime
dei
leghisC.
La
maggioranza
dei
poliCci
del
Carroccio,
infa-,
richiama
 il
 diriOo
 di
 non
 festeggiare
 per
 andare
 «a
 lavorare
 e
 a
 produrre
 Pil»53.
 In


parCcolare
 gli
 assessori
 leghisC
 della
 regione
 della 
 Lombardia
 manifestano
 l’avversità
 maggiore
 nei
 confronC
 delle
 celebrazioni,
 non
 partecipandovi
 e
 disertando
 l’inizio
 delle
 sedute
 del
 consiglio
 regionale
 dedicato
 all’inno
 di
 Mameli.
Una 
parte
dell’entourage
leghista,
quella
principale,
prende
parte
alle
 celebrazioni.
 Precisa
 però
 di
 farlo
 per
 mero
 rispeOo
 della 
 propria
 carica
 isCtuzionale
:
«sono
un
rappresentante
delle
isCtuzioni
e
quindi
lavorerò
per
la
 festa,
andrò
ai
festeggiamenC
perché
questo
è
il
mio
lavoro»54
commenta
Luca


Zaia,
 presidente
 del
 Veneto.
 Se
 le
 circostanze
 comportano
 una 
 necessaria
 presa
 di
 posizione
 della
 Lega
 Nord
 all’interno
 delle
 manifestazioni
 del
 centocinquantesino,
 l’aOeggiamento
 del
 Carroccio
 è
 quello
 di
 dare
 una
 sfumatura
interpretaCva
diversa
 alle
 celebrazioni
stesse.
 È
 il
 caso
 di
 Torino,
 ciOà
capitale
delle
celebrazioni,
 dove
 la
giunta
 regionale
guidata 
dal
leghista
 Roberto
 Cota
 prende
 parte
 all’organizzazione
 della
 “noOe
 tricolore”,
 proponendo
 un
 concerto
 in
 cui
vengono
 invitaC
 cantanC
 in
 lingua
dialeOale
 provenienC
da
tuOo
il
Paese55.

Abbiamo
lavorato
proprio
in
questa
 direzione,
cioè
 [per]
dimostrare
 che
sono
le
idenCtà
 territoriali,
i
campanili
e
le
culture
 territoriali
che
 hanno
formato
l’Italia
 e
non
viceversa.
 Questo
evento
è
il
risultato
di
questa
 impostazione
che
 noi
abbiamo
fortemente
 voluto.
 Riusciremo
a
portare
sul
palco
l’Italia
federale56.

Il
 17
 marzo
 diventa
 quindi
 l’«anniversario
 illuminato
 dalla
 speranza
 federalista»57
e
il
federalismo,
come
vedremo
nella
seconda
parte
del
capitolo,


diventa
la
chiave
della
leOura
del
Risorgimento.



52
Lombardia,
il
17
marzo
noi
lavoriamo,
ivi.,
23
febbraio
2011,
p.
1.

53
Sono
queste
 le
parole
 di
Roberto
Castelli
riportate
da
Alessandro
Montanari,
Gran
galà 
per
l’Unità.


La
Lega
non
applaude,
ivi.,
17
marzo
2011,
p.
6.

54
Andrea
Ballardo,
Qui
Veneto.
 Zaia:
 «
Partecipo
alle
celebrazioni
solo
perché
questo
è
il
mio
lavoro»,
 ivi.,
p.
9.

55
Giovanni
Polli,
Una
festa,
ma
delle
idenFtà...,
ivi.,
11
marzo
2011,
p.
6.

56
 Gi.
 Pol.,
 “Sul
 palco
 sale
 la
nuova
 visione
 federalista”,
 ivi.,
 p.
 7.
 La
 citazione
 riporta
 le
 parole
 di
 Giuseppe
Cortese,
caposegreteria
della
giunta
della
Regione
Piemonte.

57
 Gianni
 Petra,
 Qui
 Piemonte.
 Cota:
 «Anniversario
 illuminato
 dalla
 speranza
 federalista»,
 ivi.,
 17
 marzo
2011,
p.
7.

Calendari
civili
e
religiosi

Negare
 valore
 alla
 festa
 del
 17
 marzo
 ‐come
 abbiamo
 visto‐
 so-ntende
una
molteplicità 
di
significaC.
In
primis
significa
(i)
 disconoscere
la
 posiCvità
del
processo
storico
celebrato;
in
secondo
luogo
opporsi
al
17
marzo
 in
 nome
 del
 produ-vismo
 seOentrionale
 rappresenta
 un’occasione
 per
 (ii)
 ribadire
la
differenza
tra 
il
nord
e
 il
sud
 del
Paese,
soOolineando
 ancora
una
 volta
l’inesistenza 
dell’unità
italiana.
 Ma
non
 solo:
 contrastare
l’isCtuzione
 di
 una 
nuova
festa
facendo
leva
sul
produ-vismo
(iii)
significa
sopraOuOo
negare
 importanza
al
giorno
 della
festa
in
sé,
alla
festa 
civile
in
quanto
 momento
 di
 condivisione
 ed
 elaborazione
 di
 una
 memoria
 condivisa:
 significa,
 quindi,
 disconoscere
il
senso
 di
appartenenza
colle-va
 di
 stampo
 civile
che
la
festa
 vuole
celebrare.


Non
abbiamo
 bisogno
 di
 feste
 nuove.
 Se
 poi
 parliamo
 di
 feste
 “civili”
 ci
 bastano
e
 ci
 avanzano
quelle
che
ci
sono.
SCamo
diventando
il
paese
delle
“ricorrenze
civili”,
imposte
 dalla
 poliCca
 ed
 estranee
 alla
 nostra
 anima,
 con,
 in
 più,
 il
 paradosso
di
 supermercaC
 aperC
a
Natale
e
serrata
totale
il
2
giugno58.

È
 questo
 il
 tono
 con
 cui
 «la
 Padania»
 soOolinea
 la
 lontananza
 dalla
 proclamazione
della
fesCvità
civile
del
 17
marzo.
 La
definizione
di
un’idenCtà
 colle-va
reale
e
non
imposta
e
 l’alimentazione
di
un
 senso
di
appartenenza
 condiviso
passano
‐secondo
la
Lega
Nord‐
aOraverso
una 
diversa 
scansione
del
 tempo,
quella
deOata
dalle
fesCvità
religiose.

Il
 nostro
paese
 soOo
 lʼaugusto
 regime
 della
 Democrazia
 “CrisCana”
soppresse
 qualche
 anno
faʼ
 (sic)
ben
quaOro
 fesCvità
 religiose,
 fra
 cui
 San
 Giuseppe,
 Ascensione,
 Corpus
 Domini
 e
 San
Pietro
e
Paolo.
 Erano
bei
giorni,
che
 scandivano
anche
 per
chi
non
amava
 troppo
 il
 profumo
 di
 incenso,
 il
 fluire
 delle
 stagioni
 e
 la
 rinascita
 della
 natura.
 [...]
 Abbiamo
 avuto
 in
 cambio
 degli
 anonimi
 giorni
 di
 ferie,
 da
 recuperare
 più
 o
 meno
 a
 discrezione,
 a
 uso
 e
 consumo
dei
 centri
 commerciali
 e
 delle
 agenzie
 turisCche,
 e
 una
 sfilza
 di
 fesCvità
 civili,
 grigie
 e
 ripeCCve.
 Quelli
 che
 ci
 hanno
 tolC
 erano
giorni
 di
 festa
 vera
che,
quelli
sì,
portavano
tanta
“idenCtà”.
Ed
erano
davvero
per
tu-59.

Quando
 a 
inizio
 seOembre
 la
 Commissione
 Bilancio
 del
 Senato
 approva
 un
 emendamento
 alla
 manovra
 finanziaria,
 prevedendo
 l’accorpamento
 alla
 domenica
delle
feste
patronali,
la
Lega
Nord
ritorna
sulla
quesCone,
rincarando
 la
dose:

La
festa
 patronale
 è
 innanzituOo
rispeOo
di
una
 tradizione
 secolare,
ancora
 più
preziosa
 in
tempi
aridi
di
tradizioni
tanto
solide
 da
resistere
al
tempo
e
alla
globalizzazione.
E
poi,
 per
 molte
 ciOà
 la
 festa
 del
 patrono
è
 un
evento,
 oltre
 che
 religioso,
 storico,
 culturale,


58
Giuseppe
Reguzzoni,
150°.
AperF
per
ferie.
SFamo 
diventando 
il
Paese
delle
“ricorrenze
civili,
ivi.,
19
 febbraio
2011,
p.
8‐9.

idenCtario.
 Per
 non
 parlare
 delle
 ricadute
 economiche
 per
 quelle
 comunità
 e
 sono
 molte,
dove
la
festa
richiama
froOe
di
turisC
e
visitatori60.

Cancellare
 dal
 calendario
 le
 feste
 dei
 patroni
 significa
 negare
 «le
 tradizioni
 secolari
 e
 i
 senCmenC
 sul
 territorio»61
 in
 nome
 invece
 di
 «solennità
 civili,


lontane
dalla
gente»62.
È
dunque
la
religione
caOolica
«ciò
che
si
ha
davvero
in


comune63»
e
della
religione
caOolica
la 
Lega
si
erge
in
difesa
nei
confronC
non


solo
di
un
nemico
esterno
(l’islam),
ma
anche
di
più
nemici
interni:


ormai
non
è
 più
nemmeno
quesCone
di
fede
o
di
devozione,
ma
dei
colori
e
dei
profumi
 delle
 nostre
 terre,
 malate
 di
 idenCtà
 come
 non
 mai.
 Viene
 il
 tempo
 di
 una
 nuova
 resistenza,
silenziosa
 ma
 inesorabile,
se
 davvero
non
vogliamo
farci
portare
via
tuOo,
in
 cambio
ancora
 ‐ed
è
 una
 beffa
atroce‐
del
solito
faccione
 di
 Garibaldi
e
 dei
 falsi
miC
di
 una
falsa
Europa
che
non
ci
apparCene64.

La 
 difesa
 del
 calendario
 religioso
 declinato
 nelle
 varie
 feste
 patronali
 rappresenta
 la
 difesa
 non
 solo
 dell’idenCtà
 caOolica,
 ma
 anche
 di
 un’appartenenza
che
al
 tempo
stesso
caOolica
e
 sopraOuOo
 territoriale:
 san
 Marco
è
il
patrono
di
Venezia,
sant’Ambrogio
quello
di
Milano,
san
Zeno
quello
 di
Verona
e
così
via
soOolinea
«la
Padania».

Rivendicando
le
fesCvità
patronali,
la
Lega
Nord
rivendica 
una 
idenCtà
 o
meglio
tante
idenCtà
culturali
locali:
sono
ancora
una 
volta
‐la
ricorrenza
del
 centocinquantenaCo
è
l’occasione
che
riporta
con
forza
questo
discorso
ormai
 pluridecennale
in
primo
piano‐
le
idenCtà 
delle
piccole
patrie
del
Nord
a
essere
 chiamate
 in
 causa
 e
 a
 essere
 poste
 come
 alternaCve
 a
 quella 
 nazionale.
 Rifiutando
i
riC
e
le
date
del
calendario
civile,
viene
disconosciuto
il
complesso
 degli
evenC
fondaCvi
della
nazione
italiana
(si
pensi
non
solo
all’aOeggiamento
 della
 Lega
 Nord
 nei
 confronC
 del
 17
 marzo,
 ma
 anche
 all’aOeggiamento
 di
 totale
indifferenza
o
meglio
osClità 
nei
confronC
del
25
aprile)
e
viene,
invece,
 dato
 spazio
 a
 una
 idenCtà
 locale
 o
 meglio
 localista,
 declinata
 in
 chiave
 etnoidenCtaria,
 in
 cui
 il
 faOore
 crisCano
 riveste
 una
 posizione
 di
 primaria
 importanza.


60
Andrea
Accorsi,
Giù
le
mani
dai
sanF.
Nella 
rete
de
i
tgli
della
manovra
finiscono
le
tradizioni
secolari


e
 i
 senFmenF
 sul
 terriotrio.
 Si
 molFplicano 
 invece
 le
 solennità 
 civili,
 lontane
 dalla
 gente,
 ivi.
 ,
 9


seOembre
2011,
p.
2. 61
Ibid.

62
Ibid.

63
Giuseppe
Reguzzoni,
Ci
restano
solo
i
falsi
miF
e
il
faccione
di
Garibaldi,
ivi.,
9
seOembre
2011,
p.
3. 64
Ibid.