seconda parte: REVISIONISM
4. Mitologia e storiografia della “nazione padana” Nazioni contro
L’orizzonte d’azione che le leghe regionaliste hanno è limitato, per definizione, alle singole regioni. Prendiamo a Ctolo d’esempio il caso del leghismo veneto. La Liga Veneta, definita la «madre di tuOe le Leghe»4, nasce
nel 1979 in seno alla Società filologica veneta. Percepisce la propria regione come una singola nazione, disCnguibile per specificità culturali, linguisCche, storiche e antropologiche. CaraOerisCche che legi-mano ai suoi occhi la rivendicazione di autonomia rispeOo allo Stato italiano, idenCficato con “Roma” e descriOo come «il cancro d’Italia»5, e rispeOo anche al sud del Paese,
guardato con pesante avversione e percepito come la conseguenza della negaCva poliCca dello Stato. Franco RoccheOa così interpreta la nascita di quesC nuovi sogge- poliCci:
Queste Leghe vengono impropriamente definite “regionali”. In realtà esse incarnano la volontà di autonomia di un certo numero di nazioni europee, che hanno raggiunto un elevaCssimo livello di modernità e di efficienza. Quelle che ufficialmente, nel linguaggio amministraCvo, sono chiamate regioni sono, in realtà, delle nazioni; il che significa dei popoli, delle società organiche, dotate di una coerenza culturale, linguisCca, sociale, economica, amministraCva e isCtuzionale. Voglio essere chiaro: per noi il Veneto – al pari della Lombardia, della Toscana e della Sicilia – è una nazione allo stesso Ctolo della Danimarca, della Francia, della Polonia, della Grecia, dell’Olanda.6
La lega veneta, esulando dai tradizionali temi e schieramenC della poliCca (religione e classe; destra e sinistra), dà vita a un discorso il cui elemento principale è il territorio, a un’idenCtà che nasce dal territorio: un’idenCtà etno‐ regionale. Il territorio è l’elemento usato per suscitare appartenenza sociale e culturale da un lato e rifiuto e osClità nei confronC dello stato nazionale dall’altro.
Tale prospe-va viene ridisegnata a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90, sopraOuOo soOo la guida di Umberto Bossi, leader carismaCco della Lega Lombarda. Dalla regione in quanto nazione, i cui elemenC condivisi sono la lingua, la storia, la cultura, si passa alla regione in quanto “comunità di interessi”. Le specificità regionali vengono ridisegnate dando priorità agli aspe- economici. Il territorio non è visto più solo come centro di idenCtà etno‐regionali, quanto piuOosto «centro di idenCtà fondata sugli interessi»7
4 È la definizione datane da Franco RoccheOa, uno dei fondatori della Liga Veneta.
5 Ilvo DiamanC, La Lega. Geografia, storia e sociologia di un nuovo soggeAo poliFco, Donzelli, Roma 1993, p. 51.
6 Franco RoccheOa, L’Italie exite‐t‐elle?, p. 133 citato in ivi., p. 52. 7 Ivi., p. 57.
delle singole regioni del nord del Paese, contrapposte allo Stato accentratore e osCle e al sud inoperoso e assisCto.
Questa prospe-va si amplifica a parCre dal decennio successivo. L’orizzonte di riferimento del regionalismo leghista trova un punto di svolta a parCre dalla fine del 1989, quando nasce dall’unione di cinque leghe regionaliste la Lega Nord 8. L’obie-vo che il nuovo aOore poliCco si pone è
quello di lavorare non più solo a livello regionale, ma macro‐regionale: l’aOenzione dalle singole regioni si sposta all’intero Nord. La nuova Lega si presenta come «il parCto del Nord» e del Nord esprime ancora una volta la protesta radicale contro lo stato centrale e contro il Sud. Elabora un progeOo di riforma dello Stato, proponendone un modello federale: un’Unione Italiana di tre Repubbliche (una del nord, una del centro e una del sud Italia), i corrispe-vi di tre società tra loro differenC per caraOerisCche socio‐ economiche.
Nel 1994 la Lega Nord entra nel primo governo Berlusconi: successo che paradossalmente coincide con una crisi. L’alleanza con Forza Italia e Alleanza Nazionale comporta, infa-, una perdita di idenCtà del leghismo e del suo progeOo federalista, che conduce all’uscita dalla coalizione di centro‐ destra nel dicembre dello stesso anno e alla conseguente crisi di governo. La nazionalizzazione del Nord
Dopo l’uscita dal governo la Lega Nord cerca di crearsi nuovamente una propria specificità. Abbandonando il progeOo federalista ormai entrato nel linguaggio poliCco anche dei suoi avversari, decide di optare per una radicalizzazione della propria azione poliCca. Si presenta ancora una volta come il parCto del Nord, contro “Roma” e il Sud, ma da questo momento in poi investe considerevoli energie nell’operazione di amalgamare il Nord, di farne cioè un’unica e omogenea enCtà. È in questo frangente che Bossi dà avvio alla nazionalizzazione del Nord, alla costruzione di una comunità immaginata, alternaCva a quella italiana da un lato, di sintesi e in parallelo a quelle regionali dall’altro. Una comunità altra che non si riconosce più nella generica definizione di “Nord”, realtà eccessivamente disomogenea al suo interno, ma che viene definita mediante l’introduzione di un nuovo termine: Padania. La tradizionale definizione di “Nord” faOa dalla Lega si arricchisce di nuovi aspe-. La costruzione dell’idenCtà nazionale padana si sviluppa d’ora in poi su due linee che si intersecano: da un lato rimane all’interno della visione dicotomica nord‐sud, dall’altro, ricorrendo a forme di «invenzione della tradizione»9, la Lega costruisce una mitologia e una storiografia capaci di dare
8 La nascita della Lega Nord avviene soOo la spinta dei rappresentanC della Lega della Lombardia, del Veneto, del Piemonte, della Liguria, dell’Emilia‐Romagna e della Toscana.
spessore e legi-mità alla nuova realtà. Dopo aver ribadito i confini di inclusione ed esclusione dalla Padania in termini anC‐meridionalisCci, nel corso della seconda metà degli anni ’90 l’opera di un gruppo di intelleOuali vicini alla Lega corrobora questa idenCtà aOraverso l’elaborazione e la divulgazione di una struOura conceOuale e simbolica in grado di dare spessore alla nuova creazione territoriale. Una storia, degli antenaC, degli eroi per dare legi-mità alla nuova creazione poliCca, una bandiera e un apparato cartografico per rendere visivamente la presenza di un’enCtà territoriale alla quale viene riconosciuta unità etnica, linguisCca, storica e culturale.
Il Sud come “altro”
Il primo faOore di definizione dell’idenCtà padana è caraOerizzato dalla ripresa e dalla rifunzionalizzazione della tradizionale polemica anCmeridionalista. La definizione del “noi” padani si corrobora in opposizione ai meridionali visC come l’“altro”, insistendo su un contrasto stereoCpato che interessa la cultura, la mentalità, le a-tudini delle due parC d’Italia. In parCcolare, rimanendo sulla scia del Nord quale «comunità di interessi», è l’«idenCtà del lavoro» del moderno e non corroOo Nord a essere esaltata in contrapposizione all’inefficiente e assisCto Sud. Ciò che disCngue i padani dagli “altri” è la condivisione di comuni valori e a-tudini inerenC la sfera socio‐ economica: una forte eCca del lavoro, di natura quasi calvinista, vivacità imprenditoriale, spirito di sacrificio, grande propensione al risparmio. TuOe caraOerisCche che non sono riconosciute, secondo lo stereoCpo anCmeridionalista, nei ciOadini del sud Italia.
In altre parole la Lega Nord definisce l’idenCtà padana in negaCvo: è padano quello che non è meridionale; il Sud viene ripresentato come la metafora di tu- i mali dell’Italia. Inoltre, la dicotomia tra nord e sud si trasforma in dicotomia tra Padania e Italia: le caraOerisCche negaCve riservate al Mezzogiorno vengono traslate a tuOa l’Italia ecceOo il Nord, a tu- «gli abitanC della penisola sub‐appenninica [che] sono chiamaC tajan, taliani o tagliani nella Padania» 10.
Un’iden<tà negata
Ma perché Padania? Da dove deriva questo nome e perché viene scelto? Ricorrendo al termine geografico di origine laCna usato per indicare la pianura padana, la Lega Nord lo fa proprio estendendone i confini e rivestendolo di un significato non più solo geografico. La Padania diventa la
terra che a nord si estende fino a comprendere l’arco alpino e a sud, dove i confini si fanno volutamente più labili, viene delimitata dall’Appennino tosco‐ emiliano11. Ridondante è la presenza dell’apparato cartografico nelle
pubblicazioni leghiste come anche nella propaganda visiva del parCto: sono mappe che descrivono la presenza di una realtà storica e culturale di lunga durata, non secolare ma millenaria.
L’introduzione nel discorso leghista della Padania viene presentata non come un’operazione di invenzione ad hoc, bensì come la riappropriazione di un’idenCtà storica millenaria, negatale a parCre solo da tempi recenC. «Si traOa – dice Gilberto Oneto, uno dei principali intelleOuali della Lega Nord –
della comunità più grande al mondo che rischia di non avere più un nome universalmente riconosciuto»12: fin dall’anCchità questa terra, conCnua Oneto,
è stata indicata con denominazione propria, prova della sua specificità rispeOo al resto dello sCvale. Gallia Cisalpina in epoca romana, Terra di Mezzo secondo la denominazione celCca, Longobardia la terra dei Longobardi. Ridare nome a questa terra non è quindi un’operazione di invenzione ex novo, ma solo di riappropriazione di un’idenCtà a cui una «devastante e sistemaCca opera di annientamento cui è stata soOoposta nell’ulCmo secolo la nostra terra ha tentato di toglierle anche il nome»13.
Rifiutando le definizioni romano o italo‐centriche di Italia seOentrionale o nord Italia, la scelta toponomasCca cade sul nome Padania in quanto il termine rimanda a una definizione “autoctona”:
il nome Padania si presta alla perfezione ad indicare la nostra terra: esso si riferisce al suo elemento fisicamente più cospicuo (il “padre” Po) e trae origine dal più profondo substrato storico e culturale (celto‐ligure) della regione. Questo lo collega streOamente a tu- gli altri elemenC forC che delimitano la Padania: il nome delle Alpi è celCco, quello degli Appennini celtoligure, quello del mare AdriaCco di origine veneCca e per il mare Ligure vince l’evidenza. L’intera regione geografica è così difesa da toponimi che affondano le loro radici nelle più lontane origini dei popoli che la abitano.14
È il Po a rappresentare il punto di partenza della definizione territoriale della Padania. Il legame viene soOolineato anche da un punto di vista eCmologico: eCmologicamente Padania deriva dall’anCco termine usato per chiamare il fiume, Padus; termine al quale il discorso leghista nega la derivazione laCna, da sempre riconosciuta, per proporne invece una di origine celCca, come si vedrà
11 Sulla confusa definizione geografica della Padania si veda Giuliano Procacci, Carte d’idenFtà.
Revisionismi, nazionalismi e fondamentalismi nei manuali di storia, Carocci Ed., Roma 2005, pp.
185‐187.
12 Gilberto Oneto, Come si chiama questa Terra?, in «Quaderni Padani», 1995, n. 2, p. 5. 13 Ibid.
meglio più avanC15. Così anche per Alpi, Appennini, mar Ligure e AdriaCco: essi
sono chiamaC in causa per delimitare la realtà territoriale padana, non solo per la loro natura geografica, ma anche per il loro intrinseco rimando eCmologico alla cultura celCca. L’eCmologia diventa quindi uno strumento da usare per stravolgere conoscenze sedimentate e soOoporle a un processo di revisionismo.
Sin dalle prime baOute, la creazione del “territorio padano” è definito non solo aOraverso la demarcazione dei suoi confini fisici; i discorsi di inclusione ed esclusione rispeOo a quesC confini, i ragionamenC che gli stessi confini suscitano sono necessari per stabilire la coscienza del “noi” territoriale padano. E l’elemento unificante che viene chiamato in causa per fare del nord Italia una realtà omogenea è l’eredità celCca di questa terra. Con la Padania nasce una «nuova idenCtà territoriale di Cpo etnico»16 coincidente con tuOo il nord Italia,
per il quale la Lega Nord rivendica l’indipendenza: il nome del parCto, infa-, viene modificato da “Lega Nord ‐ Italia Federale” in “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania”17.
Il pantheon padano
L’origine etnica della Padania viene riconosciuta nel ceppo indoeuropeo. «La Padania ha invece [rispeOo all’Italia] radici e tradizioni che si perdono nella noOe dei tempi [...]. Tu- i popoli della Padania, infa-, discendono dai medesimi popoli originari che possono essere idenCficaC in tre gruppi
15 Ivi, p. 6, come anche Il fiume dai tre nomi, ivi., 1996, n. 6, p. 8. 16 Ilvo DiamanC, Il male del Nord. Lega, localismo, secessione, Donzelli, Roma 1996, p. 15. 17 La sosCtuzione avviene nel 1997 in occasione del terzo congresso ordinario del parCto. Ridondante è l’apparato cartografico che accompagna la costruzione della Padania. Di seguito sono riproposte le carFne e le didascalie maggiormente riprodoAe su «Quaderni Padani» che focalizzano l’aAenzione sul fiume Po e sulla Lega Lombarda come elemenF cosFtuFvi della Padania; la terza carFna invece insiste sull’opposizione tra nord e sud, che diventa contrapposizione tra Padania e Italia.
principali»18: Liguri, CelC e Longobardi.
I CelC rivestono un ruolo centrale nell’invenzione dell’enCtà padana. La Padania è riconosciuta, infa-, nella sua cultura e nella sua etnia “omogeneamente celCca”. La discesa dei CelC soOo la guida di Belloso, il fondatore di Mediolanum, e le successive ondate migratorie di popolazioni celCche avrebbero portato alla diffusione per l’intero arco seOentrionale delle penisola italiana della cultura celCca, accanto a delle preesistenC culture come quella dei VeneC che «pur non essendo consideraC propriamente celCci, sono comunque un popolo indoeuropeo che, salvo la lingua, non si disCngueva in nulla, rispeOo alle etnie celCche»19 e dei Liguri e dei ReC, popolazioni
autoctone di origine indoeuropea. Una presenza di lungo periodo, quindi, che ha conCnuato a esistere nei secoli nonostante la romanizzazione.
Cosa porta i CelC all’interno del pantheon dei padri fondatori della patria padana? In primis la loro provenienza dal nord, da oltre le Alpi, in contrapposizione all’area mediterranea. In seconda analisi il contrasto con i Romani. I CelC sono descri- come i primi capaci di opporsi a Roma, di combaOere strenuamente l’imperialismo romano. Sono i primi a compiere degli a- eroici, come il sacco di Roma del 390 a.C., che si sono cristallizzaC per secoli nella memoria colle-va e che ora ‐dice la Lega‐ sono percepiC quali simbolici. Evidente è il ricorso alla cultura celCca deOato da conCngenC retoriche poliCche; chiaro è l’uso che la propaganda leghista può fare dei CelC, i popoli che per primi si schierarono contro Roma per mantenere la propria libertà: vi è un meccanismo di aOualizzazione delle baOaglie dei CelC, descri- come dei protoleghisC. Dai quali i leghisC d’oggi possono, anzi debbono trarre un insegnamento. La grandezza dei CelC viene meno non per inferiorità militare nei confronC dell’esercito romano, ma per la mancata coesione interna: «Non seppero se non in rari momenC combaOere uniC contro il nemico (lo fecero alleandosi ad Annibale20, e furono sul punto di farcela»21. La
baOaglia di Talamone del 225 a.C. rappresenta nella visione leghista l’inizio della soOomissione poliCca all’impero romano.
La romanizzazione nella leOeratura leghista interessa però solo gli aspe- culturali: i costumi, le tradizioni dei conquistatori vanno a sosCtuire quelle preesistenC; ma la romanizzazione non interessa l’aspeOo etnico della
18 Umberto Bossi e Daniele VimercaC, Processo alla Lega, Sperling & Kupfer Editori, Milano 1998, p. 33.
19 Andrea Masce-, I CelF: la prima Padania, in «Quaderni Padani», 1998, n. 15, p. 6. S’impara qualcosa da Simon James, I celF popolo atlanFco: anFca civiltà o moderna invenzione?, Newton & Compton, Roma 2000.
20 L’alleanza che i CelC instaurarono con il cartaginese Annibale nel corso delle guerre puniche comporta nella retorica leghista un’appropriazione della figura del cartaginese, descriOo quale un eroe padano, portatore di libertà. Si vedano gli arCcoli di Carlo Spagnaro, Annibale eroe padano, in «Quaderni Padani», 1997, n. 12, pp. 19‐23 e di Marco Signori, Annibale il liberatore, in «Quaderni Padani», 1999, n. 24, pp. 4‐31.
Padania. Il patrimonio geneCco delle popolazioni celCche si manCene inalterato nel corso dei secoli, immune alla penetrazione romana22. Le
influenze romane – sosCene l’intellighenzia leghista – si sono limitate alle zone di pianura, spesso colpite da pesanC perdite demografiche a seguito di epidemie o guerre. E ripopolate dalle popolazioni provenienC da montagne o colline23, depositarie di un bagaglio geneCco puro24. Un «potenCssimo
imprinCng che ha resisCto per due millenni di dure prove storiche, di occupazioni, di “pulizie culturali” faOe di menzogne, silenzi e brutali tentaCvi di sradicamento»25.
Ciò viene avvalorato ricorrendo alla toponomasCca, alla quale la Lega Nord e la sua leOeratura danno parCcolare aOenzione: lo studio toponomasCco dimostra la forte presenza di elemenC celCci in tuOe le lingue padane, che devono essere riprese a parCre da una riscoperta de Il vero nome
dei nostri paesi e della nostra gente, che sono delle rubriche di «Quaderni
Padani» in cui si segue l’obie-vo di divulgare nomi di luoghi e nomi propri purificandoli dal processo di italianizzazione forzata a cui sono staC soOoposC26.
Disconoscendo ancora una volta la versione classica della linguisCca, è proposta una dicotomica visione dell’origine dei diale- (chiamaC, come abbiamo già accennato, lingue) presenC nella penisola italiana. Da un lato vi è la presenza delle lingue romanze meridionali di direOa derivazione dal laCno, dall’altro quella delle lingue celto‐romanze. In Padania sono riscontrate prevalentemente lingue celto‐romanze, in parCcolare «i gruppi gallo‐italico (padano), veneto, friulano e ladino‐romanico»27, accomunaC da elemenC
sinta-ci e foneCci, tanto da essere classificaC come parC di una sola koinè padana. La linguisCca, fortemente rivisitata, viene chiamata in causa come materia scienCfica per dimostrare la divisione tra una zona linguisCca e un’altra, tra una zona geografica e un’altra: «le lingue parlate nell’area [“padana”] sono separate dalle lingue Romanze meridionali (Toscano, Corso, Italiano mediano e meridionale intermedio, Sardo, Siciliano, CasCgliano e Rumeno) da un importante confine linguisCco rappresentato dalla linea Massa‐
22 Andrea Masce-, I CelF: la prima Padania, ivi., 1998, n. 15, p. 10.
23 Per l’importanza delle Alpi nel pensiero degli intelleOuali leghisC si veda l’analisi di Michel Huysseune, Landscapes as a symbol of naFonhood: the Alps in the rethoric of the Lega Nord, «NaCons and NaConalism», II (2010), n. 16, pp. 345‐373. 24 Michele CorC, La matrice alpina dell’idenFtà etnica lombarda, in «Quaderni Padani», 1995, n. 1, pp. 8‐ 16. 25 Gilberto Oneto, L’invenzione della Padania, Foedus editore, Bergamo 1997, p. 54. 26 La rubrica “I veri nomi dei nostri paesi” comincia con il n. 6 (1996) della rivista e percorre di volta in volta i vari numeri. Quella sui “Nomi della nostra gente” si affianca a parCre dal n. 16 (1998). 27 Gilberto Oneto, Le lingue della Padania, in «Quaderni Padani», 1997, n. 13, p.6.
Senigallia (la cosiddeOa “Linea goCca”) che cosCtuisce anche il limite meridionale della terra padana propriiamente deOa»28.
Accanto ai CelC, vengono chiamaC in causa i Longobardi, «i veri padri della Padania, coloro che – secondo le parole di Bossi – ne allargarono i confini sino all’Appennino della Toscana [...] i grandi unificatori del nord»29. Come i
CelC, i Longobardi provengono dal nord delle Alpi e per questo rappresentano un elemento di purificazione etnica: sono descri-, infa-, come coloro che riportarono «dopo secoli di occupazione romana [...] il sangue nordico tra i nostri popoli»30.
Come i CelC, i Longobardi sono un popolo di uomini in armi. Sono ricordaC principalmente per le loro conquiste, ma non solo: la religiosità crisCana e l’innovazione legislaCva appaiono ai teorici leghisC di fondamentale importanza. In parCcolare è il re Liuptrando ad a-rare la maggiore aOenzione da parte della leOeratura leghista. Liuptrando è l’artefice della massima espansione del regno longobardo, ma è anche l’autore di un innovaCvo codice legislaCvo, che alla Lega sta parCcolarmente a cuore31. Ciò che però viene
maggiormente soOolineato è la struOura della società longobarda. La Lega
28 Ibid.
29 Umberto Bossi e Daniele VimercaC, Processo alla Lega, cit., p. 34.
30 Andrea Masce-, I CelF: la prima Padania, in «Quaderni Padani», 1998, n. 15, p. 5. 31 Maurizio Montagna, Liutprando, un re della Padania, ivi., 1996, n. 5, p. 22.
Il discorso che gli intelleAuali leghisF sviluppano sui padri fondatori della Padania è spesso accompagnato da un set di immagini, che soAendono la rappresentazione leghista di quesF soggeB storici e della storia stessa della “Padania”.
La rappresentazione visiva data è duplice: da un lato i CelF e i Longobardi sono rappresentaF come uomini in armi. È la loro indole guerriera a essere fissata, aAraverso dei disegni o per mezzo del recupero di cimeli di età medievale inerenF sempre alla sfera bellica.
Dall’altro lato più di una volta vengono riproposte le rappresentazioni scultoree del Galata morente o del Galata suicida, copie marmoree di epoca romana da un originale complesso bronzeo