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Mitologia
e
storiografia
della
“nazione
padana” Nazioni
contro

seconda
parte:
REVISIONISM

4.
 Mitologia
e
storiografia
della
“nazione
padana” Nazioni
contro

L’orizzonte
 d’azione
 che
 le
 leghe
 regionaliste
 hanno
 è
 limitato,
 per
 definizione,
 alle
 singole
 regioni.
 Prendiamo
 a
 Ctolo
 d’esempio
 il
 caso
 del
 leghismo
veneto.
La
Liga
Veneta,
definita
la
«madre
di
tuOe
le
Leghe»4,
nasce


nel
 1979
in
seno
 alla
Società 
filologica
veneta.
Percepisce
la
propria
regione
 come
 una
 singola
 nazione,
 disCnguibile
 per
 specificità
 culturali,
 linguisCche,
 storiche
 e
 antropologiche.
 CaraOerisCche
 che
 legi-mano
 ai
 suoi
 occhi
 la
 rivendicazione
 di
 autonomia
 rispeOo
 allo
 Stato
 italiano,
 idenCficato
 con
 “Roma”
e
descriOo
come
«il
cancro
d’Italia»5,
e
rispeOo
anche
al
sud
del
Paese,


guardato
 con
 pesante
 avversione
 e
 percepito
 come
 la
 conseguenza
 della
 negaCva
 poliCca
 dello
 Stato.
 Franco
 RoccheOa
 così
 interpreta
 la
 nascita 
 di
 quesC
nuovi
sogge-
poliCci:

Queste
 Leghe
 vengono
impropriamente
 definite
 “regionali”.
In
realtà
 esse
incarnano
la
 volontà
 di
 autonomia
 di
 un
 certo
 numero
 di
 nazioni
 europee,
 che
 hanno
 raggiunto
 un
 elevaCssimo
livello
di
modernità
e
 di
efficienza.
 Quelle
 che
 ufficialmente,
 nel
linguaggio
 amministraCvo,
 sono
chiamate
 regioni
sono,
in
realtà,
 delle
 nazioni;
 il
che
 significa
 dei
 popoli,
 delle
 società
 organiche,
 dotate
 di
 una
 coerenza
 culturale,
 linguisCca,
 sociale,
 economica,
 amministraCva
 e
 isCtuzionale.
 Voglio
essere
 chiaro:
 per
 noi
 il
 Veneto
 –
 al
 pari
della
 Lombardia,
della
Toscana
 e
 della
Sicilia
–
 è
 una
nazione
allo
stesso
Ctolo
della
 Danimarca,
della
Francia,
della
Polonia,
della
Grecia,
dell’Olanda.6

La 
 lega
 veneta,
 esulando
 dai
 tradizionali
 temi
 e
 schieramenC
 della
 poliCca
 (religione
 e
 classe;
 destra
 e
 sinistra),
 dà
 vita
 a
 un
 discorso
 il
 cui
 elemento
 principale
è
il
territorio,
a
un’idenCtà
che
nasce
dal
territorio:
un’idenCtà
etno‐ regionale.
Il
territorio
è
l’elemento
usato
per
suscitare
appartenenza
sociale
e
 culturale
 da 
 un
 lato
 e
 rifiuto
 e
 osClità
 nei
 confronC
 dello
 stato
 nazionale
 dall’altro.



Tale
 prospe-va
viene
ridisegnata
a
cavallo
tra
gli
anni
 ’80
e
gli
anni
 ’90,
sopraOuOo
soOo
la
guida
di
Umberto
Bossi,
leader
carismaCco
della
Lega
 Lombarda.
 Dalla
 regione
in
 quanto
 nazione,
 i
 cui
 elemenC
 condivisi
 sono
 la
 lingua,
 la
 storia,
 la 
 cultura,
 si
 passa
 alla
 regione
 in
 quanto
 “comunità
 di
 interessi”.
 Le
 specificità
 regionali
 vengono
 ridisegnate
 dando
 priorità
 agli
 aspe-
 economici.
 Il
 territorio
 non
 è
 visto
 più
 solo
 come
 centro
 di
 idenCtà
 etno‐regionali,
 quanto
 piuOosto
 «centro
 di
 idenCtà
 fondata
 sugli
 interessi»7

4
È
la
definizione
datane
da
Franco
RoccheOa,
uno
dei
fondatori
della
Liga
Veneta.

5
Ilvo
DiamanC,
La
Lega.
 Geografia,
storia 
e
sociologia 
di
un
nuovo
soggeAo 
poliFco,
Donzelli,
 Roma
 1993,
p.
51.

6
Franco
RoccheOa,
L’Italie
exite‐t‐elle?,
p.
133
citato
in
ivi.,
p.
52. 7
Ivi.,
p.
57.

delle
singole
regioni
del
nord
del
Paese,
contrapposte
allo
Stato
accentratore
e
 osCle
e
al
sud
inoperoso
e
assisCto.

Questa
 prospe-va
 si
 amplifica
 a
 parCre
 dal
 decennio
 successivo.
 L’orizzonte
di
riferimento
del
regionalismo
leghista
trova
un
punto
di
svolta
a
 parCre
 dalla
 fine
 del
 1989,
 quando
 nasce
 dall’unione
 di
 cinque
 leghe
 regionaliste
la
Lega
 Nord
8.
 L’obie-vo
 che
il
nuovo
 aOore
 poliCco
 si
 pone
è


quello
 di
 lavorare
 non
 più
 solo
 a 
 livello
 regionale,
 ma
 macro‐regionale:
 l’aOenzione
 dalle
 singole
 regioni
 si
 sposta
 all’intero
 Nord.
 La
 nuova
 Lega
 si
 presenta
come
«il
 parCto
del
Nord»
 e
del
Nord
 esprime
 ancora
una
volta
la
 protesta 
radicale
contro
lo
stato
centrale
e
contro
il
Sud.
Elabora
un
progeOo
 di
riforma
dello
Stato,
proponendone
un
modello
federale:
un’Unione
Italiana
 di
 tre
 Repubbliche
 (una
 del
 nord,
 una
 del
 centro
 e
 una 
 del
 sud
 Italia),
i
 corrispe-vi
 di
 tre
 società
 tra
 loro
 differenC
 per
 caraOerisCche
 socio‐ economiche.

Nel
1994
la
Lega 
Nord
entra
nel
primo
 governo
 Berlusconi:
 successo
 che
 paradossalmente
 coincide
 con
 una
 crisi.
 L’alleanza
 con
 Forza
 Italia 
 e
 Alleanza
Nazionale
comporta,
infa-,
una
perdita
di
idenCtà
del
leghismo
e
del
 suo
 progeOo
 federalista,
 che
 conduce
 all’uscita
 dalla
 coalizione
 di
 centro‐ destra
nel
dicembre
dello
stesso
anno
e
alla
conseguente
crisi
di
governo. La
nazionalizzazione
del
Nord

Dopo
 l’uscita
dal
 governo
 la
Lega 
Nord
 cerca
 di
 crearsi
 nuovamente
 una 
propria
specificità.
Abbandonando
il
progeOo
federalista 
ormai
entrato
nel
 linguaggio
 poliCco
 anche
 dei
 suoi
 avversari,
 decide
 di
 optare
 per
 una
 radicalizzazione
 della
 propria
 azione
 poliCca.
 Si
 presenta
 ancora
 una
 volta
 come
il
parCto
del
Nord,
contro
“Roma”
e
il
Sud,
ma
da
questo
momento
in
poi
 investe
considerevoli
energie
nell’operazione
di
amalgamare
 il
Nord,
di
farne
 cioè
un’unica
e
omogenea
enCtà.
È
 in
questo
frangente
che
Bossi
dà
avvio
alla
 nazionalizzazione
 del
 Nord,
 alla 
 costruzione
 di
 una
 comunità
 immaginata,
 alternaCva
a
quella
italiana
da
un
lato,
di
sintesi
e
in
parallelo
a
quelle
regionali
 dall’altro.
 Una
 comunità 
 altra 
 che
 non
 si
 riconosce
 più
 nella
 generica
 definizione
di
“Nord”,
 realtà
eccessivamente
disomogenea
al
suo
interno,
ma
 che
viene
definita
mediante
l’introduzione
di
un
nuovo
termine:
Padania.
 La 
 tradizionale
 definizione
 di
 “Nord”
 faOa
 dalla
 Lega
 si
 arricchisce
 di
 nuovi
 aspe-.
La
costruzione
dell’idenCtà
nazionale
padana
si
sviluppa
d’ora
in
poi
su
 due
 linee
 che
 si
 intersecano:
 da
 un
 lato
 rimane
 all’interno
 della
 visione
 dicotomica
 nord‐sud,
 dall’altro,
 ricorrendo
 a
 forme
 di
 «invenzione
 della
 tradizione»9,
la
Lega
costruisce
una 
mitologia
e
una
storiografia
capaci
di
dare


8
La
nascita
della
Lega
Nord
avviene
 soOo
la
spinta
dei
rappresentanC
della
Lega
della
Lombardia,
del
 Veneto,
del
Piemonte,
della
Liguria,
dell’Emilia‐Romagna
e
della
Toscana.

spessore
 e
 legi-mità
 alla
 nuova
 realtà.
Dopo
 aver
 ribadito
 i
 confini
 di
 inclusione
ed
esclusione
dalla
Padania
in
termini
anC‐meridionalisCci,
nel
corso
 della
seconda
metà
degli
anni
’90
l’opera
di
un
gruppo
di
intelleOuali
vicini
alla
 Lega
 corrobora
questa 
idenCtà
 aOraverso
 l’elaborazione
 e
 la
 divulgazione
 di
 una 
 struOura
 conceOuale
 e
 simbolica
 in
 grado
 di
 dare
 spessore
 alla
 nuova
 creazione
territoriale.
Una 
storia,
degli
antenaC,
degli
eroi
per
dare
legi-mità
 alla
 nuova
 creazione
 poliCca,
 una
 bandiera 
 e
 un
 apparato
 cartografico
 per
 rendere
 visivamente
 la
 presenza
 di
 un’enCtà
 territoriale
 alla 
 quale
 viene
 riconosciuta
unità
etnica,
linguisCca,
storica
e
culturale.

Il
Sud
come
“altro”

Il
primo
faOore
di
definizione
dell’idenCtà
padana
è
caraOerizzato
dalla
 ripresa
 e
 dalla
 rifunzionalizzazione
 della
 tradizionale
 polemica
 anCmeridionalista.
La
definizione
del
“noi”
padani
si
corrobora
in
opposizione
 ai
meridionali
visC
come
l’“altro”,
insistendo
su
un
contrasto
stereoCpato
che
 interessa
 la
 cultura,
 la 
 mentalità,
 le
 a-tudini
 delle
 due
 parC
 d’Italia.
 In
 parCcolare,
 rimanendo
 sulla
 scia
 del
 Nord
 quale
 «comunità
 di
 interessi»,
 è
 l’«idenCtà
del
lavoro»
 del
moderno
e
 non
 corroOo
Nord
 a
essere
esaltata
in
 contrapposizione
all’inefficiente
e
assisCto
Sud.
Ciò
che
disCngue
i
padani
dagli
 “altri”
 è
la
 condivisione
 di
 comuni
 valori
 e
 a-tudini
 inerenC
 la
 sfera
 socio‐ economica:
 una
 forte
 eCca
 del
 lavoro,
 di
 natura
 quasi
 calvinista,
 vivacità
 imprenditoriale,
 spirito
 di
 sacrificio,
 grande
 propensione
 al
 risparmio.
 TuOe
 caraOerisCche
 che
 non
 sono
 riconosciute,
 secondo
 lo
 stereoCpo
 anCmeridionalista,
nei
ciOadini
del
sud
Italia.

In
altre
parole
la
Lega 
Nord
definisce
l’idenCtà 
padana
in
negaCvo:
è
padano
 quello
 che
 non
 è
meridionale;
 il
 Sud
viene
 ripresentato
 come
 la
metafora 
di
 tu-
 i
 mali
 dell’Italia.
 Inoltre,
 la
 dicotomia 
 tra
 nord
 e
 sud
 si
 trasforma
 in
 dicotomia
 tra 
 Padania
 e
 Italia:
 le
 caraOerisCche
 negaCve
 riservate
 al
 Mezzogiorno
vengono
traslate
a
tuOa
l’Italia
ecceOo
il
Nord,
a
tu-
«gli
abitanC
 della
penisola
sub‐appenninica
[che]
sono
chiamaC
tajan,
taliani
o
tagliani
nella
 Padania»
10.

Un’iden<tà
negata

Ma
 perché
 Padania?
 Da
 dove
 deriva
 questo
 nome
 e
 perché
 viene
 scelto?
 Ricorrendo
al
termine
geografico
di
origine
laCna 
usato
per
indicare
la
 pianura
 padana,
 la
 Lega
 Nord
 lo
 fa
 proprio
 estendendone
 i
 confini
 e
 rivestendolo
 di
 un
 significato
 non
 più
 solo
 geografico.
 La
 Padania
diventa
la


terra
che
 a 
nord
 si
estende
fino
a
comprendere
l’arco
alpino
 e
a
sud,
 dove
i
 confini
si
fanno
volutamente
più
labili,
viene
delimitata 
dall’Appennino
tosco‐ emiliano11.
 Ridondante
 è
 la
 presenza
 dell’apparato
 cartografico
 nelle


pubblicazioni
leghiste
 come
 anche
 nella 
propaganda
visiva
del
parCto:
 sono
 mappe
che
descrivono
 la
 presenza
di
 una
 realtà 
storica
e
 culturale
 di
lunga
 durata,
non
secolare
ma
millenaria.

L’introduzione
nel
discorso
leghista
della 
Padania
viene
presentata 
non
come
 un’operazione
 di
 invenzione
 ad
 hoc,
 bensì
 come
 la
 riappropriazione
 di
 un’idenCtà
 storica
 millenaria,
 negatale
 a
 parCre
 solo
 da
 tempi
 recenC.
 «Si
 traOa
–
 dice
Gilberto
Oneto,
 uno
 dei
principali
intelleOuali
della
Lega
Nord
–


della
 comunità
 più
 grande
 al
mondo
 che
 rischia
di
 non
 avere
 più
 un
 nome
 universalmente
riconosciuto»12:
fin
dall’anCchità
questa
terra,
conCnua
Oneto,


è
stata
indicata 
con
denominazione
propria,
prova
della
sua
specificità
rispeOo
 al
resto
dello
sCvale.
Gallia
Cisalpina
in
epoca 
romana,
Terra
di
Mezzo
secondo
 la 
denominazione
celCca,
Longobardia
la
terra
dei
Longobardi.
Ridare
nome
a
 questa
 terra
non
 è
 quindi
 un’operazione
 di
 invenzione
 ex
 novo,
 ma
 solo
 di
 riappropriazione
di
 un’idenCtà 
a
cui
 una
 «devastante
e
 sistemaCca
opera
 di
 annientamento
 cui
 è
 stata 
 soOoposta
 nell’ulCmo
 secolo
 la
 nostra 
 terra
 ha
 tentato
di
toglierle
anche
il
nome»13.


Rifiutando
le
definizioni
romano
o
italo‐centriche
di
Italia
seOentrionale
o
nord
 Italia,
 la
 scelta
 toponomasCca 
cade
 sul
 nome
 Padania
 in
 quanto
 il
 termine
 rimanda
a
una
definizione
“autoctona”:


il
 nome
 Padania
 si
presta
alla
 perfezione
 ad
indicare
 la
 nostra
 terra:
 esso
si
riferisce
 al
 suo
 elemento
fisicamente
 più
cospicuo
 (il
 “padre”
 Po)
e
 trae
 origine
 dal
 più
 profondo
 substrato
storico
e
culturale
(celto‐ligure)
della
regione.
Questo
lo
collega
streOamente
a
 tu-
gli
altri
 elemenC
 forC
che
delimitano
la
Padania:
il
nome
 delle
 Alpi
è
 celCco,
quello
 degli
Appennini
 celtoligure,
 quello
 del
 mare
 AdriaCco
 di
origine
 veneCca
 e
 per
 il
 mare
 Ligure
 vince
 l’evidenza.
 L’intera
 regione
 geografica
 è
 così
 difesa
 da
 toponimi
 che
 affondano
le
loro
radici
nelle
più
lontane
origini
dei
popoli
che
la
abitano.14

È
 il
Po
a 
rappresentare
il
punto
 di
partenza
della
definizione
territoriale
della
 Padania.
Il
legame
viene
soOolineato
anche
da
un
punto
di
vista
eCmologico:
 eCmologicamente
 Padania
 deriva
 dall’anCco
 termine
 usato
 per
 chiamare
 il
 fiume,
Padus;
termine
al
quale
il
discorso
leghista
nega
la 
derivazione
laCna,
da
 sempre
riconosciuta,
per
proporne
invece
una
di
origine
celCca,
come
si
vedrà


11
 Sulla
 confusa
 definizione
 geografica
 della
 Padania
 si
 veda
 Giuliano 
 Procacci,
 Carte
 d’idenFtà.


Revisionismi,
 nazionalismi
 e
 fondamentalismi
 nei
 manuali
 di
 storia,
 Carocci
 Ed.,
 Roma
 2005,
 pp.


185‐187.

12
Gilberto
Oneto,
Come
si
chiama
questa
Terra?,
in
«Quaderni
Padani»,
1995,
n.
2,
p.
5. 13
Ibid.

meglio
più
avanC15.
Così
anche
per
Alpi,
Appennini,
mar
Ligure
e
AdriaCco:
essi


sono
chiamaC
in
causa
per
delimitare
la
realtà
territoriale
padana,
non
solo
per
 la 
loro
natura 
geografica,
ma
anche
per
il
loro
intrinseco
rimando
eCmologico
 alla
 cultura
 celCca.
 L’eCmologia
 diventa
 quindi
 uno
 strumento
 da
 usare
 per
 stravolgere
 conoscenze
 sedimentate
 e
 soOoporle
 a
 un
 processo
 di
 revisionismo.

Sin
dalle
prime
baOute,
la
creazione
del
“territorio
padano”
è
definito
non
solo
 aOraverso
 la
 demarcazione
 dei
 suoi
 confini
 fisici;
 i
 discorsi
 di
 inclusione
 ed
 esclusione
 rispeOo
 a
 quesC
 confini,
 i
 ragionamenC
 che
 gli
 stessi
 confini
 suscitano
sono
necessari
per
stabilire
la
coscienza
del
“noi”
territoriale
padano.
 E
l’elemento
unificante
che
viene
chiamato
in
causa 
per
fare
del
nord
Italia
una
 realtà
omogenea
è
l’eredità
celCca
di
questa 
terra.
Con
 la
Padania
nasce
una
 «nuova
idenCtà
territoriale
di
Cpo
etnico»16
coincidente
con
tuOo
il
nord
Italia,


per
il
quale
la
Lega
Nord
rivendica
l’indipendenza:
il
nome
del
parCto,
infa-,
 viene
 modificato
 da
 “Lega
 Nord
 ‐
 Italia
 Federale”
 in
 “Lega
 Nord
 per
 l’Indipendenza
della
Padania”17.

Il
pantheon
padano

L’origine
etnica
 della
Padania
viene
riconosciuta
nel
 ceppo
 indoeuropeo.
«La
 Padania
 ha
invece
[rispeOo
 all’Italia]
 radici
e
 tradizioni
 che
 si
 perdono
 nella
 noOe
 dei
 tempi
 [...].
 Tu-
 i
 popoli
 della
 Padania,
 infa-,
 discendono
 dai
 medesimi
 popoli
 originari
 che
 possono
 essere
 idenCficaC
 in
 tre
 gruppi


15
Ivi,
p.
6,
come
anche
Il
fiume
dai
tre
nomi,
ivi.,
1996,
n.
6,
p.
8. 16
Ilvo
DiamanC,
Il
male
del
Nord.
Lega,
localismo,
secessione,
Donzelli,
Roma
1996,
p.
15. 17
La
sosCtuzione
avviene
nel
1997
in
occasione
del
terzo
congresso
ordinario
del
parCto. Ridondante
è
l’apparato
cartografico
che
accompagna
 la
costruzione
della
Padania.
Di
seguito
sono
riproposte
 le
carFne
e
le
didascalie
maggiormente
riprodoAe
su
 «Quaderni
Padani»
che
focalizzano
l’aAenzione
sul
 fiume
Po
e
sulla
Lega
Lombarda
come
elemenF
 cosFtuFvi
della
Padania;
la
terza
carFna
invece
insiste
 sull’opposizione
tra
nord
e
sud,
che
diventa
 contrapposizione
tra
Padania
e
Italia.


principali»18:
Liguri,
CelC
e
Longobardi.


I
CelC
rivestono
un
ruolo
centrale
nell’invenzione
dell’enCtà
padana.
La
 Padania
 è
 riconosciuta,
 infa-,
 nella
 sua
 cultura 
 e
 nella
 sua
 etnia
 “omogeneamente
 celCca”.
 La
 discesa
 dei
 CelC
 soOo
 la
 guida
 di
 Belloso,
 il
 fondatore
 di
 Mediolanum,
 e
 le
 successive
 ondate
 migratorie
 di
 popolazioni
 celCche
avrebbero
portato
alla
diffusione
per
l’intero
arco
seOentrionale
delle
 penisola
italiana
della
cultura
celCca,
accanto
a
delle
preesistenC
culture
come
 quella
dei
VeneC
che
«pur
non
essendo
consideraC
propriamente
celCci,
sono
 comunque
 un
 popolo
indoeuropeo
che,
 salvo
la
lingua,
 non
 si
 disCngueva 
in
 nulla,
 rispeOo
 alle
 etnie
 celCche»19 
 e
 dei
 Liguri
 e
 dei
 ReC,
 popolazioni


autoctone
di
origine
indoeuropea.
Una
presenza
di
lungo
periodo,
quindi,
che
 ha
conCnuato
a
esistere
nei
secoli
nonostante
la
romanizzazione.

Cosa
 porta
 i
 CelC
 all’interno
 del
 pantheon
 dei
 padri
 fondatori
 della
 patria
 padana?
 In
 primis
 la
 loro
 provenienza
 dal
 nord,
 da
 oltre
 le
 Alpi,
 in
 contrapposizione
all’area
 mediterranea.
 In
 seconda
 analisi
 il
 contrasto
 con
 i
 Romani.
 I
 CelC
 sono
 descri-
 come
 i
 primi
 capaci
 di
 opporsi
 a 
 Roma,
 di
 combaOere
 strenuamente
 l’imperialismo
 romano.
 Sono
 i
 primi
 a
 compiere
 degli
a-
eroici,
come
il
sacco
di
Roma
del
390
a.C.,
che
si
sono
cristallizzaC
per
 secoli
 nella
 memoria
 colle-va
 e
che
 ora 
‐dice
la
 Lega‐
 sono
 percepiC
 quali
 simbolici.
 Evidente
 è
 il
 ricorso
 alla
 cultura
 celCca
 deOato
 da
 conCngenC
 retoriche
poliCche;
chiaro
è
l’uso
che
la
propaganda 
leghista
può
fare
dei
CelC,
 i
popoli
 che
 per
 primi
si
schierarono
 contro
 Roma
 per
 mantenere
la
propria
 libertà:
vi
è
un
meccanismo
di
aOualizzazione
delle
baOaglie
dei
CelC,
descri-
 come
dei
protoleghisC.
Dai
quali
i
leghisC
d’oggi
possono,
anzi
debbono
trarre
 un
 insegnamento.
 La
 grandezza
 dei
 CelC
 viene
 meno
 non
 per
 inferiorità
 militare
 nei
 confronC
 dell’esercito
 romano,
 ma
 per
 la
 mancata
 coesione
 interna:
 «Non
 seppero
 se
 non
 in
 rari
 momenC
 combaOere
 uniC
 contro
 il
 nemico
(lo
fecero
alleandosi
ad
Annibale20,
e
furono
sul
punto
di
farcela»21.
La


baOaglia 
di
 Talamone
 del
 225
 a.C.
 rappresenta 
nella 
visione
 leghista 
l’inizio
 della
soOomissione
poliCca
all’impero
romano.

La 
 romanizzazione
 nella
 leOeratura
 leghista
 interessa
 però
 solo
 gli
 aspe-
 culturali:
 i
 costumi,
 le
 tradizioni
 dei
 conquistatori
 vanno
 a
 sosCtuire
 quelle
 preesistenC;
 ma
 la
 romanizzazione
 non
 interessa
 l’aspeOo
 etnico
 della


18
Umberto
Bossi
e
 Daniele
 VimercaC,
 Processo
alla
Lega,
Sperling
 &
Kupfer
 Editori,
Milano
1998,
p.
 33.

19
 Andrea
 Masce-,
 I
 CelF:
 la
 prima
 Padania,
 in
 «Quaderni
 Padani»,
 1998,
 n.
15,
 p.
 6.
 S’impara
 qualcosa
 da
 Simon
 James,
 I
 celF
 popolo
 atlanFco:
 anFca
civiltà
 o
moderna
invenzione?,
 Newton 
&
 Compton,
Roma
2000.

20
 L’alleanza
 che
 i
 CelC
 instaurarono
 con
 il
 cartaginese
 Annibale
 nel
 corso 
 delle
 guerre
 puniche
 comporta
 nella
 retorica
 leghista
 un’appropriazione
 della
 figura
 del
 cartaginese,
 descriOo
 quale
 un
 eroe
 padano,
 portatore
 di
 libertà.
 Si
vedano 
gli
arCcoli
di
Carlo
Spagnaro,
 Annibale
 eroe
padano,
in
 «Quaderni
 Padani»,
 1997,
 n.
 12,
 pp.
 19‐23
e
 di
 Marco
 Signori,
 Annibale
 il
liberatore,
 in
«Quaderni
 Padani»,
1999,
n.
24,
pp.
4‐31.

Padania.
 Il
 patrimonio
 geneCco
 delle
 popolazioni
 celCche
 si
 manCene
 inalterato
 nel
 corso
 dei
 secoli,
 immune
 alla
 penetrazione
 romana22.
 Le


influenze
romane
–
 sosCene
l’intellighenzia
leghista 
–
si
sono
limitate
alle
zone
 di
 pianura,
 spesso
 colpite
 da
 pesanC
 perdite
 demografiche
 a
 seguito
 di
 epidemie
o
guerre.
E
 ripopolate
dalle
popolazioni
provenienC
da
montagne
o
 colline23,
 depositarie
 di
 un
 bagaglio
 geneCco
 puro24.
 Un
 «potenCssimo


imprinCng
 che
 ha 
 resisCto
 per
 due
 millenni
 di
 dure
 prove
 storiche,
 di
 occupazioni,
di
“pulizie
culturali”
faOe
di
menzogne,
silenzi
e
brutali
tentaCvi
di
 sradicamento»25.

Ciò
 viene
avvalorato
ricorrendo
alla
toponomasCca,
alla
quale
la
Lega
 Nord
 e
 la 
 sua
 leOeratura
 danno
 parCcolare
 aOenzione:
 lo
 studio
 toponomasCco
dimostra
la
forte
presenza
di
elemenC
celCci
in
tuOe
le
lingue
 padane,
che
devono
essere
riprese
a
parCre
da
una
riscoperta 
de
Il
vero
nome


dei
 nostri
 paesi
 e
 della
 nostra
 gente,
 che
 sono
 delle
 rubriche
 di
 «Quaderni


Padani»
 in
 cui
 si
 segue
l’obie-vo
 di
 divulgare
nomi
di
 luoghi
 e
nomi
propri
 purificandoli
 dal
 processo
 di
 italianizzazione
 forzata 
 a
 cui
 sono
 staC
 soOoposC26.

Disconoscendo
 ancora
 una 
 volta
 la
 versione
 classica
 della
 linguisCca,
 è
 proposta
 una
 dicotomica
 visione
 dell’origine
 dei
 diale-
 (chiamaC,
 come
 abbiamo
già
accennato,
lingue)
presenC
nella
penisola
italiana.
Da
un
lato
vi
è
 la 
presenza
delle
lingue
romanze
meridionali
di
direOa
derivazione
dal
laCno,
 dall’altro
 quella
 delle
 lingue
 celto‐romanze.
 In
 Padania
 sono
 riscontrate
 prevalentemente
 lingue
 celto‐romanze,
 in
 parCcolare
 «i
gruppi
 gallo‐italico
 (padano),
 veneto,
 friulano
 e
 ladino‐romanico»27,
 accomunaC
 da
 elemenC


sinta-ci
e
 foneCci,
 tanto
 da
 essere
 classificaC
 come
 parC
 di
 una
 sola
 koinè
 padana.
 La
 linguisCca,
 fortemente
 rivisitata,
 viene
 chiamata
 in
 causa
 come
 materia 
 scienCfica
 per
 dimostrare
 la
 divisione
 tra
 una
 zona
 linguisCca
 e
 un’altra,
 tra 
 una
 zona
 geografica
 e
 un’altra:
 «le
 lingue
 parlate
 nell’area
 [“padana”]
 sono
 separate
 dalle
lingue
Romanze
 meridionali
 (Toscano,
 Corso,
 Italiano
 mediano
 e
 meridionale
 intermedio,
 Sardo,
 Siciliano,
 CasCgliano
 e
 Rumeno)
da
un
importante
confine
linguisCco
rappresentato
dalla
linea
Massa‐

22
Andrea
Masce-,
I
CelF:
la
prima
Padania,
ivi.,
1998,
n.
15,
p.
10.

23
 Per
 l’importanza
 delle
 Alpi
 nel
 pensiero
 degli
 intelleOuali
 leghisC
 si
 veda
 l’analisi
 di
 Michel
 Huysseune,
Landscapes
as
a
symbol
of
naFonhood:
the
Alps
in
the
rethoric
of
the
Lega
Nord,
«NaCons
 and
NaConalism»,
II
(2010),
n.
16,
pp.
345‐373. 24
Michele
CorC,
La
matrice
alpina
dell’idenFtà 
etnica
lombarda,
in
«Quaderni
Padani»,
1995,
n.
1,
pp.
 8‐
16. 25
Gilberto
Oneto,
L’invenzione
della
Padania,
Foedus
editore,
Bergamo
1997,
p.
54. 26
La
rubrica
“I
veri
nomi
dei
nostri
paesi”
comincia
con
il
n.
6
(1996)
della
rivista
e
percorre
di
volta
in
 volta
i
vari
numeri.
Quella
sui
“Nomi
della
nostra
gente”
si
affianca
a
parCre
dal
n.
16
(1998). 27
Gilberto
Oneto,
Le
lingue
della
Padania,
in
«Quaderni
Padani»,
1997,
n.
13,
p.6.

Senigallia
 (la
 cosiddeOa
 “Linea
 goCca”)
 che
 cosCtuisce
 anche
 il
 limite
 meridionale
della
terra
padana
propriiamente
deOa»28.

Accanto
 ai
CelC,
vengono
chiamaC
 in
 causa 
i
Longobardi,
«i
veri
padri
 della
Padania,
coloro
che
–
secondo
le
parole
di
Bossi
–
 ne
allargarono
i
confini
 sino
all’Appennino
 della
Toscana
 [...]
 i
grandi
 unificatori
del
nord»29.
Come
i


CelC,
i
Longobardi
provengono
dal
nord
delle
Alpi
e
per
questo
rappresentano
 un
 elemento
 di
 purificazione
 etnica:
 sono
 descri-,
 infa-,
 come
 coloro
 che
 riportarono
 «dopo
 secoli
 di
 occupazione
 romana
 [...]
 il
 sangue
 nordico
 tra
i
 nostri
popoli»30.

Come
 i
 CelC,
 i
Longobardi
 sono
 un
 popolo
 di
uomini
 in
 armi.
 Sono
 ricordaC
 principalmente
 per
 le
 loro
 conquiste,
 ma
 non
 solo:
 la
 religiosità
 crisCana
e
 l’innovazione
 legislaCva
 appaiono
 ai
 teorici
 leghisC
 di
 fondamentale
 importanza.
In
parCcolare
è
il
re
Liuptrando
ad
a-rare
la
maggiore
aOenzione
 da
 parte
 della
 leOeratura 
 leghista.
 Liuptrando
 è
 l’artefice
 della
 massima
 espansione
del
regno
longobardo,
ma
è
anche
l’autore
di
un
innovaCvo
codice
 legislaCvo,
 che
 alla
 Lega 
 sta 
 parCcolarmente
 a
 cuore31.
 Ciò
 che
 però
 viene


maggiormente
 soOolineato
 è
 la
 struOura
 della
 società
 longobarda.
 La
 Lega


28
Ibid.

29
Umberto
Bossi
e
Daniele
VimercaC,
Processo
alla
Lega,
cit.,
p.
34.

30
Andrea
Masce-,
I
CelF:
la
prima
Padania,
in
«Quaderni
Padani»,
1998,
n.
15,
p.
5. 31
Maurizio
Montagna,
Liutprando,
un
re
della
Padania,
ivi.,
1996,
n.
5,
p.
22.


Il
 discorso
 che
 gli
 intelleAuali
 leghisF
 sviluppano
 sui
 padri
 fondatori
 della
 Padania
 è
 spesso
 accompagnato
 da
 un
 set
 di
 immagini,
 che
 soAendono
la
rappresentazione
 leghista
di
 quesF
 soggeB
 storici
 e
 della
 storia
 stessa
 della
 “Padania”.

La
 rappresentazione
 visiva
 data
 è
 duplice:
 da
 un
 lato
 i
 CelF
 e
 i
 Longobardi
 sono
 rappresentaF
 come
 uomini
 in
armi.
 È
 la
 loro
 indole
 guerriera
 a
 essere
 fissata,
 aAraverso
dei
 disegni
 o
per
 mezzo
 del
 recupero
 di
 cimeli
 di
 età
 medievale
 inerenF
 sempre
alla
sfera
bellica.


Dall’altro
lato
più
di
una
volta
vengono
riproposte
 le
 rappresentazioni
 scultoree
 del
 Galata
morente
 o
 del
 Galata
 suicida,
 copie
 marmoree
 di
 epoca
 romana
 da
 un
 originale
 complesso
 bronzeo