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seconda
parte:
REVISIONISM

5.
 Sul
Risorgimento


5.3.
 Narrazione
e
interpretazione

Come,
dunque,
la
nuova
storiografia
leghista
racconta
il
Risorgimento? Rovesciamento
di
prospe2va

Il
 punto
 di
 vista 
 adoOato
 dalla
 Lega
 Nord
 nella
 ricostruzione
 della
 vicenda
 risorgimentale
è
 quello
 degli
staC
 preunitari,
 dell’impero
austro‐ungarico,
 se
 non
ancora 
degli
staC
 pre‐napoleonici.
Il
 Risorgimento
è
 leOo
non
 in
 quanto
 costruzione
 ex
 novo
 di
 uno
 Stato,
 ma
 in
 quanto
 crollo
 di
 realtà
 statuali
 preesistenC.
 Il
 Carroccio
 propone
 (anche
 se
 non
 la
 persegue
 in
 modo
 uniforme)
una
ridefinizione
terminologica:
i
lealisC
diventano
patrioC,
i
patrioC
 dei
 violenC
 usurpatori.
 Rifiuta
 lo
 stesso
 valore
 semanCco
 del
 termine
 “Risorgimento”:
 non
si
traOa
di
 un
processo
 che
 conduce
 alla
“risurrezione”
 della
patria
italiana
dopo
secoli
di
dominazione
straniera
e
divisione
intesCna.
 L’unificazione
 della
 penisola
 rappresenta
 piuOosto
 l’umiliazione
 delle
 realtà
 statuali
preesistenC
e
la
decadenza
del
loro
bagaglio
culturale
e
storico.

Conquista
regia
e
interessi
massonici
internazionali

L’unificazione
italiana
è
descriOa,
 riprendendo
la
posizione
clericale
elaborata
 da
padre
 Bresciani,
come
una
conquista
regia,
di
Cpo
 coloniale,
 condoOa
dal
 Regno
 di
Sardegna
a 
danno
degli
altri
StaC
 preunitari,
grazie
al
fondamentale
 appoggio
 della
 massoneria 
 internazionale
 e
 di
 potenze
 straniere.
 «L’unità
 d’Italia
 era
una
specie
di
 Risiko,
giocato
al
Tavolo
 Verde
 delle
 Logge»79,
 «un


gioco
 complesso
 e
 a
 tra-,
 persino,
 fortuito
 di
 azioni
 diplomaCche,
 trame
 massoniche,
intrallazzi
indicibili
e
iniziaCve
militari»80.


Decontestualizzazione
e
localismo

La 
narrazione
si
focalizza
solo
 su
 alcuni
snodi
cronologici,
trascurando
invece
 una 
visione
d’insieme
da
un
punto
di
vista
temporale
e
spaziale.
Ridimensiona
 il
ricco
e
mulCforme
processo
poliCco
e
culturale
che
dalla
fine
del
SeOecento
 e
 con
 maggior
 vigore
 dall’inizio
 dell’OOocento
 aveva
 individuando
 nella
 nazione
 la
 comunità
 di
 riferimento
 dei
 proge-
 di
 costruzione
 dello
 stato
 nazionale
italiano.

Il
triennio
repubblicano
è
affrontato
con
un
solo
fine:
individuare
nella
 Repubblica
 Cisalpina
 la
 controprova
 «implicita
 [del]l’idenCtà
 socio‐culturale,
 storica
 e
 in
 certe
 fasi
 anche
 poliCca
 di
 un’area
 territoriale»81:
 la
 Padania.


L’arrivo
 delle
 truppe
 napoleoniche
 in
 Italia 
e
 la
 vivacità
 e
 novità
 delle
 idee
 poliCche
 che
 esse
 portano
 e
 diffondono
 nello
 spazio
 pubblico
 italiano
 sono


79
Giuseppe
Reguzzoni,
150
anni:
meglio
pensare,
prima
di
festeggiare,
ivi.,
5
marzo
2011,
p.
11. 80
Giuseppe
Reguzzoni,
PlebisciF
1860.
La
grande
truffa,
ivi.,
16‐17
gennaio
2011,
p.
14. 81
Giuseppe
Reguzzoni,
Quando
l’Italia
era
Cis‐e‐Trans‐Padania,
ivi.,
8
gennaio
2011,
p.
6‐7.

resCtuite
come
un
affare
di
soli
borghesi;
«i
ceC
popolari
ciOadini
e
contadini,
 tartassaC
dalle
tasse
e
dalla
leva
furono
anCfrancesi
e
anCrivoluzionari»82.

La 
ricostruzione
leghista
ignora
le
esperienze
insurrezionali
del
1820
e
 del
 1831.
 Non
 racconta 
 la
 nascita 
e
 l’evolversi
 dei
 differenC
 e
 contrastanC
 proge-
 cosCtuzionali
 all’interno
 del
 movimento
 nazionale
 e
 delle
 forme
 organizzaCve
che
essi
assumono
in
quesC
decenni.
Non
accenna
all’importanza
 della
 produzione
 leOeraria,
 arCsCca
 e
 musicale
 che
 nella
 prima
 metà
 dell’OOocento
contribuisce
a
cristallizzare
e
a
diffondere
il
mito
della
nazione
 italiana.
Anzi,
la
Lega
svincola
questa
produzione
culturale
‐come
abbiamo
già
 visto
per
quanto
riguarda
la
figura
e
l’opera
di
Verdi‐
dal
significato
poliCco
che
 essa
assume
nel
corso
 del
Risorgimento.
Verdi,
Hayez
 e
Manzoni
ad
esempio
 sono
riconosciuC
 come
«tre
protagonisC
 che
[...]
 hanno
rappresentato
 più
 di
 ogni
altro
il
primato
milanese
nell’ambito
della
leOeratura,
della
piOura
e
della
 musica,
fornendo
i
modelli
di
cui
la
nuova
nazione
potesse
riconoscersi»83.
Ma


quale
 nazione?
 Mai
l’arCcolo
 in
 quesCone
 fa
riferimento
a 
quella
italiana;
 si
 parla
invece
di
Lombardia,
 di
Milano:
«Manzoni
era
lombardo,
 Hayez
 e
Verdi
 no,
 ma
 il
 loro
 successo
 a 
 Milano
 tesCmonia
 quello
 spirito
 di
 accoglienza 
e
 quella
capacità
di
 a-rare
 ingegni
che
dai
 tempi
di
Leonardo
 è
sempre
 stata
 una 
grande
prerogaCva
milanese»84.
Presentando
quesC
intelleOuali
e
la
loro


produzione
come
lombarda,
il
proposito
è
quello
di
non
riconoscere
la 
portata
 patrio-co‐italiana
del
messaggio:
il
Carroccio
non
nega
gli
ideali
nazionali
insiC
 nella
produzione
arCsCca
e
leOeraria 
in
esame,
ma
li
riorienta
verso
una 
patria
 regionale
se
non
ciOadina;
la
patria
italiana
è
taciuta.


La 
 prospe-va
 in
 cui
 la
 Lega
 affronta
 il
 1848
 riguarda
il
 Lombardo
 Veneto
e
ha
un
caraOere
ciOadino.
«la
Padania»
ne
parla 
solo
per
due
contesC,
 entrambi
 seOentrionali,
 tralasciando
 invece
 il
 caraOere
 italiano
 e
 internazionale
 che
 la
 rivoluzione
 assume.
 Fa
 un
 piccolo
 accenno
 alla
 Repubblica
di
Manin,
 presentandola
come
l’erede
della
Serenissima:
 Venezia
 «si
 sollevava,
 per
 prima
 tra
 le
 ciOà
 contro
 l'austriaco
 e
liberava
i
 prigionieri
 poliCci,
 Daniele
 Manin
 e
 Niccolò
 Tommaseo,
 dando
 vita
appunto
 alla
 rinata
 Repubblica»85.
Dedica,
invece,
maggiore
spazio
alle
cinque
giornate
di
Milano.


La
 loro
 celebrazione
 diventa
 anche
 oggeOo
 di
 polemica
 all’interno
 dell’amministrazione
 milanese:
 la
 Lega
 si
 oppone
 al
 progeOo
 di
 inserire
 il
 ricordo
 della
 rivoluzione
milanese
 nel
 calendario
 delle
 celebrazioni
 del
 150°
 anniversario
 dell’Unità
 d’Italia,
 rivendicandone
 l’a-nenza
 meramente


82
Ibid.

83
Hayez,
 il
 volto
della
grande
 Milano.
 I
 rapporF
con 
Manzoni
e
Verdi:
una
straordinaria
stagione
di


arte,
leAeratura,
musica,
ivi.,
14
aprile
2011,
p.
22.

84
Ibid.

85
Roberto
Ciambe-,
Buon
compleanno,
Venezia,
in
«la
Padania
Edizione
Veneta»,
 25
marzo
2011,
p.
 IV.

ciOadina86.
 «Milano
 celebra
 la
 sua
 epopea»87,
 Ctola
 il
 quoCdiano
 leghista


dedicando
 ampio
 spazio
 alle
 manifestazioni
 in
 costume
 che
 il
 calendario
 celebraCvo,
 curato
 dall’assessorato
 al
 turismo,
 al
 markeCng
 territoriale
 e
 all’idenCtà
 della
 ciOà,
 propone
 per
 riscoprire
 «la
 sollevazione
 del
 popolo
 milanese
contro
l’Austria»88.

Rivalità
personali

Le
contraddizioni
profonde
che
solcarono
il
movimento
di
unificazione
italiana
 sono
 descriOe
 come
 rivalità
 personali
 tra
 i
 vari
 protagonisC
 del
 processo
 risorgimentale.
 Descri-
 come
 incapaci
 di
 trovare
 una 
 linea
 comune,
 sono
 presentaC
in
termini
ridicolizzaC:
«ViOorio
Emanuele
mal
sopportava
Cavour»,
 Mazzini
era
«un
pericolo
pubblico,
quasi
 un
terrorista»89,
 Garibaldi
una
testa


calda
«tuOa
chiacchiera
[...come]
Guevara
e
Obama,
e
ben
poca
sostanza,
[...]
 il
signorino
che
si
dileOava
di
furC
di
cavalli»90,

GioberC
un
idealista,
CaOaneo


un
«teoreta
che
non
azzeccava
nulla
con
i
tempi
in
corso»91,
Anita
una
poco
di


buono,
la
protagonista
di
una
soap
opera
brasiliana92.


Ladri
e
profi>atori

L’adesione
 al
 movimento
 risorgimentale
 è
 dovuta
 a
 mere
 moCvazioni
 di
 calcolo.
«Confusi
con
patrioC
[...]
 si
è
mescolata
una
genia
di
arraffatori
la 
cui
 unica
 preoccupazione
 era
 arricchirsi.
 Rubavano
 nei
 mesi
 della
 Repubblica
 Romana
e
rubavano
agli
albori
dell’unità»93.


Movimento
elitario,
non
di
popolo

La 
 delegi-mazione
 del
 Risorgimento
 trova
 ‐agli
 occhi
 della
 Lega‐
 un
 nodo
 fondamentale
 nella 
 natura
 elitaria 
 del
 movimento,
 nella
 mancata
 partecipazione
 cioè
 del
 popolo.
 La
 spedizione
 dei
 Mille
non
 ha
 spazio
 nella
 narrazione
 leghista.
 La 
Lega
 la
 ricorda
 solamente
 per
 soOolineare
le
 diverse
 modalità
 operaCve
 di
 Garibaldi
 e
 Cavour;
 tace
 invece
 la
 sua
 essenza
 volontarisCca.
Se
viene
ricordato
il
contributo
“di
popolo”
alla 
causa 
nazionale,
 questo
 è
 descriOo
 ‐ancora
 una
 volta
 in
 termini
 sviliC‐
 come
 un’adesione


86
Polemica
a
Milano.
V
Giornate
“tricolori”?
Il
Carroccio 
frena:
prima
parliamone,
 in
«la
Padania»,
11
 gennaio
2011,
p.
8.
 87
Cinque
Giornate,
Milano
celebra
la
sua
epopea,
ivi.,
16
marzo
2011,
p.
16. 88
Ibid. 89
Paolo
Franco,
MassacreRai
la
storia,
ivi.,
8
gennaio
2011,
p.
9. 90
fr,
Celebrazioni,
Un
Minoli
al
di
là
della
retorica,
ivi.,

4
marzo
2011,
p.
20. 91
Paolo
Franco,
MassacreRai
la
storia,
cit. 92
fr,
Quell’inuFle
ficFon
su
Anita,
ivi.,
28
gennaio
2011,
p.
20 93
Premio
Controcorrente,
cinque
libri
in
corso,
ivi.,
30‐31
oOobre
2011,
p.
17.

«sincera,
 e
forse
ingenua»94;
spesso
tradita
dagli
stessi
leader
del
movimento


di
unificazione.

 Violenza
e
tradimento

Un
punto
su
cui
la
narrazione
leghista
ritorna
più
volte
è
la 
natura
violenta
del
 processo
 di
 unificazione.
 Si
 traOò
 di
una
 serie
 di
 guerre,
 che
 comportarono
 distruzione
e
morte.
E
 parallelamente
raggiri
e
tradimenC,
messi
in
campo
sia
 tra 
 i
 protagonisC
 del
 Risorgimento
 sia
 dagli
 stessi
 leader
 del
 movimento
 risorgimentale
a
danno
dei
popoli
della
penisola.

Emblema
di
violenza
e
tradimento
è
Bronte,
alla
cui
ricostruzione
il
quoCdiano
 leghista
 dedica 
una
 parCcolare
 aOenzione95.
 Bonte
 è
 interpretato
 come
 «la


località
simbolo
delle
contraddizioni
del
processo
di
unificazione
sabauda
e
di
 aspirazioni
represse
nel
sangue».
Da
una
parte
«la
Padania»
descrive
il
popolo
 che
 rivendica
i
 propri
diri-
 «sentendosi
in
 armonia
con
 Garibaldi»,
 dall’altra
 Garibaldi
 stesso
 che
 tradisce
 i
 suoi
 proclami
 per
 assecondare
 «gli
 ordini
 inglesi»,
soffermandosi
sulle
uccisioni
e
le
condanne
decise
da
Bixio.


Il
fondamento
giuridico:
la
grande
truffa

La 
 Lega
 meOe
 in
 discussione,
 inoltre,
 il
 rituale
 di
 fondazione
 dello
 Stato
 unitario,
non
riconoscendo
la
validità
e
quindi
il
significato
poliCco
e
simbolico
 dei
plebisciC:
 ne
denuncia
i
brogli
e
le
violenze
esercitate
dai
piemontesi
nei
 seggi,
 sopraOuOo
 meridionali96.
 Dà
 spazio,
 invece,
 a
 iniziaCve
 promosse
 in


ricordo
della
contrarietà
all’annessione
al
Regno
d’Italia:
è
il
caso
di
una
targa
 che
i
Giovani
Padani
del
Friuli
Venezia 
Giulia
consegnano
al
sindaco
di
Cosean
 dal
No
(Udine),
per
ricordare
come
questo
comune
in
occasione
del
plebiscito
 del
1866
si
fosse
espresso
 unanimemente
contrario
all’annessione:
in
questo
 caso
 i
voC
 sono
 reale
espressione
del
popolo,
 
 dice
«la 
Padania»,
 in
 quanto
 rappresentanC
 isCtuzionali
 internazionali
 garanCrono
 la
 libertà
 di
 espressione97.

Un
a>acco
al
ca>olicesimo,
unico
valore
unitario


La 
breccia
 di
 Porta
 Pia
 è
 uno
 dei
 pochi
 evenC
 dell’epopea 
risorgimentale
 a
 trovare
spazio
nella 
ricostruzione
leghista:
«non
fu
che
un
meschino
episodio,
 militarmente
 e
 poliCcamente»98.
 L’interpretazione
 leghista 
del
 varco
 aperto


nelle
 anCche
 mura
 romane
 dalle
 cannonate
italiane
è
 duplice:
 da
 un
 lato
 lo
 legge
 come
 la
prova
della 
pochezza
militare
degli
 italiani,
 riproponendo
 uno


94
Giuseppe
Reguzzoni,
PlebisciF
del
1860,
cit.,
p.
14 95
 Roberto
Ciambe-,
E,
nel
150°,
la
strage
di
Bronte
finisce
in
un
gelato
tricolore,
ivi.,
5 
marzo
2011,
 pp.
11‐12. 96
Giuseppe
Reguzzoni,
PlebisciF
1860.
La
grande
truffa,
cit. 97
G.
St.,
I
Giovani
padani
ricordano
“Cosean
dal
No”,
ivi.,
22
marzo
2011,
p.
15.

 98
150
anni:
meglio
pensare
prima
di
festeggiare,
ivi.,
5
marzo
2011,
p.
11.

stereoCpo
consolidato;
dall’altro
lo
indica
quale
simbolo
dell’«aOacco
ai
valori
 caOolici
[...],
i
veri
faOori
idenCtari
e
unitari
dei
popoli
italiani»99
sferrato
dal


movimento
risorgimentale.
E
 soOolinea
tale
versione
soffermandosi
sulle
leggi
 Siccardi,
leOe
come
un
colpo
decisivo
nei
confronC
degli
straC
più
poveri
della
 popolazione,
 a
 cui
 le
 sole
 struOure
 ecclesiali
 garanCvano
 tutela
 e
 considerazione100.

L’aOacco
 alla
 Chiesa 
assume,
 infine,
 un’ulteriore
 aggravante
 agli
 occhi
 della
 Lega,
 per
 il
 venir
 meno
 dell’ipotesi
 neoguelfa,
 provvidenziale
 in
 quanto
 federale,
aOribuito
a
una
cospirazione
anCclericale.

La
scelta
centralista:
violenta
soppressione
delle
realtà
locali

La 
decisione
di
dare
al
nuovo
Stato
italiano
un
asseOo
centralista
rappresenta
il
 culmine
negaCvo
del
processo
risorgimentale
e
l’inizio
delle
storture
dell’Italia,
 di
cui
le
conseguenze
sono
visibili
tuO’oggi.

L’imposizione
 delle
 leggi
 francofone‐giacobine
 del
 regno
piemontese
 che
 non
tenevano
 conto
delle
tradizioni
e
delle
 caraOerisCche
 culturali
delle
popolazioni
meridionali
 e
una
 pesante
 imposizione
 fiscale
 sulle
 classi
 deboli
 portò
 da
 subito
 alle
 ribellioni
 per
 trasformarsi
poi
in
una
guerra
civile.

Il
Sud,
 le
 cui
 condizioni
economiche
«prima 
che
 arrivassero
 i
 “liberatori”
del
 nord,
[erano]
molto
più
favorevoli
di
quelle
del
Piemonte»101,
si
ribella:
i
boschi


[del
Sud]
cominciarono
a
popolarsi
di
«parCgiani»
che
combaOevano
l’esercito
 dell’Italia102.


Garibaldi:
eroe
nega<vo

Alla
 fine
 di
 febbraio
 2011
 a
 Schio
 (Vicenza),
 in
 occasione
 di
 un
 raduno
 organizzato
 dall’associazione
 Raixe
 Venete103,
 viene
 dato
 alle
 fiamme
 un


fantoccio
 raffigurante
 Garibaldi,
 con
 un
 cartello
 al
 collo
 con
la
scriOa:
 «Eroe
 degli
 immondi».
 Il
 gesto,
 che
 l’associazione
 non
 rivendica
 e
 definisce
 «spontaneo
e
non
organizzato»,
è
accolto
con
diverCmento
ed
entusiasmo
dai
 duecento
leghisC
che
partecipano
al
raduno,
sindaci
e
consiglieri
del
Carroccio
 compresi104.
L’episodio
non
ha
grande
riscontro
su
«la
Padania»:
lo
commenta
 come 99
L’Unità?
Fu
un
aAacco
ai
valori
caAolici,
ivi.,
12
marzo
2011,
p.
3. 100
Ibid. 101
Paolo
Torni,
Il
risenFmento
per
l’unità,
in
«la
Padania»,
26
gennaio
2011,
p.
16.

102
Lorenzo 
Del
Boca,
Fu 
la
demagogia 
a
imporre
 lo
Stato 
unitario
centralista,
 ivi.,
13‐14
marzo
2011,
 p.
8.

103
Il
cui
fine
è
la
valorizzazione,
«la
tutela
e
la
riscoperta
della
lingua
Veneta,
della
storia
Veneta,
delle
 tradizioni
Venete
e
della
cultura
Veneta»,
<www.raixevenete.net>.

104
Alda
Vanzan,
Garibaldi
finisce
al
rogo,
in
«Il
Gazze-no»,
2 
marzo
2011,
p.
17;
Gian
Antonio
Stella,
E


un
gesto
apotropaico,
scaramanCco,
che
non
vuole
esorcizzare
 la
figura
del
generale
[...],
 quanto
chi
 conCnua
a
negare
ciOadinanza
e
dignità
alle
 storiografie
regionali,
a
 vicende
 straordinarie
 di
 nazioni
 come
 la
 Repubblica
 di
 Venezia,
 che
 per
 secoli
 erano
 state
 considerate
e
rispeOate.105

Garibaldi
 diventa
 quindi
 il
 simbolo
 del
 Risorgimento,
 inteso
 come
 guerra
 di
 aggressione
subita
da
StaC
 sovrani;
il
simbolo
dell’umiliazione
che
quesC
StaC
 o
 meglio
 i
 popoli
 di
 quesC
 StaC
 hanno
 dovuto
 sopportare
 a
 causa
 dell’unificazione.



 La 
figura
di
Garibaldi
da
sempre
riveste
una
posizione
privilegiata
nella
 contro‐narrazione
 della
 storia
 italiana
 faOa 
dalla
 Lega
 Nord.
 Fin
 dal
 periodo
 regionalista
 il
 leghismo
 soOopone
 Garibaldi
 a
 un
 duro
 aOacco
 retorico
 e
 iconografico,
 che
 esplode
 sopraOuOo
 in
 corrispondenza 
 degli
 anniversari
 garibaldini.







Nel
 1982,
 centenario
 della
 morte
 di
 Garibaldi,
 la
 Liga
 Veneta
 diffonde
 un
 manifesto
che
sinteCzza 
la
sua
presa
di
posizione
nei
confronC
del
padre
della
 patria
 e
 quindi
 dello
 Stato
 nazionale
 italiano,
 principale
 obie-vo
 polemico
 della
 sua
 poliCca.
 Una
 scriOa 
di
 grandi
 dimensioni
 dice:
 «La
 verità
 è
 che
 il
 massone
 GARIBALDI
 non
 amava
 i
 VeneC.
 Basta
 co
 sto
 Garibaldi».
 In
 alto
 a
 destra,
 in
 secondo
 piano
 ma
evidenziato
 da
un
 colore
rosso,
è
raffigurato
 il
 busto
del
generale
dal
quale
scendono
inquietanC
gocce
di
sangue.
A
 quindici
 anni
 di
distanza,
 nel
 bicentenario
 della
nascita
dell’eroe
nizzardo,
 la
Lega 
si
 oppone
 alle
 celebrazioni
 a
 più
 livelli:
 un
 blitz
 di
 parlamentari
 leghisC


105
Roberto
Ciambe-,
Brusamarso
co’
Garibaldi,
in
«la
Padania‐
Edizione
Veneta»,
2
marzo
2011,
p.
I.

Il
Brusamarso
di
Garibaldi,
 Schio
1°
marzo
2011.

interrompe
 la
 giornata
 di
 studi
 dedicata
 a
 Garibaldi
 presso
 la
 Camera
 dei
 deputaC,
distribuendo
dei
volanCni.
OggeOo
del
messaggio
è
ancora
una 
volta
 Garibaldi,
di
cui
è
messa
in
discussione
la
presenza
nella
toponomasCca
e
nella
 monumentalisCca
 (quantomeno)
 padana106.
 Il
 Movimento
 Giovani
 Padani


organizza
 invece
 un
 processo107,
 sinteCzzando
 i
 capi
 di
 imputazione
 in
 un


nuovo
 manifesto.
 I
 media
 prestano
 ampio
 spazio
 alla 
 posizione
 leghista,
 diventandone
cassa
di
risonanza108.

In
 vista
 del
 2007,
 inoltre,
 Gilberto
 Oneto,
 uno
 dei
 teorici
 della
 Padania,
 pubblica
un
 volume
inCtolato
 L’iperitaliano.
Eroe
 o
cialtrone?
Biografia
senza


censure
 di
 Giuseppe
 Garibaldi109,
 che
 è
 la
 sintesi
 organica
 del
 mito
 anC‐

garibaldino
 e
 della
 narrazione
 anC‐risorgimentale
 elaboraC
 dalla
 Lega.
 Garibaldi
 è
 descriOo
 come
 un
 avventuriero,
 un
 donnaiolo,
 dedito
 ad
 azioni
 militari
 e
criminali
 in
 America 
LaCna,
 dalla
quale
 fugge
 riCrandosi
 in
 Italia.
 Il
 suo
 contributo
 alla
causa
nazionale
è
ridimensionato,
 il
 valore
militare
suo
e
 dei
suoi
volontari
ridicolizzato;
 la
spedizione
al
Sud
è
descriOa
viOoriosa
solo
 per
le
relazioni
che
Garibaldi
intesse
con
la
massoneria
internazionale
e
con
la
 criminalità
organizzata.
È
un
profilo
totalmente
negaCvo,
che
racchiude
in
sé
‐

106
Si
vedano 
i
ricordi
della
Giornata
in
onore
di
Garibaldi
tenuta
alla
Camera
dei
deputaC
nel
2007
in
 Mario
 Isnenghi,
 I
 passaF
risorgono.
 Memorie
 irriconciliate
 dell’unificazione
nazionale,
 in
Angelo
Del
 Boca
(a
cura
di),
La
storia
negata.
Il
revisionismo
e
il
suo
uso
poliFco,
Neri
Pozza,
Vicenza
2009,
p.
44. 107
 La
 modalità
 del
 processo
ai
protagonisC
del
 Risorgimento
ritorna
 anche
 nel
 2011.
 Alcuni
 giorni
 dopo
il
rogo
di
Garibaldi,
a
Campolongo 
Maggiore
(Venezia)
viene
organizzato
un
processo
a
Garibaldi
 e
Cavour,
accusaC
di
crimini
contro
la
pace,
sacrificio 
di
volontari,
l’eccidio
di
Bronte.
CrisCna
Genesin,


Processo
al
Risorgimento.
Garibaldi
e
Cavour
accusaF
di
crimini
contro 
la
pace,
«Il
Ma-no
di
Padova»,


2
marzo
2011,
p.
20;
Campolongo
Maggiore.
Venerdì
processo
al
generale
dei
Mille
e
al
conte
Cavour,
 «Il
Gazze-no»,
2
marzo
2011,
p.
17.


108
 Eva
 Cecchinato,
 Scendere
 dall’Aspromonte.
 Diario
 Garibaldino,
 in
 «Belfagor»,
 2008,
 n.6,
 pp.
 654‐670.

109
Gilberto
Oneto,
 L’iperitaliano.
 Eroe
 o
cialtrone?
 Biografia
senza 
censure
di
Giuseppe
 Garibaldi,
 Il
 Cerchio,
Rimini
2006. A
sinistra
il
manifesto
diffuso
dalla
 Liga
Veneta
nel
1982;
 a
destra
il
volanFno
distribuito
da
 alcuni
parlamentari
leghisF
in
 occasione
di
una
giornata
di
studi
su
 Garibaldi
presso
la
sala
della
Lupa
alla
 Camera
nel
2007.

come
ha
soOolineato
Silvana 
Patriarca‐
tradizioni
narraCve
differenC110:
Oneto


recupera
 l’interpretazione
 ultracaOolica
 del
 Risorgimento,
 che
 individua
 nell’anCclericalismo
 di
 Garibaldi
 lo
 strumento
 della
 massoneria
 per
 la
 distruzione
 della
Chiesa
caOolica.
Fa
propria
inoltre
la
leOura
neo‐borbonica:
 Garibaldi
è
lo
strumento
usato
da
Francia,
Inghilterra
e
Piemonte
per
vincere
il
 Regno
 delle
due
Sicilie,
uno
 degli
StaC
 più
 progrediC
 d’Europa.
 Infine
 Oneto
 ripropone
 una
 tendenza
 Cpicamente
 italiana
 di
 definire
 il
 caraOere
 degli
 italiani
in
termini
negaCvi111,
che
era
stata
applicata
alla
figura
di
Garibaldi
già


nell’opera
di
Indro
 Montanelli112.
 Il
Garibaldi
di
 Montanelli
è
 un
 personaggio


decontestualizzato
 dal
suo
tempo
 storico
e
presentato
come
un
 «un
 italiano
 senza
tempo
in
una 
società
italiana 
senza
tempo»113.
Oneto
 recupera
questa


impostazione,
 assumendo
 Garibaldi
come
simbolo
del
Risorgimento
 e,
 più
 in
 generale,
 il
 Risorgimento
 come
 summa
 della
 natura
 e
 del
 caraOere
 degli
 italiani:
un
repertorio
di
teste
calde,
idealisC,
opportunisC
e
voltagabbana.

110
 Silvana
 Patriarca,
 Unmaking 
the
 naFon?
 Uses 
and
abuses
of
Garibaldi
 in
contemporary
 Italy,
 in
 «Modern
Italy»,
2010,
n.
4,
pp.
467‐483.

111
Il
racconto
della
storia
italiana
secondo 
una
prospe-va
anCitaliana
è
analizzata
da
Mario
Isnenghi,


I
passaF
risorgono.
Memorie
 irriconciliate
dell’unificazione
italiana,
 in
Angelo 
Del
Boca
(a
 cura
di),
 La
 storia
negata,
cit.,
p.
53. 112
Indro 
Montanelli
e
Marco
Nozza,
Garibaldi,
Rizzoli,
Milano
1962.
Un’analisi
della
leOura
di
Garibaldi
 faOa
dal
noto
giornalista
italiano
si
trova
in
Mario
Isnenghi,
ivi.,
pp.
48‐53. 113
Silvana
Patriarca,
Unmaking
the
naFon?,
cit.,
p.
477. A
sinistra
l’immagine
di
coperFna
del
libro
di
 Gilberto
Oneto,
«L’iperitaliano.
Eroe
o
cialtrone?»
 Biografia
senza
censure
di
Giuseppe
Garibaldi,
Il
 Cerchio,
Rimini
2006.
 Nella
pagina
successiva
un
pamphlet
distribuito
dal
 Movimento
Giovani
Padani
nel
2007.

Questa
interpretazione
ritorna 
in
occasione
dell’anniversario
del
2011:
 «TuOo
 ciò
 che
 ci
 fa
 arrabbiare
 ebbe
 inizio
 nel
 1861»114.
 Il
 Risorgimento
 e


l’unificazione
sono
raffiguraC
come
il
terreno
mentale,
culturale
e
poliCco
nel
 quale
 si
 formarono
 le
 deformazioni
 poliCche,
 economiche
 e
 sociali
 che
 affliggono
 tuO’oggi
 il
 Paese,
 rimarcandone
 sopraOuOo
 la
 differenza
 rispeOo
 alle
 piccole
 patrie
 leghiste.
 L’Italia 
 nasce
 come
 Stato
 vassallo
 di
 potenze
 straniere,
 con
 forC
 difficoltà
 sopraOuOo
 economiche,
 contro
 lo
 Stato
 della
 Chiesa.
 TuOe
 caraOerisCche
 che
 contrastano
 con
 le
 piccole
 patrie
 di
 anCco
 regime
interpretate
 ‐si
 ricordi
 quanto
 deOo
 per
 Venezia‐
 come
 StaC
 sovrani,
 dall’economia
fiorente
e
“benede-
da
Dio”.

Il
Risorgimento
tradito:
Cavour,
il
federalista

La 
Lega
individua
nel
processo
di
indipendenza
italiana
un
solo
filone
posiCvo:
 quello
federalista.
Non
pone
grande
aOenzione
nel
descrivere
il
Risorgimento
 come
 un
 movimento
 plurale,
 diviso
 tra
 spinte
 democraCche
 e
 realizzazione
 moderata,
 tra
 via
 diplomaCca
 e
 via
 insurrezionale,
 tra
 monarchici
 e
 repubblicani.
 SoOolinea
 una
 sola
 contrapposizione:
 l’idea
 di
 uno
 Stato
 centralista
 e
 quella
 di
 uno
 stato
 federale.
 In
 base
 a 
 questa 
 dicotomia,


soOopone
 i
 protagonisC
 del
 Risorgimento
 a
 un
 duro
 giudizio
 eCco‐poliCco:
 riconosce
 colpevoli
 i
 fautori
 del
 centralismo,
 individuando
 invece
 nei
 sostenitori
 della
 forma
 cosCtuzionale
 federale
 i
 propri
 padri
 ideali.
 «la
 Padania»
nel
 corso
del
2011
 dedica
spazio
 alle
figure
che
elaborano
 un’idea
 federalista
nell’Italia
oOocentesca,
anche
tra
loro
molto
distanC.

Ricorda 
Romagnosi
come
un
grande
maestro
di
federalismo115;
fa
delle


panoramiche
 sui
 suoi
 allievi,
 presentando
 ai
 leOori
 Giuseppe
 Ferrari116
 e


dedicando
ampio
spazio
a
Carlo
 CaOaneo117.
Ciò
non
rappresenta
una
novità:


da
tempo
il
Carroccio
riconosce
in
CaOaneo
un
padre
del
pensiero
federalista,
 di
cui
si
presenta
come
legi-mo
erede.
Nel
2010
a
Besozzo
(Varese)
nasce
su
 proposta
 delle
 Lega
 Nord
 locale
 la
 Fondazione
 Insubrica
 Amici
 di
 Carlo


CaAaneo,
 alla
 presenza
 di
 «Umberto
 Bossi,
 principale
 erede
 del
 Pensiero


Federalista
di
Carlo
CaOaneo»
118.

Il
quoCdiano
leghista
dà
spazio
anche
all’ipotesi
federalista 
neoguelfa:
 la 
presenta
come
un’opzione
realizzabile,
non
 aOuata 
perché
contrastata
dal
 vincente
programma
centralista
sabaudo119.
Il
richiamo
 posiCvo
 alla
proposta


neoguelfa
rientra 
nella
prospe-va 
leghista
che
‐come
abbiamo
già
incontrato‐
 guarda
 al
 caOolicesimo
 come
 a
 un
 faOore
 idenCtario.
 Descrivendo
 l’idea
 gioberCana,
 la
Lega
se
 ne
fa
 erede:
 sia
in
 quanto
 federalista,
 sia
 in
 quanto
 caOolica.


Ma
 la
 narrazione
 leghista
 del
 2011
 inserisce
 all’apice
 del
 pantheon
 federalista
una
presenza
inedita:
Camillo
Benso
conte
di
Cavour.
La
Lega
aveva
 già
dedicato
 spazio
 a
Cavour,
 facendone
però
 un
 ritraOo
 negaCvo:
 lo
 aveva