seconda parte: REVISIONISM
5. Sul Risorgimento
5.3. Narrazione e interpretazione
Come, dunque, la nuova storiografia leghista racconta il Risorgimento? Rovesciamento di prospe2va
Il punto di vista adoOato dalla Lega Nord nella ricostruzione della vicenda risorgimentale è quello degli staC preunitari, dell’impero austro‐ungarico, se non ancora degli staC pre‐napoleonici. Il Risorgimento è leOo non in quanto costruzione ex novo di uno Stato, ma in quanto crollo di realtà statuali preesistenC. Il Carroccio propone (anche se non la persegue in modo uniforme) una ridefinizione terminologica: i lealisC diventano patrioC, i patrioC dei violenC usurpatori. Rifiuta lo stesso valore semanCco del termine “Risorgimento”: non si traOa di un processo che conduce alla “risurrezione” della patria italiana dopo secoli di dominazione straniera e divisione intesCna. L’unificazione della penisola rappresenta piuOosto l’umiliazione delle realtà statuali preesistenC e la decadenza del loro bagaglio culturale e storico.
Conquista regia e interessi massonici internazionali
L’unificazione italiana è descriOa, riprendendo la posizione clericale elaborata da padre Bresciani, come una conquista regia, di Cpo coloniale, condoOa dal Regno di Sardegna a danno degli altri StaC preunitari, grazie al fondamentale appoggio della massoneria internazionale e di potenze straniere. «L’unità d’Italia era una specie di Risiko, giocato al Tavolo Verde delle Logge»79, «un
gioco complesso e a tra-, persino, fortuito di azioni diplomaCche, trame massoniche, intrallazzi indicibili e iniziaCve militari»80.
Decontestualizzazione e localismo
La narrazione si focalizza solo su alcuni snodi cronologici, trascurando invece una visione d’insieme da un punto di vista temporale e spaziale. Ridimensiona il ricco e mulCforme processo poliCco e culturale che dalla fine del SeOecento e con maggior vigore dall’inizio dell’OOocento aveva individuando nella nazione la comunità di riferimento dei proge- di costruzione dello stato nazionale italiano.
Il triennio repubblicano è affrontato con un solo fine: individuare nella Repubblica Cisalpina la controprova «implicita [del]l’idenCtà socio‐culturale, storica e in certe fasi anche poliCca di un’area territoriale»81: la Padania.
L’arrivo delle truppe napoleoniche in Italia e la vivacità e novità delle idee poliCche che esse portano e diffondono nello spazio pubblico italiano sono
79 Giuseppe Reguzzoni, 150 anni: meglio pensare, prima di festeggiare, ivi., 5 marzo 2011, p. 11. 80 Giuseppe Reguzzoni, PlebisciF 1860. La grande truffa, ivi., 16‐17 gennaio 2011, p. 14. 81 Giuseppe Reguzzoni, Quando l’Italia era Cis‐e‐Trans‐Padania, ivi., 8 gennaio 2011, p. 6‐7.
resCtuite come un affare di soli borghesi; «i ceC popolari ciOadini e contadini, tartassaC dalle tasse e dalla leva furono anCfrancesi e anCrivoluzionari»82.
La ricostruzione leghista ignora le esperienze insurrezionali del 1820 e del 1831. Non racconta la nascita e l’evolversi dei differenC e contrastanC proge- cosCtuzionali all’interno del movimento nazionale e delle forme organizzaCve che essi assumono in quesC decenni. Non accenna all’importanza della produzione leOeraria, arCsCca e musicale che nella prima metà dell’OOocento contribuisce a cristallizzare e a diffondere il mito della nazione italiana. Anzi, la Lega svincola questa produzione culturale ‐come abbiamo già visto per quanto riguarda la figura e l’opera di Verdi‐ dal significato poliCco che essa assume nel corso del Risorgimento. Verdi, Hayez e Manzoni ad esempio sono riconosciuC come «tre protagonisC che [...] hanno rappresentato più di ogni altro il primato milanese nell’ambito della leOeratura, della piOura e della musica, fornendo i modelli di cui la nuova nazione potesse riconoscersi»83. Ma
quale nazione? Mai l’arCcolo in quesCone fa riferimento a quella italiana; si parla invece di Lombardia, di Milano: «Manzoni era lombardo, Hayez e Verdi no, ma il loro successo a Milano tesCmonia quello spirito di accoglienza e quella capacità di a-rare ingegni che dai tempi di Leonardo è sempre stata una grande prerogaCva milanese»84. Presentando quesC intelleOuali e la loro
produzione come lombarda, il proposito è quello di non riconoscere la portata patrio-co‐italiana del messaggio: il Carroccio non nega gli ideali nazionali insiC nella produzione arCsCca e leOeraria in esame, ma li riorienta verso una patria regionale se non ciOadina; la patria italiana è taciuta.
La prospe-va in cui la Lega affronta il 1848 riguarda il Lombardo Veneto e ha un caraOere ciOadino. «la Padania» ne parla solo per due contesC, entrambi seOentrionali, tralasciando invece il caraOere italiano e internazionale che la rivoluzione assume. Fa un piccolo accenno alla Repubblica di Manin, presentandola come l’erede della Serenissima: Venezia «si sollevava, per prima tra le ciOà contro l'austriaco e liberava i prigionieri poliCci, Daniele Manin e Niccolò Tommaseo, dando vita appunto alla rinata Repubblica»85. Dedica, invece, maggiore spazio alle cinque giornate di Milano.
La loro celebrazione diventa anche oggeOo di polemica all’interno dell’amministrazione milanese: la Lega si oppone al progeOo di inserire il ricordo della rivoluzione milanese nel calendario delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, rivendicandone l’a-nenza meramente
82 Ibid.
83 Hayez, il volto della grande Milano. I rapporF con Manzoni e Verdi: una straordinaria stagione di
arte, leAeratura, musica, ivi., 14 aprile 2011, p. 22.
84 Ibid.
85 Roberto Ciambe-, Buon compleanno, Venezia, in «la Padania Edizione Veneta», 25 marzo 2011, p. IV.
ciOadina86. «Milano celebra la sua epopea»87, Ctola il quoCdiano leghista
dedicando ampio spazio alle manifestazioni in costume che il calendario celebraCvo, curato dall’assessorato al turismo, al markeCng territoriale e all’idenCtà della ciOà, propone per riscoprire «la sollevazione del popolo milanese contro l’Austria»88.
Rivalità personali
Le contraddizioni profonde che solcarono il movimento di unificazione italiana sono descriOe come rivalità personali tra i vari protagonisC del processo risorgimentale. Descri- come incapaci di trovare una linea comune, sono presentaC in termini ridicolizzaC: «ViOorio Emanuele mal sopportava Cavour», Mazzini era «un pericolo pubblico, quasi un terrorista»89, Garibaldi una testa
calda «tuOa chiacchiera [...come] Guevara e Obama, e ben poca sostanza, [...] il signorino che si dileOava di furC di cavalli»90, GioberC un idealista, CaOaneo
un «teoreta che non azzeccava nulla con i tempi in corso»91, Anita una poco di
buono, la protagonista di una soap opera brasiliana92.
Ladri e profi>atori
L’adesione al movimento risorgimentale è dovuta a mere moCvazioni di calcolo. «Confusi con patrioC [...] si è mescolata una genia di arraffatori la cui unica preoccupazione era arricchirsi. Rubavano nei mesi della Repubblica Romana e rubavano agli albori dell’unità»93.
Movimento elitario, non di popolo
La delegi-mazione del Risorgimento trova ‐agli occhi della Lega‐ un nodo fondamentale nella natura elitaria del movimento, nella mancata partecipazione cioè del popolo. La spedizione dei Mille non ha spazio nella narrazione leghista. La Lega la ricorda solamente per soOolineare le diverse modalità operaCve di Garibaldi e Cavour; tace invece la sua essenza volontarisCca. Se viene ricordato il contributo “di popolo” alla causa nazionale, questo è descriOo ‐ancora una volta in termini sviliC‐ come un’adesione
86 Polemica a Milano. V Giornate “tricolori”? Il Carroccio frena: prima parliamone, in «la Padania», 11 gennaio 2011, p. 8. 87 Cinque Giornate, Milano celebra la sua epopea, ivi., 16 marzo 2011, p. 16. 88 Ibid. 89 Paolo Franco, MassacreRai la storia, ivi., 8 gennaio 2011, p. 9. 90 fr, Celebrazioni, Un Minoli al di là della retorica, ivi., 4 marzo 2011, p. 20. 91 Paolo Franco, MassacreRai la storia, cit. 92 fr, Quell’inuFle ficFon su Anita, ivi., 28 gennaio 2011, p. 20 93 Premio Controcorrente, cinque libri in corso, ivi., 30‐31 oOobre 2011, p. 17.
«sincera, e forse ingenua»94; spesso tradita dagli stessi leader del movimento
di unificazione. Violenza e tradimento
Un punto su cui la narrazione leghista ritorna più volte è la natura violenta del processo di unificazione. Si traOò di una serie di guerre, che comportarono distruzione e morte. E parallelamente raggiri e tradimenC, messi in campo sia tra i protagonisC del Risorgimento sia dagli stessi leader del movimento risorgimentale a danno dei popoli della penisola.
Emblema di violenza e tradimento è Bronte, alla cui ricostruzione il quoCdiano leghista dedica una parCcolare aOenzione95. Bonte è interpretato come «la
località simbolo delle contraddizioni del processo di unificazione sabauda e di aspirazioni represse nel sangue». Da una parte «la Padania» descrive il popolo che rivendica i propri diri- «sentendosi in armonia con Garibaldi», dall’altra Garibaldi stesso che tradisce i suoi proclami per assecondare «gli ordini inglesi», soffermandosi sulle uccisioni e le condanne decise da Bixio.
Il fondamento giuridico: la grande truffa
La Lega meOe in discussione, inoltre, il rituale di fondazione dello Stato unitario, non riconoscendo la validità e quindi il significato poliCco e simbolico dei plebisciC: ne denuncia i brogli e le violenze esercitate dai piemontesi nei seggi, sopraOuOo meridionali96. Dà spazio, invece, a iniziaCve promosse in
ricordo della contrarietà all’annessione al Regno d’Italia: è il caso di una targa che i Giovani Padani del Friuli Venezia Giulia consegnano al sindaco di Cosean dal No (Udine), per ricordare come questo comune in occasione del plebiscito del 1866 si fosse espresso unanimemente contrario all’annessione: in questo caso i voC sono reale espressione del popolo, dice «la Padania», in quanto rappresentanC isCtuzionali internazionali garanCrono la libertà di espressione97.
Un a>acco al ca>olicesimo, unico valore unitario
La breccia di Porta Pia è uno dei pochi evenC dell’epopea risorgimentale a trovare spazio nella ricostruzione leghista: «non fu che un meschino episodio, militarmente e poliCcamente»98. L’interpretazione leghista del varco aperto
nelle anCche mura romane dalle cannonate italiane è duplice: da un lato lo legge come la prova della pochezza militare degli italiani, riproponendo uno
94 Giuseppe Reguzzoni, PlebisciF del 1860, cit., p. 14 95 Roberto Ciambe-, E, nel 150°, la strage di Bronte finisce in un gelato tricolore, ivi., 5 marzo 2011, pp. 11‐12. 96 Giuseppe Reguzzoni, PlebisciF 1860. La grande truffa, cit. 97 G. St., I Giovani padani ricordano “Cosean dal No”, ivi., 22 marzo 2011, p. 15. 98 150 anni: meglio pensare prima di festeggiare, ivi., 5 marzo 2011, p. 11.
stereoCpo consolidato; dall’altro lo indica quale simbolo dell’«aOacco ai valori caOolici [...], i veri faOori idenCtari e unitari dei popoli italiani»99 sferrato dal
movimento risorgimentale. E soOolinea tale versione soffermandosi sulle leggi Siccardi, leOe come un colpo decisivo nei confronC degli straC più poveri della popolazione, a cui le sole struOure ecclesiali garanCvano tutela e considerazione100.
L’aOacco alla Chiesa assume, infine, un’ulteriore aggravante agli occhi della Lega, per il venir meno dell’ipotesi neoguelfa, provvidenziale in quanto federale, aOribuito a una cospirazione anCclericale.
La scelta centralista: violenta soppressione delle realtà locali
La decisione di dare al nuovo Stato italiano un asseOo centralista rappresenta il culmine negaCvo del processo risorgimentale e l’inizio delle storture dell’Italia, di cui le conseguenze sono visibili tuO’oggi.
L’imposizione delle leggi francofone‐giacobine del regno piemontese che non tenevano conto delle tradizioni e delle caraOerisCche culturali delle popolazioni meridionali e una pesante imposizione fiscale sulle classi deboli portò da subito alle ribellioni per trasformarsi poi in una guerra civile.
Il Sud, le cui condizioni economiche «prima che arrivassero i “liberatori” del nord, [erano] molto più favorevoli di quelle del Piemonte»101, si ribella: i boschi
[del Sud] cominciarono a popolarsi di «parCgiani» che combaOevano l’esercito dell’Italia102.
Garibaldi: eroe nega<vo
Alla fine di febbraio 2011 a Schio (Vicenza), in occasione di un raduno organizzato dall’associazione Raixe Venete103, viene dato alle fiamme un
fantoccio raffigurante Garibaldi, con un cartello al collo con la scriOa: «Eroe degli immondi». Il gesto, che l’associazione non rivendica e definisce «spontaneo e non organizzato», è accolto con diverCmento ed entusiasmo dai duecento leghisC che partecipano al raduno, sindaci e consiglieri del Carroccio compresi104. L’episodio non ha grande riscontro su «la Padania»: lo commenta come 99 L’Unità? Fu un aAacco ai valori caAolici, ivi., 12 marzo 2011, p. 3. 100 Ibid. 101 Paolo Torni, Il risenFmento per l’unità, in «la Padania», 26 gennaio 2011, p. 16.
102 Lorenzo Del Boca, Fu la demagogia a imporre lo Stato unitario centralista, ivi., 13‐14 marzo 2011, p. 8.
103 Il cui fine è la valorizzazione, «la tutela e la riscoperta della lingua Veneta, della storia Veneta, delle tradizioni Venete e della cultura Veneta», <www.raixevenete.net>.
104 Alda Vanzan, Garibaldi finisce al rogo, in «Il Gazze-no», 2 marzo 2011, p. 17; Gian Antonio Stella, E
un gesto apotropaico, scaramanCco, che non vuole esorcizzare la figura del generale [...], quanto chi conCnua a negare ciOadinanza e dignità alle storiografie regionali, a vicende straordinarie di nazioni come la Repubblica di Venezia, che per secoli erano state considerate e rispeOate.105
Garibaldi diventa quindi il simbolo del Risorgimento, inteso come guerra di aggressione subita da StaC sovrani; il simbolo dell’umiliazione che quesC StaC o meglio i popoli di quesC StaC hanno dovuto sopportare a causa dell’unificazione.
La figura di Garibaldi da sempre riveste una posizione privilegiata nella contro‐narrazione della storia italiana faOa dalla Lega Nord. Fin dal periodo regionalista il leghismo soOopone Garibaldi a un duro aOacco retorico e iconografico, che esplode sopraOuOo in corrispondenza degli anniversari garibaldini.
Nel 1982, centenario della morte di Garibaldi, la Liga Veneta diffonde un manifesto che sinteCzza la sua presa di posizione nei confronC del padre della patria e quindi dello Stato nazionale italiano, principale obie-vo polemico della sua poliCca. Una scriOa di grandi dimensioni dice: «La verità è che il massone GARIBALDI non amava i VeneC. Basta co sto Garibaldi». In alto a destra, in secondo piano ma evidenziato da un colore rosso, è raffigurato il busto del generale dal quale scendono inquietanC gocce di sangue. A quindici anni di distanza, nel bicentenario della nascita dell’eroe nizzardo, la Lega si oppone alle celebrazioni a più livelli: un blitz di parlamentari leghisC
105 Roberto Ciambe-, Brusamarso co’ Garibaldi, in «la Padania‐ Edizione Veneta», 2 marzo 2011, p. I.
Il Brusamarso di Garibaldi, Schio 1° marzo 2011.
interrompe la giornata di studi dedicata a Garibaldi presso la Camera dei deputaC, distribuendo dei volanCni. OggeOo del messaggio è ancora una volta Garibaldi, di cui è messa in discussione la presenza nella toponomasCca e nella monumentalisCca (quantomeno) padana106. Il Movimento Giovani Padani
organizza invece un processo107, sinteCzzando i capi di imputazione in un
nuovo manifesto. I media prestano ampio spazio alla posizione leghista, diventandone cassa di risonanza108.
In vista del 2007, inoltre, Gilberto Oneto, uno dei teorici della Padania, pubblica un volume inCtolato L’iperitaliano. Eroe o cialtrone? Biografia senza
censure di Giuseppe Garibaldi109, che è la sintesi organica del mito anC‐
garibaldino e della narrazione anC‐risorgimentale elaboraC dalla Lega. Garibaldi è descriOo come un avventuriero, un donnaiolo, dedito ad azioni militari e criminali in America LaCna, dalla quale fugge riCrandosi in Italia. Il suo contributo alla causa nazionale è ridimensionato, il valore militare suo e dei suoi volontari ridicolizzato; la spedizione al Sud è descriOa viOoriosa solo per le relazioni che Garibaldi intesse con la massoneria internazionale e con la criminalità organizzata. È un profilo totalmente negaCvo, che racchiude in sé ‐
106 Si vedano i ricordi della Giornata in onore di Garibaldi tenuta alla Camera dei deputaC nel 2007 in Mario Isnenghi, I passaF risorgono. Memorie irriconciliate dell’unificazione nazionale, in Angelo Del Boca (a cura di), La storia negata. Il revisionismo e il suo uso poliFco, Neri Pozza, Vicenza 2009, p. 44. 107 La modalità del processo ai protagonisC del Risorgimento ritorna anche nel 2011. Alcuni giorni dopo il rogo di Garibaldi, a Campolongo Maggiore (Venezia) viene organizzato un processo a Garibaldi e Cavour, accusaC di crimini contro la pace, sacrificio di volontari, l’eccidio di Bronte. CrisCna Genesin,
Processo al Risorgimento. Garibaldi e Cavour accusaF di crimini contro la pace, «Il Ma-no di Padova»,
2 marzo 2011, p. 20; Campolongo Maggiore. Venerdì processo al generale dei Mille e al conte Cavour, «Il Gazze-no», 2 marzo 2011, p. 17.
108 Eva Cecchinato, Scendere dall’Aspromonte. Diario Garibaldino, in «Belfagor», 2008, n.6, pp. 654‐670.
109 Gilberto Oneto, L’iperitaliano. Eroe o cialtrone? Biografia senza censure di Giuseppe Garibaldi, Il Cerchio, Rimini 2006. A sinistra il manifesto diffuso dalla Liga Veneta nel 1982; a destra il volanFno distribuito da alcuni parlamentari leghisF in occasione di una giornata di studi su Garibaldi presso la sala della Lupa alla Camera nel 2007.
come ha soOolineato Silvana Patriarca‐ tradizioni narraCve differenC110: Oneto
recupera l’interpretazione ultracaOolica del Risorgimento, che individua nell’anCclericalismo di Garibaldi lo strumento della massoneria per la distruzione della Chiesa caOolica. Fa propria inoltre la leOura neo‐borbonica: Garibaldi è lo strumento usato da Francia, Inghilterra e Piemonte per vincere il Regno delle due Sicilie, uno degli StaC più progrediC d’Europa. Infine Oneto ripropone una tendenza Cpicamente italiana di definire il caraOere degli italiani in termini negaCvi111, che era stata applicata alla figura di Garibaldi già
nell’opera di Indro Montanelli112. Il Garibaldi di Montanelli è un personaggio
decontestualizzato dal suo tempo storico e presentato come un «un italiano senza tempo in una società italiana senza tempo»113. Oneto recupera questa
impostazione, assumendo Garibaldi come simbolo del Risorgimento e, più in generale, il Risorgimento come summa della natura e del caraOere degli italiani: un repertorio di teste calde, idealisC, opportunisC e voltagabbana.
110 Silvana Patriarca, Unmaking the naFon? Uses and abuses of Garibaldi in contemporary Italy, in «Modern Italy», 2010, n. 4, pp. 467‐483.
111 Il racconto della storia italiana secondo una prospe-va anCitaliana è analizzata da Mario Isnenghi,
I passaF risorgono. Memorie irriconciliate dell’unificazione italiana, in Angelo Del Boca (a cura di), La storia negata, cit., p. 53. 112 Indro Montanelli e Marco Nozza, Garibaldi, Rizzoli, Milano 1962. Un’analisi della leOura di Garibaldi faOa dal noto giornalista italiano si trova in Mario Isnenghi, ivi., pp. 48‐53. 113 Silvana Patriarca, Unmaking the naFon?, cit., p. 477. A sinistra l’immagine di coperFna del libro di Gilberto Oneto, «L’iperitaliano. Eroe o cialtrone?» Biografia senza censure di Giuseppe Garibaldi, Il Cerchio, Rimini 2006. Nella pagina successiva un pamphlet distribuito dal Movimento Giovani Padani nel 2007.
Questa interpretazione ritorna in occasione dell’anniversario del 2011: «TuOo ciò che ci fa arrabbiare ebbe inizio nel 1861»114. Il Risorgimento e
l’unificazione sono raffiguraC come il terreno mentale, culturale e poliCco nel quale si formarono le deformazioni poliCche, economiche e sociali che affliggono tuO’oggi il Paese, rimarcandone sopraOuOo la differenza rispeOo alle piccole patrie leghiste. L’Italia nasce come Stato vassallo di potenze straniere, con forC difficoltà sopraOuOo economiche, contro lo Stato della Chiesa. TuOe caraOerisCche che contrastano con le piccole patrie di anCco regime interpretate ‐si ricordi quanto deOo per Venezia‐ come StaC sovrani, dall’economia fiorente e “benede- da Dio”.
Il Risorgimento tradito: Cavour, il federalista
La Lega individua nel processo di indipendenza italiana un solo filone posiCvo: quello federalista. Non pone grande aOenzione nel descrivere il Risorgimento come un movimento plurale, diviso tra spinte democraCche e realizzazione moderata, tra via diplomaCca e via insurrezionale, tra monarchici e repubblicani. SoOolinea una sola contrapposizione: l’idea di uno Stato centralista e quella di uno stato federale. In base a questa dicotomia,
soOopone i protagonisC del Risorgimento a un duro giudizio eCco‐poliCco: riconosce colpevoli i fautori del centralismo, individuando invece nei sostenitori della forma cosCtuzionale federale i propri padri ideali. «la Padania» nel corso del 2011 dedica spazio alle figure che elaborano un’idea federalista nell’Italia oOocentesca, anche tra loro molto distanC.
Ricorda Romagnosi come un grande maestro di federalismo115; fa delle
panoramiche sui suoi allievi, presentando ai leOori Giuseppe Ferrari116 e
dedicando ampio spazio a Carlo CaOaneo117. Ciò non rappresenta una novità:
da tempo il Carroccio riconosce in CaOaneo un padre del pensiero federalista, di cui si presenta come legi-mo erede. Nel 2010 a Besozzo (Varese) nasce su proposta delle Lega Nord locale la Fondazione Insubrica Amici di Carlo
CaAaneo, alla presenza di «Umberto Bossi, principale erede del Pensiero
Federalista di Carlo CaOaneo» 118.
Il quoCdiano leghista dà spazio anche all’ipotesi federalista neoguelfa: la presenta come un’opzione realizzabile, non aOuata perché contrastata dal vincente programma centralista sabaudo119. Il richiamo posiCvo alla proposta
neoguelfa rientra nella prospe-va leghista che ‐come abbiamo già incontrato‐ guarda al caOolicesimo come a un faOore idenCtario. Descrivendo l’idea gioberCana, la Lega se ne fa erede: sia in quanto federalista, sia in quanto caOolica.
Ma la narrazione leghista del 2011 inserisce all’apice del pantheon federalista una presenza inedita: Camillo Benso conte di Cavour. La Lega aveva già dedicato spazio a Cavour, facendone però un ritraOo negaCvo: lo aveva