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Pio
IX:
 un
pontefice
religioso,
non
poli<co

7.
 Sulla
storia
d’Italia

A
 conclusione
 dell’anno
 giubilare
 viene
 allesCta
 un’esposizione
 dal
 Ctolo
 Stato
e
 Chiesa.
 Dal
 Risorgimento
 ai
nostri
 giorni.
 A
 150
anni
 dall’unità


d’Italia
e
dalla
fondazione
de
L’Osservatore
Romano.
SignificaCva 
è
la
decisione


di
terminare
le
celebrazioni
dell’unità
d’Italia 
con
una
mostra
documentaria 
sul
 tema
 del
 rapporto
 tra
 Stato
 e
 Chiesa;
 significaCva
 anche
 è
 l’organizzazione
 congiunta
 della
 mostra:
 da
 un
 lato
 l’archivio
 storico
 del
 Senato
 della
 Repubblica,
 dall’altro
 «L’Osservatore
 Romano».
 Una
 collaborazione
 non
 casuale,
 soOolinea 
 il
 presidente
 del
 Senato
 Schifani:
 «I
 centocinquant’anni
 dello
Stato
italiano
[infa-]
coincidono
con
il
secolo
e
mezzo
di
vita
del
giornale
 del
papa,
la
cui
nascita
il
1°
luglio
1861
era
un
effeOo
direOo
del
confliOo
tra
 Stato
e
Chiesa»78.
La 
mostra,
allesCta
dal
7
al
17
marzo
2012
nella
sala
Zuccari


di
palazzo
GiusCniani
a
Roma,
affronta
il
tema
con
un
approccio
documentario:
 le
fonC
 sia
originali
che
in
 copia,
provenienC
 dall’archivio
 del
Senato
 e
 dagli
 archivi
vaCcani,
sono
suddivise
in
11
pannelli.


Lo
 studio
 di
questo
 materiale
e
 il
suo
 confronto
 con
 il
 racconto
 della
 storia
 italiana 
 faOo
 da
 «L’Osservatore
 Romano»
 del
 2010‐2011
 rappresentano
 la
 base
 da
 cui
 le
 seguenC
 considerazioni
 sono
 nate.
 Da
 un
 lato
 si
 cerca
 di
 individuare
 l’interpretazione
 generale
 che
 la
 Chiesa
 dà 
 della
 storia
 italiana,
 dall’altro
 si
 pone
 aOenzione
 su
 alcuni
 snodi
 storiografici
 apparsi
 di
 fondamentale
importanza
nel
discorso
della
stampa
vaCcana.

La
ricomposizione
di
una
fra>ura

Sulle
pagine
de
«L’Osservatore
Romano»
la
storia
d’Italia
è
la
storia
del
 rapporto
 tra
 Stato
 italiano
 e
 Santa
 Sede.
 La
 storia
 italiana
 è
 presentata
 e
 interpretata
cioè
 meramente
 nel
confronto,
 dato
per
 imprescindibile,
 con
 la
 Chiesa
 romana.
 Non
 c’è
 spazio
 per
 aspe-
 o
 temi
 storici
 indipendenC
 dal
 papato.
 Ciò
 è
 dovuto
 al
 faOo
 che
 «la
 base
 più
 solida 
 dell’unità 
 [nazionale
 italiana]
e
la
sua
più
profonda
premessa»79
è
da
ricercare
proprio
nell’idenCtà


caOolica,
di
 cui
 la
Chiesa
è
agente
fondamentale.
Lo
 stesso
 anniversario
 del
 2011
 non
 è
 tanto
 l’anno
 celebraCvo
 della
 nascita
 dello
 Stato
 italiano,
 ma
 diventa
piuOosto
l’«occasione
propizia
per
una
rileOura
serena
di
quegli
evenC
 […]
rifleOendo
proprio
sullo
stato
dei
rapporC
tra
Chiesa
e
Stato
a
150
anni»80.


La 
 storia
 d’Italia 
 è
 una
 storia
 evoluCva.
 La 
 struOura
 narraCva
 riscontrabile
sulle
pagine
 de
 «L’Osservatore
 Romano»
 e
 anche
 nel
percorso
 della
 mostra
 è
 caraOerizzata 
 da
 quaOro
 fasi:
 (i)
 una 
fraOura 
 iniziale,
 (ii)
 lo


78
 Renato 
Schifani,
 Introduzione,
 in
 Stato
 e
 Chiesa.
 Dal
 Risorgimento 
ai
 nostri
 giorni.
 A
 150
 anni


dall’unità
 d’Italia 
e
 dalla
 fondazione
 de
 L’Osservatore
 Romano.
 Catalogo
della
mostra,
 Rubbe-no,


Soveria
Mannelli
2012,
p.
VII.

79
11
febbraio,
in
«L’Osservatore
Romano».,
11
febbraio
2011,
p.
1.

sforzo
‐sempre
più
consapevole
e
programmato‐
di
ricomporre
lo
strappo,
(iii)
 l’armonia
ritrovata,
(iv)
un
perpetuo
rinnovarsi
dell’amicizia.


(i)
La
nascita
dello
Stato
italiano
rappresenta
la
roOura
di
un
equilibrio
 preesistente
(non
narrato).
La
quesCone
romana
sia
sulla
stampa 
vaCcana
sia
 nella
 mostra
 è
 descriOa
 come
 una
 roOura,
 uno
 strappo:
 si
 traOò
 di
 una
 profonda
«lacerazione
[che]
riguardò
ogni
ambito
della
vita
colle-va:
poliCco,
 culturale,
 religioso»81;
 fu
 un
 processo
 che
 «ebbe
 effe-
 dilaceranC
 nella


coscienza
individuale
e
colle-va
dei
caOolici
italiani»82.


RispeOo
 alle
 pagine
 del
 quoCdiano
 vaCcano,
 dove
 ‐come
 abbiamo
 accennato
in
precedenza‐
si
registra
una
sospensione
del
racconto
per
quanto
 riguarda
 lo
 svolgersi
del
processo
 risorgimentale,
 la
 mostra
 rivolge
a
 questa
 prima
 fase
 della 
 storia
 unitaria
 una
 minore
 evanescenza.
 Il
 primo
 pannello
 della
 mostra,
 dedicato
 a 
 «Le
 origini
 della
 quesCone
 romana,
 1860‐1861»,
 individua
i
protagonisC
della
fraOura
con
dei
ritra-
d’epoca:
Cavour
e
ViOorio
 Emanuele
 II
 da
 un
 lato
 e
 Pio
 IX
 dall’altro.
 «L’aOo
 di
 nascita
 ufficiale
 della
 quesCone
romana»83
 è
riconosciuto
nel
progeOo
di
legge
avanzato
da
Cavour


l’11
 oOobre
 1860
 per
 l’annessione
 delle
 province
 dell’Italia
 centrale
 e
 meridionale,
preludio
alla
nascita
del
Regno
d’Italia.
Agli
«aOuali
rivolgimenC
 d’Italia,
 iniziaC
 cogli
 auspici
 d’una
 falsa
 indipendenza
 e
 d’una
 menzognera
 libertà,
[che
in
realtà]
non
hanno
altro
scopo
di
abbaOere,
se
fosse
possibile
la
 Religione»84 
 risponde
 la
 Santa 
 Sede
 con
 la 
 nascita
 1°
 luglio
 1861
 de


«L’Osservatore
Romano».


La 
 fraOura
 iniziale
 si
 dilata 
 profondamente
 negli
 anni
 successivi
 e
 diventa
insuperabile
con
 la
breccia
 di
 porta
Pia 
e
la
«poliCca
di
 laicizzazione
 integrale
 portata
 avanC
 dai
 governi
 nei
 primi
 anni
 dopo
 l’Unità»85.
 Il
 punto


centrale
del
secondo
pannello
della
mostra
è
«La
legge
delle
GuarenCgie»
(da
 cui
il
pannello
prende
il
Ctolo):
o
meglio
l’aOenzione
è
rivolta
principalmente
al
 neOo
 rifiuto
 dimostrato
 da 
Pio
IX
(è
esposta
l’enciclica
Ubi
nos)
 verso
questo
 primo
 tentaCvo
 di
 regolamentazione
 dei
 rapporC
 tra 
 le
 due
 isCtuzioni,
 soOolineando
 «sopraOuOo
 [...]
 il
 caraOere
 unilaterale
 della
 legge
 che
 preoccupava
 la
 Santa
 Sede»86.
 È
 ricordato
 anche
 il
 non
 expedit:
 con
 cui
 il


contrasto
diventa
«“opposizione
di
sistema”,
cioè
estraneità
nei
confronC
del
 81
Stato
e
Chiesa.
Catalogo
della
mostra,
cit.,
p.
14. 82
Joseph
Ratzinger,
Naturale
sbocco
dell’idenFtà
nazionale,
in
«L’Osservatore
Romano»,
cit. 83
Stato
e
Chiesa.
Catalogo
della
mostra,
cit.,
p.
5. 84
La
citazione
è
traOa
dall’editoriale
del
primo
numero
de
«L’Osservatore
Romano»,
messo
in
mostra.
 Ivi.,
p.
9. 85
Ivi.,
p.
13. 86
Ivi.,
p.
14.

nuovo
 Stato»87;
 cosa
 ribadita
con
 l’esposizione
 delle
 encicliche
 di
 Leone
 XIII


rivolte
contro
la
massoneria.


La 
mostra,
 dunque,
 ricorda
 il
 nascere
e
 l’esasperarsi
 di
 posizioni
 divergenC;
 racconta
 l’intransigenCsmo
 caOolico
 nei
 confronC
 dello
 Stato
 italiano,
 depurandolo
però
dagli
 aspe-
 più
 integralisC:
 è
 taciuta
la
pubblicazione
del
 Sillabo
 così
 come
 sono
 obliate
 le
 decisioni
 prese
 nel
 corso
 del
 Concilio

 VaCcano
I. 87
Ibid.
 Verzaschi,
RitraAo
allegorico
 realizzato
con
un
 fotomontaggio
raffigurante
 ViAorio
Emanuele
II
e
Pio
IX
 riconciliaF,
1873
circa.
 Questa,
riprodoAa
sul
giornale
 vaFcano,
è
la
versione
in
 stampa
all’albumina;
ne
esiste
 una
seconda,
sempre
in
stampa
 all’albumina
ma
acquerellata.
 (Raccolte
Museali
Fratelli
 Alinari,
Firenze).

(ii)
 Nella
narrazione
 della
Santa
 Sede,
 alla
 roOura
 tra
 nuovo
 Stato
 e
 Chiesa
consegue,
da
subito,
«l’aspeOaCva
di
una
formale
“Conciliazione”»88.
La


ricomposizione
 dello
 strappo
 è
 presentata 
 come
 inevitabile.
 In
 occasione
 dell’anniversario
 dell’11
 febbraio
 «L’Osservatore
 Romano»
 insiste
 sull’ineluOabilità
della
conciliazione
con
un’immagine
di
fine
OOocento,
in
cui
 Pio
IX
è
a
bracceOo
con
ViOorio
Emanuele
II.
È
questa
‐dice
il
discorso
vaCcano‐
 la 
resCtuzione
iconografica
del
«sogno
delle
genC
italiane
di
riconciliazione
tra
 Stato
 e
 Chiesa
 dopo
 i
 noC
 dilaceramenC»89.
 Ma
 non
 solo.
 Questa
 è
 anche


un’ingenua
 «raffigurazione
 popolare»
 di
 «un
 dato
 di
 faOo:
 la
 realtà
 di
 una
 profonda
amicizia 
sussistente,
al
di
soOo
di
verCci
poliCco‐diplomaCci
e
militari
 che
fecero
l’unità,
tra
comunità
civile
e
comunità
religiosa»90.
La
Santa
Sede,
in


questo
 modo,
 ribadisce
 la
 fondamentale
 importanza 
 dell’«orientamento
 caOolico
 delle
 masse
 [che]
 assicurò
 al
nuovo
 stato
 il
 collante
 sicuro
 e
 forte
 dalle
 diversità
cui
 il
processo
 di
unificazione
era
chiamato
 a
superare»91.
 Da


qui,
dunque,
nasce
lo
sforzo
per
una
ricomposizione
della
fraOura;
uno
sforzo
 che
 percorre
l’Italia
per
 più
 di
un
cinquantennio
 e
che
 doveva
portare
a
una
 conciliazione
formale
tra
isCtuzioni,
non
 nel
corpo
sociale
dove
ciOadinanza
e
 fede
non
erano
in
confliOo.

Nella 
narrazione
di
questa
seconda
fase,
 l’impostazione
della
mostra
e
quella
 della
 stampa
 vaCcana,
 pur
 seguendo
 una
 linea
 comune,
 assumono
 una
 prospe-va
di
racconto
differente.


La 
mostra
pone
 l’accento
 sull’ala
conciliatoriasta
 del
 clero:
 presenta
 alcune
leOere
di
sacerdoC
favorevoli
alla
fine
del
potere
temporale
del
papato.
 Dà
 spazio
 alla
 figura
 di
 Fogazzaro
 nella
 sua 
 duplice
 veste
 di
 caOolico
 e
 senatore;
soOolinea
la
progressiva
distensione
del
non
expedit
in
occasione
del
 1904
 e
 del
 1909,
 e
 il
 suo
 completo
 superamento
 con
 il
 paOo
 GenCloni,
 evidenziando
(nel
terzo
pannello
«Le
elezioni
del
1913»)
il
moCvo
della
discesa
 in
 campo
 poliCco
 dei
 caOolici
 come
 difesa
 da
 misure
 anCclericali
 e
 anCcaOoliche.
 «Vero
 e
proprio
 salto
 di
qualità
per
 il
 ruolo
dei
caOolici
nella
 società
 italiana»92
 è
 individuato
 nell’esperienza
 del
 ParCto
 Popolare
 di
 don


Sturzo.

La 
stampa
vaCcana,
che
oblia 
i
conciliatorisC
e
non
ricorda
Fogazzaro
o
 le
elezioni
dei
primi
anni
del
XX
secolo,
menziona
il
paOo
GenCloni
e
approda
 anch’essa
 alla
 figura
 di
 Sturzo,
 ma
 facendo
 un
 percorso
 differente.
 «L’Osservatore
 Romano»
 dà
 risalto
 sopraOuOo
 al
 problema 
di
 «generazioni
 tormentate
dal
disagio
di
meOere
insieme
la
propria
coscienza
di
caOolici
e
di
 88
Joseeph
Ratzinger,
Naturale
sbocco
dell’idenFtà
nazionale,
in
«L’Osservatore
Romano»,
cit. 89
11
febbraio,
cit. 90
Ibid.
 91
Ibid.
 92
Stato
e
Chiesa.
Catalogo
della
mostra,
cit.,
p.
43.

italiani»93.
 La
fraOura
tra
Stato
 e
Chiesa,
 nella
narrazione
della
Santa
Sede,
è


una 
fraOura
che
penetra
nelle
coscienze
dei
caOolici;
 la
ricomposizione
della
 fraOura
 è
 il
 cammino
 che
 i
 caOolici
 fanno
 per
 superare
 il
 «crogiuolo
 di
 tribolazioni»94
nato
come
conseguenza
della
quesCone
romana.
È
analizzata
la


loro
presa
di
coscienza:
in
quanto
«caOolici
non
potevano
sfuggire
al
problema
 storico
 della
 costruzione
 della
 società 
 italiana 
 né
 arroccarsi
 nella
 ciOadella
 assediata»95.
La
stampa
vaCcana
ricorda
quindi
figure
come
Tovini96,
Toniolo
(il


«profeta 
di
Sturzo»97),
e
sopraOuOo
don
Sturzo
e
De
Gasperi,
quali
gli
artefici,


in
una
scala
ascendente,
di
uno
sforzo
sempre
più
cosciente
e
programmato
di
 azione
 caOolica
 nella 
 vita 
 poliCca
 dello
 Stato.
 «L’Osservatore
 Romano»
 si
 sofferma 
sopraOuOo
 su
Sturzo,
descrivendolo
 come
l’avanguardia
e
la 
sintesi
 del
superamento
del
non
expedit
e
della
discesa
in
campo
poliCco
dei
caOolici,
 prima
in
ambito
locale,
poi
nazionale.
Ricorda
la
partecipazione
di
don
Sturzo
 all’inaugurazione
 del
 ViOoriano:
 «partecipando
 al
 50°
 dell’unità
 d’Italia,
 da
 prosindaco
e
da
sacerdote,
Sturzo
dimostrava
la
capacità
e
la
disponibilità
dei
 caOolici
 ‐e
 forse
 anche
 della
 Chiesa‐
 a
 partecipare,
 nelle
 isCtuzioni,
 alla
 costruzione
della
nazione»98.


L’esperienza
del
ParCto
Popolare,
sulle
pagine
della 
stampa
ponCficia,
rimane
 invece
 in
 secondo
 piano,
 solo
accennata
non
 approfondita.
Anche
la
mostra
 che,
come
abbiamo
deOo,
dedica
un
pannello
a
«Il
ParCto
Popolare»,
in
realtà
 ne
dà
una
descrizione
parziale.
Ricordata
la 
presa
di
posizione
anCfascista
di
 Sturzo
 e
 l’estromissione
 dei
 ministri
 popolari
 dal
 governo
 Mussolini;
 non
 affronta
però
in
modo
chiaro
il
ruolo
del
papato
nella
crisi
del
parCto
sturziano
 di
fronte
alla 
nascita
e
 alla
presa 
del
 potere
 di
 Mussolini.
 Obliata
è
la
scelta
 dell’esilio
sturziano.


(iii)
 Momento
 centrale
 della
 storia
 d’Italia
 è
 la
 sCpula 
 dei
 Pa-
 Lateranensi.
 L’11
 febbraio
 è
 posto
 in
 relazione
 con
 l’anniversario
 dell’unità
 nazionale:
 «le
 due
 ricorrenze
 [sono]
 disCnte,
 eppure
[sono]
 profondamente
 connesse
per
l’intreccio
forte
che
il
moto
risorgimentale
ebbe
con
la 
quesCone
 caOolica
e
con
il
problema
di
garanCre
alla
Sede
Apostolica
piena
sovranità
e
 indipendenza
 a
 tutela 
 della 
 sua
 missione
 universale»99.
 I
 pa-
 del
 1929


rappresentano
 il
 superamento
 della
fraOura
causata
 dalla
nascita
dello
stato
 italiano. 93
Giulio
Andreo-,
«Studiatelo 
meglio»
ci
disse
MonFni,
in
«L’Osservatore
Romano»,
17
gennaio
2011,
 p.
5. 94
Tarcisio
Bertone,
Roma
capitale
d’Italia
e
cento
della
Chiesa,
in
ivi.,
20‐21
seOembre
2010,
p.
1. 95
Giulio
Andreo-,
«Studiatelo
meglio»
ci
disse
MonFni,
cit. 96
EOore
Go-
Tedeschi,
ArmaF
del
nome
caAolico,
ivi.,
8
maggio
2011,
p.
4. 97
Giulio
Andreo-,
«Studiatelo
meglio»
ci
disse
MonFni,
cit. 98
Oscar
Gaspari,
E
il
prete
di
Caltagirone
rese
omaggio
al
ViAoriano,
ivi.,
18
marzo
2011,
p.
5. 99
11
febbraio,
ivi.,
cit.

Dei
negoziaC
sia
la
stampa 
che
la 
mostra
ricordano
 il
Concordato
e
il
 TraOato.
 La
 convenzione
 finanziaria,
 invece,
 è
 taciuta.
 L’importanza
 dell’accordo
è
individuata
nella
bilateralità
dei
negoziaC:

finito
il
potere
 temporale,
 ‐dice
 Ratzinger‐
 la
 Santa
 Sede,
 pur
 reclamando
 la
 più
piena
 libertà
 e
 la
 sovranità
 che
 le
 speOa
 nell’ordine
 suo,
 ha
 sempre
 rifiutato
la
 possibilità
 di
 una
 soluzione
 della
 QuesCone
 Romana
 aOraverso
imposizioni
 dall’esterno,
 confidando
 nei
 senCmenC
 del
 popolo
 italiano
 e
 nel
 senso
 di
 responsabilità
 e
 giusCzia
 dello
 stato
 italiano.
 La
firma
dei
Pa-
Lateranensi,
l’11
febbraio
29,
segnò
la
definiCva
soluzione
 del
 problema.100

La 
Chiesa 
non
è
più
oggeOo,
ma
soggeOo
delle
traOaCve.
 Il
 se-mo
pannello
 della
mostra,
«I
pa-
 del
Laterano»
(il
cuore
della
mostra,
la 
parte
più
ricca
di
 documentazione
 sia
 fotografica
 che
 archivisCca),
 espone
 una
 minuta
 con
 correzioni
autografe
di
Pio
XI,
segno
del
superamento
del
caraOere
unilaterale
 della
precedente
legislazione,
in
parCcolare
le
legge
delle
GuarenCgie.

Il
 faOo
 che
 la
 soluzione
 della
 quesCone
 romana
 avvenga
 per
 via
 giuridica
è
presentato
come
in
conCnuità
rispeOo
all’a-vità
di
partecipazione
 alla
 vita
 poliCca
 dei
 caOolici,
 non
 in
 opposizione.
 La
 «contraddizione
 ideologica»101
alla
base
della
conciliazione,
il
faOo
 cioè
che
la
Chiesa
oOenga


un
 confronto
 bilaterale
 «proprio
 nel
 momento
 in
 cui
 esasperata
 è
 l’affermazione
 della
 sovranità
 dello
 stato»102 
 non
 ha
 alcun
 peso
 nella


narrazione.
 La
 maturità
 dell’a-vità
 caOolica
 in
 campo
 sociale
 e
 poliCco
 comporta
 ‐nella
 retorica
 esposiCva‐
 un
 graduale
 avvicinamento
 anche
 delle
 sfere
isCtuzionali.
 Che
lo
 Stato
fascista
avesse
sciolto
 i
parCC
 di
opposizione,
 tra 
 cui
 anche
 il
 ParCto
 Popolare,
 apice
 dell’a-vità
 dei
 caOolici
 nella
 vita
 poliCca
e
sociale,
 non
 ha
alcun
peso
nella 
retorica
della 
Santa
Sede
né
tanto
 meno
 in
 quella
della
mostra.
 Nell’esposizione
il
“sacrificio”
subito
dal
 ParCto
 Popolare
per
 una 
riconciliazione
 direOa
 tra
 Santa
Sede
 e
Stato
 italiano,
 per
 mezzo
di
Mussolini,
non
è
chiarito,
mentre
è
totalmente
obliato
sulla
stampa
 caOolica.

Secondaria
 appare
 la
 necessità
 di
 una
 definizione
 dell’interlocutore
 della
 Santa
Sede
nella
sCpula
di
 quesC
 risoluCvi
 negoziaC.
 La
 controparte
è
 semplicemente
 lo
 Stato
 italiano.
 Nell’anniversario
 dell’11
 febbraio
 la 
stampa
 vaCcana
 non
 cita 
 il
 fascismo
 né
 Mussolini.
 Nella
 mostra
 la
 presenza
 di
 documentazione
 fotografica
 relaCva
 alla
 sCpula
 del
 concordato
 ritrae
 i
 protagonisC:
 Mussolini
 è
 presente,
 ma
 nei
 tesC
 che
 accompagnano
 i
 documenC
manca
la 
descrizione
della
natura
totalitaria
del
regime.
Il
fascismo
 non
 è
 mai
 nominato
 nella 
 mostra:
 si
 parla
 di
 stato
 italiano,
 di
 governo


100
Joseph
Ratzinger,
Naturale
sbocco
dell’idenFtà
nazionale,
ivi.,
cit.

101
Pietro
Scoppola,
La
Chiesa
e
il
fascismo.
DocumenF
e
interpretazioni,
Laterza,
Bari
1971,
p.
103. 102
Ibid.

Mussolini.
Nel
racconto
dell’iter
diplomaCco
che
conduce
ai
negoziaC
del
1929
 l’esposizione
 romana
 (nel
 1919
 «la 
 quesCone
 romana
 sembrava 
 vicina
 alla
 soluzione»103
ricorda
il
quarto
pannello,
la
«svolta 
clamorosa»104
avviene
negli


anni
 1925
 e
 1926,
 con
 la
 commissione
 presieduta
 dall’ex
 popolare
 Paolo
 MaOei
 GenCli,
 formata
 da
 oOo
 laici
 e
 tre
 ecclesiasCci,
 per
 la
 riforma
 della
 legislazione
ecclesiasCca,
voluta
dal
nuovo
ministro
della
GiusCzia,
Rocco)
tace
 la 
poliCca
di
concessione
 alla
Chiesa
che
caraOerizza
la
linea
di
 Mussolini
fin
 dall’inizio
del
suo
governo:
oblia
i
gesC
 compiuC
nel
1923
dal
nuovo
governo,
 come
il
riprisCno
del
crocifisso
nei
locali
pubblici,
gli
stanziamenC
disposC
per
 le
 chiese
 danneggiate
 dalla 
 guerra,
 l’istruzione
 religiosa
 nelle
 scuole
 elementari.
 Tra
 quesC
 provvedimenC
 rientra
 anche
 la
donazione,
 decisa
dal
 Consiglio
 dei
Ministri
sempre
nel
1923,
dell’importante
 biblioteca
Chigiana
al
 VaCcano.
 Un
arCcolo
 de
«L’Osservatore
Romano»
 affronta 
la
quesCone
della
 Chigiana,
dando
al
gesto
di
Mussolini
una
posizione
marginale.
Ricorda
come
 «da
 tempo
 la 
 Santa 
 Sede
 cerca[sse]
 di
 recuperare
 la
 biblioteca
 “papale”
 e
 “cardinalizia”»,
 ma
 pone
 l’aOenzione
 non
 sul
 gesto
 di
 Mussolini
 quanto
 piuOosto
sulla
risoluzione
mostrata
da 
Pio
X
di
non
procedere
all’acquisto
della
 stessa,
come
invece
voleva
il
prefeOo
della
biblioteca
apostolica
vaCcana,
per
 invesCre
 invece
 in
 carità.
 Il
 pontefice,
 dice
 l’arCcolo,
 «avrà 
 forse
 previsto
 l’arrivo
della
biblioteca 
Chigiana 
in
VaCcano
per
dono
totalmente
gratuito
(per
 quanto
interessato)
anziché
per
costoso
acquisto,
nove
anni
dopo»105.

Mussolini
 e
 il
 fascismo
 hanno
 poco
 spazio
 sulla
 stampa
 caOolica.
 Sporadicamente
 e
 in
 veloci
 accenni,
 «L’Osservatore
 Romano»
 ne
 dà
 una
 valutazione
 d’insieme
 negaCva,
 con
 l’uso
 di
 termini
 astra-:
 parla 
 di
 «una
 nuova,
 fosca
 fase
 della
 poliCca
 europea»106 
 oppure
 della
 «tragedia
 del


ventennio
 e
[del]la
disperazione
bellica»107.
Il
giudizio
si
fa
più
deciso
quando


prende
 in
 considerazione,
 sullo
 stesso
 piano,
 i
 totalitarismi
 del
 XX
 secolo,
 «errori
nefasC
del
suo
tempo
(fascismo,
nazismo,
comunismo)»108.


Obliate
sono
le
modalità
di
ascesa 
al
potere
del
duce
così
come
gli
aspe-
che
 caraOerizzano
 il
 fascismo
 in
 termini
 totalitari.
 Il
 racconto
 del
 quoCdiano
 si
 ferma
 solo
 su
 alcuni
 passaggi
del
 ventennio,
 toccando
 in
 parCcolare
la
 fase
 finale
degli
anni
Trenta.


Della
 poliCca
 fascista
 «L’Osservatore
 Romano»
 ricorda
 da
 un
 lato
 solo
 la
 legislazione
razzista,
interpretandola
‐come
si
vedrà
in
modo
approfondito
più


103
Stato
e
Chiesa.
Catalogo
della
mostra,
cit.,
p.
35. 104
Ivi.,
p.
43.


105
Paolo 
Vian,
Quando 
il
Papa
non
volle
acquistare
la
biblioteca 
Chigiana,
in
«L’Osservatore
Romano»,
 8
maggio
2011,
p.
5.

106
ibid.

107
L’Italia
s’è
desta,
ivi.,
10
marzo
2011,
p.
5.

avanC‐
 come
 il
 fruOo
 per
 un
 verso
 dell’intreccio
 tra
 fascismo
 e
 scienza
 posiCvista
e
per
l’altro
di
un
avvicinamento
dell’Italia
alla
Germania
nazista109.

Dall’altro
 lato
 accenna
 al
 contrasto
 nato
 tra
 fascismo
 e
 Chiesa
 romana
 sull’Azione
 CaOolica,
 resCtuendolo
 con
 il
 linguaggio
 pacato
 della
diplomazia
 d’epoca:
 «il
capo
del
governo
[..]
 era
assai
spiacente
che
l’Azione
CaOolica 
fa
 della
 poliCca.
 Non
 essendosi
 osservaC
 gli
 accordi
 del
 1931,
 si
 avranno
 fa-
 peggiori
 di
 quelli
 del
 deOo
 anno»110.
 La
 narrazione
 del
 quoCdiano,
 benché


soOolinei
 spesso
 come
 fosse
 «difficile
 il
 dialogo»
 tra
 il
 nunzio
 Francesco
 Borgoncini
Duca 
e
il
regime,
come
«conCnue
schermaglie»
comportassero
un
 «braccio
 di
 ferro
 col
 Duce»,
 presenta
 in
 realtà
 una
 diplomazia
 vaCcana
 aOraversata
da
«prudenza
ed
equilibrio»111.
Il
racconto
aOenua
la
violenza
del
 regime
(tace
gli
a-
inCmidatori
nei
confronC
 delle
associazioni
caOoliche
e
di
 alcuni
esponenC
anCfascisC
del
clero),
ma
allo
stesso
tempo
svincolandosi
dal
 racconto
degli
anni
VenC
tace
anche
la
nascita 
del
regime
e
la
poliCca
d’intesa
 e
collaborazione
che
Mussolini
fin
dai
suoi
primi
mesi
di
governo
aveva
posto
a
 premessa
delle
successive
evoluzioni.
La 
narrazione
della
Santa
Sede
accentua
 il
contrasto
tra 
fascismo
e
Santa
Sede,
rimarcando
la 
posizione
del
fascismo
nei
 confronC
dell’affare
dell’Azione
CaOolica;
dimenCca
invece
i
punC
di
maggiore
 tensione:
 non
 parla
 ad
 esempio
 dell’emanazione
dell’enciclica
 Non
abbiamo


bisogno.

(iv) Con
la
sCpula
dei
Pa-
 del
Laterano
«le
onde
del
Tevere
trascinarono
 nel
 Tirreno
 i
 fru-
 del
 passato
 e
 finalmente
 riunirono
 i
 due
 colli»112.
 La


conciliazione
 trova
però
 espressione
completa
nel
 dopoguerra;
 e
 De
 Gasperi
 rappresenta
 «la
 più
 importante
 sintesi
 poliCco‐simbolica»
 della
 ricomposta
 fraOura,
 la
figura
poliCca
capace
di
«compendiare
i
confli-
 aperC
 durante
la
 stagione
risorgimentale»113,

il
 principale
 artefice
 della
nuova
 Italia,
 democraCca
 e
 repubblicana,
ma
 anche
 il
 leader
 indiscusso
della
 ricostruzione
 economica
 post‐bellica
 e
 della
 rinascita
 poliCco‐civile
 del
 Paese
 dopo
la
 roOura
 dell’ordinamento
 giuridico‐statale
 di
 derivazione
 risorgimentale‐ sabauda
 avvenuta
 l’8
 seOembre
 1943.
 Il
 faOo
 che
 sia
 stato
un
 caOolico
 a
 condurre
 la
 rinascita
del
Paese
non
è,
ovviamente,
un
faOo
di
secondaria
importanza.

Per
molC
aspe-
la
sua
azione
completa
un
processo
pluridecennale
che
 se
dal
punto
di
 vista
 dei
 rapporC
 diplomaCci‐isCtuzionali
 tra
 stato
 e
 Chiesa
 aveva
 trovato
 il
 suo
 compimento
nei
Pa-
Laternanesi
del
1929,
 da
un
punto
di
vista
 inclusivo‐partecipante
 dei
 caOolici
alla
vita
 poliCca
del
Paese
aveva
avuto
il
suo
inizio
più
o
meno
ufficiale
 nel
 primo
 Novecento
con
 il
 cosiddeOo
 PaOo
GenCloni,
 era
 proseguito
con
 alterne
 vicende


109
Gaetano
Vallini,
RazzisF
travesFF
da
scienziaF,
ivi.,
15‐16
novembre
2010,
p.
5. 110
Francesco
Malgeri,
Braccio
di
ferro
col
Duce,
ivi.,
20
maggio
2011,
p.
5. 111
Ibid.

112
Un
Tevere
ancora
più
largo,
ivi.,
24
febbraio
2011,
p.
5.

con
 la
 nascita
 del
 parCto
 popolare
 sturziano
 ed
 era
 rinato,
 dopo
 il
 fascismo,
 con
 la
 fondazione
della
Democrazia
CrisCana.

De
Gasperi
non
fu
dunque
solo
il
leader
di
un
parCto,
 peraltro
largamente
maggioritario
 nel
Paese,
 che
era
 riuscito
a
ricomporre
 quelle
 fraOure
 poliCco‐ideologiche
che
 si
erano
 aperte
 durante
 il
 conculso
 processo
 risorgimentale,
 ma
 diventò
 anche
 lo
 staCsta
 che
 riuscì
 a
 compendiare
 la
 difesa
 dell’interesse
 nazionale
 con
 il
 fermo
 ancoraggio
 a
 un
 sistema
di
valori
occidentali.114

La 
ripresa 
della
vita
democraCca,
sulle
pagine
del
quoCdiano
vaCcano,
è
fruOo
 quasi
 esclusivo
 dell’iniziaCva
 caOolica.
 Ratzinger
 così
 si
 esprime
 nella
 sua
 riflessione
ufficiale
del
17
marzo
sulla
storia
d’Italia.

Se
 il
testo
cosCtuzionale
 fu
 il
 posiCvo
 fruOo
 di
 un
incontro
e
 di
una
 collaborazione
 tra
 diverse
 tradizioni
 di
 pensiero,
 non
 c’è
 alcun
 dubbio
 che
 solo
 i
 cosCtuenC
 caOolici
 si
 presentarono
 allo
 storico
 appuntamento
 con
 un
 preciso
 progeOo
 sulla
 legge
 fondamentale
 del
 nuovo
 stato
 italiano;
 un
 progeOo
 maturato
 all’interno
 dell’Azione
 caOolica,
in
parCcolare
della
FUCI
e
del
movimento
laureaC
e
dell’università
caOolica
del