Nel 1911 repubblicani e socialisC non partecipano al giubileo della patria: acceOano lo Stato unitario, ma ne disconoscono l’asseOo monarchico che le celebrazioni pongono in primo piano. Alle cerimonie ufficiali i repubblicani oppongono una commemorazione antagonista sul Gianicolo; i socialisC e i sindacaC, invece, danno vita a comizi di protesta contro la situazione economica e sociale del Paese, contrapponendo al cinquantennio della borghesia il cinquantenario del proletariato.
In occasione del centenario la situazione risulta profondamente cambiata. Il ParCto Comunista «partecipa consapevolmente» alle celebrazioni. Interpreta il movimento di unificazione nazionale come un processo rivoluzionario; si presenta come l’unico e legi-mo erede delle spinte democraCche risorgimentali, contestando invece l’impianto celebraCvo eccessivamente influenzato dalla sfera vaCcana e dall’esaltazione del capitalismo.
Nei cinquant’anni che intercorrono tra i due giubilei l’approccio della sinistra nei confronC dell’evento fondatore dello Stato unitario subisce dei profondi e ripetuC mutamenC: prima con l’interpretazione gramsciana del Risorgimento come «rivoluzione fallita» per la mancata partecipazione delle masse, poi con la proposta avanzata da Carlo Rosselli alle forze anCfasciste di aOuare un “Secondo Risorgimento”, facendosi erede non del Risorgimento monarchico e moderato, ma di quello popolare, democraCco e repubblicano, del Risorgimento sconfiOo. È questa seconda posizione, inizialmente fortemente criCcata dai comunisC (l’espressione sprezzante di «cosiddeOo Risorgimento» viene elaborata nelle Tesi di Lione) e dagli stessi ambienC di GiusCzia e Libertà, che si impone come un «terreno comune di mediazione» fra le forze anCfasciste a parCre dagli anni Trenta.1
Cosa succede, invece, in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia? Qual è l’aOeggiamento della sinistra italiana nei confronC della ricorrenza? Come vive il richiamo ai simboli e ai valori nazionali faOo dalla retorica giubilare? Quali interpretazioni propone del Risorgimento e della storia italiana?
1 Per una ricostruzione dell’evoluzione dell’aOeggiamento della sinistra italiana nei confronC del Risorgimento si rimanda a Claudio Pavone,
Nella pagina precedente il corteo del C‐day a Roma, 12 marzo 2011.
Repubblica», de «l’Unità» e de «il manifesto» ha permesso di cogliere la posizione o meglio le differenC posizioni della sinistra nei confronC dell’anniversario.
Lo sguardo è stato rivolto anche e sopraOuOo alle piazze, alle manifestazioni che ambienC di sinistra, sia pariCCci che non, organizzano frequenC nel corso del 2011 in opposizione alla sfera governaCva. È nel palcoscenico dello spazio urbano sia in occasione del 17 marzo sia e sopraOuOo in circostanze esterne alla celebrazione del centocinquantenario, infa-, che è stato possibile cogliere in modo profondo la complessità della retorica di una parte della sinistra nei confronC della ricorrenza dell’Unità d’Italia.
La scelta di raccontare le dimostrazioni di piazza ha determinato una struOura del capitolo differente rispeOo ai precedenC. Le modalità di narrazione del Risorgimento e della storia italiana prodoOe dalla piazza non hanno permesso la profondità di analisi usata nel primo e nel secondo capitolo. Si è dato spazio invece a un corredo di immagini che riprendesse la scenografia delle piazze, in modo da resCtuire la simbologia e l’iconografia delle manifestazione an plein air del primo semestre del 2011.
1. Rituali
Il 17 marzo «il manifesto» pubblica un arCcolo dal Ctolo Fratelli d’Italia1. Il
tono dubitaCvo è rivolto alla festa dell’Unità d’Italia, in parCcolare ai «senCmenC patrio-ci» che essa ispira e meOe in circolo. La riflessione dell’autore, lo storico Alberto Mario BanC, ruota aOorno al rischio, deOato dalla retorica celebraCva del centocinquantenario, di un pericoloso revival di struOure discorsive, simboliche e mitologiche legate ai conce- di “nazione” e “patria”. L’appartenenza alla comunità poliCca italiana non può essere basata su un sistema valoriale diverso da quello nazionale? Su quali basi ‐si chiede BanC‐ deve fondarsi oggi l’idenCtà italiana? C’è bisogno di un senCmento patrio-co? E di che Cpo?
Nel giorno in cui il Paese festeggia la formazione dello Stato nazionale italiano, il «quoCdiano comunista» rievoca altre feste: il 25 aprile e il 2 giugno, ricorrenze che definisce giustamente durature «perché ricordano la vera origine della nostra Repubblica»2. All’idenCtà basata sul conceOo di nazione
BanC contrappone l’appartenenza alla comunità italiana fondata sulla conoscenza e sul rispeOo della CosCtuzione repubblicana: «Quello è il paOo fondamentale che ci fa italiani. Non importa che uno sia di lingua e cultura italiana, di lingua e cultura francese, di lingua e cultura tedesca: se vive nei confini della Repubblica italiana trova lì le sue garanzie, lì i suoi diri-». La CosCtuzione è riconosciuta come il «testo che raccoglie i valori fondamentali e le regole essenziali che disciplinano la vita pubblica» italiana3; e per questo è
posta al centro del conceOo stesso di ciOadinanza. BanC, infa-, propone di isCtuire in corrispondenza della festa della Repubblica un rito di passaggio, che trasformi ogni dicioOenne in ciOadino consapevole dei propri diri- e «dei valori fondamentali che lo legano a tu- gli altri», aOraverso il giuramento sulla CosCtuzione4. Da questo rito prenderebbero forma «un’italianità non
nazionalista» e un «sano patrio-smo», il patrio-smo cosCtuzionale.
Il patrio-smo cosCtuzionale è posto in contrapposizione con un altro Cpo di patrio-smo e un’altra idea di patria. Ciò che BanC rifiuta, considerandolo pericoloso, è il «patrio-smo esclusivo», derivante dalla concezione della nazione come comunità di discendenza, in cui l’automaCsmo
1 Albero Mario BanC, Fratelli d’Italia?, in «il manifesto», 17 marzo 2011, p. 11. 2 Ibid.
3 Ibid.
l’appartenenza italiana: un elemento che rappresenta ‐argomenta BanC nei suoi studi‐ il dato essenziale del nazionalismo oOocentesco, faOo proprio dal fascismo e sempre latente nel discorso relaCvo alla nazione.
La domanda che si pone BanC su «il manifesto» è dunque rivolta alla festa del centocinquantenario e a come essa è stata impostata: è opportuno individuare nel Risorgimento il mito fondaCvo dello Stato italiano? La sua criCca non tocca il Risorgimento in sé; non c’è un rifiuto in toto del movimento risorgimentale. Dei tanC evenC del giubileo il quoCdiano, ad esempio, il 17 marzo dà spazio alla riapertura del museo della Repubblica Romana5; lo stesso
BanC sempre sul «quoCdiano comunista» aveva affermato:
certo ci sono anche altri valori nel Risorgimento, che devono parlare ancora alle nostre menC: la libertà, la cosCtuzione, la rappresentanza (sebbene anche qui bisognerebbe soffermarci a indagare e rifleOere). Ma il punto essenziale è che quando si parla del Risorgimento si parla in prima istanza di un movimento nazional‐patrio-co. […] E allora è lì che dobbiamo trovare le radici storiche dell’oggi?6
Il giudizio negaCvo è posto verso il «recupero acriCco del Risorgimento come mito fondaCvo della Repubblica italiana [che] fa correre il rischio di rimeOere in circolo valori pericolosi come sono quelli incorporaC dal nazionalismo oOocentesco»7.
È questa un’allarmata osservazione che BanC aveva già mosso nei confronC della pedagogia neo‐patrio-ca messa in campo dall’ex presidente della Repubblica. Nel tentaCvo, puramente democraCco ‐dice BanC‐ di reagire alle spinte secessioniste della Lega Nord, Carlo Azeglio Ciampi (presidente della Repubblica dal 1999 al 2006) ha lavorato al rilancio del senso di appartenenza alla comunità nazionale italiana ricorrendo a una struOura simbolica e discorsiva «in linea di conCnuità con l’universo simbolico del nazionalismo italiano come si è costruito dal Risorgimento al fascismo»8.
5 Apre al Gianicolo il museo della Repubblica Romania, ibid. La memoria della Repubblica Romana è richiamata da BanC (nel corso del seminario L’idea di patria ieri e oggi organizzato a Roma dalla casa editrice Laterza il 4 febbraio 2011), quando si domanda perché sia stata scelta come data del ricordo dell’Unità d’Italia il 17 marzo e non invece il 3 luglio.
6 Albero Mario BanC, Il mito strabico del Risorgimento, ivi., 2 marzo 2010, <hOp://www.ilmanifesto.it/ archivi/fuoripagina/anno/2010/mese/03/arCcolo/2402/>.
7 Albero Mario BanC, Benigni e “Fratelli d’Italia”, dubbi su una lezione di storia, ivi., 20 febbraio 2011, <hOp://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2011/mese/02/arCcolo/4196/>.
8 La citazione è traOa dalla conclusione del libro in cui BanC sviluppa la riflessione sulla conCnuità della struOura morfologica del discorso nazionale dal Risorgimento al fascismo: Alberto Mario BanC,
Sublime madre nostra, cit., p. 206. Per un’analisi del percorso di Ciampi si veda Maurizio Ridolfi, Feste civili e giorni della memoria. L’Italia della Seconda Repubblica (1994‐2011), in Celebrare la nazione,
cit., pp. 417‐442. Per le contraddizioni della pedagogia nazionale di Ciampi si rimanda anche a Gaspare Nevola, From the “Republic of ParFes” to a “Fatherland for Italians”: the Italian PoliFcal System in
Search of a New Principle of LegiFmaFon, in «Journal fo Modern Italian Studies», 2003, n. 2, pp.
Lo stesso scivolamento nel frame nazionalista è riscontrabile ‐denuncia il «quoCdiano comunista»‐ nella retorica celebraCva del centocinquantesimo anniversario dell’Unità nazionale. L’episodio che più di altri suscita una dura reazione de «il manifesto» è la performance di Roberto Benigni durante il fesCval della canzone italiana. Il fesCval di Sanremo del 2011 dedica una serata alla ricorrenza del centocinquantenario. Nata per unire, così si inCtola la serata in quesCone, prevede una sfida nella sfida: i cantanC in gara interpretano un pezzo storico del repertorio musicale italiano; il concorrente più votato riceve in premio una scultura raffigurante l’Italia. L’aOenzione mediaCca è tuOa riservata però a Roberto Benigni, chiamato a fare l’esegesi dell’inno nazionale italiano. La stampa accoglie con entusiasmo l’esibizione di Benigni, con poche eccezioni. La criCca più pesante e più importante a livello di contenuC (anche la Lega Nord non vede di buon occhio la performance di Benigni, fermandosi però a delle polemiche superficiali) trova spazio sulle colonne de «il manifesto», a firma ancora una volta di BanC.
Con il suo lunghissimo monologo […] Benigni, ‐pur essendosi dichiarato contrario al nazionalismo‐ sembra in sostanza averci invitato a contrastare il nazionalismo padano rispolverando un nazionalismo italiano uguale a quello leghista nel sistema di valori e contrario a quello solo per ciò che concerne l’area geopoliCca di riferimento9.
Benigni ‐dice BanC‐ ha riproposto senza filtro criCco «la versione distorta della storia nazionale offerta dai leader e dagli intelleOuali nazionalisC dell’OOocento», non facendo l’esegesi ma piuOosto «un’apologia appassionata dei valori poliCci e morali proposC dall’inno»10.
Riproporre nella società aOuale, caraOerizzata da forC movimenC migratori, la concezione della nazione come comunità di discendenza, basata sul dovere del sacrificio eroico in guerra e posta in un sistema contrapposiCvo, formato da un “noi” e un “loro” diverso da noi, è un’operazione potenzialmente «tossica», dice BanC:
può indurre a pensare che difendere l’idenCtà italiana implichi difendersi dagli “altri”, che ‐in quanto diversi‐ sono anche pericolosi; può indurre a fantasCcare di una parCcolare peculiarità, se non di una superiorità, della cultura italiana; invita ad avere una visione chiusa ed esclusiva della comunità poliCca alla quale apparteniamo; e sopraOuOo induce a valorizzare ideali bellici che, nel contesto aOuale, mi sembrano quanto meno fuori luogo11.
9 Albero Mario BanC, Benigni e “Fratelli d’Italia”, dubbi su una lezione di storia, cit. 10 Ibid.
storico‐ nell’entusiasmo biparCsan riscosso dall’esibizione di Benigni. Se la reazione posiCva da parte della destra è scontata, «che ne è stato [invece] dell’internazionalismo, del pacifismo, dell’europeismo, dell’apertura solidale che ha caraOerizzato la migliore cultura democraCca dei decenni passaC?»12.
La domanda che BanC rivolge alla sinistra non passa inosservata. Più di trecento leOori del quoCdiano lasciano un commento all’arCcolo sul portale de «il manifesto», dando vita a una discussione anche molto accesa13. La loro
reazione è contrastante. Minoritari sono gli intervenC che accolgono posiCvamente la riflessione di BanC, di cui riprendono e sviluppano i seguenC punC.
Essi insistono sulla lontananza della sinistra da un repertorio simbolico e retorico inerente alla patria e ribadiscono l’internazionalismo quale valore primo della sinistra:
Sembra che ulCmamente si cerchi di superare la destra nel recupero di valori (moralismo becero, nazionalismo) che nulla hanno a che fare con la tradizione di sinistra14; a quanto
pare sia il popolo di sinistra che la Sinistra hanno dimenCcato le loro origini storico‐ culturali, per non parlare dei loro padri fondatori15.
(ii) Affermano la loro distanza dalle celebrazioni del centocinquantenario, di cui denunciano una retorica da «libri delle elementari anni ’50 o addiriOura di prima della guerra»16 e soOolineano il pericolo deOato da una «storia pop»17.
«Il risorgimento di Benigni è il fratello gemello di quello che studiavo alle elementari negli anni cinquanta: tu- buoni, tu- eroici, tu- fratelli, tu- mossi dallo stesso afflato»18. (iii) I commenC di quesC leOori contrastano tale
«potpurri in cui le differenze tra le ideologie e i protagonisC del Risorgimento spariscono completamente»19, per rivendicare invece il racconto di un altro
Risorgimento. Alcuni citano Gramsci20; rimarcano in parCcolare la forte
eterogeneità del movimento risorgimentale, riconoscendosi eredi di una sola di queste differenC anime: «Certo ci furono anche democraCci Cpo Pisacane
12 Ibid.
13 I commenC sono leggibili sul portale del quoCdiano al seguente indirizzo internet: <hOp:// www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2011/mese/02/arCcolo/4196/>. Per la loro citazione ripropongo i daC idenCficaCvi usaC sul portale (nickname dell’autore, data e ora dell’intervento) 14 athesius, 20‐2‐2011, 22:29, Ibid. 15 Demian, 24‐02‐2011, 18:20, Ibid. 16 Matusca, 21‐02‐2011, 18:47, Ibid. 17 Giuseppe F. Pagano, 20‐02‐2011, 20:27, Ibid. 18 Guido Armellini, 25‐02‐2011, 18:55, Ibid. 19 Fabiola, 20‐02‐2011, 16:59, Ibid. 20 Matusca, 21‐02‐2011, 18:47; Demian, 24‐02‐2011, 18:20; Andrea Simone 24‐02‐2011, 8:22, Ibid.
ma furono i grandi sconfi-»21. (iv) Il punto su cui però le note insistono con
maggiore forza, in risposta sopraOuOo ai commenC dei leOori contrari allo scriOo di BanC, è un altro. Essi non acceOano l’uso dell’«arma dell’ideologizzazione storica [faOa da Benigni] per suscitare negli italiani un senso di disgusto e ribellione verso l’umiliante situazione poliCca aOuale»22. È
pericoloso ricorrere a «un tardo‐nazionalismo di stampo risorgimentale» per contrastare il «rozzo neo‐nazionalismo padano»23: facendo questo ‐dicono‐ «si
ritorna a un patrio-smo ambiguo»24. «ConCnuiamo a vigilare
sull’internazionalismo ed eviCamo di ricadere nel nazionalismo più becero di Benigni in sola funzione anC‐B»25. (v) Altrove, ripetono, stanno le basi fondanC della vita colle-va italiana: la Resistenza, di cui Benigni ‐si lamentano‐ non ha faOo menzione. 21 Matusca, 21‐02‐2011, 10:32, Ibid. 22 Elena, 24‐02‐2011, 10:27, Ibid. 23 Lucaschie, 22‐02‐2011 22:31, Ibid. 24 Maurizio, 21‐02‐2011, 9:51, Ibid. 25 athesius, 21‐2‐2011, 10:27, Ibid.
nei confronC dell’arCcolo di BanC: «molC e insospeOabili sono i nemici dell’Italia unita!»26. Se la prendono con lo storico e con lo stesso giornale che
gli dà spazio27 e mostrano il proprio sostegno nei confronC della performance
di Benigni e della celebrazione dell’anniversario.
È la posizione che assume la maggior parte della sinistra italiana: essa è favorevole al ricordo del movimento risorgimentale e alla festa del 17 marzo, che tutela di fronte all’opposizione leghista e all’indecisione governaCva28; vi
partecipa entusiasCcamente. Il suo proposito però va al di là della mera celebrazione storica; essa meOe a punto piuOosto un discorso in cui denuncia come l’oggeOo festeggiato, l’unità d’Italia, sia in serio pericolo. La retorica e i simboli nazionali, rimessi in circolo dal centocinquantenario, inoltre diventano la chiave di leOura con cui la maggior parte della sinistra interpreta la delicata situazione poliCca italiana dei primi mesi del 2011: il clima giubilare influenza le sue strategie poliCche.
Partecipare alla festa dell’Unità d’Italia per la sinistra significa in primis porsi in difesa della stessa unità, significa salvare l’Italia. Ma da cosa e da chi?
Dignità
Nel 2011 la sinistra descrive il Paese «in ginocchio e moralmente e economicamente»29 e il presente come il momento più basso della storia
repubblicana30. Individua i responsabili di questo declino nella classe poliCca
governaCva, mostrandola quale inadeguata sia per il ruolo isCtuzionale che riveste sia in ambito privato. La presenta come corroOa, «irresponsabile»31,
non credibile32, «artefice del disastro»33, incapace di «mantenere il decoro e la
dignità» dell’Italia34, incline piuOosto a disunirla35.
26 Prialo, 20‐02‐2011, 23:31, Ibid.
27 Paragonano la posizione di BanC a quella di Borghezio (Alessandro, 20‐02‐2011, 17:32, Ibid.), lo accusano di uno «snobismo radicalchic vuoto e controproducente» (silvio, 21‐02‐2011, 00:00, Ibid.), dubitano della sua professionalità.
28 A inizio anno alcuni sondaggi rilevano come la ricorrenza sia senCta più dall’eleOorato di centro‐ sinistra che da quello di centro o di destra. Il sondaggio faOo da Demos a cura di Ilvo DiamanC constata che quasi il 64% degli eleOori di sinistra e centrosinistra ritengono il 17 marzo una data da celebrare senza riserve, contro il 55% degli eleOori di centro e il 44% degli eleOori di centro destra. Ilvo DiamanC, Unità d’Italia, una festa in sordina. La ricorrenza piace di più a sinistra, in «la Repubblica, 21 febbraio 2011, pp. 12‐13. 29 Un’altra Italia è possibile, in «l’Unità», 1° febbraio 2011, p. 14. 30 Nicola Tranfaglia, La tragedia di un premier ridicolo, ivi., 19 gennaio 2011, p. 23. 31 Stefano Fassina, Un premier irresponsabile, ivi., 13 gennaio 2011, p. 2. 32 Simone Collini: “Il premier non è credibile. Deve solo dimeAersi”, ivi., 1° febbraio 2011, p. 8. 33 Andrea CarugaC, Bersani: Berlusconi vergognoso, ivi., in 13 gennaio 2011, p. 6. 34 Nicola Tranfaglia, La tragedia di un premier ridicolo, ivi., 19 gennaio 2011, p. 23. 35 Timothy Gaston Ash, L’Italia disunita del Cavaliere, in «la Repubblica», 10 marzo 2011, p.1‐ 37
Due sono i principali nemici dell’Italia: da un lato vi è la «nuova “barbarie” della Lega che punta alla secessione e investe e deteriora quanto di civile avevamo costruito nelle nostre comunità»36. Bisogna dunque
salvaguardare l’Italia da un punto di vista territoriale, in quanto Stato unitario; Bossi è percepito come uno «straniero»37.
Ma c’è un’altra grave minaccia da cui il Paese deve essere tutelato. Il nemico primo dell’Italia è individuato in Silvio Berlusconi, il presidente del Consiglio, invesCto a cavallo tra il 2010 e il 2011 da un nuovo scandalo sessuale, in cui risultano coinvolte anche delle minorenni. Il rapporto che il premier stringe con il genere femminile diventa la chiave di leOura e di rappresentazione non solo del presidente del Consiglio, ma dell’Italia stessa. La rappresentazione della donna. Elevando a sistema poliCco, aOraverso l’«uso munifico delle cariche pubbliche», una rappresentazione della donna svilita a corpo da mercificare Berlusconi «svuota di senso le isCtuzioni e delegi-ma la convivenza civile»38. È da questo, da un declino che è prima di tuOo morale e
isCruzionale, che l’Italia deve essere salvata; si deve tutelare l’unità del Paese anche in quanto integrità morale.
Sono degli aspe- su cui la stampa di sinistra, sopraOuOo «l’Unità», insiste nei primi mesi del 2011 aOraverso l’elaborazione di un ricco apparato iconografico; in cui Berlusconi è idenCficato dal rapporto extraconiugale con donne giovani, belle, svesCte, con bambole di plasCca39. Un vizio che dalla
sfera privata trasborda nella sfera pubblica; e diventa anche aborrita perversione. Col suo comportamento Berlusconi infanga il Paese che rappresenta, portandolo alla rovina40. È «l’anCtaliano»41, «l’eversore»42: colui
che, persi moralità e decoro43, mira a rovesciare le isCtuzioni dello Stato. In
una delle prime pagine del quoCdiano torinese la CosCtuzione, un grande libro dalla coperCna verde e dalle pagine bianche, poggiato su un piano rosso, è al rogo; in secondo piano un personaggio inquietante, Berlusconi, gode alla distruzione della carta cosCtuzionale.
36 ViOorino Emiliani, Disunità d’Italia, in «l’Unità», 7 gennaio 2011, p. 2. 37 Il presidente e lo straniero, ivi., 8 gennaio 2011, p. 1.
38 Questa riflessione è argomentata da Amalia Signorelli, Le ambigue pari opportunità e il nuovo
maschilismo, in Enrica Asquer e Paul Ginsborg (a cura di), Berlusconismo. Analisi di un sistema di potere, Laterza, Roma‐Bari 2011, pp. 207‐ 221.
39 L’immagine accompagna l’arCcolo di Claudia Fava, Il silenzio dei padri, ivi., 22 gennaio 2011, p. 20. 40 L’uomo che scambiò l’Italia per un bordello, ivi., 26 gennaio 2011, p. 1.
41 L’AnFtaliano, ivi., 13 gennaio 2011, p. 1. 42 L’eversore, ivi., 29 gennaio 2011, p. 1.
43 Berlusconi è descriOo come un «premier ridicolo» (Nicola Tranfaglia, La tragedia di un premier
«umiliazione», «imbarazzo»: un lessico che descrive uno stato d’animo colle-vo segnato da un profondo disagio, un turbamento causato da un disonore. L’Italia è «in luOo contro lo squallore di una classe dirigente senza più eCca e regole»44, che sta offrendo al mondo intero uno «speOacolo
indecoroso che [...] non è degno di un paese civile»45. La vergogna che i
ciOadini provano di fronte all’inadeguatezza dei poliCci e in ambito isCtuzionale e in ambito privato è amplificata dal confronto con i paesi esteri: spesso la stampa italiana ripropone i commenC apparsi sulle principali testate straniere che soOolineano l’eccezionalità negaCva della situazione poliCca