• Non ci sono risultati.

seconda
parte:
LA
CHIESA
RACCONTA
LA
STORIA
D’ITALIA 4 Superare
i
pregiudiz

5.
 Fon<
inedite?

La 
prima
pagina
 de
 «L’Osservatore
Romano»
 del
16
seOembre
2010,
 all’altezza
 del
 taglio
 medio,
 Ctola:
 Dall’Archivio
 Segreto
 VaFcano
 nuovi


documenF
sul
20
seAembre
18705.
All’interno
del
giornale,
l’occhiello
del
lungo


1
Angelo
Bagnasco,
I
caAolici
soci
fondatori
dell’Italia,
cit.

2
Si
deve
evitare
‐invita
il
quoCdiano
vaCcano
in
vista
delle
manifestazioni
del
 2011‐
di
«sprofondare
 nella
deprecabile
 faciloneria
di
vecchie
polemiche
intransigenC,
che
vedono
nel
Risorgimento
solo
un
 comploOo
 massonico‐protestante
 volto
 a
 distruggere
 la
 Chiesa».
 Filippo
 Lovison,
 Con
 lo
spirito
del


Risorgimento
rinnegato
dai
liberali,
ivi.,
14
gennaio
2011,
p.
4.

3
 Un
esempio
è
 il
 tono
con
cui
«L’Osservatore
 Romano»
rievoca
l’inaugurazione
 del
 ViOoriano,
che
 ricorda
 la
 polemica
 portata
 avanC
 dall’intransigenCsmo
 caOolico
 all’inizio
 del
 XX
 secolo:
 «per
 la
 realizzazione
 dell’opera
fu
necessario 
abbaOere
 un
vasto
quarCere
 medievale
della
 ciOà,
cambiando
 così
 per
 sempre
 il
 volto 
del
 centro
 di
 Roma.
 Ma
 lo
 esigeva,
 si
 disse,
 la
 storia
 della
 Patria»,
 Giulia
 Galeo-,
L’Altare
della
Patria
compie
un
secolo,
ivi.,
3‐4
giugno
2011,
p.
5.


4
Silvia
Guidi,
L’Italia
dei
“nuovi
guelfi”,
ivi.,
4
dicembre
2011,
p.
4.

arCcolo
 anCcipato
 in
 prima
 pagina
 dice:
 DocumenF
 rinvenuF
 nell’Archivio


Segreto
VaFcano
 geAano
 una
 nuova
 luce
 sugli
ordini
imparFF
 dal
Pontefice
 prima
 e
 durante
 i
 combaBmenF
 nelle
 prime
 ore
 del
 20
 seAembre
 18706.


L’arCcolo
riporta 
un
brano
traOo
da
Risorgimento
italiano,
opera
inedita 
scriOa
 a
due
mani
da
don
ClemenC
e
Soderini,
conservata
presso
l’Archivio
VaCcano.
 Il
racconto
si
focalizza
su
una
leOera
scriOa
da
Pio
IX
a
Kanzler,
generale
delle
 forze
 armate
 papaline,
 in
 cui
 il
 pontefice
 definisce
 la
 condoOa
 militare
 da
 assumere
nei
confronC
del
vicino
aOacco
italiano
alla
ciOà 
di
Roma.
L’intento
è
 quello
 di
 dimostrare
 come
 la
 leOera 
ponCficia,
 scriOa
 originariamente
 il
 14
 seOembre
1870,
 fosse
 stata
rivista
 in
 alcuni
 pregnanC
 passaggi
 dallo
 stesso
 pontefice
una
volta 
avvenuta
la
baOaglia
di
Porta
 Pia,
 col
fine
di
 scagionare
 magnanimamente
il
generale
da
una
condanna
certa 
per
una
condoOa
militare
 irrispeOosa
degli
ordini
papali.

Si
traOa
davvero
di
un
inedito?
Sulla
stessa
pagina
dell’arCcolo
in
quesCone,
un
 secondo
arCcolo
 approfondisce
il
“giallo”
 della
doppia
stesura
della
leOera
di
 Pio
 IX
 al
 generale
 Kanzer,
 arrivando
 alle
 stesse
 conclusioni
 del
 precedente.
 Questo
secondo
 arCcolo
è
 però
la
replica
‐come
 sorprendentemente
 rivela
il
 suo
 sommario‐
 di
un
 contributo
 pubblicato
 dallo
 stesso
 giornale
 nel
 1978
e
 confluito
due
anni
dopo
nel
volume
Il
leone
nello
scriAoio.
AneddoF
e
curiosità


leAerarie7.


Analoga
 procedura
 è
 rivolta 
 a 
 un
 altro
 inedito.
 È
 il
 caso
 del
 ritrovamento
della
leOera
scriOa
da
fra
Giacomo
Poirino,
confessore
di
Cavour
 morente,
 a
 Pio
 IX.
 La
tesCmonianza
 ripercorre
 gli
 ulCmi
 frangenC
 di
 vita
 di
 Cavour:
la
domanda
del
conte
di
ricevere
il
sacramento
della
confessione
e
la
 scelta 
di
fra
Giacomo
di
concedergliela,
 senza 
alcune
richiesta
di
ritraOazione
 pubblica
del
suo
operato
poliCco.
Il
quoCdiano
porta
con
enfasi
il
documento
 sulle
proprie
pagine,
riaffermando
l’esigenza 
di
aggiornare
la
ricerca
storica
e
 ribadendo
la
ricchezza
degli
archivi
della
Santa
Sede,
che
contribuiscono
«alla
 leOura 
sempre
più
solida
e
criCca 
delle
vicende
del
nostro
passato»8.
In
realtà


la 
leOera 
di
 fra
 Giacomo,
 benché
 inedita,
 non
 porta
 alcun
 elemento
 nuovo
 nell’interpretazione
della
vicenda
parCcolare
di
Cavour
né
nel
giudizio
storico
 sul
Risorgimento
in
generale.

Questa
 modalità
 di
 racconto
 storico
 (falsi
 scoop
 archivisCci
 non
 corrispondenC
 a
 nove
 acquisizioni
 storiografiche)
 si
 riscontra
 sovente
 sulle
 pagine
della
stampa 
italiana.
Gli
esempi
citaC
 mostrano
come
«L’Osservatore
 Romano»
 non
 ne
 sia
 escluso.
 Nel
 racconto
 della
 storia
 italiana
 la
 stampa
 vaCcana
fa
spesso
 riferimento
a 
lavori
 storiografici
basaC
 sull’analisi
di
 fonC
 vaCcane.
 In
 parCcolare
 soOolinea 
 la
 straordinaria
 ricchezza
 della


6
E
il
Papa
si
accollò
le
colpe
del
generale,
ivi.,
p.
4.

7
Nello
Vian,
Come
e
perché
Pio
IX
corresse
la
leAera
a
Kanzler,
ibid.

documentazione
 conservata
 presso
 l’Archivio
 Segreto
 VaCcano.
 Questo
 è
 descriOo
come
 una
«fonte
inesauribile
di
 sorprese»,
 che
gli
«storici
aOenC
e
 pazienC
 sanno
inseguire,
per
poi
gustarne
i
fru-»9;
una
fonte
capace
sempre


di
 “geOare
 nuova
 luce”
 sulla
 storia
 italiana
 e
 non
 solo.
 La
 venerazione
 del
 quoCdiano
 ponCficio
 nei
 confronC
 degli
 archivi
 segreC
 vaCcani,
 presentato
 quasi
come
fonte
di
verità,
a
volte
prende
il
sopravvento
su
un
modus
operandi
 propriamente
storico.
La
ricchezza 
degli
archivi
vaCcani
è
in
alcune
circostanze
 eccessivamente
 conclamata,
 tanto
 da
 presentare
 come
 inedite
 delle
 ricostruzioni
già
ampiamente
dibaOute
o
delle
fonC
che
non
aggiungono
nulla
 a
interpretazioni
storiografiche
sedimentate. 6.
Sul
Risorgimento
 Qual
è
il
racconto
che
la
Santa
Sede
elabora
del
Risorgimento
in
occasione
del
 2011? La
scomparsa
dell’ogge>o
festeggiato

Nel
 passaggio
 dall’aOo
 commemoraCvo
 all’aOo
 della 
 narrazione,
 l’oggeOo
 celebrato
 viene
 meno.
 Nonostante
 la
 partecipazione
 della
 Santa 
 Sede
 alle
 celebrazioni
 e
 il
 suo
 dichiarato
 sforzo
 di
 contrastare
 le
 leOure
 revisioniste
 anCrisorgimentali,
 la 
 narrazione
 del
 processo
 di
 unificazione
 nazionale
 non
 trova
molto
spazio
sulle
pagine
de
«L’Osservatore
Romano».


La 
stampa
vaCcana
adoOa
uno
sguardo
privo
di
approfondimento
nei


confronC
 del
Risorgimento,
a
vantaggio
invece
di
descrizioni
il
più
delle
volte
 generali.
 Papa
 Ratzinger
 il
 17
 marzo
 in
 un
 messaggio
 ufficiale
 desCnato
 a
 Napolitano
 scrive:
 «L’unità
 d’Italia,
 realizzatasi
 nella
 seconda
 metà
 dell’OOocento,
 ha
potuto
aver
luogo
non
come
arCficiosa
costruzione
poliCca
 di
idenCtà
diverse,
ma
come
naturale
sbocco
poliCco
di
una
idenCtà
nazionale
 forte
 e
 radicata,
 sussistente
 da
 tempo»10.
 Su
 questa
 linea
 si
 manCene
 la


presentazione
 del
 movimento
 risorgimentale.
 Il
 giornale
 vaCcano
 cioè
 non
 resCtuisce
la
nascita
e
l’evolversi
del
mulCforme
processo
 poliCco
e
culturale
 risorgimentale;
non
ne
descrive
la
natura
rivoluzionaria
né
parla
delle
diverse
 anime
poliCche
che
lo
compongono.
Su
«L’Osservatore
Romano»
non
trovano
 spazio
 né
 i
 protagonisC
 del
 movimento
 di
 unificazione
 né
 gli
 snodi
 storici
 fondamentali:
 la
 data
 del
 1861
 è
 ricordata
 meramente
 in
 quanto
 evento
 commemorato;
 solo
 il
 20
 seOembre
 1870,
 come
 vedremo,
 assume
 nella
 narrazione
uno
spazio
relaCvamente
importante.


Il
 racconto
 del
 Risorgimento,
 sopraOuOo
 nel
 punto
 di
 maggiore
 problemaCcità,
quando
 cioè
deve
affrontare
lo
scontro
 tra
la
Santa
Sede
 e
il


9
Sergio
Pagano,
Una
fonte
inesauribile
di
sorprese,
ivi.,
16
seOembre
2010,
p.
4. 10
Joseph
Ratzinger,
Naturale
sbocco
dell’idenFtà
italiana,
cit.

movimento
risorgimentale
prima
e
lo
 Stato
italiano
dopo,
spesso
si
 risolve
in
 una 
 sospensione
 del
 racconto
 stesso.
 Il
 messaggio
 di
 BenedeOo
 XVI
 sopra
 ricordato
 nell’affrontare
la
 ricostruzione
 del
 Risorgimento
 dice:
 «Per
 ragioni
 storiche,
 culturali
 e
 poliCche
 complesse,
 il
 Risorgimento
 è
 passato
 come
un
 moto
 contrario
 alla
 Chiesa,
 al
 CaOolicesimo,
 talora
 anche
 alla 
 religione
 in
 generale»,
 ragioni
 però
 che
 non
 vengono
 esaminate,
 rimanendo
 solo
 accennate.
 O
 ancora,
 in
 un
 altro
 arCcolo
 si
 legge
 che
 il
 processo
 unitario
 «giunse
[a
termine],
come
ben
noto,
 con
 l’opposizione
 della
sede
apostolica,
 moCvata
da
gravi
ragioni
 di
 diriOo
 naturale,
 internazionale
ed
 ecclesiale,
che


non
 è
 qui
il
caso
 di
 ricordare»11.
C’è
 una
sorta
di
 reCcenza 
ad
 affrontare
un


racconto
denso
del
Risorgimento,
al
di
là
delle
occasioni
di
celebrazione.
 Inoltre,
nella
retorica
della
stampa
vaCcana 
sul
processo
di
unificazione
 ricorre
 spesso
una
parCcolare
sfera
lessicale,
 quella
del
dolore:
fu
necessaria
 una 
«dolorosa
gestazione
perché
il
processo
unitario
poliCco
potesse
giungere
 al
 termine»12;
 quell’evento
 suscitò
 un
 «crogiuolo
 di
 tribolazioni,
 di
 tensione


spirituale
 e
 morale»13;
 fu
 «causa
 di
 sofferenza
 per
 coloro
 che
 sinceramente


amavano
e
al
Patria
e
la
Chiesa»14.

Sebbene
il
Risorgimento
venga
presentato
come
un
processo
storico
posiCvo,
 che
la
Chiesa
ha
assimilato
e
al
cui
festeggiamento
partecipa
in
prima
fila,
esso
 rimane
 un
tema
 molto
delicato
 da
traOare.
 Parlare
 di
Risorgimento
 significa
 parlare
 di
 una
 fraOura:
 uno
 scontro
 che
 diventa
 indicibile
 nella
 sua
 complessità.
 Si
 opta 
dunque
 per
 il
 ricordo
 e
la
celebrazione,
 senza 
però
 un
 reale
racconto
e
ancor
meno
un
approfondimento.

L’unità
come
sbocco
poli<co
dell’iden<tà
ca>olica

Il
 Risorgimento
 è
 presentato
 come
 «il
 naturale
 sbocco
 di
 uno
 sviluppo
 idenCtario
nazionale
iniziato
molto
tempo
prima»15.
La
Santa
Sede
inserisce
la


leOura 
 del
 movimento
 risorgimentale
 in
 una
 prospe-va
 di
 lungo
 periodo;
 adoOa
cioè
 la
 struOura
discorsiva
propria
dei
patrioC
 risorgimentali
e
anche
 quella
delle
commemorazioni
ufficiali
del
2011.
Con
una 
duplice
fondamentale
 differenza.

Da
 un
 lato
 l’inquadramento
 del
 Risorgimento
 in
 una
 narrazione
 di
 lungo
 periodo
 comporta,
 nella
 retorica
 della
 curia
 romana,
 la
 perdita
 di


11
Giovanni
Lajolo,
Minuscoli
tesFmoni
di
un 
evento
grande,
ivi.,
23
marzo
2011,
p.
5.
(I
corsivi
nel
testo
 sono
miei). 12
Giovanni
Lajolo,
Minuscoli
tesFmoni
di
un
evento
grande,
cit. 13
Roma
capitale
d’Italia
e
centro
della
Chiesa,
ivi.,
20‐21
seOembre
2010,
p.
1. 14
Un
Tevere
ancora
più
largo,
ivi.,
24
febbraio
2011,
p.
5. 15
Joseph
Ratzinger,
Naturale
sbocco
dell’idenFtà
italiana,
cit.

importanza
dello
stesso
movimento
risorgimentale:
Bagnasco
interpreta
l’unità
 raggiunta
nel
1861
come
coincidenza
fortuita16.

Dall’altro
lato
tra
i
vari
elemenC
di
coesione
nazionale
individuaC
dalla
 Chiesa,
uno
assume
un
peso
predominante
se
non
totalizzante:
«ben
prima
del
 1861
la
nostra
realtà
italiana,
per
quanto
frammentata
in
mille
rivoli
[…]
aveva
 conosciuto
 una
profonda
sintonia
in
virtù
 dell’eredità 
crisCana»17.
BenedeOo


XVI
il
17
marzo
dice:
«Il
CrisCanesimo
ha
contribuito
in
maniera
fondamentale
 alla
costruzione
dell’idenCtà
italiana»
per
mezzo
in
primis
 della
Chiesa
e
delle
 isCtuzioni
 caOoliche
 operanC
 nei
 seOori
 dell’educazione
 e
 dell’assistenza.
 E
 anche
per
mezzo
delle
«esperienze
di
sanCtà,
che
numerose
hanno
costellato
 la 
storia
dell’Italia,
 [e
che]
 contribuirono
fortemente
a 
costruire
tale
idenCtà
 […]
pure
soOo
il
profilo
culturale
e
persino
poliCco»18.

Ricorda 
quindi
la 
figura
di
Santa
Caterina
e
sopraOuOo
si
sofferma
su
quella
di
 San
 Francesco.
 Di
 cui
 «L’Osservatore
 Romano»
 soOolinea
 il
 fondamentale
 «contributo
a
forgiare
la
lingua 
nazionale»
italiana19;
 una
lingua
che
la
Chiesa


ha
concorso
sia
a
rendere
lingua
alta
sia
a
diffondere
come
lingua
di
dominio
 pubblico.
Grazie
sopraOuOo
alla
predicazione
caOolica
«sintassi
e
lessico
della
 lingua
 tradizionale
 leOeraria
 sono
 arrivaC
 ‐insiste
 il
 discorso
 vaCcano‐
 per
 secoli
 anche
 alle
 masse
 più
 incolte»20.
 Anche
 l’arte
 è
 richiamata
 come


elemento
di
coesione
nazionale:
lo
stesso
rapporto
tra
Chiesa
e
Stato
italiano
è
 celebrato,
in
occasione
dell’anniversario
dei
Pa-
 Lateranensi,
con
la
mostra 
di
 due
opere
di
arte
sacra
italiana21.

La 
 conclusione
 che
 se
 ne
 ricava
 è
 «la
 constatazione
 che
 l’unico
 elemento
che
accomunava
gli
italiani,
a 
qualsiasi
ceto
sociale
appartenessero
e
 in
qualunque
degli
StaC
preunitari
vivessero,
era
quello
religioso
e
caOolico»22.

Il
contributo
ca>olico

«Senza
 negare
 il
 ruolo
 di
 tradizioni
 di
 pensiero
 diverse,
 alcune
 marcate
 da
 venature
giurisdizionaliste
o
laiciste,
non
si
può
soOacere
l’apporto
di
pensiero
 ‐e
talora 
di
azione‐
 dei
caOolici
alla 
formazione
dello
stato
 unitario»,
afferma
 BenedeOo
XVI23.

16
 L’Italia
non
fu 
«un’invenzione
 di
 quel
momento,
ossia
 del
1861,
 ma
[…]
in
quel
momento,
 per
una


serie
 di
 combinazioni
ven[ne]
a
 compiersi
anche
 poliCcamente
una
 nazione
 che
da
 un
punto
di
 vista


geografico,
linguisCco,
religioso,
culturale
 e
arCsCco 
era
già
da
secoli
in
cammino».
Angelo 
Bagnasco,
I


caAolici
soci
fondatori
dell’Italia,
cit. 17
Ibid. 18
Joseph
Ratzinger,
Naturale
sbocco
dell’idenFtà
italiana,
cit. 19
Ibid. 20
Francesco
M.
Valiante,
E
grazie
alla
Chiesa
l’italiano
arriva
dovunque,
ivi.,
16
marzo
2011,
p.5. 21
Il
genio
arFsFco
celebra
l’intesa
tra
Stato
e
Chiesa,
ivi.,
18
febbraio
2011,
p.
5.
 22
Angelo
Bagnasco,
I
caAolici
soci
fondatori
dell’Italia,
cit. 23
Joseph
Ratzinger,
Naturale
sbocco
dell’idenFtà
italiana,
cit.

‐
Pensiero:
neoguelfismo

Il
ricordo
del
Risorgimento
elaborato
dalla
Santa
Sede
si
focalizza
in
primis
sul
 neoguelfismo
di
GioberC,
quindi
lo
stesso
pontefice
ricorda
i
nomi
di
Rosmini,
 Raffaele
Lambruschini,
Balbo,
Massimo
d’Azeglio.
E
 tra
«quella 
leOeratura
che
 ha
tanto
contribuito
a 
“fare
gli
italiani”»
cita
Manzoni
«fedele
interprete
della
 fede
 e
 della 
 morale
 caOolica
 [e]
 Silvio
 Pellico,
 che
 con
 la 
 sua
 opera
 autobiografica
seppe
tesCmoniare
la
conciliabilità
dell’amor
di
patria
con
una
 fede
 adamanCna24»;
 gli
 autori
 cioè
 dei
 «due
 principali
 libri
 dell’OOocento
 ‐

prima
di
arrivare
al
libro
Cuore
di
Edmondo
De
Amicis
uscito
nel
1886‐
[…],
due
 libri
profondamente
caOolici»25.


Pur
 riconoscendo
 la
 presenza
di
 anime
 anche
 contrastanC
 interne
 al
 Risorgimento,
l’unica
alla
quale
è
dato
un
certo
spazio
‐
modulo
interpretaCvo
 collaudato26‐
è
il
filone
del
caOolicesimo
liberale.
Non
c’è
spazio
però
per
una


problemaCzzazione
 delle
 loro
 figure
 e
 del
 loro
 pensiero.
 I
 più
 citaC
 oltre
 a
 Manzoni
e
Pellico
sono
 GioberC
 e
Rosmini27:
 coloro
 cioè
che
al
tramonto
del


“mito
 di
 Pio
 IX”
 subirono
 dei
 pesanC
 aOacchi
 da 
 parte
 della
 Santa
 Sede
 e
 dell’intransigenCsmo
 caOolico,
con
la
messa
all’Indice
dei
loro
scri-
da
parte
 dell’autorità
 ecclesiasCca:
 opposizione
 questa
 obliata 
 dalla 
 narrazione
 vaCcana.

‐
...e
azione:
don
Bosco,
l’italiano

Il
contributo
caOolico
al
Risorgimento
non
si
connota
solo
per
un’elaborazione
 intelleOuale;
esso
si
declina
anche
in
termini
di
azione
concreta.
Ribadendo
la
 necessità
 di
 «ribaltare
 le
 o-che»
 per
 porre
 l’accento
 «non
 soltanto
 sullo
 “scontro”
e
le
scomuniche
reciproche»28,
la
stampa
vaCcana
si
sofferma
sulla


«partecipazione
 a-va
e
 costru-va 
della
 chiesa
caOolica
alla 
vita
 del
 nuovo
 stato»29;
una
partecipazione
su
due
livelli.

(i)
 Fa-
 i
 nomi
 dei
 maggiori
 esponenC
 del
 caOolicesimo
 liberale,
 Ratzinger
 nel
 novero
 del
 contributo
 caOolico
 alla
 formazione
 dello
 stato
 unitario
menziona
«di
nuovo
figure
di
sanC
come
San
Giovanni
Bosco»30,
come


anche
 ‐
 si
 legge
 sulla
 stampa
 caOolica‐
 gli
 alC
 sanC
 sociali
 piemontesi
 (Giuseppe
 BenedeOo
 CoOolengo,
 Giulia
 e
 Tancredi
 Falle-
 Barolo,
 Giuseppe


24
Ibid.

25
LuneOa
Scaraffia,
Come
la
chiesa
si
reinventò
dopo
l’unità,
ivi.,
21‐22
marzo
2011,
pp.
4‐5.

26
 La
centralità
 del
caOolicesimo
liberale,
 interpretato
come
il
vero
protagonista
del
 Risorgimento,
 si
 trova
già
nelle
leOure
caOoliche
del
Risorgimento 
e
 della
Resistenza
avanzate
nel
dopoguerra.
Si
veda
 l’esempio
 di
 E.
 Passerin
 D’Entrevers,
 Risorgimento
e
 Resistenza,
 in 
«Civitas»,
 1955,
 n.
 4,
 pp.
 85‐91
 analizzato
 da
 Claudio
 Pavone,
 Alle
 origini
 della
 Repubblica.
 ScriB 
 su
 fascismo,
 anFfascismo 
 e


conFnuità
dello
Stato,
BollaC
Boringhieri,
Torino
1995,
pp.
61‐62. 27
Andrea
Possieri,
Quando 
le
amnesie
hanno
caBve
radici,
in
«L’Osservatore
Romano»,
5
marzo
2011,
 p.
4. 28
Andrea
Possieri,
Un
libro
che
ribalta
le
oBche,
ivi,
21‐22
marzo
2011,
p.
4. 29
TuB
per
uno.
In
mostra
a
Torino
la
sanFtà
piemontese
dell’OAocento,
ivi,
23
marzo
2011,
p.5. 30
Joseph
Ratzinger,
Naturale
sbocco
dell’idenFtà
italiana,
cit.

Cafasso
 e
 altri),
 a
 cui
 il
 mondo
 caOolico
 dedica
 ampio
 spazio
 nel
 corso
 del
 201131.
 La
 stampa
 vaCcana
 li
 ricorda
 come
 gli
 artefici
 di
 «modelli
 di
 vita


religiosa
 assolutamente
 nuovi»,
 sorC
 «proprio
 in
 quella
 regione,
 il
 Piemonte
 che
 per
 prima 
si
 era 
contrapposta 
alla
 Santa
Sede
[…]
 ma
 che
 aveva 
anche
 prodoOo,
 per
 prima,
 i
 “fru-
 concreC”
 della
 seminazione
 aOuata
 dall’intransigenCsmo»32.
Tra
tu-,
 quello
più
ricordato
 è
don
 Bosco,
 «spinto
 ‐

dice
BenedeOo
 XVI‐
 dalla
preoccupazione
pedagogica
a
comporre
manuali
 di
 storia
 patria»33,
 «già
 nel
 quinquennio
 precedente
 l’Italia
 unita»34

approfondisce
la
stampa
vaCcana
citando
la
produzione
dida-ca‐storiografica
 del
 santo
 torinese.
La
Santa
Sede
soOolinea
 più
 volte
il
«contributo
dato
 da
 don
Bosco,
dai
salesiano
e
dalle
Figlie
di
Maria
Ausiliatrice
a 
“fare
gli
Italiani”,
 dopo
che
l’Italia
era 
stata
faOa
in
un
modo
certamente
non
condiviso
dal
santo
 di
Torino»35,
interpretandolo
«in
una
prospe-va 
di
doppia
fedeltà»
allo
Stato


e
 alla
 Chiesa
 «aOraverso
 l’educazione»36.
 Un
 contributo
 così
 pregnante
 da


essere
 alla
 base
 anche,
 come
 vedremo
 più
 avanC,
 dei
 principi
 base
 della
 CosCtuzione
repubblicana.


(ii)
 Il
secondo
livello
di
partecipazione
del
caOolicesimo
all’unificazione
 del
paese
si
verifica
aOraverso
la
rete
di
isCtuC
 assistenziali
o
 d’istruzione,
 di
 case
 editrici
 e
 società
 per
 azioni,
 o
 banche
 con
 finalità
 sociali
 che
 «precedeOero
 l’a-vità
 dello
 Stato
 e
 riuscirono
 a
 costruire
 quel
 cemento
 sociale
 senza
 il
 quale
 non
 poteva
 farsi
 la
 nazione».
 In
 parCcolare
 «L’Osservatore
 Romano»
 ricorda
 l’importanza
 delle
 scuole:
 i
 collegi
 religiosi
 svolsero
un
ruolo
fondamentale
riempiendo
«un
vuoto
statale»
e
accogliendo
 anche
figli
di
poliCci
anCclericali37.
Questa
a-vità
è
interpretata 
dalla
stampa


vaCcana
come
la
risposta
migliore
che
la
Chiesa
seppe
elaborare
di
fronte
alle
 «leggi
ingiuste
e
prevaricatrici
dello
stato
sabaudo»,
dimostrando
di
non
uscire
 «indebolita 
da
questa 
baOaglia,
ma
[...]
 forte
e
purificata
e
anche
fortemente
 modernizzata»38.

Nel
discorso
 proposto
dal
 quoCdiano
vaCcano
 si
verifica
una
sorta
di
 sliOamento
sia
temporale
che
di
ambiC.
L’intervento
 del
caOolicesimo
sociale
 nell’Italia
post‐unitaria,
determinato
dall’astensione
caOolica
dalla
vita
poliCca,
 è
 faOo
 rientrare
 dalla
 stampa
 ponCficia
 nel
 «tuO’altro
 che
 marginale»


31
A
Torino
viene
loro
dedicata
dal
centro
culturale
FassaC
una
mostra
dal
Ctolo 
Un’amicizia
all’opera.
 La
sanFtà
piemontese
nella
Torino
dell’unità. 32
Andrea
Possieri,
Un
libro
che
ribalta
le
oBche,
cit. 33
Joseph
Ratzinger,
Naturale
sbocco
dell’idenFtà
italiana,
cit. 34
Francesco
MoOo,
Don
Bosco
l’italiano,
ivi.,
30
gennaio
2011,
p.
4. 35
Ibid. 36
Giovanni
Maria
Flick,
Doppia
fedeltà
aAraverso
l’educazione,
ivi.,
14
aprile
2011,
p.
5. 37
Grazia
Loparco,
Non
solo
ricamo,
ivi.,
2
marzo
2011,
p.
4. 38
LuneOa
Scaraffia,
Come
la
Chiesa
si
reinventò
dopo
l’unità,
cit.

«contributo
della
Chiesa 
e
dei
caOolici
al
Risorgimento»39
e
«alla
vita
del
nuovo
 stato»40. An<clericalismo
garibaldino:
ricordo,
oblio,
superamento L’eterogeneità
del
movimento
risorgimentale
non
trova 
spazio
sulle
pagine
de
 «L’Osservatore
Romano»;
il
ricordo
dell’ala
moderata
e
monarchica
è
debole,
 ma
in
parCcolare
sono
dimenCcaC
i
protagonisC
democraCci‐mazziniani. Un
 solo
 accenno
 è
 faOo
 all’azione
 garibaldina,
 nel
 contesto
 temporale
 e
 geografico
 della
 Repubblica
 romana.
 Il
 ricordo
 si
 connota
 in
 termini
 principalmente
 negaCvi.
 Violenza,
 sopraffazione
 e
 anCclericalismo
 sono
 le
 parole
 chiave
 che
 connotano
 i
 garibaldini
 e
 Garibaldi
 stesso
 nella
 Roma
 repubblicana:

le
 ossa
 dei
 BarnabiC
 [furono]
 sparse
 alla
 rinfusa,
 per
 far
 fronte
 alle
 necessità
 dei
 garibaldini
 che
 là
 vi
 allesCrono
il
loro
improvviso
ospedale
e
 sempre
 là
 vi
seppellirono
i
 “loro”
morC.
[Il
complesso
della
Chiesa
di
San
Carlo
ai
CaCnaC]
giunse
a
 ospitare
 nei
suoi
 ampi
 e
 interminabili
 corridoi
 cenCnaia
 e
 cenCnaia
 di
 garibaldini,
 che
 giorno
 e
 noOe
 si
 riCravano
e
 imprecavano;
 al
 di
là
degli
improvvisaC
divisori
in
legno
elevaC
 in
freOa
dai
 BarnabiC,
 si
 udivano
disCntamente
i
loro
truci
proposiC:
 “Volemo
sangue
 de’
preC
e
 de’
 fraC”,
arrivando
a
gridare
a
squarciagola:
“Viva
la
Repubblia
e
morte
ai
neri”.41

La
contrapposizione
rimane
indelebile
nella
ciOà:

[gli]
 squarci
 prodo-
 sulla
 magnifica
 cupola
 [di
 San
 Carlo
 ai
 CaCnaC]
 dal
 cannoneggiamento
dei
 francesi
 appostaC
 sul
 Gianicolo
 durante
 la
 Repubblica
 Romana
 del
1849,
 sono
ancora
 oggi
 ben
visibili
soOo
il
 cielo
della
 CiOà
Eterna,
ad
perpetuam
 rei


memoriam
di
dure
loOe
e
contrapposte
sentenze.42

La 
violenza
garibaldina
è
però
aOuCta
nel
racconto
dal
ricordo
 di
due
 figure
di
barnabiC
 che
sposarono
la
causa 
di
unificazione,
prendendo
parte
al
 movimento
 garibaldino.
 Si
traOa
di
 Ugo
 Bassi
e
Alessandro
 Gavazzi,
 descri-
 come
 «i
 più
 eloquenC
 cappellani
 garibaldini
 del
 Risorgimento
 italiano»,
 rappresentanC
del
«senFre
cum
Ecclesia
di
quell’anima
più
liberale
dell’ordine
 dei
 BarnabiC»
 in
 contrapposizione
 all’ala
 reazionaria43.
 È
 questo
 un
 ricordo


ampiamente
 depurato
 e
 falsificato.
 «L’Osservatore
 Romano»
 accenna
a
 due
 membri
del
clero
per
soOolinearne
l’adesione
al
processo
di
unificazione
e
per
 ricomporre
 nella
 narrazione
 la 
 fraOura
 anCclericale,
 ma
 facendo
 questo
 i
 ritra-
 storici
 dei
 due
 barnabiC
 citaC
 vengono
 meno.
 Giuseppe
 Bassi,


39
Silvia
Guidi,
L’Italia
dei
“nuovi
guelfi”,
cit.

40
TuB
per
uno.
In
mostra
a
Torino
la
sanFtà
piemontese
dell’OAocento,
ivi.,
23
marzo
2011,
p.
5. 41
Filippo
Lovison,
Con
lo
spirito
del
Risorgimento
rinnegato
dai
liberali,
cit.

42
Ibid. 43
Ibid.

ribaOezzatosi
 Ugo
 in
 onore
 di
 Foscolo,
 e
 Alessandro
 Gavazzi
 furono
 due
 ecclesiasCci,
 che
 uscirono
 prima
 dall’ordine
 dei
 barnabiC
 al
 quale
 appartenevano
 e
 poi
 dalla
 stessa
 Chiesa
 caOolica.
 Furono,
 infa-,
 interde-
 dall’autorità
 ecclesiasCca,
 a
causa
della
loro
 predicazione
dai
 toni
 patrio-ci,
 prima
neoguelfi
poi
repubblicani
e
garibaldini,
profondamente
anCpapali,
fino
 a
giungere
alla
conversione
di
Gavazzi
al
protestantesimo44.

Il
distacco
 tra
l’anima
garibaldina 
del
 Risorgimento
e
la
Chiesa
viene
 ricomposto
 nella
 narrazione
 con
 un
 ulteriore
 passaggio.
 «L’Osservatore
 Romano»
 presenta
i
 barnabiC
 e
la
 stessa
Chiesa
 come
 degli
aOori
 capaci
 di
 superare
 le
 ingiusCzie
 e
 le
 violenze
 subite
 da
 parte
 del
 risorgimento
 garibaldino:
 «Non
solo
quei
religiosi
divennero
 custodi
dei
 loro
 pochi
ogge-
 personali
 e
 i
 naturali
 depositari
 di
 ulCmi
 sospiri,
 ma
 anche
 cappellani
 del
 Sacrario
garibaldino
romano»45.

La
morte
di
Cavour

Dei
padri
fondatori
della 
patria
la
Santa
Sede
ne
ricorda
solo
uno:
Cavour.
Non
 lo
ricorda
come
il
grande
uomo
poliCco.
Si
sofferma
invece
su
un
parCcolare