seconda parte: LA CHIESA RACCONTA LA STORIA D’ITALIA 4 Superare i pregiudiz
5. Fon< inedite?
La prima pagina de «L’Osservatore Romano» del 16 seOembre 2010, all’altezza del taglio medio, Ctola: Dall’Archivio Segreto VaFcano nuovi
documenF sul 20 seAembre 18705. All’interno del giornale, l’occhiello del lungo
1 Angelo Bagnasco, I caAolici soci fondatori dell’Italia, cit.
2 Si deve evitare ‐invita il quoCdiano vaCcano in vista delle manifestazioni del 2011‐ di «sprofondare nella deprecabile faciloneria di vecchie polemiche intransigenC, che vedono nel Risorgimento solo un comploOo massonico‐protestante volto a distruggere la Chiesa». Filippo Lovison, Con lo spirito del
Risorgimento rinnegato dai liberali, ivi., 14 gennaio 2011, p. 4.
3 Un esempio è il tono con cui «L’Osservatore Romano» rievoca l’inaugurazione del ViOoriano, che ricorda la polemica portata avanC dall’intransigenCsmo caOolico all’inizio del XX secolo: «per la realizzazione dell’opera fu necessario abbaOere un vasto quarCere medievale della ciOà, cambiando così per sempre il volto del centro di Roma. Ma lo esigeva, si disse, la storia della Patria», Giulia Galeo-, L’Altare della Patria compie un secolo, ivi., 3‐4 giugno 2011, p. 5.
4 Silvia Guidi, L’Italia dei “nuovi guelfi”, ivi., 4 dicembre 2011, p. 4.
arCcolo anCcipato in prima pagina dice: DocumenF rinvenuF nell’Archivio
Segreto VaFcano geAano una nuova luce sugli ordini imparFF dal Pontefice prima e durante i combaBmenF nelle prime ore del 20 seAembre 18706.
L’arCcolo riporta un brano traOo da Risorgimento italiano, opera inedita scriOa a due mani da don ClemenC e Soderini, conservata presso l’Archivio VaCcano. Il racconto si focalizza su una leOera scriOa da Pio IX a Kanzler, generale delle forze armate papaline, in cui il pontefice definisce la condoOa militare da assumere nei confronC del vicino aOacco italiano alla ciOà di Roma. L’intento è quello di dimostrare come la leOera ponCficia, scriOa originariamente il 14 seOembre 1870, fosse stata rivista in alcuni pregnanC passaggi dallo stesso pontefice una volta avvenuta la baOaglia di Porta Pia, col fine di scagionare magnanimamente il generale da una condanna certa per una condoOa militare irrispeOosa degli ordini papali.
Si traOa davvero di un inedito? Sulla stessa pagina dell’arCcolo in quesCone, un secondo arCcolo approfondisce il “giallo” della doppia stesura della leOera di Pio IX al generale Kanzer, arrivando alle stesse conclusioni del precedente. Questo secondo arCcolo è però la replica ‐come sorprendentemente rivela il suo sommario‐ di un contributo pubblicato dallo stesso giornale nel 1978 e confluito due anni dopo nel volume Il leone nello scriAoio. AneddoF e curiosità
leAerarie7.
Analoga procedura è rivolta a un altro inedito. È il caso del ritrovamento della leOera scriOa da fra Giacomo Poirino, confessore di Cavour morente, a Pio IX. La tesCmonianza ripercorre gli ulCmi frangenC di vita di Cavour: la domanda del conte di ricevere il sacramento della confessione e la scelta di fra Giacomo di concedergliela, senza alcune richiesta di ritraOazione pubblica del suo operato poliCco. Il quoCdiano porta con enfasi il documento sulle proprie pagine, riaffermando l’esigenza di aggiornare la ricerca storica e ribadendo la ricchezza degli archivi della Santa Sede, che contribuiscono «alla leOura sempre più solida e criCca delle vicende del nostro passato»8. In realtà
la leOera di fra Giacomo, benché inedita, non porta alcun elemento nuovo nell’interpretazione della vicenda parCcolare di Cavour né nel giudizio storico sul Risorgimento in generale.
Questa modalità di racconto storico (falsi scoop archivisCci non corrispondenC a nove acquisizioni storiografiche) si riscontra sovente sulle pagine della stampa italiana. Gli esempi citaC mostrano come «L’Osservatore Romano» non ne sia escluso. Nel racconto della storia italiana la stampa vaCcana fa spesso riferimento a lavori storiografici basaC sull’analisi di fonC vaCcane. In parCcolare soOolinea la straordinaria ricchezza della
6 E il Papa si accollò le colpe del generale, ivi., p. 4.
7 Nello Vian, Come e perché Pio IX corresse la leAera a Kanzler, ibid.
documentazione conservata presso l’Archivio Segreto VaCcano. Questo è descriOo come una «fonte inesauribile di sorprese», che gli «storici aOenC e pazienC sanno inseguire, per poi gustarne i fru-»9; una fonte capace sempre
di “geOare nuova luce” sulla storia italiana e non solo. La venerazione del quoCdiano ponCficio nei confronC degli archivi segreC vaCcani, presentato quasi come fonte di verità, a volte prende il sopravvento su un modus operandi propriamente storico. La ricchezza degli archivi vaCcani è in alcune circostanze eccessivamente conclamata, tanto da presentare come inedite delle ricostruzioni già ampiamente dibaOute o delle fonC che non aggiungono nulla a interpretazioni storiografiche sedimentate. 6. Sul Risorgimento Qual è il racconto che la Santa Sede elabora del Risorgimento in occasione del 2011? La scomparsa dell’ogge>o festeggiato
Nel passaggio dall’aOo commemoraCvo all’aOo della narrazione, l’oggeOo celebrato viene meno. Nonostante la partecipazione della Santa Sede alle celebrazioni e il suo dichiarato sforzo di contrastare le leOure revisioniste anCrisorgimentali, la narrazione del processo di unificazione nazionale non trova molto spazio sulle pagine de «L’Osservatore Romano».
La stampa vaCcana adoOa uno sguardo privo di approfondimento nei
confronC del Risorgimento, a vantaggio invece di descrizioni il più delle volte generali. Papa Ratzinger il 17 marzo in un messaggio ufficiale desCnato a Napolitano scrive: «L’unità d’Italia, realizzatasi nella seconda metà dell’OOocento, ha potuto aver luogo non come arCficiosa costruzione poliCca di idenCtà diverse, ma come naturale sbocco poliCco di una idenCtà nazionale forte e radicata, sussistente da tempo»10. Su questa linea si manCene la
presentazione del movimento risorgimentale. Il giornale vaCcano cioè non resCtuisce la nascita e l’evolversi del mulCforme processo poliCco e culturale risorgimentale; non ne descrive la natura rivoluzionaria né parla delle diverse anime poliCche che lo compongono. Su «L’Osservatore Romano» non trovano spazio né i protagonisC del movimento di unificazione né gli snodi storici fondamentali: la data del 1861 è ricordata meramente in quanto evento commemorato; solo il 20 seOembre 1870, come vedremo, assume nella narrazione uno spazio relaCvamente importante.
Il racconto del Risorgimento, sopraOuOo nel punto di maggiore problemaCcità, quando cioè deve affrontare lo scontro tra la Santa Sede e il
9 Sergio Pagano, Una fonte inesauribile di sorprese, ivi., 16 seOembre 2010, p. 4. 10 Joseph Ratzinger, Naturale sbocco dell’idenFtà italiana, cit.
movimento risorgimentale prima e lo Stato italiano dopo, spesso si risolve in una sospensione del racconto stesso. Il messaggio di BenedeOo XVI sopra ricordato nell’affrontare la ricostruzione del Risorgimento dice: «Per ragioni storiche, culturali e poliCche complesse, il Risorgimento è passato come un moto contrario alla Chiesa, al CaOolicesimo, talora anche alla religione in generale», ragioni però che non vengono esaminate, rimanendo solo accennate. O ancora, in un altro arCcolo si legge che il processo unitario «giunse [a termine], come ben noto, con l’opposizione della sede apostolica, moCvata da gravi ragioni di diriOo naturale, internazionale ed ecclesiale, che
non è qui il caso di ricordare»11. C’è una sorta di reCcenza ad affrontare un
racconto denso del Risorgimento, al di là delle occasioni di celebrazione. Inoltre, nella retorica della stampa vaCcana sul processo di unificazione ricorre spesso una parCcolare sfera lessicale, quella del dolore: fu necessaria una «dolorosa gestazione perché il processo unitario poliCco potesse giungere al termine»12; quell’evento suscitò un «crogiuolo di tribolazioni, di tensione
spirituale e morale»13; fu «causa di sofferenza per coloro che sinceramente
amavano e al Patria e la Chiesa»14.
Sebbene il Risorgimento venga presentato come un processo storico posiCvo, che la Chiesa ha assimilato e al cui festeggiamento partecipa in prima fila, esso rimane un tema molto delicato da traOare. Parlare di Risorgimento significa parlare di una fraOura: uno scontro che diventa indicibile nella sua complessità. Si opta dunque per il ricordo e la celebrazione, senza però un reale racconto e ancor meno un approfondimento.
L’unità come sbocco poli<co dell’iden<tà ca>olica
Il Risorgimento è presentato come «il naturale sbocco di uno sviluppo idenCtario nazionale iniziato molto tempo prima»15. La Santa Sede inserisce la
leOura del movimento risorgimentale in una prospe-va di lungo periodo; adoOa cioè la struOura discorsiva propria dei patrioC risorgimentali e anche quella delle commemorazioni ufficiali del 2011. Con una duplice fondamentale differenza.
Da un lato l’inquadramento del Risorgimento in una narrazione di lungo periodo comporta, nella retorica della curia romana, la perdita di
11 Giovanni Lajolo, Minuscoli tesFmoni di un evento grande, ivi., 23 marzo 2011, p. 5. (I corsivi nel testo sono miei). 12 Giovanni Lajolo, Minuscoli tesFmoni di un evento grande, cit. 13 Roma capitale d’Italia e centro della Chiesa, ivi., 20‐21 seOembre 2010, p. 1. 14 Un Tevere ancora più largo, ivi., 24 febbraio 2011, p. 5. 15 Joseph Ratzinger, Naturale sbocco dell’idenFtà italiana, cit.
importanza dello stesso movimento risorgimentale: Bagnasco interpreta l’unità raggiunta nel 1861 come coincidenza fortuita16.
Dall’altro lato tra i vari elemenC di coesione nazionale individuaC dalla Chiesa, uno assume un peso predominante se non totalizzante: «ben prima del 1861 la nostra realtà italiana, per quanto frammentata in mille rivoli […] aveva conosciuto una profonda sintonia in virtù dell’eredità crisCana»17. BenedeOo
XVI il 17 marzo dice: «Il CrisCanesimo ha contribuito in maniera fondamentale alla costruzione dell’idenCtà italiana» per mezzo in primis della Chiesa e delle isCtuzioni caOoliche operanC nei seOori dell’educazione e dell’assistenza. E anche per mezzo delle «esperienze di sanCtà, che numerose hanno costellato la storia dell’Italia, [e che] contribuirono fortemente a costruire tale idenCtà […] pure soOo il profilo culturale e persino poliCco»18.
Ricorda quindi la figura di Santa Caterina e sopraOuOo si sofferma su quella di San Francesco. Di cui «L’Osservatore Romano» soOolinea il fondamentale «contributo a forgiare la lingua nazionale» italiana19; una lingua che la Chiesa
ha concorso sia a rendere lingua alta sia a diffondere come lingua di dominio pubblico. Grazie sopraOuOo alla predicazione caOolica «sintassi e lessico della lingua tradizionale leOeraria sono arrivaC ‐insiste il discorso vaCcano‐ per secoli anche alle masse più incolte»20. Anche l’arte è richiamata come
elemento di coesione nazionale: lo stesso rapporto tra Chiesa e Stato italiano è celebrato, in occasione dell’anniversario dei Pa- Lateranensi, con la mostra di due opere di arte sacra italiana21.
La conclusione che se ne ricava è «la constatazione che l’unico elemento che accomunava gli italiani, a qualsiasi ceto sociale appartenessero e in qualunque degli StaC preunitari vivessero, era quello religioso e caOolico»22.
Il contributo ca>olico
«Senza negare il ruolo di tradizioni di pensiero diverse, alcune marcate da venature giurisdizionaliste o laiciste, non si può soOacere l’apporto di pensiero ‐e talora di azione‐ dei caOolici alla formazione dello stato unitario», afferma BenedeOo XVI23.
16 L’Italia non fu «un’invenzione di quel momento, ossia del 1861, ma […] in quel momento, per una
serie di combinazioni ven[ne] a compiersi anche poliCcamente una nazione che da un punto di vista
geografico, linguisCco, religioso, culturale e arCsCco era già da secoli in cammino». Angelo Bagnasco, I
caAolici soci fondatori dell’Italia, cit. 17 Ibid. 18 Joseph Ratzinger, Naturale sbocco dell’idenFtà italiana, cit. 19 Ibid. 20 Francesco M. Valiante, E grazie alla Chiesa l’italiano arriva dovunque, ivi., 16 marzo 2011, p.5. 21 Il genio arFsFco celebra l’intesa tra Stato e Chiesa, ivi., 18 febbraio 2011, p. 5. 22 Angelo Bagnasco, I caAolici soci fondatori dell’Italia, cit. 23 Joseph Ratzinger, Naturale sbocco dell’idenFtà italiana, cit.
‐ Pensiero: neoguelfismo
Il ricordo del Risorgimento elaborato dalla Santa Sede si focalizza in primis sul neoguelfismo di GioberC, quindi lo stesso pontefice ricorda i nomi di Rosmini, Raffaele Lambruschini, Balbo, Massimo d’Azeglio. E tra «quella leOeratura che ha tanto contribuito a “fare gli italiani”» cita Manzoni «fedele interprete della fede e della morale caOolica [e] Silvio Pellico, che con la sua opera autobiografica seppe tesCmoniare la conciliabilità dell’amor di patria con una fede adamanCna24»; gli autori cioè dei «due principali libri dell’OOocento ‐
prima di arrivare al libro Cuore di Edmondo De Amicis uscito nel 1886‐ […], due libri profondamente caOolici»25.
Pur riconoscendo la presenza di anime anche contrastanC interne al Risorgimento, l’unica alla quale è dato un certo spazio ‐ modulo interpretaCvo collaudato26‐ è il filone del caOolicesimo liberale. Non c’è spazio però per una
problemaCzzazione delle loro figure e del loro pensiero. I più citaC oltre a Manzoni e Pellico sono GioberC e Rosmini27: coloro cioè che al tramonto del
“mito di Pio IX” subirono dei pesanC aOacchi da parte della Santa Sede e dell’intransigenCsmo caOolico, con la messa all’Indice dei loro scri- da parte dell’autorità ecclesiasCca: opposizione questa obliata dalla narrazione vaCcana.
‐ ...e azione: don Bosco, l’italiano
Il contributo caOolico al Risorgimento non si connota solo per un’elaborazione intelleOuale; esso si declina anche in termini di azione concreta. Ribadendo la necessità di «ribaltare le o-che» per porre l’accento «non soltanto sullo “scontro” e le scomuniche reciproche»28, la stampa vaCcana si sofferma sulla
«partecipazione a-va e costru-va della chiesa caOolica alla vita del nuovo stato»29; una partecipazione su due livelli.
(i) Fa- i nomi dei maggiori esponenC del caOolicesimo liberale, Ratzinger nel novero del contributo caOolico alla formazione dello stato unitario menziona «di nuovo figure di sanC come San Giovanni Bosco»30, come
anche ‐ si legge sulla stampa caOolica‐ gli alC sanC sociali piemontesi (Giuseppe BenedeOo CoOolengo, Giulia e Tancredi Falle- Barolo, Giuseppe
24 Ibid.
25 LuneOa Scaraffia, Come la chiesa si reinventò dopo l’unità, ivi., 21‐22 marzo 2011, pp. 4‐5.
26 La centralità del caOolicesimo liberale, interpretato come il vero protagonista del Risorgimento, si trova già nelle leOure caOoliche del Risorgimento e della Resistenza avanzate nel dopoguerra. Si veda l’esempio di E. Passerin D’Entrevers, Risorgimento e Resistenza, in «Civitas», 1955, n. 4, pp. 85‐91 analizzato da Claudio Pavone, Alle origini della Repubblica. ScriB su fascismo, anFfascismo e
conFnuità dello Stato, BollaC Boringhieri, Torino 1995, pp. 61‐62. 27 Andrea Possieri, Quando le amnesie hanno caBve radici, in «L’Osservatore Romano», 5 marzo 2011, p. 4. 28 Andrea Possieri, Un libro che ribalta le oBche, ivi, 21‐22 marzo 2011, p. 4. 29 TuB per uno. In mostra a Torino la sanFtà piemontese dell’OAocento, ivi, 23 marzo 2011, p.5. 30 Joseph Ratzinger, Naturale sbocco dell’idenFtà italiana, cit.
Cafasso e altri), a cui il mondo caOolico dedica ampio spazio nel corso del 201131. La stampa vaCcana li ricorda come gli artefici di «modelli di vita
religiosa assolutamente nuovi», sorC «proprio in quella regione, il Piemonte che per prima si era contrapposta alla Santa Sede […] ma che aveva anche prodoOo, per prima, i “fru- concreC” della seminazione aOuata dall’intransigenCsmo»32. Tra tu-, quello più ricordato è don Bosco, «spinto ‐
dice BenedeOo XVI‐ dalla preoccupazione pedagogica a comporre manuali di storia patria»33, «già nel quinquennio precedente l’Italia unita»34
approfondisce la stampa vaCcana citando la produzione dida-ca‐storiografica del santo torinese. La Santa Sede soOolinea più volte il «contributo dato da don Bosco, dai salesiano e dalle Figlie di Maria Ausiliatrice a “fare gli Italiani”, dopo che l’Italia era stata faOa in un modo certamente non condiviso dal santo di Torino»35, interpretandolo «in una prospe-va di doppia fedeltà» allo Stato
e alla Chiesa «aOraverso l’educazione»36. Un contributo così pregnante da
essere alla base anche, come vedremo più avanC, dei principi base della CosCtuzione repubblicana.
(ii) Il secondo livello di partecipazione del caOolicesimo all’unificazione del paese si verifica aOraverso la rete di isCtuC assistenziali o d’istruzione, di case editrici e società per azioni, o banche con finalità sociali che «precedeOero l’a-vità dello Stato e riuscirono a costruire quel cemento sociale senza il quale non poteva farsi la nazione». In parCcolare «L’Osservatore Romano» ricorda l’importanza delle scuole: i collegi religiosi svolsero un ruolo fondamentale riempiendo «un vuoto statale» e accogliendo anche figli di poliCci anCclericali37. Questa a-vità è interpretata dalla stampa
vaCcana come la risposta migliore che la Chiesa seppe elaborare di fronte alle «leggi ingiuste e prevaricatrici dello stato sabaudo», dimostrando di non uscire «indebolita da questa baOaglia, ma [...] forte e purificata e anche fortemente modernizzata»38.
Nel discorso proposto dal quoCdiano vaCcano si verifica una sorta di sliOamento sia temporale che di ambiC. L’intervento del caOolicesimo sociale nell’Italia post‐unitaria, determinato dall’astensione caOolica dalla vita poliCca, è faOo rientrare dalla stampa ponCficia nel «tuO’altro che marginale»
31 A Torino viene loro dedicata dal centro culturale FassaC una mostra dal Ctolo Un’amicizia all’opera. La sanFtà piemontese nella Torino dell’unità. 32 Andrea Possieri, Un libro che ribalta le oBche, cit. 33 Joseph Ratzinger, Naturale sbocco dell’idenFtà italiana, cit. 34 Francesco MoOo, Don Bosco l’italiano, ivi., 30 gennaio 2011, p. 4. 35 Ibid. 36 Giovanni Maria Flick, Doppia fedeltà aAraverso l’educazione, ivi., 14 aprile 2011, p. 5. 37 Grazia Loparco, Non solo ricamo, ivi., 2 marzo 2011, p. 4. 38 LuneOa Scaraffia, Come la Chiesa si reinventò dopo l’unità, cit.
«contributo della Chiesa e dei caOolici al Risorgimento»39 e «alla vita del nuovo stato»40. An<clericalismo garibaldino: ricordo, oblio, superamento L’eterogeneità del movimento risorgimentale non trova spazio sulle pagine de «L’Osservatore Romano»; il ricordo dell’ala moderata e monarchica è debole, ma in parCcolare sono dimenCcaC i protagonisC democraCci‐mazziniani. Un solo accenno è faOo all’azione garibaldina, nel contesto temporale e geografico della Repubblica romana. Il ricordo si connota in termini principalmente negaCvi. Violenza, sopraffazione e anCclericalismo sono le parole chiave che connotano i garibaldini e Garibaldi stesso nella Roma repubblicana:
le ossa dei BarnabiC [furono] sparse alla rinfusa, per far fronte alle necessità dei garibaldini che là vi allesCrono il loro improvviso ospedale e sempre là vi seppellirono i “loro” morC. [Il complesso della Chiesa di San Carlo ai CaCnaC] giunse a ospitare nei suoi ampi e interminabili corridoi cenCnaia e cenCnaia di garibaldini, che giorno e noOe si riCravano e imprecavano; al di là degli improvvisaC divisori in legno elevaC in freOa dai BarnabiC, si udivano disCntamente i loro truci proposiC: “Volemo sangue de’ preC e de’ fraC”, arrivando a gridare a squarciagola: “Viva la Repubblia e morte ai neri”.41
La contrapposizione rimane indelebile nella ciOà:
[gli] squarci prodo- sulla magnifica cupola [di San Carlo ai CaCnaC] dal cannoneggiamento dei francesi appostaC sul Gianicolo durante la Repubblica Romana del 1849, sono ancora oggi ben visibili soOo il cielo della CiOà Eterna, ad perpetuam rei
memoriam di dure loOe e contrapposte sentenze.42
La violenza garibaldina è però aOuCta nel racconto dal ricordo di due figure di barnabiC che sposarono la causa di unificazione, prendendo parte al movimento garibaldino. Si traOa di Ugo Bassi e Alessandro Gavazzi, descri- come «i più eloquenC cappellani garibaldini del Risorgimento italiano», rappresentanC del «senFre cum Ecclesia di quell’anima più liberale dell’ordine dei BarnabiC» in contrapposizione all’ala reazionaria43. È questo un ricordo
ampiamente depurato e falsificato. «L’Osservatore Romano» accenna a due membri del clero per soOolinearne l’adesione al processo di unificazione e per ricomporre nella narrazione la fraOura anCclericale, ma facendo questo i ritra- storici dei due barnabiC citaC vengono meno. Giuseppe Bassi,
39 Silvia Guidi, L’Italia dei “nuovi guelfi”, cit.
40 TuB per uno. In mostra a Torino la sanFtà piemontese dell’OAocento, ivi., 23 marzo 2011, p. 5. 41 Filippo Lovison, Con lo spirito del Risorgimento rinnegato dai liberali, cit.
42 Ibid. 43 Ibid.
ribaOezzatosi Ugo in onore di Foscolo, e Alessandro Gavazzi furono due ecclesiasCci, che uscirono prima dall’ordine dei barnabiC al quale appartenevano e poi dalla stessa Chiesa caOolica. Furono, infa-, interde- dall’autorità ecclesiasCca, a causa della loro predicazione dai toni patrio-ci, prima neoguelfi poi repubblicani e garibaldini, profondamente anCpapali, fino a giungere alla conversione di Gavazzi al protestantesimo44.
Il distacco tra l’anima garibaldina del Risorgimento e la Chiesa viene ricomposto nella narrazione con un ulteriore passaggio. «L’Osservatore Romano» presenta i barnabiC e la stessa Chiesa come degli aOori capaci di superare le ingiusCzie e le violenze subite da parte del risorgimento garibaldino: «Non solo quei religiosi divennero custodi dei loro pochi ogge- personali e i naturali depositari di ulCmi sospiri, ma anche cappellani del Sacrario garibaldino romano»45.
La morte di Cavour
Dei padri fondatori della patria la Santa Sede ne ricorda solo uno: Cavour. Non lo ricorda come il grande uomo poliCco. Si sofferma invece su un parCcolare