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Per
una
nuova
storia
d’Italia Il
paese
mancato


seconda
parte:
REVISIONISM

6.
 Per
una
nuova
storia
d’Italia Il
paese
mancato


L’interpretazione
 che
 la
 Lega
 dà 
 della 
 storia
 italiana
 dopo
 l’unificazione
 è
 totalmente
 negaCva,
 in
 
 un’o-ca
 di
 conCnuità
 dal
 Risorgimento
 ai
 tempi
 aOuali,
 senza
 nessuna
 fraOura
 incisiva.
 Tre
 sono
 le
 categorie
 interpretaCve
 entro
 le
 quali
 il
 Carroccio
 racconta 
 la 
 storia
 d’Italia:
 la
 storia 
 d’Italia
 leOa
 aOraverso
i
suoi
re;
la
storia
d’Italia
leOa
aOraverso
le
guerre
volute
dallo
Stato
 e
subite
dai
popoli;
la
storia
d’Italia
leOa
aOraverso
il
mancato
federalismo.
 (i)TuOo
ciò
che
di
negaCvo
è
successo
nel
corso
della
storia 
unitaria 
è
 ricondoOo
all’unificazione.
E
essendo
staC
i
Savoia
gli
artefici
dell’unità
d’Italia,
 la 
 Lega
 li
 individua
 come
 i
 responsabili
 delle
 conseguenze
 nefaste
 da
 essa
 derivate.
 La
 storia
 d’Italia,
 infa-,
 viene
 leOa
 aOraverso
 i
 suoi
 re:
 ViOorio
 Emanuele
II
è
il
«primo
protagonista
dell’espansionismo
sabaudo»,
Umberto
I
 è
il
responsabile
«delle
eroiche
cannonate
di
Bava
Beccaris»,
ViOorio
Emanuele
 III
 è
 colui
 che
 «portò
 l’Italia
 al
 massacro
 della
 Prima
 guerra
 Mondiale
 fino
 all’ignominiosa
fuga
da 
Pescara 
a
Brindisi
quando
lasciò
il
paese
in
balia
degli
 evenC»,
 e
 infine
 Umberto
 II
 è
 descriOo
 come
 «la 
 figura
 più
 dignitosa
 e
 comunque
 quella
 che
 ha
faOo
 meno
 danni
 alla
 nazione»130.
 Agli
 occhi
della


Lega,
l’Italia
post‐unitaria
sembra
essere
una
monarchia
assoluta;
il
ruolo
del
 parlamento
 e
 dei
 governi
 liberali
 scade
 in
 secondo
 piano.
 Le
 vicende
 del
 periodo
 liberale
 sono
 presentate
 come
 un
 conCnuum
 di
 scelte
 poliCche
 sbagliate,
 di
cui
 vengono
 ricordaC
 solo
 gli
 evenC
 più
 deprecabili.
ParCcolare
 enfasi
è
data 
alla 
repressione
dei
moC
popolari
del
1898,
 ricordando
la 
figura
 di
Bava
Beccaris
come
l’«esempio
della
concezione
del
 diriOo
 dei
Savoia»131.


Un
riprovevole
accenno,
 ricordando
il
centenario
 della
guerra
in
Libia,
è
dato
 anche
alla
poliCca
coloniale
voluta
dai
governi
liberali.
Anche
la
prima
guerra
 mondiale,
 che
‐come
 abbiamo
 visto‐
 rappresenta
 un
 nodo
 importante
della
 memoria
colle-va
leghista,
è
ricondoOa
alla
scelta
del
re.

Salta 
agli
occhi
l’omissione
del
fascismo:
nel
giudizio
negaCvo
che
la
Lega
dà
di
 casa
 Savoia
 manca
 una
 presa 
 di
 posizione
 nei
 confronC
 dell’alleanza 
 e
 dell’appoggio
 che
 la 
 monarchia
 diede
 a
 Mussolini.
 Il
 grande
 assente
 della
 narrazione
 leghista
 appare,
 infa-,
 il
 ventennio
 mussoliniano:
 i
 metodi
 dell’ascesa
 al
 potere
 fascista
 sono
 ignoraC,
 così
 come
 l’uso
 della
 violenza.
 Taciuta
la
natura
totalitaria,
il
fascismo
è
ricordato
solo
per
la
seconda
guerra
 mondiale,
o
meglio
per
la
decisione
di
Mussolini
di
invadere
la
Jugoslavia. (ii)
 La
 seconda
 guerra
 mondiale
 non
 viene
 ricostruita
 nella
 sua
 complessità
e
 drammaCcità:
 «la
Padania»
dà
 solo
 uno
 sguardo
 sommario.
 A


130
 Roberto
 Ciambe-,
 Unità,
 se
 la
 vedano
 gli
 eredi
 Savoia,
 in
 «la
 Padania‐
 Edizione
 Veneto»,
 2
 febbraio
2011,
p.
IV.

Mussolini,
 chiamato
 per
 nome
 in
 modo
 quasi
 confidenziale
 e
 dando
 l’impressione
 di
 un
 uomo
 poliCco
 a
 cui
 sfugga
 di
 mano
 la
 situazione,
 è
 rimproverata
 la
 scelta
 di
 mandare
 a
 morire
 «i
 poveri
 fanC
 [...]
 su
 quelle
 montagne
 lontane».
 L’aOenzione
 cade
 sulla
 Jugoslavia 
 con
 l’intento
 poco
 velato
 di
 ricordare
 più
 la
 brutalità
 delle
 foibe
 che
 l’operato
 dell’esercito
 italiano:
 «da
 quelle
 parC
 la
 guerra
 davvero
 non
 ebbe
 regole
 e,
 per
 rammentarlo,
 basterebbe
 ricordare
 le
 conseguenze
 più
 evidenC
 di
 quella
 guerra
inuCle,
vale
a
dire
la
tragedia 
delle
foibe»132.
Più
in
generale
la 
leOura


della
 seconda
 guerra 
 mondiale,
 depurata
 dalla
 sua 
 complessità,
 è
 posta 
 in
 conCnuità
 con
 la
 precedente
 storia 
 italiana,
 una
 storia 
 di
 guerre
 ‐come
 abbiamo
già
analizzato‐
imposte
e
inuCli:

Uno
sguardo
 anche
 solo
 schemaCco
 sulle
 perdite
 umane
 di
 quel
 confliOo
 dà
 un’idea
 della
 sua
 drammaCcità
 che
 per
 questo
 riguarda
 la
 sproporzione
 dei
 caduC
 italiani
 rispeOo
 alle
 altre
 arC
 è
 perfeOamente
 in
 linea
 con
 la
 tradizione
 delle
 guerre
 risorgimentali
(inclusa
la
prima
guerra
mondiale).133

La 
Resistenza
occupa
uno
spazio
notevole
nelle
pagine
del
giornale,
ma
 totalmente
negaCvo.
«la
Padania»
in
parCcolare
insiste
sulle
stragi
di
civili
faOe
 dall’esercito
 nazista,
 di
 cui
 la
 responsabilità
 è
 riversata
 completamente
 sull’azione,
sulla
negligenza
e
sul
menefreghismo
dei
parCgiani134;
e
su
casi
di


uccisioni
intesCne
alle
bande
parCgiane135.
La
scelta
di
“salire
in
montagna”
è


equiparata
a
quella
repubblichina:

non
 si
 tenC
di
 imporre
 l’immagine
 di
 un
 paese
 diviso
tra
 “buoni”
 e
 “ca-vi”.
 Avevano
 buone
ragioni
coloro
che
onoravano
fino
in
fondo
il
loro
giuramento
militare,
così
come
 avevano
buone
ragioni
coloro
che
si
opponevano
alla
prepotenza
tedesca.136

Inoltre,
 la 
 Resistenza
 viene
 spaccata
 interiormente:
 leOa
 come
 posiCva
 se
 interpretata
 come
 guerra
 di
 liberazione
 dell’invasore
 tedesco
 (è
 taciuta
 l’alleanza
 tra
 Hitler
 e
 Mussolini)
 e
 ancor
 meglio
 se
 resistenza
 monarchica
 (quindi
gerarchica
e
inquadrata)137;
leOa
in
termini
completamente
negaCvi
se


interpretata
come
guerra
civile.
La 
Lega 
rifiuta
l’anCfascismo
e
lo
riconduce
alla
 sola 
iniziaCva
comunista,
 di
cui
 evidenzia 
un
 totale
asservimento
 alla
poliCca
 sovieCca
e
 una
 tendenza
omicida.
Questo
 passaggio
 è
esplicito
 nel
racconto
 delle
 tensioni
 nate
 tra
 una
 “buona
 resistenza”,
 individuata
 nel
 parCgiano


132
Giuseppe
Reguzzoni,
Sessant’anni
fa 
la
guerra
contro
la
Jugoslavia...
CHE
NON 
PORTÒ
A
NULLA,
ivi.,
 6
aprile
2011,
p.13.

133
Ibid.

134
 Romolo
 Martelloni,
 Fare
 i
 conF
 con
 la 
storia.
 Cominciando 
dalle
 stragi
 “dimenFcate”...,
 ivi.,
 8
 gennaio
2011,
pp.
6‐7.

135
Emanuele
Pozzo,
Quel
parFgiano
ammazzato
dai
comunisF,
ivi.,
22
aprile
2011,
p.
8. 136
Ibid.

genovese
Aldo
Gastaldi,
e
una
“resistenza
ca-va”,
quella
comunista,
sfociate
 nell’uccisione
del
buon
parCgiano
per
mano
comunista
a
guerra
finita.

Gastaldi:
 un
 ragazzo
 poco
 più
 che
 ventenne,
 profondamente
 caOolico,
 serio
 e
 intelligente,
 che
 tra
 i
primi
 in
 Italia,
 “va
 in
montagna”.
 Aldo
 Gastaldi
 del
 fascismo
non
 può
acceOare
l’alleanza
conCnuaCva
con
i
tedeschi.
[...]
E
 nota
che
i
parCgiani
comunisC
 loOano
non
certo
per
la
libertà
d’Italia,
bensì
per
iniziare
una
 vera
e
propria
 rivoluzione
 russa.
Fu
così
che
“Bisagno”
[nome
di
baOaglia
di
Gastaldi]
incominciò
ad
entrare
in
roOa
 con
il
CLN:
proprio
sul
tema
della
“pacificazione
nazionale”.
Gastaldi
non
voleva
 fare
una
 guerra
contro
 i
fascisC:
 voleva
fare
 una
 loOa
 armata
per
 la
 libertà
dell’Italia,
per
la
 sua
 patria.138

La 
cesura 
dunque
rispeOo
alla
monarchia
sabauda
rappresenta
dal
referendum
 del
 2
 giugno
 e
 da 
ciò
 che
 condusse
 e
 poi
 nacque,
 la
 CosCtuzione,
 da 
quel
 referendum
non
ha
alcun
peso
nella
narrazione
leghista.


Per
un
nuovo
Risorgimento

(iii)La
terza
chiave
di
leOura 
della
storia
italiana
ruota
aOorno
al
tema
 del
federalismo.
 Le
vicende
italiane
dall’unificazione
fino
ai
nostri
giorni
sono
 leOe
come
 un
 susseguirsi
di
programmi
federalisC
 incompiuC.
Federale
era
il
 pensiero
di
CaOaneo,
confederale
era
l’opzione
neoguelfa,
decentramento
era
 la 
parola 
chiave
delle
 leggi
 di
 Minghe-
 e
 di
 Cavour.
 Dopo
 la
 bocciatura
 di
 queste
 ulCme,
 solo
 con
 il
 1900
 riprendono
 le
 spinte
 federali:
 Gioli-
 aveva
 capito
«viste
le
diversità 
esistenC
nel
Paese,
che
c’era
bisogno
di
organizzarlo
 in
senso
Regional‐Federale.
[Ma]
la 
prima
guerra
mondiale
bloccò
il
tuOo,
così
 la 
sorta
 diOatura 
fascista
e
 la
 seconda
 guerra
mondiale»139.
 E
 ancora:
 «Luigi


Einaudi
sosteneva
che
l’autonomia
è
un
diriOo
e
che
soltanto
quando
questo
 diriOo
verrà
garanCto
potrà
realizzarsi
il
compito
unitario
del
Risorgimento.
Mi
 pare
‐sono
parole
di
Zaia‐
quindi
che
siamo
molto
indietro»140.

Di
 fronte
 a
 ciò
 la
 Lega
 si
 presenta
 come
 l’unica
 forza
 erede
 non
 solo
 del
 federalismo
 risorgimentale
 “tradito”,
 ma
 anche
 di
 tuOe
 le
spinte
federaliste
 successive;
 l’unica
forza
in
grado
 di
riscaOare
i
padri
federalisC
 e
di
portare
a
 compimento
 finalmente
l’idea 
federale.
 Sul
quoCdiano
leghista
nel
 corso
del
 2011,
infa-,
accanto
alle
dure
criCche
nei
confronC
delle
celebrazioni
del
150°
 si
affiancano
Ctoli
e
commenC
di
questo
Cpo:

Bossi:
 “il
 federalismo
 è
 una
 speranza.
 Bisognerebbe
 almeno
 arrivare
 a
 realizzare
 il
 progeOo
di
Cavour”141;
«Il
progeOo
di
 Cavour
poteva
portare
il
Paese
 in
altra
 direzione.


Ora
 però
c’è
 la
 possibilità
 di
arrivare
 allo
stesso
obie-vo,
 seppur
 con
un
ritardo
di
 150


138
Emanuele
Pozzo,
Quel
parFgiano
ammazzato
dai
comunisF,
cit. 139
Renato
Tomezzoli,
Un
tricolore
federale,
ivi.,
13
gennaio
2011,
p.
21.

140
Giorgio
Guidoni,
“L’unità
del
Paese?
Non
si
fa
con
una
coccarda
tricolore”,
ivi.,
19
marzo
2011,
p.
8. 141
150°?
Senza
federalismo
niente
festa,
ivi.,
8
gennaio
2011,
p.
1.

anni»142;
 Zaia:
 «Il
 federalismo
 porrà
 fine
 a
 questa
 incompiuta.
 Diciamo
 che
 il


Risorgimento
 è
 ancora
 in
 corso»143,
 o
 ancora:
 «Un
 nuovo
 Risorgimento
 sconfiggerà
 il


centralismo»144.
 E
 infine
 «Il
 sogno
 di
 Cavour
 infranto
 da
 Garibaldi
 [...]
 sembra
 essere


tornato
di
streOa
aOualità
[...]
si
sta
avverando»145.

La 
posizione
della
Lega,
quindi,
non
si
denota
come
una 
totale
opposizione
al
 Risorgimento:
non
contro
il
Risorgimento,
ma
per
un
nuovo
Risorgimento.
 In
quesC
termini
«la
Padania»
presenta
e
legi-ma
il
proprio
progeOo
poliCco,
 il
federalismo
fiscale,
in
discussione
in
Parlamento
proprio
nel
corso
del
2011.
 La 
ricorrenza 
dell’anniversario
del
1861
non
 è
dunque
vissuta 
dalla 
Lega
solo
 con
rifiuto
e
opposizione;
mostra
anche
un
tentaCvo
di
rompere
il
monoliCco
 ricordo
 del
 Risorgimento,
 presentato
 dalle
 celebrazioni,
 per
 appropriasi
 e
 riscaOarne
una
sua
parte:
quella
fallita,
vinta,
ma
giusta.

142
Igor
Iezzi,
150
anni
dall’unità:
no
federalismo
no
party,
ivi.,
8
gennaio
2011,
p.
2.

143
Paolo
Bassi,
C’è
la
crisi,
assurdo
fermare
il
paese
per
la
festa
del
150°,
ivi.,
9
febbraio
2011,
p.
5. 144
Diego
Scalvini,
Un
nuovo
Risorgimento
sconfiggerà
il
centralismo,
ivi.,
17
marzo
2011,
p.
10. 145
Arrigo
Petacco,
Il
sogno
di
Cavour
si
sta
avevrando,
ivi.,
13
seOembre
2011,
p.
1.