DELLA SOCIETÀ EUROPEA DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ CONTEMPORANEA
TRE COLORI
USI PUBBLICI DELLA STORIA
NEL CENTOCINQUANTENARIO DELL’UNITÀ D’ITALIA
TESI DI LAUREA
RELATORE: PROFESSOR PIERO BRUNELLO
LAUREANDA: ANNA DI QUAL (816699)
DELLA SOCIETÀ EUROPEA DAL MEDIOEVO ALL’ETÀ CONTEMPORANEA
TRE COLORI
USI PUBBLICI DELLA STORIA
NEL CENTOCINQUANTENARIO DELL’UNITÀ D’ITALIA
TESI DI LAUREA
RELATORE: PROFESSOR PIERO BRUNELLO
LAUREANDA: ANNA DI QUAL (816699)
INTRODUZIONE... p. 1 1° CAPITOLO: IL TRICOLORE CONTESTATO: L’ATTEGGIAMENTO DELLA LEGA NORD prima parte: No al 17 marzo ... p. 9 1. Contro l’Unità nazionale ... p. 9 Unità, p. 9 ‐ Patrio0smo, p. 10 ‐ Simboli, p. 11 2. Contro la festa civile ... p. 24 Festa e lavoro, p. 24 ‐ Calendari civili e religiosi, p. 27 3. In difesa del 4 novembre ... p. 29 Una nazione di poveri crisC mandaC a morire, p. 30 ‐ La parola ai leFori, p. 32 seconda parte: Revisionismi ... p. 34 4. Mitologia e storiografia della “nazione padana”... p. 36 Nazioni contro, p. 36 ‐ La nazionalizzazione del Nord, p. 37 ‐ Il Sud come “altro”, p. 38 ‐ Un’idenCtà negata, p. 38 ‐ Il pantheon padano, p. 40 ‐ PonCda e Legnano: capitali morali, p. 46 ‐ Bandiere, p. 47 ‐ Inni, p. 50 ‐ Rituali fondaCvi: nascita come purificazione, p. 50 ‐ Verso alternaCve più moderate, p. 52 5. Sul Risorgimento ... . .. p. 54 5.1. Un rapporto controverso ... ... . p. 54 5.2. Nuove storiografie ... p. 58 5.3. Narrazioni e interpretazioni ... p. 59 Rovesciamento di prospe0va, p. 59 ‐ Conquista regia e interessi massonici internazionali, p. 59 ‐ Decontestualizzazione e localismo, p. 59 ‐ Rivalità personali, p. 61 ‐ Ladri e profiFatori, p. 61 ‐ Movimento elitario, non di popolo, p. 61 ‐ Violenza e tradimento, p. 62 ‐ Il fondamento giuridico: la grande truffa, p. 62 ‐ Un aFacco al caFolicesimo, unico valore unitario, p. 62 ‐ La scelta centralista: violenta soppressione delle realtà locali, p. 63 ‐ Garibaldi: eroe negaCvo, p. 63 ‐ Il Risorgimento tradito: Cavour, il federalista, p. 67. 6. Per una nuova storia d’Italia ... . .. . p. 72 Il paese mancato, p. 72 ‐ Per un nuovo Risorgimento, p. 74 7. Biblioteca leghista ... p. 76
prima parte: Dal luVo alla celebrazione ... p. 81 1. Il 1911, un «anno di lu2o religioso» ... p. 81 2. 1961: la cris;anizzazione del Risorgimento ... p. 82 3. 2011: La Chiesa e la difesa dell’unità nazionale ... p. 84 seconda parte: La Chiesa racconta la storia d’Italia ... p. 87 4. Superare i pregiudizi ... p. 87 5. FonY inedite? ... p. 87 6. Sul Risorgimento ... p. 89 La scomparsa dell’ogge>o festeggiato, p. 89 ‐ L’unità come sbocco poliEco dell’idenEtà ca>olica, p. 90 ‐ Il contributo ca>olico, p. 91 ‐ AnEclericalismo garibaldino: ricordo, oblio, superamento, p. 94 ‐ La morte di Cavour, p. 95 ‐ Pio IX: un pontefice religioso, non poliEco, p. 96 ‐ Fine e inizio: la breccia di Porta Pia, p. 98 7. Sulla storia d’Italia ... p. 101 La ricomposizione di una fra>ura, p. 101 ‐ IdenEtà italiana, idenEtà ca>olica, p. 111 ‐ Pio XII: un nodo storiografico, p. 114 3° CAPITOLO: IL TRICOLORE SBANDIERATO: LE PIAZZE DELLA SINISTRA 1. Rituali ... p. 124 2. Terzo Risorgimento ... p. 131 Dignità, p. 131 ‐ Vergogna, p. 133 ‐ Risorgimento, p. 133 ‐ Risveglio mite e civile, p. 136 ‐ Donna è nazione, p. 140 ‐ Piazze tricolori, p. 144 3. Simboli ritrovaY e condivisi? ... p. 153 EPILOGO ... p. 157 BIBLIOGRAFIA ... p. 165 RINGRAZIAMENTI ... p. 176
Nel 2011 l’Italia festeggia il centocinquantenario della sua unità.
1. Il Paese giunge a questa data con forC tensioni; la preparazione dell’anniversario è, infa-, problemaCca e carica di polemiche.
L’iter organizzaCvo del giubileo ha inizio tre anni prima quando il governo Prodi nomina un “Comitato dei Ministri” predisposto all’elaborazione delle iniziaCve celebraCve coordinato dal presidente del Consiglio e dal ministro per i beni e le a-vità culturali, Francesco Rutelli. Incarica anche una “StruOura di missione” con compiC amministraCvi e tecnici e un “Comitato dei garanC” con funzioni di valutazione e controllo dei proge- governaCvi, presieduto da Carlo Azeglio Ciampi, responsabile durante la presidenza della Repubblica (1999‐2006) di un ampio programma di pedagogia civile volto alla rivalutazione della memoria storica nazionale. Da subito quesC organi palesano la volontà di meOere a punto un piano «di qualità elevata in assoluto ed adeguata all’evento, cui si riconosce una primaria e speciale importanza per l’immagine e per la coesione sociale del Paese»1. Propongono di festeggiare l’Unità d’Italia
aOraverso un calendario celebraCvo contraddisCnto da manifestazioni a caraOere culturale e scienCfico e con la realizzazione di opere infrastruOurali2,
di cui sollecitano una certa coerenza rispeOo all’evento celebrato3 di fronte
alla constatazione di una diffusa «concezione lucraCva» del giubileo4.
Con le elezioni poliCche del 2008, vinte dal centro‐destra, il cammino organizzaCvo subisce un cambiamento di direzione ed una baOuta d’arresto. Tanto che il “Comitato dei garanC” tra la primavera e l’estate del 2009 evidenzia le difficoltà incontrate all’avvio del programma celebraCvo a causa della «mancata conferma della disponibilità delle risorse economiche ipoCzzate»5. Ed esprime anche preoccupazione nei confronC di una
1 Resoconto della riunione del Comitato dei GaranC per le celebrazioni del 150° anniversario dell’unità d’Italia, 21 gennaio 2008, in <hOp://www.italiaunita150.it/comitato‐garanC/i‐verbali.aspx>. (L’ulCma verifica di questo sito internet come di quelli citaC in seguito risale al 30 gennaio 2013).
2 ibid.
3 Resoconto della riunione del Comitato dei GaranC, 4 febbraio 2009, ivi.
4 L’espressione è di Giovanni De Luna, La Repubblica del dolore. La memoria di un’Italia divisa, Feltrinelli, Milano 2011, p. 12.
5 Riunione del Comitato dei GaranC, 18 maggio 2009, in <hOp://www.italiaunita150.it/comitato‐ garanC/i‐verbali.aspx>.
insufficiente aOenzione governaCva alla preparazione della ricorrenza6. Ciampi
ad esempio lamenta che «più che i soldi […] come mi sono senCto ripetere infinite volte nei mesi scorsi, quello che manca davvero è il cuore», la «voglia di impegnarsi seriamente in quest’iniziaCva»7.
Queste considerazioni danno adito a un primo diba-to pubblico sulla ricorrenza, in cui si arriva a ipoCzzare che il centocinquantenario, a causa della poliCca della Lega Nord, divenC per l’Italia «l’anno zero della sua disunione, l’inizio della sua fine»8.
A queste criCche il ministro per i beni e le a-vità culturali, Sandro Bondi, risponde soOolineando come l’esecuCvo riconosca nell’anniversario «un’occasione da non sprecare per rifleOere, riscoprire, rinsaldare le ragioni dell’unità al di fuori di qualsiasi enfasi retorica»9; invita a liberarsi, infa-, da
«un’enfaCca aOualizzazione del patrio-smo risorgimentale, snaturato prima dalla retorica sabauda, poi da quella fascista e resistenziale»10. Nello stesso
frangente il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, esorta una platea di giovani pidiellini a prepararsi alla celebrazione dell’anniversario con la leOura di Risorgimento da riscrivere di Angela Pellicciari, interpretazione ultracaOolica del movimento di unificazione nazionale11.
La scelta governaCva finale è quella di ridimensionare la portata originaria del programma giubilre. Rimarcando la criCcità della situazione economica del Paese, Bondi abolisce la maggior parte delle proposte infrastruOurali, puntando invece su un piano culturale, in cui individua come punto forte una “Mostra delle Regioni”, capace di «meOere in evidenza, nel conteso del processo di riforme isCtuzionali in senso federalisCco avviato nel Paese, come l’idenCtà nazionale sia anche fruOo delle molte “municipalità” che ne hanno storicamente alimentato la linfa vitale»12.
6 Resoconto della riunione del Comitato dei GaranC, 16 seOembre 2009, ivi.
7 Maurizio Breda, Ciampi e la festa dell’Unità d’Italia: non faccio da alibi, pronto a lasciare, in «Corriere della Sera», 22 luglio 2009, p. 14.
8 Alessandro Campi, DisfaAa l’Italia disfaB gli italiani. Ha vinto la Lega, in «il Riformista», 24 luglio 2009, p.1. L’avvio del diba-to è dato da un arCcolo di Ernesto Galli della Loggia pubblicato il 20 luglio 2009 sul «Corriere della Sera» a cui rispondono incessantemente giornalisC e storici dalle colonne dei principali quoCdiani nazionali per tuOa l’estate 2009.
9 Resoconto della riunione del Comitato dei GaranC, 16 seOembre 2009, cit.
10 Andrea Garibaldi, Bondi e la festa per l’Unità d’Italia “Ciampi resF ed elabori il piano”, in «Corriere della Sera», 24 luglio 2009, p. 15.
11 In occasione di Atreju, un raduno annuale di giovani del Popolo della Libertà a Roma, il 9 seOembre 2009 Berlusconi regalando il libro citato a Giorgia Meloni, all’epoca ministro della gioventù, si esprime in questo modo: «Credo che per un’esigenza di verità sia bene per tu-, giovani o non giovani, andarsi a rinfrescare la memoria o a correggere ciò che è stato scriOo erroneamente. […] Cedo che questo sarebbe il modo migliore per impiegare il tempo e per arrivare preparaC e con orgoglio a celebrare tu- insieme, lo faremo con tante manifestazioni, quest’anniversario dei centocinquant’anni del nostro paese». La videoregistrazione dell’intervento di Silvio Berlusconi è presente su <hOp:// www.youtube.com/watch?v=olYEP4Herms>.
12 Resoconto della riunione del Comitato dei GaranC, 16 seOembre 2009, cit. Il programma ufficiale, invece, è presentato il 1° dicembre 2010 da Sandro Bondi e Giuliano Amato, succeduto a Ciampi nella presidenza del “Comitato dei GaranC”.
sciolto solo nel febbraio 2011, di una giornata di festa nazionale dedicata alla ricorrenza.
Di fronte alla freddezza con cui la sfera governaCva si prepara all’anniversario risponde la vivacità della periferia: Torino rivendica un protagonismo in linea con i precedenC giubilei, presentando già dall’estate del 2009 un ricco programma celebraCvo13. Molte altre posiCve reazioni, inoltre, si
registrano lungo la penisola: il giubileo ria-va la riflessione sul Risorgimento non solo in ambito storiografico, quanto piuOosto nel diba-to pubblico e nell’arena poliCca; non solo in termini negaCvi. Numerose e nei campi più disparaC sono le iniziaCve promosse in ricordo dell’evento fondante dello Stato italiano: leOure, convegni e conferenze; esposizioni temporanee o museali; pubblicazioni; rassegne cinematografiche. Tornano protagonisC anche simboli e miC di stampo patrio-co ormai da tempo venuC meno; si riaccende anche il senso di appartenenza nazionale in ampi seOori della società civile. 2. Il «disincanto»14 palesato dalla sfera governaCva nei confronC
dell’anniversario se da un lato è riconducibile alla difficile condizione economica nella quale il Paese si trova, dall’altro lato è indicaCva di qualcosa di più profondo. Va «al cuore ‐come ha soOolineato Massimo Baioni‐ dei molteplici cambiamenC che il sistema poliCco, sociale e culturale italiano ha conosciuto nell’arco degli ulCmi decenni» e in parCcolare della «messa in discussione di capisaldi della memoria storica nazionale»15. La modalità con cui
l’anniversario viene gesCto dalla sfera isCtuzionale e viene vissuto dalla società civile, invece, diventa determinante per uno sviluppo futuro della stessa memoria storica nazionale.
Il 150° anniversario dell’Unità d’Italia si connota dunque come uno snodo storico denso di significaC, su cui diventa interessante lavorare, trasformandolo da esperienza direOa a oggeOo di studio, senza con ciò cedere «ad alcun provincialismo culturale»16.
13 Antonio SeiOa, Mercedes Bresso, Sergio Chiamparino, “Torino deve essere sede unica delle iniziaCve”, «Corriere della Sera», 21 luglio 2009, p. 37.
14 Mario Isnenghi, Forza e disincanto del 17 marzo, in «Storicamente», 2011, n. 7, art. 17, <hOp:// www.storicamente.org/07_dossier/italia/barbara_bracco_150.htm>.
15 Massimo Baioni, Risorgimento conteso. Memorie e usi pubblici nell’Italia contemporanea, Diabasis, Reggio Emilia 2009, p. 11.
16 Barbara Bracco, Premessa a L'Italia in posa. Il 150° e i problemi dell'Unità nazionale tra storiografia e
Negli ulCmi decenni l’aOenzione internazionale degli storici17 si è
soffermata sulle feste e sugli anniversari nazionali, interpretandoli come degli ideali osservatori per studiare «come nel discorso poliCco interagiscono i diversi simboli dello Stato (fondazione, memoria del passato, forma di governo, CosCtuzione) e della società (comunità nazionale, patria, immagine del paese) e di quelli che ogni parte poliCca produce o che derivano dal contesto internazionale»18. Nelle ricorrenze nazionali, infa-, si esprime al
massimo delle potenzialità la complessità del rapporto tra la storia di un Paese e la memoria colle-va elabora sia sull’evento celebrato sia sull’intera storia nazionale.
Le domande da cui questo lavoro è parCto sono: chi ha partecipato alla celebrazione dell’anniversario dell’Unità d’Italia? Chi invece se n’è dissociato? Quali sono le narrazioni o contro‐narrazioni elaborate nel 2011 sul Risorgimento, evento fondante dello Stato italiano, e cosa invece viene lasciato cadere nell’oblio? E, infine, quale interpretazione della storia italiana esce da queste celebrazioni?
L’obie-vo dunque è di raccontare, fotografandoli a caldo, i festeggiamenC giubilari, non aOraverso il calendario delle feste ufficiali, ma aOraverso la posizione assunta da differenC aOori poliCci e sociali in campo nell’Italia del 2011, evidenziando le modalità partecipaCve (o dissociaCve) e gli strumenC retorici, simbolici, culturali e iconografici messi in campo (al centro come in periferia).
Per analizzare il giubileo soOo vari punC di vista sono staC usaC più fonC e più metodi. La leOura dei quoCdiani ha rappresentato il punto di partenza di questa ricerca ed è stata fondamentale da un lato per ricostruire il diba-to che man mano si intesse nei confronC dell’anniversario e dall’altro per evidenziare le linee interpretaCve sull’oggeOo celebrato. Per studiare in modo più deOagliato questo secondo aspeOo ai quoCdiani si è affiancata l’analisi di riviste e di pubblicazioni di argomento risorgimentale, di stampo scienCfico o divulgaCvo, a cui la stessa stampa accenna. Altro punto di osservazione è rappresentato dalle iniziaCve culturali, in parCcolare in ambito esposiCvo. Infine l’osservazione partecipante in occasione non solo delle iniziaCve commemoraCve ma anche delle manifestazioni anCgovernaCve che
17 Mi limito a indicare solo alcuni tesC significaCvi: George L. Mosse, La nazionalizzazione delle masse.
Simbolismo poliFco e movimenF di massa in Germania (1812‐1933), il Mulino, Bologna 2006 (1974);
Eric J. Hobsbawm e Terence Ranger, L’invenzione della tradizione, Einaudi, Torino 2002 (1983), John R. Gill, CommemoraFons: The PoliFcs of NaFonal IdenFty, Princeton University Press, Princeton 1994; Maurizio Ridolfi (a cura di), Rituali civili. Storie nazionali e memorie pubbliche nell’Europa
contemporanea, Gangermi, Roma 2006. In vista del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, inoltre,
vengono elaboraC anche Catherine Brice e Massimo Baioni (a cura di), Celebrare la nazione.
Anniversari e commemorazioni nella società contemporanea, in «Memoria e Ricerca», 2010, n. 34,
nonchè un convegno di respiro comparaCvo‐internazionale: Massimo Baioni, Fulvio ConC e Maurizio Ridoldi (a cura di), Celebrare la nazione. Grandi anniversari e memorie pubbliche nella società
contemporanea, Silvana Editoriale, Milano 2012.
cogliendone gli elemenC simbolici e iconografici legaC all’anniversario.
Di fronte alla riscontro di rappresentazioni fortemente distanC dagli esiC della ricerca storiografica del Risorgimento e della storia unitaria sviluppate nell’anno giubilare dagli agenC presi in considerazione l’insegnamento di Nicola Gallerano di «analizzare come concretamente vengono a-vate, quali stereoCpi o meccanismi irriflessi e al tempo stesso sintomaCci vengono messi in gioco» prima ancora di «denunciar[n]e o esorcizzar[n]e i contenuC»19 ha indirizzato la mia ricerca.
Prendere in esame queste raffigurazioni ha comportato dunque una riflessione più ampia. Mi sono chiesta come il Risorgimento, trasformato in paradigma miCco, entrasse nello spazio dell’uso pubblico della storia, diventando memoria funzionale alle esigenze del presente. Memorie più che memoria: diverse e divergenC sono le rappresentazioni colle-ve della storia nazionale italiana forgiate nel 2011. La memoria, infa-, non è un terreno pacificato, ma rappresenta piuOosto un terreno confliOuale, sul quale si gioca la propria legi-mazione o l’altrui delegi-mazione nel presente e nel futuro. Per questo ragionare sul centocinquantenario dell’Unità d’Italia, sulle memorie da esso sCmolate, rende possibile la resCtuzione delle tensioni poliCche presenC nel corpo sociale e poliCco contemporaneo.
L’analisi si concentra su un arco temporale ristreOo: copre il 2011, partendo dagli ulCmi mesi del 2010 per giungere fino all’inizio del 2012. Ciò permeOe di cogliere nel parCcolare i comportamenC dei sogge- individuaC e di rilevarne le reciproche influenze. La predominanza di uno sguardo parCcolareggiato non ha d’altro canto negato una prospe-va più ampia, di lungo periodo: si è guardato anche a come i precedenC anniversari dell’Unità d’Italia fossero staC festeggiaC. Ciò ha consenCto di verificare le conCnuità o le disconCnuità delle memorie prodoOe nel 2011 rispeOo a quelle del 1911 e del 1961, evidenziando come «il passato si riveli sempre vivo, a-vo e conCnuamente in evoluzione»20.
4. La ricerca si struOura in tre capitoli, che cercano di analizzare le modalità con cui tre differenC aOori della scena pubblica italiana si confrontano con il giubileo dell’Unità d’Italia, evidenziando sia le retoriche sia gli strumenC simbolici e iconografici messi di volta in volta in campo.
Il primo prende in esame una posizione fortemente criCca nei confronC della celebrazione dell’evento fondante lo Stato italiano, quella elaborata dalla Lega Nord. La decisione di concentrare l’aOenzione sul
19 Nicola Gallerano, Le verità della storia. ScriB sull’uso pubblico del passato, manifestolibri, Roma 1999, p. 41.
Carroccio, piuOosto che su movimenC neo‐borbonici o ultracaOolici, artefici anch’essi di una divulgazione revisionista sul Risorgimento, è deOata dal faOo che l’aOeggiamento della Lega Nord rappresenta il principale faOore di disconCnuità rispeOo ai precedenC anniversari: essa esercita una pesante opposizione verso l’evento fondante lo Stato italiano nonostante sia parte della compagine poliCca che governa lo stesso Stato italiano. Per capire il comportamento leghista è sembrato opportuno non solo focalizzare l’aOenzione sulla contro‐narrazione risorgimentale prodoOa nel 2011, ma anche andare all’origine di questa contro‐narrazione. Si è quindi esaminata la duplice strategia che il leghismo, fin dalla sua comparsa sulla scena poliCca italiana, ha messo in campo per legi-mare le sue istanze autonomiste, da un lato decostruendo la nazione italiana e dall’altro costruendo ex novo la nazione padana. La leOura dell’annata 2011 de «la Padania» e della produzione leOeraria da essa divulgata si è accompagnata all’analisi dei «Quaderni Padani», un periodico pubblicato a parCre dal 1995, e di alcune monografie curate dall’ex leader leghista, Umberto Bossi.
Il secondo capitolo si propone di studiare il mutamento del rapporto che la Santa Sede intesse con il passato risorgimentale e post risorgimentale nei tre giubilei dell’Unità d’Italia. Da un’intransigente opposizione allo Stato unitario, la Chiesa caOolica passa ad un’assimilazione della memoria del Risorgimento e a una crisCanizzazione dell’idenCtà nazionale italiana. In questo caso la leOura del «L’Osservatore Romano», tra il seOembre 2010 e il seOembre 2011, è stata arricchita dall’esame di una mostra organizzata dalla testata ponCficia in collaborazione con l’archivio del Senato della Repubblica italiana a Roma nel marzo del 2012 a conclusione del centocinquantenario. Il terzo capitolo, infine, si propone di raccontare alcune iniziaCve en
plein air, per studiare come il clima giubilare influenzi le strategie della loOa
poliCca, come il lessico e la simbologia risorgimentale e patrio-ca messa in circolo dal centocinquantenario entrino, risemanCzzate, nel diba-to poliCco italiano. In parCcolare si è dato spazio alle frequenC manifestazioni dei primi sei mesi dell’anno, organizzate dalla società civile democraCca e dai parCC di centro‐sinistra contro il governo e sopraOuOo il suo primo ministro. L’analisi de «il manifesto», de «la Repubblica» e de «l’Unità» nel primo semestre dell’anno, infine, ha reso possibile individuare anche disposiCvi di differenziazione rispeOo al Risorgimento, memorie cioè discordanC interne alla stessa sinistra.
IL TRICOLORE CONTESTATO:
La presenza di una forza poliCca governaCva profondamente avversa alle celebrazioni del centocinquantenario dell’unità d’Italia cosCtuisce il principale faOore di disconCnuità rispeOo ai precedenC anniversari del 1861. Se nel 1911 e nel 1961 ciascun aOore poliCco riconosce legi-mità alle celebrazioni, ritagliandosi una propria posizione all’interno della cornice mitologica del processo risorgimentale dalla quale trarre una specifica eredità poliCca, in occasione del 2011 la situazione è più problemaCca. La Lega Nord, infa-, meOe in discussione l’intera cornice discorsiva risorgimentale, palesando un totale disconoscimento del processo fondatore dello Stato nazionale italiano. Ciò rientra in una posizione di più ampio respiro: il leghismo, fin dalla sua comparsa sulla scena poliCca italiana, ha condoOo una duplice operazione per legi-mare le sue istanze autonomiste. Da un lato ha proposto la nascita ex
novo della nazione padana, dall’altro ha lavorato alla decostruzione della
nazione italiana con una pesante rileOura dell’intera storia della penisola. Come tuOo questo è stato possibile? Come la Lega Nord ha costruito la comunità virtuale della Padania e quali meccanismi ha messo in campo per decostruire la storia nazionale italiana? Come l’anniversario del 2011 influisce su questa struOura? Quali narrazioni o contro‐narrazioni il Carroccio oppone alla celebrazione dell’unità nazionale italiana? Le risposte trovano spazio in questo capitolo, che si struOura in due parC. La prima, che prende in analisi l’annata del 2011 de «la Padania» il quoCdiano del parCto leghista, analizza le moCvazioni per cui il Carroccio si oppone alla festa del 17 marzo. La seconda, invece, ripercorre i nodi del revisionismo storico leghista per analizzare l’uso poliCco della storia messo in aOo dalla Lega Nord. In questa prospe-va si è ritenuto opportuno fare un passo indietro e ampliare l’orizzonte temporale di analisi: guardare cioè non solo al revisionismo storico relaCvo al periodo risorgimentale e alla storia unitaria italiana che la Lega elabora in occasione del giubileo, ma è sembrato opportuno (per rendere la portata del revisionsimo leghista) ripercorrere l’evoluzione dal leghismo regionalista al leghismo nordista nella prospe-va della costruzione della Padania. In questa seconda parte, oltre alla testata leghista del 2011 e alle opere da esse divulgate, sono staC presi in esame i «Quaderni Padani», un periodico pubblicato a parCre dal 1995 dalla Libera Compagnia Padana, un’associazione di intelleOuali vicini alla Lega, nonché pubblicazioni monografiche curate da quesC stessi intelleOuali o dal leader della Lega Nord. L’immagine riprodoAa nella pagina precedente è traAa da «la Padania», 14 giugno 2011, p.12.
prima parte: NO AL 17 MARZO
1. Contro l’Unità nazionale
UnitàLa posizione della Lega Nord nei confronC dell’anniversario dell’unità d’Italia è di radicale opposizione: nega in primis valore posiCvo all’oggeOo festeggiato. L’unificazione della penisola rappresenta, infa-, nella retorica del Carroccio la nefasta data d’inizio o meglio la causa di tu- i mali d’Italia, mentre la mancata omogeneità economica del Paese è interpretata come la principale prova del fallimento del progeOo di unificazione.
Il Risorgimento italiano cosCtuisce da sempre uno dei punC temaCci su cui il revisionismo storico del Carroccio si è maggiormente soffermato. E la ricorrenza del 2011 permeOe alla Lega Nord di ribadire a gran voce la messa in discussione del Risorgimento a parCre dalla sua stessa definizione: non processo di rinascita della nazione italiana dopo secoli di divisione, ma guerra di conquista e soOomissione di realtà statuali preesistenC a solo vantaggio della corona sabauda. Come si vedrà in modo approfondito nella seconda parte del capitolo ‐in cui verranno studiaC i nodi del revisionismo storico leghista relaCvo al Risorgimento e alla storia dell’Italia unita‐, la formazione del Regno d’Italia è descriOa dagli intelleOuali e dai divulgatori vicini al Carroccio come fruOo dell’opera della sola casa reale sabauda, appoggiata da forze internazionali e da spinte massoniche. La stessa scelta del 17 marzo come data del ricordo conferma agli occhi della Lega Nord i veri protagonisC dell’esperienza risorgimentale e al contempo la non eccezionalità dello stesso Risorgimento: il 17 marzo 1861 ViOorio Emanuele II, re di Sardegna, viene incoronato primo re d’Italia. Confermando la conCnuità della numerazione regale (pur essendo primo re d’Italia, ViOorio Emanuele rimane II), il sovrano conferma la conCnuità tra il regno di Sardegna e il regno d’Italia. 150 anni fa dunque ‐denuncia la Lega‐ non nasce uno stato ex novo, bensì si assiste «all’estensione del regno di Sardegna che anneOe soOo la sua corona» in termini di colonizzazione altre enCtà statuali di grande spessore poliCco e di lunga durata1.
Patrio2smo
Il richiamo al senCmento di appartenenza alla comunità nazionale italiana, moCvo ispiratore delle celebrazioni, è percepito da «la Padania» quale estraneo ed imposto dall’alto. L’avversità nei confronC della glorificazione di un processo agli occhi della Lega nefasto e per di più realizzato solo dal punto di vista territoriale2, è rincarata da un ulteriore faOore: la presenza dei parCC e
dei movimenC di centro‐sinistra tra le fila dei promotori dei festeggiamenC. «la Padania» fa del sarcasmo sul faOo che «fanno la morale sul patrio-smo personaggi legaC a quella sinistra anitmilitarista che si definiva cosmopolita»3.
Ciò che più lascia interdeOa la Lega Nord è l’appropriazione da parte della sinistra del lessico e dei simboli della patria. La nota più stonata risulta quella tricolore: la presenza nell’iconografia della sinistra della bandiera italiana appare inspiegabile. Com’è possibile ‐ si chiede Borghezio‐ che ora sventolino la bandiera tricolore coloro che «nei meravigliosi anni ’60 [...] erano usi dileggiare e insultare il patrio-smo di noi studenC della “Giovane Italia”, gli unici disposC a usare il tricolore nelle celebrazioni del 4 novembre»4? «Ridicolo
[è] vedere oggi la foga nazionalista di chi chiamava fascisC coloro che erano fieri della bandiera italiana»5.
Gli argomenC interpretaCvi adoOaC della Lega sono i seguenC: (i) è il tentaCvo della sinistra di colmare la propria carenza di idenCtà poliCca aderendo alla moda del momento, al «coro patrioOardo»6; (ii) è il tentaCvo del centralismo
“romano” di frenare la rivoluzione federalista. Le criCche sono indirizzate sopraOuOo al protagonismo che Napolitano riveste nelle celebrazioni: «Per tuOa la vita paladino dell’internazionalismo di stampo sovieCco, eccolo ora pontefice con la stessa iaOanza di un tempo su unità nazionale e annessa adesione obbligatoria ai festeggiamenC. È solo la difesa a spada traOa dell’ancien regime»7 commenta un leOore del quoCdiano. Ma non solo. (iii) Il
Carroccio osserva disgustato che «i nazionalisC neo‐risorgimentali [...] sono nazionalisC a parole [...] Ci tengono tanto poco alla loro ciOadinanza da essere disposC a regalarla a chiunque»8. In altre parole pur facendosi portavoce della
retorica, del simbolismo e dell’iconografia della patria, la sinistra esprime ‐ secondo la Lega Nord‐ un patrio-smo falso. Pur festeggiando la patria, la terra dei padri, essa non la fa oggeOo di difesa dal nemico di oggi, l’immigrazione.
2 «Le radici unitarie di [cui parla] Napolitano si riducono a una unità geofisica dello SCvale, ma dell’unità nazionale, cioè della gente nessuno sviluppo di quelle radici, atrofizzate in quel di Teano». 3 Alessandro Scipioni, (Senza Titolo), in «la Padania», 11 gennaio 2011, p. 10.
4 Mario Borghezio, Fassino e tricolore, un amore tardivo, ivi., 15 gennaio 2011, p.7.
5 Edlira Mamutaj, Qui Toscana. MorganF: io sarò al lavoro e festeggerò il Federalismo, ivi., 17 marzo 2011, p. 10.
6 Pierantonio Ghiglione, Da bandiera rossa al tricolore, ivi., 22 febbraio 2011, p. 8. 7 Leone Meneghin, La difesa dell’Ancien Regime, ivi., 11 gennaio 2011, p. 20. 8 Giuseppe Reguzzoni, Quei patrioAardi che regalano l’Italia, ivi., p.10.
L’idea di patria del centro‐sinistra secondo il Carroccio è un’idea di patria debole, verso la quale la Lega è profondamente criCca. La patria che la Lega Nord ha in mente è, infa-, diversa. Fin dalle sue origini, il fenomeno del leghismo si è connotato, come vedremo più avanC, come un movimento neo‐ nazionalista, capace di portare sulla scena poliCca italiana una simbologia, fruOo di un processo di invenzione di una tradizione neo‐nazionale, con il ricorso a un lessico violento, Cpicamente nazionalista9.
La leOura del processo fondaCvo dello Stato nazionale come guerra di conquista e soOomissione degli StaC preunitaC allo Stato sabaudo, la visione dell’Italia come un paese caraOerizzato da due realtà socio‐economiche disomogenee e l’idea di patria debole proposta dalla sinistra sono i moCvi per cui il 150° anniversario non apparCene, non può appartenere alla memoria colle-va del nord Italia, dice «la Padania». Il SeOentrione viene descriOo sulle pagine del quoCdiano leghista unanimemente contrario alle celebrazioni: i risultaC di sondaggi, condo- a livello sia locale10 sia nazionale11, sono chiamaC
a soOolineare una forte disaffezione nei confronC della realtà statuale unitaria e un rifiuto del principio idenCtario italiano.
Simboli
Reale valore idenCtario è, invece, riconosciuto a comunità altre: non tanto alla comunità macro‐regionale della Padania o del Nord, quanto piuOosto a comunità territoriali minori. Il Nord, infa-, è declinato di volta in volta in base alle appartenenze regionali o provinciali: si parla di bellunesi, veneC, friulani, lombardi, ecc. Insistendo sulla presenza di parCcolarità territoriali, la Lega le assume come carCna di tornasole dell’inesistenza dell’unità storica e culturale italiana a vantaggio, invece, di tante idenCtà e culture locali. L’orizzonte di riferimento e di riconoscimento delle popolazioni del SeOentrione ‐dice «la Padania» a scadenza quoCdiana‐ è la piccola patria. I senCmenC di appartenenza locali escludono quello nazionale. Sono i «ricordi [delle piccole patrie] che vengono tramandaC di padre in figlio, di generazione in generazione e dei quali si discute a tavola, in famiglia, tra amici»12» a essersi
sedimentaC nella memoria colle-va e a sviluppare senCmenC di appartenenza
9 Per un’osservazione del leghismo come fenomeno neo‐nazionalista: Alberto Mario BanC, Sublime
madre nostra, Laterza, Roma‐Bari 2011, p. 205 e Piero Brunello, Bossi, zaini e panini. Cose viste e senFte il 15 seAembre 1996, in «Altrochemestre», 1997, n. 5, p. 53.
Per una criCca di queste posizioni, sopraOuOo di quella di BanC, si veda Massimo Baioni,
Considerazioni a margine di un anniversario controverso, in «Passato e Presente», 2012, n. 86, pp.
83‐93.
10 Un esempio è il sondaggio riportato sul «Corriere della Sera» e commentato da Tommaso VisenCni,
No alle celebrazioni per oAo veneF su dieci, in «la Padania», 8 gennaio 2011, p. 1.
11 Si traOa di un rimando a non specificaC “recenC sondaggi” citato da Stefano B. Galli, Celebriamo il
paese di domani: federale, ivi., 5 marzo 2011, p. 10.
12 Andrea Ballardo, Qui Veneto‐ Zaia: “Partecipo alle celebrazioni solo perché questo è il mio lavoro”, ivi., 17 marzo 2011, p. 9.
descri- come autenCci e in anCtesi ai precari quanto inuCli forzi imposiCvi caraOerizzanC l’anniversario del 150°: «Padani convincetevi, dovete essere Italiani!» è il Ctolo di un arCcolo che risponde polemicamente agli inviC rivolC dal presidente della Repubblica al nord Italia perché prenda parte alle celebrazioni.
Il passato storico delle piccole patrie, pur sopraffaOe dallo Stato unitario italiano, è descriOo ancora forte nella coscienza colle-va locale, tanto da rappresentare non solo il reale orizzonte di appartenenza idenCtaria, ma anche l’oggeOo degno di essere festeggiato. Le storie locali, le storie regionali o meglio ancora le storie dei «popoli regionali» diventano oggeOo di feste
Nel 2010 ad Adro, un paese in provincia di Brescia, la giunta comunale leghista inaugura un isFtuto scolasFco, inFtolata a Gianfranco Miglio. L’edificio e l’arredo scolasFco sono decoraF in modo ossessivo con il simbolo della Lega Nord, il Sole delle Alpi. La cosa suscita una forte polemica nazionale, in quanto un simbolo parFFco va a sosFtuire in una sede isFtuzionale la bandiera tricolore. Le manifestazioni di protesta oppongono al Sole delle Alpi il tricolore italiano.
preesistenC che vengono risignificate oppure di feste create ex novo, a cui viene data parCcolare visibilità, assumendole quali contrappeso della festa del 17 marzo. Alla festa dell’Unità nazionale voluta e imposta da “Roma” la Lega Nord oppone altre celebrazioni, altri simboli, altre narrazioni. L’aOenzione del Carroccio è rivolta a realtà storiche locali sopraOuOo di lunga durata, da commemorare a buon diriOo proprio perché di lunga durata, in contrapposizione alla giovane formazione dello Stato italiano. La realtà locale su cui la riflessione si focalizza è descriOa sempre come una cultura millenaria e con pochi o senza eguali al mondo e la festa in suo onore è un momento indeOo per la sua tutela, per il ricordo del valore del popolo regionale e del «grande passato che ha originato un’idenCtà unica e da preservare»13. In questa prospe-va parCcolare aOenzione è rivolta alla Repubblica di Venezia, da sempre all’interno del pantheon simbolico del leghismo. Il Veneto, riprendendo le parole di Bossi, 13 “SinFF acuile, siniF furlan”. Domani la Patria del Friuli festeggia a Maniago il suo 934° compleanno, ivi., 2 aprile 2011, p. 13.
ha una storia, una lunga storia che viene dalla Repubblica Veneta, la quale ha faOo cose che sono rimaste nella testa dei veneC [...] È proprio una storia a sé dunque e quindi [i veneC] non sbagliano se non hanno da festeggiare [l’anniversario dell’Unità italiana]14.
Altre sono, infa-, le feste per i veneC: in primis il 25 marzo, data di fondazione della ciOà di Venezia. Dal 2007 indicata dal consiglio regionale come giorno della “Festa del Popolo Veneto”, nel 2011 la ricorrenza, a una se-mana dalla giornata delle celebrazioni dell’Unità d’Italia, assume parCcolare enfasi: «più di dieci volte centocinquanta» soOolinea un commentatore del quoCdiano leghista15. In primo luogo «la Padania» presenta la festa come ampiamente ed
entusiasCcamente partecipata: «I veneC non hanno bisogno di incoraggiamenC per senCrsi tali»16, e organizzata all’unisono da tuOe le
province17. E questo è ricondoOo al faOo che la storia di Venezia e del Veneto è
sedimentata nella memoria colle-va in modo forte e posiCvo. Perché? Principalmente per due moCvi: per la lunga durata della realtà statuale della Repubblica e per la sua fortuna economica e mercanCle. Venezia è descriOa quale punto focale dell’economia di tuOa Europa, Rialto come «il cuore dei commerci europei»18, e lo zecchino veneziano come moneta franca acceOata
nel conCnente e nel bacino mediterraneo. La Repubblica di Venezia, dunque, come esempio di economia forte si direbbe:
rifleOere su ciò, in anni di turbolenze e tempeste monetarie, con interi staC sull'orlo del fallimento e banche inondate da Ctoli ben più tossici e radioa-vi di una centrale nucleare giapponese, ci porterebbe a capire quanto grande sia stata la Serenissima e cosa significhi veramente essere autorevoli, credibili, affidabili come Stato.
La credibilità, l’affidabilità e l’autorevolezza in ambito economico e a livello internazionale proprie della Serenissima non sono venute meno con la scomparsa della Repubblica, pare dire «la Padania»; tali caraOerisCche si sono mantenute forC nel “Popolo Veneto”. Gli elemenC della lunga durata e della natura mercanCle sono traslaC dalla realtà statuale della Serenissima all’indole dei veneC.
Co la Festa del Popolo Veneto celebremo la nostra idenCtà, la nostra storia e la nostra cultura. Na idenCtà che ga altri dei suoi tra- disCnCvi nella laboriosità, nella lealtà, nella solidarietà, nella tenacia, nello spirito di sacrificio e che ga permeso a noialri veneC da
14 Paolo ParenC, La cena degli ossi, ivi., 6 gennaio 2011, p. 2.
15 Tommaso VesenCni, Siamo da sempre e per sempre Veneti, in «la Padania‐ Edizione Veneta», 25 marzo 2011, p. II.
16 Ibid.
17 Il calendario degli avvenimenC riportato provincia per provincia punta sopraOuOo su iniziaCve inerenC la storia della “lingua” veneta e sul coinvolgimento ludico delle scolaresche. Le province
celebrano idenFtà e tradizione, ivi., 24 marzo 2011, p. II.
18 Questa come la successiva citazione: Roberto Ciambe-, Buon compleanno, Venezia, ivi., 25 marzo 2011, p. IV.
rivar a certe mete e de vinzer sfide importanC. E sto patrimonio de idenCtà el ga nella lingua a so componente fondamental. [...] E nostre radise e a nostra idenCtà manCen, inoltre, un forte legame coi vaeori crisCani che i nutre sta tera19.
Sulla stessa scia, il 3 aprile è ricordata la nascita della Patria del Friuli, «una delle maggiori potenze dell’Europa centrale e dell’Italia di allora»20, con
una festa (di anno in anno iCnerante per i paesi del Friuli) alla quale «da qualche anno siamo riusciC a dare di nuovo visibilità ed importanza [...] grazie al sostegno delle isCtuzioni, con lo scopo di conservare e valorizzare quelle che sono le caraOerisCche fondanC della nostra gente»21.
Con la miCca fondazione di Venezia e con la nascita della Patria del Friuli nascono ‐agli occhi della Lega Nord‐ il popolo veneto da un lato e il popolo friulano dall’altro, «popoli anCchi»22 che celebrando la fondazione della patria
locale celebrano piuOosto la giustapposizione tra l’uomo e il territorio che l’uomo abita, con tuOe le conseguenze poliCche che tale progeOo comporta. Il filo conduOore delle feste, sia venete che friulane, è l’aOenzione riservata al patrimonio linguisCco regionale. La lingua usata durante le celebrazioni è il dialeOo veneto da un lato ‐Luca Zaia, presidente della regione Veneto, Cene il discorso ufficiale in dialeOo‐, mentre nel calendario celebraCvo 19 Sono le prime parole dell’editoriale di Luca Zaia, Festa grande (e meritada), ivi., p. I. 20 “SinFF acuile, siniF furlan”. Domani la Patria del Friuli festeggia a Maniago il suo 934° compleanno, cit. 21 Friuli, l’orgoglio di un popolo anFco, ivi., 2 aprile 2011, p. 16. 22 Ibid.
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une Provincie che e fâs storie una Provincia che fa storia
Chest librut sempliç al vûl jessi un contribût pe comprension de Fieste dal Friûl. Lu vin pensât par judâ a capî il parcè de sô impuartance e di cemût che cheste ricorence e sedi un pont centrâl ancjemò valit par rin-saldâ i leams dai furlans cu la lôr tiere e la lôr lenghe.
No dome, al serf ancje par dâ infor-mazions sveltis su la atualitât dai valôrs identitaris e sui beneficis che a derivin sedi di un pont di viste sociâl che economic.
Questo veloce libretto vuol essere un contri-buto alla comprensione della Festa del Friuli. L’abbiamo pensato per aiutare a capire il perché della sua importanza e di come que-sta ricorrenza sia un punto focale ancora valido per rinsaldare i legami dei friulani con la loro terra e la loro lingua. Non solo, serve anche a dare delle snelle informazioni sull’attualità dei valori identitari e sui benefici che ne conseguono sia da un punto di vista sociale che economico.
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Siamo Italiani. Ma siamo stati Celti, Romani, Longobardi, Slavi, Tedeschi, Veneziani... E per alcuni secoli, a partire dal 3 aprile 1077,
anche e solo Friulani. Ricordiamo tutte queste nostre storie facendo festa.
Manifesto pubblicitario della festa della Patria del Friuli.
della nascita della Patria del Friuli si susseguono messe in friulano, maratone di leOura della Bibbia nella sua traduzione friulana, concorsi di poesia friulana, giornate di studi linguisCci e così via. Le «lingue locali»23 sono anzi uno dei
moCvi alla base delle feste: «così la Regione tutela la lingua e la cultura»24
delle rispe-ve regioni.
La presenza di un ampio ventaglio linguisCco e dialeOale, a cui la Lega riserva da sempre la propria riflessione, è un’ulteriore tesCmonianza di un’Italia eterogenea non solo linguisCcamente, ma anche culturalmente e storicamente.
Il rapporto tra lingua italiana e diale- è vissuto dalla Lega in termini opposiCvi e la predominanza dell’uno sugli altri è descriOa come il risultato di un processo denigratorio subito dai diale- a causa di un «uso vessatorio e imposto dell’italiano»25, per cui si avanzano ambizioni di riscaOo. La Lega
rivendica ai diale- uno spessore leOerario pari se non superiore a quello della lingua italiana; si presenta come la forza poliCca capace di resCtuire alla “parlata locale” la dignità di cui è stata privata, facendosi erede, nel tradurla in «tutela, riconoscimento giuridico e culturale [del]le tesi di Pasolini sulle lingue locali»26. I diale- umiliaC da un’altra lingua, solo perché imposta dall’esterno e
dall’alto e per di più arCficiale, rappresentano la metafora della subalternità che le piccole patrie hanno dovuto subire in seguito all’unificazione italiana. Le feste dei popoli regionali sono l’occasione anche per negare importanza ai simboli iconografici italiani, primo fra tu- il tricolore. La bandiera nazionale italiana rappresenta da sempre un bersaglio del discorso pubblico leghista, tanto che nel 1996, quando la Lega Nord esprime la sua più radicale proposta secessionista, il governo italiano proclama giornata nazionale il 7 gennaio, in occasione del bicentenario della nascita del tricolore italiano. Pesante si manCene negli anni il linguaggio del Carroccio, in parCcolare del suo leader, nei confronC del simbolo italiano. Nel corso del 1997 Umberto Bossi in occasione di due comizi paragona l’uso della bandiera italiana a quello della carta igienica27: viene denunciato e condannato per vilipendio al tricolore.
23 Con questa espressione la Lega Nord ribaOezza i diale-. Giuliano Procacci analizza la paradossale poliCca linguisCca della Lega Nord in, Carte d’idenFtà. Revisionismi, nazionalismi e fondamentalismi
nei manuali di storia, Carocci Ed, Roma 2005, p. 188.
24 Popolo Veneto, doman xe a to festa, in «la Padania‐ Edizione Veneto»,24 marzo 2011, p. I. 25 Paolo Torino, Il risenFmento per l’unità, in «la Padania», 26 gennaio 2011, p. 13.
26 Giovanni Polli, Sgarbi: parlata locale, lingua del cuore. La Lega ha realizzato l’utopia del grande
Pasolini, ivi., 22 gennaio 2011, p. 1.
27 Bossi a Cabiate (Como) il 26 luglio 1997 dice: «Quando vedo il tricolore mi incazzo. Il tricolore lo uso per pulirmi il culo»; nel seOembre dello stesso anno a Venezia rivolgendosi a una signora ‐la incontreremo più avanC‐ che espone il tricolore dal balcone della sua casa, Bossi dice: «Il tricolore lo meOa nel cesso, signora. Ho ordinato un camion a rimorchio di carta igienica tricolore, personalmente, visto che è un magistrato che dice che non posso avere la carta igienica tricolore».
Nonostante questo, l’aOeggiamento verso la bandiera e lo stato che essa rappresenta si manCene sempre greve28.
Le celebrazioni del centocinquantenario dell’unità d’Italia si aprono ‐non a caso‐ a Reggio Emilia, “la ciOà del Tricolore”, proprio il 7 gennaio 2011, dove il presidente della Repubblica richiama chi ha ruolo di governo al rispeOo del principale dei simboli nazionali. «Nessuno ha intenzione di insultare i simboli dell’unità italiana» risponde «la Padania», ma « il rispeOo si dà nel momento in cui lo si o-ene. E allora analogo aOeggiamento deve essere indirizzato a chi non ha nessuna intenzione di festeggiare [...] perché in quei simboli non si ritrova»29. Al tricolore, dunque, si oppongono altri simboli.
Simbolo della “Festa del Popolo Veneto” è il leone di San Marco. L’occasione per enfaCzzarne l’importanza è “Da San Marco a San Marco”, una staffeOa che parCta dalla provincia di Verona e aOraversando tuOo il Veneto resCtuisce dopo una se-mana il vessillo di San Marco al patriarca di Venezia30.
La bandiera con il leone marciano andante dorato su sfondo purpureo, da sempre all’interno della simbologia prima della Liga Veneta poi della Lega Nord31, è presentata come il simbolo del Veneto intero (il percorso seguito e la
faCca fisica dei partecipanC ne dimostrano il sincero aOaccamento), «un simbolo di unità, un simbolo che [secondo Daniele SCval, assessore regionale all’idenCtà veneta] “va oltre le divisioni poliCche e rappresenta tu- i veneC di qui, come gli altri cinque milioni che abitano all’estero”»32.
La ricorrenza dell’anniversario dell’Unità d’Italia è dunque terreno ferCle per rinvigorire la “guerra tra simboli”, simboli di idenCtà ufficiali ‐come quella statuale italiana‐ e simboli di idenCtà altre o simboli di proge- poliCci. Esempio è quanto succede a Mestre durante la cerimonia funebre di un militante leghista: il parroco respinge la bandiera con leone marciano che avvolge la bara del defunto, vietandone l’ingresso in chiesa in quanto la considera un simbolo poliCco33. Stesso rifiuto si verifica a Mogliano Veneto,
dove la preside di un isCtuto scolasCco provvede a rimuovere la bandiera “del
28 L’ulCmo esempio che suscita nuovamente polemiche è il dito medio di Umberto Bossi riferito a un cantante che fa riferimento al tricolore in occasione della festa della Lega Nord a Besozzo (Varese) nell’estate del 2011.
29 Igor Iezzi, 150 anni dall’unità: no federalismo no party, in «la Padania», 8 gennaio 2011, p. 2. 30 Il Leone fa tappa nel Padovano. Accolto con entusiasmo a Selvazzano il gonfalone di San Marco, in «la Padania‐ Edizione Veneta», 25 marzo 2011, p. II.
31 Per il ricorso al mito di San Marco faOo dal leghismo e per una più generale analisi degli usi del simbolo del leone marciano dalla fine della Repubblica di Venezia fino agli anni Novanta del Novecento si veda Lisa Tempasta, Leoni inventaF: piccola storia di un simbolo conteso, in Alessandro Casellato (a cura di), VeneFsmi. Diario di un gruppo di studio sul Veneto contemporaneo 1997‐99, Cierre Ed., Verona 2000, pp.173‐187. Molto interessante, inoltre, è la riproduzione di alcuni logoCpi del leone alato pubblicata in «Altrochemestre», 1998, ulCmo numero, p. 50.
32 Tommaso VesenCni, Il Leon trionfa a San Marco, in «la Padania‐ Edizione Veneta», 29 marzo 2011, p. II.
Popolo Veneto” issata in una classe da un insegnante34. «la Padania» riporta i
due casi, parlandone in termini di grave censura subita da un simbolo di cui non riconosce alcuna sfumatura poliCca: «Non sCamo parlando della falce e del martello o dello scudo crociato ma di un simbolo idenCtario»35.
La guerra tra appartenenze differenC si riversa anche nelle piazze e nelle targhe che le amministrazioni comunali decidono di affiggere. In questo ambito il quoCdiano del Carroccio dedica aOenzione all’iniziaCva del sindaco leghista di Sona (in provincia di Verona), GualCero Mazzi, di affiggere in piazza della ViOoria una lapide marmorea raffigurante il leone marciano in ricordo del periodo in cui il comune era soOo la dominazione della Repubblica di Venezia. «Si traOa di un omaggio doveroso a un periodo storico in cui si è dato un esempio non indifferente di democrazia»36, commenta il sindaco e «la
Padania» segue entusiasCcamente l’inaugurazione della targa. Questa avviene con un ricco apparato scenografico il 25 aprile 2011, giorno dedicato in casa leghista non alla festa della Liberazione37, ma alla «festa di San Marco e di tu-
i VeneC»38.
Nella stessa piazza, poco più di un mese prima, si erano tenuC i festeggiamenC dell’Unità d’Italia. Il vicesindaco e assessore alla cultura della stessa amministrazione comunale, Gaspare Di Stefano del Popolo della Libertà, (che 34 Leon vietato, legge violata, ivi., 22 aprile 2011, p. IV e El Leon “censurato” a scuola. La lega pretende spiegazioni, ivi., 28 aprile 2011, p. II. 35 Chiesa chiusa al Leon, in «la Padania‐ Edizione Veneta», 2 aprile 2011, cit., p. I. 36 Emanuele Zanini, Scoppia la polemica sulla targa in memoria della Serenissima, in «L’Arena.it», 24 aprile 2011,<hOp://www.larena.it/stories/Provincia 246685__scoppia_la_polemica_sulla_targa_in_ memoria_della_serenissima/>.
37 Il quoCdiano direOo da Bossi non fa alcun riferimento alla ricorrenza della Liberazione dal nazi‐ fascismo.
38 Leon vietato, legge violata, cit., p. IV.
Le due lapidi affisse in Piazza della ViAoria a Sona (Verona).
prende parte anche all’affissione della targa “Sona Serenissima”), il 17 marzo 2011 si era faOo promotore delle cerimonie dell’unità nazionale, apponendo sul muro esterno del municipio un’altra lapide marmorea. Questa onora l’adesione degli abitanC di Sona all’esperienza risorgimentale, fregiandosi del logo ufficiale dell’anniversario del 1861: i tre tricolori, simbolo dei tre cinquantenari trascorsi dall’unificazione.
Leone marciano e tricolore, sintomi di tensioni divergenC, coesistono nella stessa piazza; «la Padania» tace però la presenza della seconda (o meglio della prima, in ordine di deposizione temporale) lapide, mirando a dare una descrizione oleografica del Veneto, come di un territorio interamente contrario alla celebrazione dell’Unità e unanimemente dedito al ricordo del passato veneziano.
La festa dell’Unità d’Italia e la copertura mediaCca che a essa viene riservata sia in termini posiCvi che polemici spinge la Lega non solo a proporre con nuova enfasi feste alternaCve già esistenC. Il Carroccio lavora anche per l’isCtuzionalizzazione di feste e di simboli regionali ex novo. È il caso della Lombardia, dove il consigliere Renzo Bossi avanza in consiglio regionale un progeOo di legge per l’individuazione di una festa e di un vessillo regionali. La proposta leghista, ignorando l’esistenza del simbolo della regione Lombardia definito già dalla metà degli anni SeOanta39, ricade sulla baOaglia di Legano, di
cui si ripropone la data, il 29 maggio, e la bandiera di san Giorgio «che
39 Nel 1975 un’equipe di progeOazione presieduta da grafici del calibro di Bruno Munari, Bob Noorda, Roberto Sambonet e Pino Tovaglia è incaricata di elaborare un marchio «facilmente memorizzabile, riproducibile e fortemente idenCficaCvo di Regione Lombardia». Il risultato è la ripresa sClizzata di un’incisione rupestre rinvenuta in val Camonica e risalente all’età del bronzo. Denominata Rosa Camuna, è tuO’oggi usato come simbolo iconografico della regione Lombardia, bianco su sfondo verde. Per altre informazioni si veda il sito della regione Lombardia: <hOp:// w w w . r e g i o n e . l o m b a r d i a . i t / c s / S a t e l l i t e ? c = R e d a z i o n a l e _ P & c h i l d p a g e n a m e = R e g i o n e %2FDetail&cid=1213273737697&pagename=RGNWrapper#1213273737761>.