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Il control nel diritto ambientale

CAPITOLO I – Libertà di iniziativa economica e tutela ambientale

2. Il modello regolatorio dominante: command and control

2.2. Il control nel diritto ambientale

L’altro elemento attorno al quale ruota il modello regolatorio di

command and control, è costituito dal control, ovvero i controlli e la

successiva attività sanzionatoria posta in essere dalla pubblica amministrazione una volta accertato l’illecito.

È ormai pacificamente riconosciuto il ruolo decisivo, nella definizione degli interessi ambientali, dei poteri di controllo della pubblica amministrazione; gli stessi provvedimenti di autorizzazione configurano un controllo a priori dell’attività autorizzata. Rispetto ai controlli preventivi, sono ancora più decisivi, nel diritto dell’ambiente, i controlli successivi, diretti a giudicare il concreto funzionamento e l’efficacia delle misure adottate114.

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È necessario però sottolineare che, data la centralità dei controlli ambientali assunta nell’ambito di tale politica, l’elemento del control, ad oggi, non va più considerato in un’ottica strettamente repressiva, ma parte integrante di un più ampio sistema finalizzato alla prevenzione e al risanamento generale115.

Nel diritto ambientale i controlli vengono definiti come l’insieme di azioni e atti posti in essere dalla pubblica amministrazione al fine di vigilare e assicurare la conformità di una determinata attività ai modelli di sicurezza pubblica ambientale. Al contempo, la funzione di controllo viene identificata quale funzione, svolta in applicazione dei c.d. poteri di polizia, che investe e attiene alle relazioni con i privati (e relative attività economiche) e che è esercitata, di norma, mediante il rilascio di moduli autorizzatori e/o concessori ed è caratterizzata dall’instaurarsi di un rapporto dei privati con il soggetto pubblico titolare di rilevanti poteri amministrativi, in particolare ispettivi e sanzionatori116. Come precedentemente ricordato,

l’autorizzazione, infatti, instaura una relazione tra soggetto pubblico e soggetto privato caratterizzata dalla presenza di poteri di controllo e di vigilanza in capo all’amministrazione, preordinati alla verifica del rispetto delle condizioni e dei limiti imposti all’esercizio dell’attività consentita mediante atto autorizzatorio117.

L’attività dei controlli, in ambito ambientale, si articola in due momenti: un controllo preventivo e uno successivo. I controlli in forma preventiva richiedono all’autorità pubblica il compimento di un’analisi, appunto, ex ante in merito all’attività da verificare, la quale anticipa la realizzazione dell’oggetto e valuta i requisiti esclusivamente sulla base della rappresentazione meramente teorica proposta dall’istante mediante la

115 Cfr. Ispra, Profili autorizzatori e poteri di controllo della pubblica amministrazione. Profili

generali e di tutela dell’ambiente, cit., p. 155.

116 Cfr. A. Crosetti, I controlli ambientali: natura, funzioni, rilevanza, in Riv. giur. Amb., 2007, V,

pp. 948 ss.

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rappresentazione di un progetto o relazione tecnica. I controlli ex post avvengono, invece, rispetto ad un oggetto ormai venuto ad esistenza, spettando, dunque, all’amministrazione l’accertamento della rispondenza dell’opera rispetto al progetto, nonché la verifica di conformità alle prescrizioni imposte e la valutazione del suo concreto funzionamento118.

Relativamente alla natura preventiva o successiva del controllo, questo può essere distinto in un’attività amministrativa vera e propria, oppure, in un’attività di vigilanza tecnica a contenuto specificamente ispettivo, attraverso conoscenze tecniche che coinvolgono frequentemente soggetti dotati di tali competenze119.

Il controllo ispettivo consiste nell’assoggettamento di un soggetto privato alla potestà della pubblica amministrazione al fine di verificare il rispetto degli obblighi e delle prescrizioni imposte o da norme o da atti dell’autorità ed è, in genere, integrato da funzioni tecniche di vigilanza dirette alla verifica dell’osservanza degli obblighi imposti, oppure all’accertamento dei presupposti di fatto per ulteriori e successivi provvedimenti da adottarsi da parte della pubblica amministrazione120.

Come sopra ricordato, il secondo troncone del binomio command and

control, oltre ad essere formato dai controlli amministrativi, viene integrato

dal regime sanzionatorio, regime che risulta essere eventuale in quanto si applica una volta che il comportamento illecito è stato accertato.

Ogni qual volta che un soggetto tenga un comportamento che si discosti da quanto previsto in ambito ambientale si può configurare un illecito penale, un illecito amministrativo o un illecito civile121.

118 P. Dell’Anno, Diritto dell’ambiente, CEDAM, 2018, p. 176.

119 Cfr. A. Crosetti, I controlli ambientali: natura, funzioni, rilevanza, cit., p. 957; P Dell’Anno,

ibidem, p. 176 ss.

120 A. Crosetti, ibidem, p. 958.

121 Per quanto riguarda gli illeciti civili in ambito ambientale si rimanda alla disciplina relativa al

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L’illecito penale normalmente consiste in un reato di natura contravvenzionale di pericolo presunto, punibile quindi con arresto o ammenda, con funzione preventivo-cautelare del bene ambiente122.

L’illecito amministrativo, che consegue all’inosservanza di adempimenti previsti dalla normativa ambientale o di prescrizioni impartite dall’autorità pubblica a tutela dell’ambiente, prevede una sanzione amministrativa pecuniaria o non pecuniaria (ad es., sospensione dell’attività, revoca dell’autorizzazione)123.

Ai fini di garantire un’efficace tutela all’ambiente l’ordinamento ha voluto riconoscere un ruolo maggioritario al reato ambientale e alla conseguente sanzione124.

Gli accertamenti delle violazioni ambientali rientrano nella competenza generica di tutte le forze di polizia giudiziaria e nella competenza specifica di tutte quelle forze amministrative a cui spettano poteri di controllo in materia.

La competenza allo svolgimento dell’attività ispettiva in campo ambientale è riservata a diversi soggetti pubblici, mancando nel nostro ordinamento un’autorità unica in tema di ispezioni ambientali. In particolare, sono deputati all’esecuzione delle ispezioni: ISPRA e la rete ARPA125; Il

122 La dottrina ha individuato tre principali tipologie di reati ambientali, ovvero: 1) reati che

puniscono l’esercizio non autorizzato o comunque non segnalato di attività rischiose per l’ambiente; 2) i reati che puniscono la semplice inosservanza di precetti extrapenali; 3) i reati che puniscono il superamento dei limiti imposti dalle disposizioni amministrative. In questi casi l’autorità amministrativa fissa dei parametri tecnici convenzionali, in funzione di limiti di accettabilità o concentrazioni limite e il superamento di tali limiti convenzionali viene punito. In questo modo si configura un aspetto alquanto peculiare, il legislatore sottrae al giudice qualsiasi valutazione tecnica, che avrebbe dato luogo a situazioni di incertezza. Il legislatore quindi, pur affidando ruolo primario alla tutela penale, esautora il giudice di qualsiasi potere decisionale in merito. Cfr. R. Zannotti, Il

ruolo della sanzione penale nella tutela dell’ambiente, in Dell’Anno P., Picozza E., Trattato di diritto dell’ambiente. Vol. I. Principi generali, cit, pp. 389 ss.

123 Ispra, Poteri autorizzatori e poteri di controllo della pubblica amministrazione. Profili generali

e di tutela dell’ambiente, cit., pp. 167 ss.

124 Cfr. R. Zanotti, ibidem, pp. 374 ss.

125L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ISPRA, svolge il ruolo centrale di

prevenzione, vigilanza e controllo in materia ambientale. Nell’espletamento dei suoi compiti l’ISPRA si avvale delle agenzie regionali per la protezione ambientali, le ARPA, che svolgono principalmente compiti connessi al monitoraggio e al controllo del territorio e delle attività antropiche, nonché al supporto tecnico-scientifico delle istituzioni locali in materia ambientale.

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Comando Carabinieri per la tutela dell’ambiente; la Guardia di finanza; la Polizia di Stato e la Capitaneria di Porto; l’Agenzia delle dogane; le ASL; la Polizia Municipale.

Riguardo la tutela penale dell’ambiente va ricordato che solo con la l. 22 maggio 2015, n. 68, si è introdotto all’interno del codice penale il Titolo VI-bis rubricato «Dei delitti contro l’ambiente»126. Inoltre, con la sopracitata

legge si è inserito all’interno del TUA la Parte sesta-bis, contente disposizioni in ambito di disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela dell’ambiente127.

L’introduzione di una tutela penale dei reati ambientali è stata molto tardiva, posto in specie che è solo a partire dall’ultimo decennio del secolo appena trascorso si è definitivamente preso coscienza della gravità dei rischi derivanti da uno sviluppo tecnologico e scientifico indiscriminato e si è, costruttivamente, invocata la predisposizione di una risposta punitiva rigorosa e proporzionata alla gravità del danno arrecato al bene ambiente dai fatti c.d. di disastro ambientale.

Il livello di attenzione rispetto alla tematica dei delitti ambientali si è ulteriormente innalzato alla luce di due considerazioni: da un lato, la sempre più frequente ingerenza nelle attività di smaltimento e stoccaggio dei rifiuti della criminalità organizzata di tipo mafioso (attraverso il fenomeno emergente delle c.d. eco-mafie); dall’altro, il difficile bilanciamento delle

L’ISPRA, è stato istituito con la legge 133/2008 di conversione, con modificazioni, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) è un ente pubblico di ricerca, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, autonomia tecnica, scientifica, organizzativa, finanziaria, gestionale, amministrativa, patrimoniale e contabile. L'ISPRA è sottoposto alla vigilanza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Ministro si avvale dell’Istituto nell'esercizio delle proprie attribuzioni, impartendo le direttive generali per il perseguimento dei compiti istituzionali. Fermo restando lo svolgimento dei compiti, servizi e attività assegnati all’Istituto ai sensi della legislazione vigente, nell’ambito delle predette direttive sono altresì indicate le priorità relative agli ulteriori compiti, al fine del prioritario svolgimento delle funzioni di supporto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (fonte: http://www.isprambiente.gov.it/it/ispra).

126 Per un’analisi più approfondita dei reati penali si vedano: G. Rossi (a cura di), Diritto

dell’ambiente, cit., p. 100 ss.; Zannotti R. Il ruolo della sanzione penale nella tutela dell’ambiente,

in Dell’Anno P., Picozza E., Trattato di diritto dell’ambiente. Vol. I. Principi generali, cit., p. 373 ss.

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problematiche ambientali con gli interessi sociali e macro-economici coinvolti da eventuali provvedimenti interdittivi del proseguimento delle attività pericolose, in primis quello alla conservazione dei posti di lavoro di migliaia di dipendenti in aree territoriali già economicamente depresse (si pensi per tutti al noto caso ILVA)128.

Prima del vigore della l. 68/2015 la tutela fornita in caso di danni all’ambiente consisteva nella previsione di una serie di reati di natura contravvenzionale contenuti e disciplinati all’interno del TUA ed in altre normative di settore, quale il d.lgs. 7 luglio 2011, n. 121, di attuazione della direttiva 2088/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente129.

In riferimento alle modifiche del codice penale, la novità più significativa è senza ombra di dubbio l’introduzione dei delitti di inquinamento (art. 452bis c.p.)130 e disastro ambientale (art. 452quater

c.p.)131. Con tali fattispecie viene per la prima volta esplicitamente attribuita

128 G. Amarelli, La riforma dei reati ambientali: luci ed ombre di un intervento a lungo atteso,

reperibile presso:

https://www.penalecontemporaneo.it/upload/1437826548AMARELLI_2015a.pdf

129 La Direttiva 2008/99/CE ha imposto agli Stati membri uno standard minimo di tutela penale,

limitato alla violazione ambientali concretamente lesive del bene ambiente. Le condotte devono essere punite qualora: «provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora» (art.3). La volontà del legislatore europeo è quella (pur non precludendo al legislatore nazionale la possibilità di anticipare comunque la soglia di tutela sul piano del pericolo astratto) di imporre un modello di tutela dell’ambiente che recuperi l’elemento dell’evento di danno o, quantomeno, quello del pericolo concreto. Gli Stati membri infatti devono adottare le misure necessarie per assicurare che i reati ambientali siano puniti “con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive”. Il disegno europeo è stato però disatteso dal d.lgs. 121/2001, d-lgs. Di attuazione della Direttiva in commento, che non ha per nulla modificato l’assetto complessivo della materia, salvo la previsione di due nuovi reati di natura contravvenzionale nel codice penale. Fonte:

http://www.milomb.camcom.it/documents/10157/29221086/17-11-15-tonellotto.pdf/e6052769- 0daa-4cae-a4d3-4e9942ed9f0e

130 Art. 452bis c.p. «E' punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a

euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: 1) delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. Quando l'inquinamento è prodotto in un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata».

131 Art. 452quater c.p. «Fuori dai casi previsti dall'articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un

disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Costituiscono disastro ambientale alternativamente: 1) l'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema; 2) l'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; 3) l'offesa alla pubblica incolumità in ragione della

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rilevanza penale alle ipotesi di contaminazione ambientale, con un significativo ampliamento dell’area di tutela rispetto ai pur estensivi orientamenti della giurisprudenza in materia di delitti contro la pubblica incolumità132. Oltre ai sopracitati reati di inquinamento e di disastro

ambientale sono stati inseriti: il reato di traffico ed abbandono di materiale ad alta reattività (art. 452sexies c.p.); il reato di impedimento del controllo (art. 452septies c.p.); il reato di omessa bonifica (art. 452terdecies c.p.).

La novellata normativa ha, inoltre, previsto l’aggravante ambientale, disciplinata all’art. 452nonies c.p., introducendo così la possibilità di innalzamento delle pene «quando un fatto già previsto come reato è commesso allo scopo di eseguire uno o più tra i delitti previsti dal presente titolo, dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o da altra disposizione di legge posta a tutela dell'ambiente, ovvero se dalla commissione del fatto deriva la violazione di una o più norme previste dal citato decreto legislativo n. 152 del 2006 o da altra legge che tutela l'ambiente [...]»133.

rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo. Quando il disastro è prodotto in un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.»

132 L. Masera, La riforma del diritto penale dell’ambiente, in

http://www.costituzionalismo.it/download/Costituzionalismo_201503_538.pdf , 3/2015, p. 207 ss.

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