• Non ci sono risultati.

Il mancato coordinamento: l’istituto della conferenza di serviz

CAPITOLO II – I principali vincoli ambientali all’attività di impresa

3. I limiti dei procedimenti a valenza ambientale

3.1. I vincoli: le difficoltà applicative della procedura e il problema

3.1.2. Il mancato coordinamento: l’istituto della conferenza di serviz

Come già ricordato, la frammentazione di compiti e funzioni tra amministrazioni pubbliche è un elemento che da sempre ha spinto il legislatore verso la ricerca di moduli di coordinamento tra diversi interessi e competenze. Lo strumento principale individuato per consentire un’adeguata composizione dei poteri amministrativi distribuiti tra le varie pubbliche amministrazioni è la conferenza dei servizi.

La conferenza dei servizi nasce quale istituto di semplificazione e razionalizzazione dell’azione amministrativa che attiene al metodo di svolgimento del procedimento amministrativo. La conferenza, infatti, è il «luogo» dove si concentrano le valutazioni e le posizioni di una molteplicità di pubbliche amministrazioni portatrici di interessi pubblici rilevanti in un dato procedimento amministrativo; qui si favorisce il dialogo, l’interlocuzione tra le stesse fino ad arrivare, tramite anche una composizione di eventuali contrasti che coinvolgono gli enti interessati, ad una decisione in cui l’insieme degli interessi coinvolti trovi ragionevole soddisfazione229.

La disciplina della Conferenza dei servizi è contenuta nella l. 241/1990 e la rilevanza che tale strumento ha assunto nel corso del tempo è evidenziata dalle numerosissime modifiche subite dalla disciplina in commento230.

A seguito dell’introduzione della Conferenza, all’art. 14 della l. n. 241/1990, molte leggi di settore hanno previsto la convocazione della conferenza richiamando tale norma. Il TUA, infatti, prevede che l’autorità competente, ove ritenuto utile, indica una o più conferenze dei servizi ai sensi

229 E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, cit., pp. 514 ss.

230 Tra le modifiche più importanti operate allo strumento della Conferenza dei Servizi si ricordano

quelle effettuate dalla legge 24 dicembre 1992, n. 537; legge 11 luglio 1995, n. 273; legge 15 maggio 1997, n. 127; legge 16 giugno 1998, n. 191; legge 24 novembre 2000, n. 340; legge 11 febbraio 2005, n. 15; legge 18 giugno 2009, n. 69; d.l. 31 maggio 2010, n. 78., convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Da ultimo si segnalano le modifiche operate dal decreto legislativo (di attuazione della legge 7 agosto 2015, n. 124) 30 giugno 2016, n. 127.

98

del sopracitato art. 14 al fine di acquisire elementi informativi e le valutazioni delle altre autorità pubbliche interessate231. Inoltre, molte delle autorizzazioni

uniche vengono rilasciate in seno ad una conferenza di servizi decisoria232.

Lo strumento della Conferenza dei sevizi diventa, quindi, un punto di snodo fondamentale del procedimento amministrativo nel momento in cui entrano in gioco più amministrazioni, più procedimenti teleologicamente collegati e più interessi pubblici che necessitano di un esame contestuale.

Le aspettative del legislatore sono state però deluse in quanto dall’applicazione dell’istituto non sembrano derivare benefici sul fronte della semplificazione procedimentale e della composizione degli interessi, ma, anzi, molto spesso, è diventata sede di scontro e dibattito tra le varie amministrazioni. Il passaggio alla conferenza dei servizi si è trasformato in un ulteriore fattore di allungamento dei tempi dei procedimenti amministrativi233.

I problemi principali inerenti la conferenza sono relativi alle modalità con cui le amministrazioni vi partecipano. Può, infatti, accadere che la stessa amministrazione sia rappresentata contemporaneamente da più di un funzionario e che questi assumano posizioni tra loro divergenti.

Quanto detto ha, per ovvie ragioni, inevitabili conseguenze sulla durata del procedimento.

A tal proposito, è intervenuta la l. 124/2015 che ha introdotto la figura del rappresentante unico delle amministrazioni statali e di tutte le amministrazioni regionali e locali, destinato ad operare in conferenze multilivello in cui sono coinvolte amministrazioni dello Stato ed altri enti

231 Art. 9, co. 2, d.lgs. 152/2006.

232 Si veda a tale proposito l’art. 29 quater, co. 5, d.lgs. 152/2006 in materia di autorizzazione

integrata ambientale – AIA o l’art. 25, co. 3, d.lgs. 152/2006 in tema di valutazione di impatto ambientale – VIA.

233 In questo senso: L. Torchia (a cura di), I nodi della pubblica amministrazione, cit., pp 23 ss;

Aspen Instiute, I maggiori vincoli amministrativi alle attività di impresa: dai casi specifici alle

solzuioni, cit., pp. 27 ss.; E. Scotti, La conferenza dei servizi, in Italiadecide, Rapporto 2015. Semplificare è possibile: come le pubbliche amministrazioni potrebbero fare pace con le imprese,

99

territoriali, in rappresentanza dei soggetti afferenti al medesimo livello territoriale. In particolare, per le amministrazioni statali si prevede espressamente che il rappresentante unico sia il solo soggetto abilitato ad esprimere nella conferenza, definitivamente, in modo unico e vincolante, la posizione di tutte le amministrazioni rappresentate234.

In altri casi, invece, può accadere che le amministrazioni sottoscrivano l’esito della conferenza solo se conforme alle loro aspettative, mentre in caso contrario tendono a porre in essere comportamenti dilatori ovvero a non attuare la determinazione assunta. Questo tipo di condotta è tanto più frequente quando si tratta di amministrazioni titolari di funzioni di protezione (tutela dell’ambiente in primis, ma anche della salute e del patrimonio storico-artistico) il cui dissenso gode di posizione privilegiata rispetto ad altri interessi pubblici o privati235 ed è quindi in grado di «paralizzare» il

procedimento.

Tuttavia, rinunciare alla conferenza è impossibile posto che ci sarebbero comunque procedimenti nei quali più amministrazioni sono chiamate inevitabilmente ad interagire. È risultato quindi necessario ridefinire alcuni tratti dell’istituto, al fine di garantirne un migliore funzionamento nel tentativo di eliminare quelle cattive pratiche che non consentivano di adottare il provvedimento finale serenamente o in tempi celeri.

234 Sul Punto: E. Scotti, La nuova disciplina della conferenza di servizi tra semplificazione e

pluralismo, cit., p. 16 ss;

235 L. Torchia, ibidem, pp 23 ss. Illuminante come l’autrice introduce l’argomento parlando di «Il

coordinamento tra amministrazioni: conferenze senza fine». Altri profili critici inerenti alla conferenza dei servizi sono: a) il funzionamento della Conferenza è ostacolato dalla mancata cooperazione tra le amministrazioni che vi prendono parte: ciascuna amministrazione tende a massimizzare il proprio interesse anziché contemperarlo con gli interessi coinvolti; b) scarsamente effettivo risulta poi il ruolo di coordinamento attribuito all’amministrazione procedente, sia nel dirigere l’andamento dei lavori sia nell’esprimere una sintesi delle diverse posizioni, avvalendosi delle facoltà a essa riconosciute dalla legge; c) i termini previsti per il rilascio per l’adozione dei provvedimenti risultano essere non osservati; d) non sono coinvolti i soggetti privati e le popolazioni interessate nella fase di progettazione; e) è frequente il ripensamento delle amministrazioni rispetto agli accordi stipulati coi privati, o alle determinazioni della conferenza dei servizi. Cfr. E. Scotti, La

conferenza dei servizi, in Italiadecide, Rapporto 2015: Semplificare è possibile: come le pubbliche amministrazioni potrebbero fare pace con le imprese, cit., p. 338.

100

In questa direzione è intervenuto il d.lgs. 30 giugno 2016, n. 127, di attuazione della legge 7 agosto 2015, n. 124. Il principio di semplificazione, peraltro richiamato circa 40 volte all’interno del testo, costituisce uno dei principi portanti della intera disciplina della l. 124/2015. Tre sono gli indirizzi principali che le misure previste nella l. 124/2015 sanciscono con riferimento alla conferenza di servizi: la riduzione del regime di specialità riservato ai c.d. interessi sensibili; il rafforzamento dei poteri dell’amministrazione procedente; la specificazione della disciplina di alcuni importanti istituti di semplificazione già disciplinati dalla l. n. 241/1990236.

L’obiettivo generale della l.124/2015, e del suo decreto attuativo, è quindi quello di porre rimedio ai problemi che si sollevano nel momento in cui, in contesti giuridici di ampio pluralismo, un elevato numero di soggetti pubblici sono chiamati a pronunciarsi. È proprio nei procedimenti complessi in cui le amministrazioni appaiono incapaci di rispettare i tempi dei procedimenti, di assumere una visione d’insieme dell’agire amministrativo e di coordinare e mediare i vari interessi in gioco attraverso un approccio costruttivo e dinamico237.

Ulteriore problema inerente la conferenza di servizi attiene al rapporto che lega il principio di semplificazione e la tutela degli interessi sensibili (quali quelli ambientali, paesaggistico-territoriali, del patrimonio storico- artistico, della salute e della pubblica incolumità), in quanto la semplificazione applicata ai c.d. interessi sensibili incontra non poche limitazioni.

Prima del vigore della l. 124/2015, la soluzione a tale problema era stata individuata nella deroga all’applicazione per le amministrazioni preposte alla cura degli interessi sensibili delle norme di semplificazione,

236 Per un’approfondita analisi sulla l. 124/2015 si veda: G. Vesperini, Le norme generali sulla

semplificazione, in Giorn. dir. amm., 5/2015, pp 629 e ss.; B. G. Mattarella, Il contesto e gli obiettivi della riforma, in Giorn. dir. amm., 5/2015, pp. 621 e ss.

237 Cfr. E. Scotti, La nuova disciplina della Conferenza dei servizi tra semplificazione e pluralismo,

101

come ad esempio quelle relative al silenzio assenso in caso di pareri e valutazioni tecniche, valevoli, invece, per le altre amministrazioni.

Ad oggi, la novellata disciplina prevede che la regola del silenzio assenso trovi applicazione anche alle pubbliche amministrazioni preposte alla cura di interessi sensibili, concedendo semplicemente a quest’ultime un termine superiore, pari a novanta giorni rispetto ai classici trenta concessi alle altre amministrazioni238.

Inoltre, ex art. 14ter, co. 7, l. n. 241/1990 si prevede che si consideri comunque acquisito l’assenso delle amministrazioni, ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico e dell’ambiente, che entro il termine dei lavori della conferenza non si siano espresse nelle forme di legge.

Altro caso che solitamente impediva il rispetto dei tempi procedimentali era l’espresso dissenso manifestato da una delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico artistico o alla tutela della salute e della pubblica utilità. Prima della novella, il dissenso espresso e motivato di una di queste amministrazioni impediva la conclusione della conferenza, in quanto, contestualmente alla manifestazione del dissenso, si determinava l’avvio di un autonomo procedimento da concludersi con la decisione del Consiglio dei ministri (d’ora in poi, C.d.M.), previa acquisizione di una serie di intese. Pertanto, la specialità del regime degli interessi sensibili si risolveva in un aggravamento del procedimento amministrativo239.

La previsione di tale potere sostitutivo era in grado di innescare un meccanismo di cortocircuito per cui, paradossalmente, il potere di decidere veniva spostato alla Presidenza del C.d.M. per decisioni marginali e di poco

238 Sul punto si veda l’art. 3 l.124/2015 che ha introdotto nella l. 241/1990 l’articolo 17bis - «Silenzio

assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici». In dottrina, F. de Leonardis, Il silenzio assenso in materia ambientale: considerazioni

critiche sull’art.17bis introdotto dalla c.d. riforma Madia, in Federalismi.it, 2015.

239 Così prevedeva il vecchio art. 14 ter, co. 6 bis, prime che entrassero in vigore le modifiche ad

102

conto; mentre, nel caso di procedimenti aventi ad oggetto progetti di notevoli dimensioni all’inerzia dell’amministrazione locale si andava ad aggiungere l’inerzia dell’amministrazione centrale, che si sottraeva dal decidere, proprio in virtù dei forti e numerosi effetti che la decisione potrebbe avere sulla comunità locale240.

Il d.lgs. 127/2016 ha previsto una rilevante innovazione del procedimento di composizione dei dissensi qualificati superando la previsione del potere di sostituzione del C.d.M. con una sorta di ricorso in opposizione contro la decisione della conferenza di servizi presentato dalle amministrazioni dissenzienti preposte alla tutela degli interessi sensibili241.

La novellata disciplina prevede che, entro 10 giorni dalla comunicazione della determinazione conclusiva, le amministrazioni portatrici di interessi sensibili possono proporre opposizione al Presidente del C.d.M., a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza. La proposizione dell’opposizione sospende l’efficacia della determinazione motivata di conclusione della conferenza e la Presidenza del C.d.M. indice, entro quindici giorni dalla ricezione dell’opposizione, una riunione con le amministrazioni interessate al fine di raggiungere un accordo. Se viene raggiunta un’intesa tra le amministrazioni partecipanti, l’amministrazione procedente adotta una nuova determinazione motivata conclusiva della conferenza. In caso contrario, la questione viene rimessa al C.d.M. che può respingere l’opposizione, facendo sì che la determinazione conclusiva della conferenza acquisti efficacia, o può accoglierla parzialmente andando a modificare il contenuto delle determinazioni della conferenza anche sulla base delle riunioni svoltesi in precedenza242.

240 L. Torchia (a cura di), I nodi della pubblica amministrazione, cit., p. 24. 241 Art. 14 quinquies l. 241/1990.

242 Cfr. R. Dipace, La resistenza degli interessi sensibili nella nuova disciplina della conferenza di

103

L’innovazione apportata dalla riforma Madia consiste nell’attenuare il valore della delibera del C.d.M. quale strumento di risoluzione del dissenso, ora inteso come atto di extrema ratio, mentre in precedenza il C.d.M. si assumeva la responsabilità, anche politica, del bilanciamento degli interessi effettuato in merito alla rilevanza o meno dell’interesse sensibile243.

La conclusione positiva della conferenza di servizi, nella novellata disciplina, appare come un interesse primario, posto che pur di raggiungere tale obiettivo si arriva ad «anestetizzare» i dissensi, facendo in modo che quest’ultimi possano essere superati direttamente dall’amministrazione procedente, anche in caso di dissensi qualificati.

In sostanza, il significato del dissenso qualificato è totalmente rovesciato e l’amministrazione dissenziente è chiamata ad attivarsi in prima persona. L’opposizione risulta essere, quindi, l’ultimo baluardo per tutelare l’interesse ambientale, o meglio gli interessi sensibili in generale, inoltre, è notevolmente osteggiata e relegata al momento terminale del procedimento amministrativo. Infatti, come detto, il dissenso qualificato non è più elemento ostativo alla conclusione, in quanto l’amministrazione procedente può superarlo semplicemente nella parte motivazionale della determinazione conclusiva della conferenza244.

4. Le problematiche legate alla nozione di rifiuto e al sistema di