• Non ci sono risultati.

La controversia Gombrich – Wollheim

Nel documento Immagine (pagine 40-44)

Vedere qualcosa come qualcos’altro

3. La controversia Gombrich – Wollheim

Certamente, Wollheim non avrebbe accettato di ricostruire l’aspetto ricognitivo dell’esperienza duplice di vedere-in nei termini di un vedere l’immagine nella sua materialità come il suo soggetto, temendo che la sua teoria potesse essere considerata come una variante di una teoria illusionista. Egli stesso sosteneva che un’esperienza di vedere-in e un’esperienza di vedere-come sono irriducibili; la principale differenza è che la prima ma non la seconda è duplice, in quanto consiste, come abbiamo visto, di due aspetti tra loro inseparabili137.

A sua volta il difensore prototipico della teoria illusionista, cioè Gombrich stesso, avrebbe verosimilmente rifiutato una siffatta incorporazione. Come Wollheim, Gombrich espressamente rileva che un’esperienza di vedere-come non può essere ricostruita come (un lato di) un’esperienza di vedere-in perché, a differenza di quest’ultima, l’esperienza di vedere-come non è un’esperienza duplice. Prendiamo, dice Gombrich, il caso paradigmatico di un’esperienza di vedere-come, quello in cui ci confrontiamo con una figura ambigua come la famosa figura anatra-coniglio di Jastrow. Se noi vediamo tale figura come un’anatra, non la possiamo vedere come coniglio, e viceversa. I due aspetti sono dunque alternativi, non complementari138.

Lo stesso per Gombrich è con le immagini. Se vediamo il veicolo dell’immagine, vediamo tale veicolo come un certo oggetto materiale, ma non possiamo vederlo come (l’immagine di) un certo soggetto. Le due esperienze sono alternative. Anche muovendosi avanti e indietro rispetto all’immagine, si potrà avere solo l’una, ma non l’altra esperienza139.

Ora, è vero che, come avevamo ricordato nel precedente capitolo, c’è uno scarto fenomenologico molto importante tra il vedere un’immagine nella sua materialità senza peraltro riconoscerne il valore di immagine, ossia il mero vedere il veicolo dell’immagine, e il vedere l’immagine come immagine, il coglierne il suo valore raffigurativo140. Le due esperienze non sono complementari, ma alternative. Si tratta un

po’ dello stesso passaggio che c’è tra sentire una parola come un mero rumore (per esempio una parola di una lingua che ancora non padroneggiamo) e sentirla come dotata del suo significato. Proprio come, una volta che esperiamo la parola nel suo significato, è molto difficile tornare a sentire la parola come mero rumore, così una volta che vediamo l’immagine come immagine, dotata cioè del suo valore raffigurativo, è molto difficile tornare a vederla come un oggetto materiale tra i tanti. Dunque o abbiamo l’una, o abbiamo l’altra esperienza, ma non tutt’e due simultaneamente.

Eppure, c’è un senso per cui il vedere un’immagine come un’immagine non è affatto in tensione col vedere un’immagine nella sua materialità. Infatti, commenta Wollheim, il vedere un’immagine come immagine è perfettamente compatibile col, anzi sta a fondamento del, vedere un determinato soggetto in quell’immagine, l’esperienza duplice che contiene come suo aspetto costitutivo il vedere l’immagine nella sua materialità, quello che Wollheim chiama l’aspetto configurativo. Nel modo di esprimersi di Wollheim, “vedere y in x può fondarsi sul vedere x come y, ma non per gli stessi valori della variabile y”: la prima volta y è il soggetto dell’immagine, la seconda volta y è l’immagine presa nel suo valore figurativo141. È solo quando cogliamo che

qualcosa è un’immagine che possiamo vederci un soggetto in esso. Anzi, si può ben notare che le due cose coincidano, come il caso già ricordato nel precedente capitolo dell’immagine del dalmata lascia intendere. Non appena qualcuno vede un dalmata in un intrico di macchie bianche e nere, egli vede quell’intrico come un’immagine che ha un dalmata per soggetto.

Dunque, non è la suddetta incompatibilità tra l’esperienza di vedere un’immagine come un oggetto materiale e l’esperienza di vedere un’immagine come un’immagine che preoccupa un sostenitore alla Wollheim della tesi che l’esperienza rilevante per la raffigurazione è un’esperienza duplice, un’esperienza fatta di due aspetti simultanei e inseparabili. Semplicemente, quelle due esperienze sono incompatibili nella misura in cui la seconda corrisponde a un livello di articolazione fenomenologica cui la prima non arriva; dall’esperienza dell’immagine come oggetto materiale si arriva all’esperienza di quello che si potrebbe chiamare un oggetto di ordine superiore, ossia dell’immagine come immagine, l’immagine nel suo valore raffigurativo. Questa è la ragione per cui è così difficile ‘tornare indietro’ e dal vedere un’immagine come immagine rivedere semplicemente l’immagine nella sua materialità. Ma una volta che si sia arrivati al livello fenomenologico richiesto per vedere un’immagine come immagine, si è in grado di avere l’esperienza rilevante per la raffigurazione, l’esperienza che per

l’appunto scatta una volta riconosciuto il valore figurativo dell’immagine. Ebbene, quest’esperienza è proprio un’esperienza duplice, composta in simultanea dalla percezione diretta del veicolo dell’immagine e dall’esperienza indiretta del soggetto dell’immagine; un’esperienza composta dunque dall’aspetto configurativo e da quello ricognitivo. A questo punto, peraltro, quest’ultimo lato dell’esperienza duplice si può ricostruire proprio nei termini di un’esperienza non-veridica nella forma del vedere- come: vedere il veicolo dell’immagine come il soggetto dell’immagine142.

C’è qualche altra incompatibilità esperienziale di cui il sostenitore del vedere-in deve preoccuparsi? Come abbiamo visto, Gombrich costruisce l’incompatibilità relativa tra il vedere il veicolo dell’immagine e l’esperire il soggetto dell’immagine sul modello dell’incompatibilità tra la percezione di aspetti di una figura ambigua, per esempio tra il vedere la figura anatra-coniglio come anatra e il vederla come coniglio. Come già però lo stesso Wollheim aveva intuito143, Gombrich fa indebitamente collassare i due casi.

Mentre il primo caso corrisponde come abbiamo visto ad un’ascesa di livelli fenomenologici, dall’esperienza semplice di un’immagine come oggetto materiale all’esperienza complessa di un’immagine come immagine, il secondo caso corrisponde a un’alternanza di esperienze che si collocano sempre allo stesso livello di complessità, come prova il fatto che esse siano perfettamente reversibili: ora vediamo la figura come anatra, ora la vediamo come coniglio, e viceversa144. Certamente tra queste due

esperienze c’è incompatibilità: non si può contemporaneamente vedere la figura in questione come un’anatra e vederla altresì come un coniglio. Ma, come alcuni hanno notato, non si tratta di un’incompatibilità rilevante ai fini di valutare la struttura di un’esperienza pittorica145. Mentre si vede una figura come un’anatra, si può ben vedere

la figura stessa. Analogamente mentre la si vede come coniglio. Il punto infatti è che, propriamente parlando, ciascuna delle due esperienze in questione è un’esperienza duplice. Nei termini di Wollheim, abbiamo infatti a che fare con due distinte esperienze di vedere-in che fanno però riferimento alla visione diretta della stessa figura: nel vedere una certa figura, una volta si vede anche un’anatra in essa, mentre un’altra volta si vede anche un coniglio in essa. E sono esattamente questi due differenti aspetti ricognitivi che vanno ricostruiti come due componenti esperienziali diversi di vedere- come che ricorrono nella rispettiva esperienza duplice di vedere-in: sullo sfondo del vedere direttamente la stessa figura, una volta si ha anche un vedere quella figura come un’anatra, mentre un’altra volta si ha anche un vedere quella figura come un coniglio.

Rispetto a questo caso, siamo quindi adesso in grado di notare quanto segue. Gombrich avrebbe ragione almeno nel ritenere, in conformità alla versione propriamente sofisticata della teoria illusionista che, come abbiamo visto in precedenza, alcuni gli imputano, che relativamente alla figura in questione abbiamo due esperienze di vedere-come, in cui facciamo ricadere sotto diversi schemi interpretativi concettuali una figura che di per sé, nella sua materialità, non soddisfa né l’uno né l’altro concetto146. Ma per l’appunto niente di tutto ciò è incompatibile con quanto asserito

dalla teoria del vedere-in, nella misura in cui queste due distinte esperienze sono intese come due differenti aspetti ricognitivi appartenenti rispettivamente a due diverse esperienze di vedere-in. In sintesi, nel loro consentire due esperienze distinte di vedere- come, le figure ambigue non fanno altro che moltiplicare quello che normalmente

sembra avvenire una volta sola con le figure; vale a dire, le figure ambigue consentono

molteplici esperienze duplici di vedere-in.

Neppure questo dovrebbe sorprendere Gombrich, il primo a sostenere che tutte le immagini sono intrinsecamente ambigue, ossia che ciò che ha esplicitamente luogo con la figura anatra-coniglio ha implicitamente luogo nel caso delle immagini in generale; a ben considerare, anch’esse si possono vedere in altro modo rispetto al modo canonico147. Semplicemente, il più delle volte per Gombrich siamo così immersi in

un’interpretazione dell’immagine che trascuriamo il fatto che essa si può vedere, quindi interpretare, altrimenti. Secondo alcuni, questo è il vero tratto illusionista della teoria di Gombrich: l’illusione nel vedere l’immagine come un certo soggetto non sarebbe per lui volta a coprire, come si è tradizionalmente pensato, il veicolo dell’immagine, che ci è sempre consapevolmente dato, quanto il fatto che tale veicolo si possa vedere anche diversamente, così da associargli altri soggetti, altre interpretazioni148.

Questa questione è ben esemplificata nella pittura. Da un lato i quadri ambigui di Giuseppe Arcimboldo, quelle facce umane dipinte che sono anche canestri dipinti di frutta e verdura, si comportano come la figura anatra-coniglio nel manifestare espressamente le differenti interpretazioni; dall’altro lato il più delle volte non è scontato che una figura consenta altre interpretazioni, che vanno in qualche modo ricercate. Questo punto è mostrato chiaramente dal caso delle immagini reversibili. Le immagini reversibili sono immagini ambigue, una delle cui interpretazioni è però difficile da scoprire, almeno finché non ci si colloca nei confronti dell’immagine in un’opportuna posizione. Si veda per esempio la seguente immagine. Tutti noteranno in essa la figura di Lenin, ma a ben vedere vi si può scorgere anche la figura di Che Guevara. Ciò risulterebbe lampante se ci collocassimo in alto rispetto all’immagine (o la girassimo). Provare per credere.

Fig. 3 – Immagine reversibile

Come molti hanno notato149, la tesi della duplicità del vedere-in versus la tesi della

singolarità del vedere-come è il punto di maggiore controversia tra Gombrich e Wollheim. Una volta mostrato che tale controversia dipende in buona parte da un fraintendimento reciproco tra i due autori, la teoria del vedere-in e la teoria illusionista almeno nella sua versione propriamente sofisticata sono del tutto compatibili.

IV capitolo

Nel documento Immagine (pagine 40-44)