Capitolo 2 – L’accesso al fatto
2.2 Discrezionalità tecnica
2.2.1 Sindacabilità della discrezionalità tecnica
Pur ammettendo risolta la questione teorica dell’ammissi- bilità di un potere di valutazione tecnica esclusivo della pub- blica amministrazione, il vero problema che assilla la dottrina e la giurisprudenza è quello dei limiti del sindacato del giu- dice amministrativo nei confronti di questo potere. La dottrina è molto divisa sull’argomento, tra chi lo nega in toto e chi lo
142 G. C. SPATTINI, Le decisioni tecniche dell’amministrazione e il sindacato
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accetta con più o meno ampie limitazioni, e addirittura chi ne rivendica uno completamente pieno.
Se fossimo di fronte alla discrezionalità amministrativa pura, c’è, ad oggi, prevalentemente consenso da parte della dottrina maggioritaria e della giurisprudenza, sull’esistenza di ben definiti limiti al sindacato del giudice amministrativo su di essa. In sostanza si tratta di un sindacato di legittimità, estrinseco, che quindi al massimo può spingersi fino all’analisi del vizio di eccesso di potere, sia pure in tutte le sue forme, quindi anche attraverso il controllo sulla “ragionevolezza”143
del procedimento logico seguito dalla pubblica amministra- zione.
Se si tratta di merito, anche in questo caso non sussistono particolari difficoltà: o il legislatore ha previsto in determinati casi l’estensione al merito del sindacato del giudice ammini- strativo, e allora questi può svolgere un sindacato pieno, di- retto sull’attività dell’amministrazione, fino ad un potere so- stitutivo, o non l’ha previsto, e allora non lo può fare.
Quindi la problematicità nasce dal fatto che la discreziona- lità tecnica non è chiaro a quale di queste due categorie dog- matiche possa appartenere. Alcuni sostengono che sia effetti- vamente merito e che sia necessario applicare la relativa disci- plina, dove “l’organo agente è libero di determinarsi secondo apprezzamenti (tecnici, politici o di buona amministrazione) che egli compie attenendosi a criteri o a principi”144 e quindi
143 Concetto introdotto grazie alla giurisprudenza pretoria del Consi-
glio di Stato, allo scopo di limitare l’ampiezza dell’insindacabilità delle scelte della pubblica amministrazione.
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in larga misura insindacabili dal giudice. E’ invece tutta un’al- tra cosa se il “merito dell’atto è invece la necessaria rispon- denza tra il contenuto del provvedimento e il suo risultato, ed è proiezione nell’atto dell’obbligo delle autorità amministra- tive di attenersi, nello svolgimento delle loro azioni, al princi- pio di opportunità”.145
Altra opinione è quella secondo cui potrebbe negarsi in ra- dice la stessa esistenza della discrezionalità tecnica, almeno in quanto autonomo potere di valutazione dell’interesse pub- blico.146 Successivamente si giunge ad introdurre il concetto di
esclusività della competenza riguardo alle “fattispecie legali in cui v’è competenza esclusiva, ma non discrezionale, dell’amministrazione”147
Franco Ledda in un suo saggio148 offre spunti significativi.
Sostiene, in primo luogo, che “la determinazione discrezio- nale non può considerarsi pura applicazione del diritto, nean- che se la applicazione viene intesa nel senso delle dottrine più aggiornate, pressoché concordi nel riconoscere un certo quale spazio all’opera creativa dell’interprete, e quindi del giudice e dell’amministratore”149. Inoltre ritiene che l’amministrazione
per la decisione discrezionale assume come “misura di va- lore” l’interesse pubblico, e che essa costituisca attività allo stesso tempo conoscitiva e creativa, ma che comunque resta essenzialmente diversa da quella dell’interprete, e nelle cui
145 A. AMORTH, op. cit., 18.
146 E. CAPACCIOLI, Manuale di diritto amministrativo, Padova, 1983. 147 E. CAPACCIOLI, Manuale di diritto amministrativo, Padova, 1980, 287. 148 F. LEDDA, Potere, tecnica e sindacato giudiziario sull’amministrazione
pubblica, in Dir. proc. amm., 1983, 371 ss.
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espressioni si manifesta “un potere avente carattere esclusivo, anche se non originario perché fondato necessariamente su una norma attributiva”, solo così è possibile giustificare la ri- serva che viene riconosciuta all’amministrazione alla luce del principio di divisione dei poteri.150 Da ciò si può ricavare la
parziale sottrazione al sindacato giudiziario. Tuttavia, pur ri- conoscendo l’ormai indubbia rilevanza della tecnica nell’eser- cizio del potere amministrativo, per Ledda non appare ade- guata la soluzione per cui “il criterio di giudizio non viene ri- cercato direttamente nella tecnica che dovrebbe applicarsi per la soluzione di questo o quel problema, ma nelle regole co- muni di correttezza e coerenza logica” e tale “sindacato esterno, ancorato a criteri di logica formali, non può di per sé stesso considerarsi sufficiente: neanche il più attento vaglio critico del ragionamento svolto dall’amministrazione può equivalere a una verifica diretta dell’apprezzamento tecnico, e consentire un’appagante risposta in ordine alla questione concernente l’adeguatezza del criterio assunto a base del me- desimo, nonché la correttezza delle operazioni condotte in sede amministrativa”.151 In conclusione la possibile opinabi-
lità di talune valutazioni tecniche non deve far dubitare della possibilità del sindacato giudiziario quanto piuttosto rendere necessaria una determinazione dei limiti del sindacato mede- simo. Ledda conclude affermando che il giudice di fronte al margine di dubbio che non può essere colmato integralmente deve sottoporre le operazioni tecniche a verifica diretta, per
150 F. LEDDA, op. cit., 377-381. 151 F. LEDDA, op. cit., 422-423.
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vagliarne la correttezza, nel caso in cui il giudizio dell’ammi- nistrazione risulti inattendibile, per l’insufficienza del criterio per un vizio del procedimento applicativo, può annullare o disapplicare l’atto; se invece risulti attendibile, anche se opi- nabile, ad esso il giudice non può sostituire un proprio diverso apprezzamento, che risulterebbe anch’esso opinabile.152 Non
lontano da queste considerazioni si pone anche Giampaolo Rossi il quale conclude che “se la valutazione dell’amministra- zione verte sul mero acclaramento di un fatto suscettibile di risultanze univoche, appare possibile che tale valutazione, se errata, sia sostituita dal giudice. Nel caso in cui invece, la va- lutazione tecnica sia stata condotta in base a regole non suscet- tibili di produrre un risultato univoco, il giudice dovrà limi- tarsi a sindacare la plausibilità della scelta dell’amministra- zione, senza però sostituire il proprio giudizio (opinabile) al giudizio (anch’esso opinabile) dell’amministrazione compe- tente”..153
Recentemente, una nuova ricostruzione parte dall’assunto che la complessità e l’opinabilità delle valutazioni tecniche sia in costante aumento anche a causa dell’attuale crisi della legge, crisi determinata in larga parte proprio dell’inarresta- bile pervasività della tecnica, che ha comportato che il legisla- tore si assentasse sempre di più dai suoi compiti e attraverso l’ampio l’utilizzo dei concetti giuridici indeterminati attri- buisse, all’amministrazione, compiti sempre più complessi di bilanciamento di valori e interessi di rango costituzionale. Forte è la critica verso il legislatore da parte di questa nuova
152 F. LEDDA, op. cit., 434.
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ricostruzione,154 perché “il legislatore non dovrebbe mai abdi-
care ai propri compiti di selezione, di graduazione e di sintesi dei valori e degli interessi giuridicamente rilevanti, così come l’amministrazione non dovrebbe contaminare la propria atti- vità di valutazione tecnica con l’esercizio di poteri discrezio- nali”. Condivisibile è senza dubbio la differenziazione delle due attività, quella di valutazione tecnica e quella discrezio- nale, ma forti perplessità desta l’altro assunto riguardo al rap- porto tra legislatore e amministrazione. Ovvero quello per cui, nei casi in cui l’amministrazione non riuscisse a trovare nella legge una guida abbastanza chiara per lo svolgimento delle proprie attività, si dovrebbe solo constatare il fatto che il legi- slatore non ha adempiuto ai suoi compiti, senza ritenere che l’attività interpretativa dell’amministrazione stessa sia trasfor- mata nell’esercizio di un potere. In questo senso l’attività dell’amministrazione è ridotta a mera interpretazione della legge, quando invece si deve ritenere che faccia ben altro: nel caso dell’attività vincolata applica la norma, nei casi di attività discrezionale persegue un interesse pubblico normativamente determinato, nei modi che sono lasciati ai margini di scelta dell’amministrazione (come la stessa legge prevede); il che non esclude che prima di esercitare un potere vincolato e di- screzionale non sia necessaria un’operazione di tipo ermeneu- tico, ma essa è preliminare all’esercizio del potere, non ne co- stituisce il fulcro come nella giurisdizione, l’amministrazione
154 M. RENNA, Giusto processo ed effettività della tutela in un cinquantennio
di giurisprudenza costituzionale sulla giustizia amministrativa: la disciplina del processo amministrativo tra autonomia e “civilizzazione”, in Diritto amministra- tivo e Corte costituzionale, a cura di D. DELLA CANANEA – M. DUGATO,
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non è un giudice. In aggiunta si deve ritenere che se il dispo- sitivo della legge non fosse abbastanza chiaro ed esplicito, sa- rebbe comunque compito dell’amministrazione provvedere agli interessi collettivi, altrimenti incorrendo nella fattispecie di “denegata giustizia”.155