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Software di analisi etnomusicologica: modelli di pensiero

2. CORPO, STRUMENTO, MENTE

2.1 Limiti Fisici

L’orecchio umano è uno strumento di indagine potente, ma imperfetto. Esistono alcuni limiti fisici alla nostra capacità di ascolto: tra i più noti, le barriere delle fre- quenze di udibilità e l’incapacità di riconoscere la pre- senza di una frequenza ad ampiezza ridotta se molto vicina ad un’altra ad ampiezza più elevata. L’orecchio umano ha inoltre alcune difficoltà a rilevare persino il volume reale di un suono: al variare della frequenza fondamentale di quel suono, l’orecchio tende a percepi-

re un grado di pressione sonora differente.2

L’orecchio umano è inoltre facilmente portato all’errore anche a causa dell’insieme delle nostre abitu- dini uditive. E’ stato dimostrato3 con esperimenti di

psicologia che in condizioni normali fatichiamo a rico- noscere pattern differenti rispetto a quelli a cui siamo abituati. Anzi: tendiamo quando possibile a ricondurre il diverso al già noto: è il motivo per cui saremmo nor- malmente più disposti a pensare che un cantante sia stonato piuttosto che immaginare che sia intonato su un sistema differente di rapporti scalari rispetto al nostro sistema temperato.

Certamente seguire ciò che ci consiglia l’orecchio, nella vita di tutti i giorni, è essenziale: ci aiuta a muo-

1

Per maggiori informazioni sul programma vedi [4].

2 Per una introduzione ai problemi di acustica musicale, e per mag-

giori riferimenti bibliografici, consiglio [26].

3 Per una introduzione generale ai più recenti sviluppi della psicologia

della mente, e per maggiori riferimenti bibliografici, consiglio di partire da [16].

Copyright: © 2016 Lorenzo Vanelli. This is an open-access article distributed under the terms of the Creative Commons Attribution License 3.0 Unported, which permits unrestricted use, distribution, and reproduction in any medium, provided the original author and source are credited.

verci con consapevolezza nel paesaggio sonoro che ci circonda, a interpretarlo e dargli significato, quindi ad interagire con esso. Fidarsi delle proprie abitudini uditi- ve non è però ammissibile quando bisogna cimentarsi nell’interpretazione di musiche basate su sistemi anche solo parzialmente diversi dal proprio: in tal caso gli schemi abitudinari diventano un intralcio, e la comples- sità del reale si fa ancora più criptica.

Interpretare sistemi musicali diversi dal proprio ri- chiede quindi un’operazione complessa: si tratta di rico- noscere le proprie abitudini uditive, lottare con esse e cercare di ampliarle a nuove prospettive; capire quali sono gli elementi e gli schemi su cui si articola il discor- so musicale altrui e cercare di farli propri. Questo pro- cedimento può essere semplificato e, anzi, coadiuvato dall’uso consapevole di alcuni strumenti informatici.

2.2 Strumenti di Analisi

Seguire il flusso di un evento musicale richiede di inve- stire l’interezza del proprio corpo nell’atto. Non si ascolta solo con le orecchie, ma ci si coordina con l’atto sonoro anche con il corpo: annuendo con il ritmo, bat- tendo le mani, muovendo gli arti, cambiando respirazio- ne. L’ascolto è quindi a pieno titolo una tecnica corpo- rale.

Che l’apporto strumentale comporti un ampliamento delle tecniche corporali non è certo una novità. L'antro- pologia delle culture materiali ha già da tempo ragiona- to sul modo in cui gli oggetti possono diventare, attra- verso l'uso, parte integrante del nostro corpo. Vi sono, in proposito, due utili esempi.4 Uno è quello del non

vedente, la cui percezione si lega indissolubilmente al suo bastone, prolungamento sensibile del braccio. L'al- tro è quello dell'autista alla guida di un’automobile. Warnier [27] lo riassume così: “un buon automobilista [..] è qualcuno che ha dilatato la sua sintesi corporale all'insieme della vettura o, ancora, che ha incorporato la dinamica della vettura alle sue proprie condotte motri- ci.”

La notazione musicale è, in musicologia, uno stru- mento. Attraverso lo studio delle partiture è possibile “dilatare la propria sintesi corporale” al contenuto di un’opera musicale. Questa operazione, nel caso delle musiche afferenti alla tradizione occidentale scritta, trova fondamento nel fatto che sono state esse stesse concepite dagli autori all’interno di un sistema di pen- siero che fa della notazione su pentagramma e del lavo- ro attraverso la partitura un luogo privilegiato di com- posizione. In tal senso, musicologi e compositori, nel riferirsi alla partitura, parlano la stessa lingua, si espri- mono e ragionano attraverso lo stesso schema concet- tuale, le cui peculiarità sono il frutto di una sedimenta- zione storica di convenzioni.

Uno dei nuclei fondamentali di questo schema ne prova le peculiarità. Si tratta del concetto, pratico tanto quanto analitico, di “nota”, ovvero un suono ad una certa altezza che si sviluppa per una certa durata, calco-

4 Entrambi riassunti nell’introduzione a [27], a cui tra l’altro rimando

qualora qualcuno fosse interessato ad espandere sull’argomento, assieme ai volumi [9, 10].

late secondo procedimenti di semplificazione matemati- ca del reale: la prima corrisponde ad una posizione in

hertz rispetto ad una scala temperata, la seconda ad una

suddivisione in frazioni semplici del tempo unitario di una battuta. Al netto delle acciaccature, trilli, vibrati, glissati, e così via, comunque intesi come elementi ag- giunti ad essa, la nota ideale rimane sensibilmente stabi- le ad una certa altezza per un certo tempo.

Un concetto come quello appena descritto è chiara- mente funzionale ad alcuni scopi analitici, ma non a tutti. Essere consapevoli delle potenzialità e dei limiti degli strumenti che si usano è il primo passo per usarli al meglio.

2.3 Sensibilità e Approssimazione

Esiste un concetto fondamentale nel campo delle scien- ze naturali, ed è quello di “sensibilità dello strumento”. Per raccogliere dati è necessario usare lo strumento giu- sto per l’oggetto che vuol esser misurato, sia come grandezza misurata (un metro da sarta non è adatto per misurare una corrente elettrica), sia come sensibilità e portata (un metro da sarta non è adatto per misurare le dimensioni dei componenti di un microprocessore).

Usare strumenti di misurazione significa lavorare ad una modellizzazione del reale, ovvero alla riduzione della sua esacerbante complessità a strutture più sempli- ci, afferrabili, comunicabili. Nessuno si sognerebbe di dire alla sarta che per misurare la stoffa ci vuole per forza un calibro: il suo strumento è perfettamente adatto allo scopo. L’importante è tenere a mente le peculiarità dell’operazione di scelta dello strumento stesso. In que- sto senso, trascrivere su un pentagramma un brano ap- partenente ad una tradizione non scritta può avere le sue utilità: permette di ridurre un brano complesso ad alcuni dei suoi aspetti, in particolare permette di ragionare in modo rapido e efficace sulle proprietà generali delle linee melodiche, sui rapporti armonici tra le voci o gli strumenti. Al tempo stesso, però, la sensibilità limitata dello strumento di trascrizione obbliga a tralasciare tanti piccoli aspetti apparentemente minori di un evento acu- stico complesso.

Una partitura non può dar conto direttamente del timbro, che è lasciato all’immaginazione. Inoltre, seppu- re esistano segni grafici che cerchino di sopperire a que- sto tipo di limitazioni, una partitura non può dare del tutto conto delle caratteristiche di intonazione dei suoni, non sempre in perfetto accordo con la nostra scala tem- perata. Infine, anche sfruttando una scrittura mensurale, è facile che qualcosa delle peculiarità ritmiche del brano originale vada a perdersi.

2.4 Phonophotography

Nel 1908 Dayton Miller [11] produsse il primo prototi- po di un macchinario in grado di convertire analogica- mente una fonte audio in un grafico, sfruttando la lettura delle oscillazioni di una luce riflessa su uno specchio a sua volta messo in vibrazione da onde sonore. Seppure si trattasse ancora di una procedura piuttosto costosa e laboriosa, iniziò quasi subito a dare dei risultati di rile- vante interesse accademico. Una delle prime pubblica-

zioni che facevano ampio uso di tale sistema di trascri- zione visuale delle tracce audio fu Phonophotography

in Folk Music di Milton Metfessel e Carl Seashore [14].

Da allora il metodo è stato utilizzato in innumerevoli pubblicazioni scientifiche, la cui disamina richiederebbe altri spazi ed altri tempi.

E’ però solo con l’arrivo della rivoluzione informati- ca che il processo di traduzione in veste grafica di tracce audio è diventato più immediato e approfondito. Pren- diamo ad esempio il programma Sonic Visualiser: le potenzialità e funzioni del programma sono numerose, perciò mi limiterò ad indicare quelle inerenti al nostro caso di studio.5

Una volta caricato un file audio, un sistema a layers permette di aggiungere in sovrimpressione nuovi livelli di lavoro, automaticamente sincronizzati lungo l'asse orizzontale del tempo. Tra questi layers il più utile ai fini del nostro caso di studio è il melodic range spectro-

gram: tale spettrogramma è composto da un grafico con

tempo t (lineare) sull'asse delle ascisse e frequenza f (lineare o logaritmica, a scelta)6 sull'asse delle ordinate.

Un diverso livello di colore segnala l'intensità della fre- quenza componente nel punto (t,f) corrispondente della registrazione.

I parametri di scala sono regolabili a piacere. Si noti che il programma permette anche alcune manipolazioni dell'immagine per superare eventuali difficoltà operati- ve. Un problema tipico, lavorando con documenti sonori datati, è legato al pessimo stato di conservazione di cer- te registrazioni della prima metà del '900: in esse tutta la zona delle frequenze fondamentali dei suoni è comple- tamente coperta dal rumore di fondo dovuto all'usura del disco di supporto originale. Se la frequenza fonda- mentale non è più visibile (o lo è solo in parte), è in genere però possibile ricorrere alle tracce degli armonici superiori, il cui profilo è esattamente lo stesso del suono principale, permettendo così lo stesso di svolgere consi- derazioni analitiche.

I valori dei parametri risultanti dalle analisi possono essere esportati in una serie di tipi di output. É possibile salvare una sezione dell'immagine su cui si sta lavoran- do in un file png la cui altezza in pixel è fissa, permet- tendo eventualmente un rapido accostamento di imma- gini differenti. Inoltre, tutti i layers contenenti oggetti possono essere esportati in un file dati ed utilizzati su altri programmi di elaborazione. Per lavorare sulle im- magini prodotte dal programma ho prodotto, assieme ad Alberto Malagoli, ingegnere informatico dell'Università di Modena, un programma in grado di aggiungere una griglia personalizzabile alle immagini png,7 grazie alla

quale ragionare più agevolmente sulle altezze dei suoni

5 Tra le altre funzionalità, segnalo anche un layer che permette di

posizionare dei marcatori in istanti di tempo notevoli nell'incedere della registrazione, e un utile strumento di modifica della velocità di riproduzione, che permette un accurato ascolto dei più minimi detta- gli ritmici.

6 Ai fini di uno studio musicologico, una visualizzazione con scala

logaritmica sull'asse y dà un risultato visivamente più intuitivo, eli- minando l'effetto di distorsione dato dall'aumento esponenziale della frequenza con il crescere del suono.

7 Il programma è gratuitamente utilizzabile all’indirizzo [29].

rispetto alla tipica scala temperata, e ottenere informa- zioni sulle distanze tra essi in cent.

E’ evidente che le funzionalità del programma sono molteplici. E’ un buon strumento di indagine? Misuria- molo su un caso esemplare.