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SCIENTIFICA PER LA CONSERVAZIONE ATTIVA DI DOCUMENTI SONOR

Alessandro Russo Dip. di Ing. dell’Informazione

Valentina Burini Dip. di Ing. dell’Informazione Università di Padova

russoale@dei.unipd.it

Sergio Canazza Dip. di Ing. dell’Informazione

Università di Padova canazza@dei.unipd.it

Università di Padova v.burini@hotmail.it

Antonio Rodà Dip. di Ing. dell’Informazione

Università di Padova roda@dei.unipd.it

ABSTRACT

In questo articolo sono presentati i risultati del progetto di ricerca finalizzato alla conservazione, al restauro e alla digitalizzazione di 200 documenti sonori provenienti dal Fondo dell’Archivio Storico del Teatro Regio di Parma. Il progetto è stato affidato nel 2015 ad Audio Innova Srl, spin off dell’Università degli Studi di Padova, presso i laboratori del Centro di Sonologia Computazionale (CSC) del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione. Le bobine riversate sono relative alla stagione concertistica in programmazione al Teatro Regio nel biennio 1991-1992. I nastri, registrati con un magnetofono Revox PR99, contengono materiale inedito di grande valore artistico- culturale. Il progetto è passato attraverso diverse fasi di lavoro, dall’ottimizzazione e il restauro del supporto alla conversione A/D dell’informazione sonora. In particolare, grande attenzione viene rivolta alla raccolta dei metadati, applicando una metodologia che permetta di ottenere una copia conservativa tale da rispecchiare il documento sonoro nella sua interezza con la minor perdita di informazione e non si limitasse al solo segnale audio.

1. INTRODUZIONE

Quando si parla di bene culturale è di fondamentale importanza chiedersi che cosa si intenda con questo termine. Una prima definizione venne proposta dalla Commissione Franceschini nel 1964 [1]. Essa sottolinea

come a questa categoria appartengano i «beni d’interesse

storico, archeologico, artistico, ambientale, archivistico, librario, nonché – più in generale  «qualsiasi altro bene che costituisca testimonianza materiale avente valore di civiltà». Una importante categoria di beni culturali è

costituita dai cosiddetti beni culturali audiovisivi. Si tratta

di una categoria relativamente “giovane”, ma

estremamente vasta per contenuti e informazioni, di giorno in giorno in continua espansione ed evoluzione. Nel 1877, infatti, Thomas Edison inventò il primo apparecchio in grado di registrare suoni, il cilindro fonografico, brevettato poi nel 1878. Da quel momento in poi si sono succedute numerose invenzioni e nuove tecniche di registrazione, fino ad arrivare, nel 1935 in Germania, al primo magnetofono [2], strumento in grado di registrare e riprodurre informazioni sonore aventi come supporto un nastro magnetico. Sebbene nel corso degli anni, soprattutto grazie all’introduzione del formato digitale, il progresso scientifico abbia portato allo sviluppo di nuovi format i, tecnologie e tecniche di registrazione, ancora oggi la qualità delle registrazioni su nastro è considerata da molt i audiofili insuperabile. Che si tratti di composizioni o esecuzioni musicali, registrazioni di carattere politico, antropologico o scientifico-divulgativo, esiste un’enorme eredità culturale su nastro che deve essere conservata e preservata dal trascorrere del tempo. Malgrado i nastri magnetici siano stati prodotti con diversi materiali nel corso degli anni, hanno mantenuto la caratteristica di essere supporti deperibili, che possono andare incontro a fenomeni di degrado molto rapidi. Non bisogna

dimenticare come numerosi fenomeni di degrado

fisico/chimico possano portare, nei casi più gravi, all’impossibilità di lettura della stessa informazione audio, oltre che alla perdita del supporto. Negli ultimi anni si

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sente molto parlare della cosiddetta corsa alla

digitalizzazione [3]: si tratta senza dubbio di un processo

di grande importanza culturale, in quanto permette di estrarre e preservare informazioni da supporti orma i obsoleti ed archiviarle in formati moderni. Il termin e “corsa”, però, ne denota una connotazione negativa in quanto spesso porta al fenomeno della “digitalizzazio n e massiva”, noncurante di molti aspetti fondamentali per una corretta conservazione dei documenti sonori. Tra questi aspetti vi è, per esempio, la tendenza a considerare importanti solamente il segnale audio, trascurando i supporti. Da un punto di vista culturale non bisogna

dimenticare che essi costituiscono, infatti, una

testimonianza importantissima dello stato del progresso

scientifico-tecnologico del tempo di interesse. Il

documento sonoro va infatti considerato nella sua interezza, così come un manoscritto è costituito da pergamena e inchiostro e, come tale, deve essere

preservato. A questo proposito, va ritenuta di

fondamentale importanza tutta una serie di metadati che completa la copia conservativa e permette di archiviare , oltre i file audio, informazioni importanti per la ricreazion e del documento sonoro virtuale. Nel corso degli anni ’80- ’90, la digitalizzazione era considerata una pratica

finalizzata principalmente all’accesso a materiale

particolarmente raro e/o distante e non alla conservazione [2]. Smith riprende nuovamente questo concetto nel 1999, ribadendo come la pratica non sia finalizzata alla conservazione dei documenti - “at least not yet” [4]. La digitalizzazione è una pratica che viene ormai accettata dalla comunità internazionale come parziale soluzione al problema del degrado dei supporti. Una volta ottenuta una copia conservativa digitale, infatti, è possibile ascoltare l’informazione estratta senza sottoporre ogni volta il documento sonoro a stress meccanici, che rischierebbero di aggravare ulteriormente situazioni spesso già critiche. Oltre a preservarne il contenuto, la digitalizzazio n e permette la fruibilità dell’informazione audio in larga scala consentendo, ad esempio, l’accesso a documenti materia li ora archiviati presso piccole realtà locali, rendendoli virtualmente raggiungibili da un sempre maggior numero di persone grazie alla rete web. La quasi totale mancanza di caratterizzazione delle differenti tipologie e marche di nastro, così come di linee guida condivise per la loro conservazione, è un punto di interesse verso cui guardano le comunità archivistiche internazionali. Nell’artico lo vengono presentati il progetto e lo scenario in cui si colloca (2), la strumentazione e la metodologia adottata (3), lo stato di conservazione dei nastri magnetici (4) e la creazione delle copie conservative (5).

2. IL PROGETTO

Il progetto di restauro e digitalizzazione dell’Archivio storico del Teatro Regio ha visto una prima fase portata avanti dal Laboratorio “Mirage” dell’Università di Udine a partire dall’anno 2014, grazie alla quale sono stati riversati circa 300 nastri da 1/4" relativi al periodo di

tempo compreso tra il 1961 e il 1989. Una seconda fase ha

visto affidare il progetto di digitalizzazione e restauro del secondo lotto di nastri magnetici da Audio Innova Srl., spin off dell’Università degli Studi di Padova. Il lavoro è stato svolto all’interno dei laboratori dello storico Centro di Sonologia Computazionale (CSC), attivo dal 1979 e dal

2009 parte del Dipartimento di Ingegneria

dell’Informazione (DEI) dell’Università di Padova con il nome CSC - Sound and Music Computing Group. Il progetto interessa 200 nastri relativi alle rappresentazioni messe in scena nel Teatro Regio nei primi anni ’90. Di ogni opera i tecnici del Regio tennero memoria attraverso la registrazione su nastro magnetico anche delle prove e delle successive repliche, documenti utili da un punto di vista musicologico nell’individuazione di elementi significativ i delle diverse rappresentazioni. I nastri denotano una direzione artistica della stagione concertistica registratavi fortemente legata alla tradizione operistica parmense, come il caso della Luisa Miller di Verdi, l’opera che ha segnato per il compositore di Busseto il passaggio ad uno stile compositivo più maturo, ma attenta anche all’allo ra scenario cantautorale proponendo inoltre, tra i tanti, concerti di Giorgio Gaber e Ivano Fossati.

2.1 L’Archivio del Teatro Regio di Parma

Il fondo del Teatro Regio di Parma è diviso in due sezioni, una relativa agli anni 1816 – 2001, custodita presso il Servizio Casa della Musica di Parma, e l’altra dal 2001 ad oggi, presso il Teatro Regio. Oltre alle registrazion i audio/video delle rappresentazioni messe in scena, il corpus del materiale archiviato comprende anche ritratti e fotografie degli artisti, manifesti, figurini, bozzetti, progetti tecnici, spartiti musicali a stampa e manoscritti, stampe e fotografie di interpreti e compositori, libretti, periodici, costumi e gioielli di scena provenienti da donazioni, lasciti e depositi.

2.2 Lo Scenario

L’obsolescenza e il degrado dei supporti sono alcuni dei maggiori problemi con cui gli archivi di tutto il mondo si devono confrontare, di conseguenza le metodologie di conservazioni sono da considerarsi valide per la grande maggioranza dei casi. Tuttavia bisogna sottolineare come vi siano in realtà due principali tipologie di archivi. L’Archivio del Teatro Regio di Parma è un esempio rappresentativo del tipo di archivio maggiormente diffuso in Europa, che si contrappone alla tipologia caratteris tica che è possibile ritrovare in Stati relativamente più giovani quali gli Stati Uniti, il Canada e l’Australia. La principale differenza risiede nel fatto che, mentre in Europa sono presenti numerosissimi archivi di piccola o media dimensione, negli Stati sopracitati vi è una generale tendenza alla centralizzazione, con pochi archivi d i grande dimensione. A livello europeo costituiscono esempi di eccezioni la British Library di Londra e l’Institut National

Audiovisuel di Parigi [5]. Se le ragioni di questa divisione

ambito europeo delinea una generale frammentazione del patrimonio archivistico culturale. In questo scenario, la digitalizzazione permette di ovviare al problema, in quanto, a partire dai file archiviati, è possibile creare un network di condivisione delle risorse che permetta la ricreazione virtuale di collezioni in realtà frammentat e , nonché una maggiore facilità di accesso.

3. STRUMENTAZIONE E

METODOLOGIA

Il metodo di lavoro messo a punto e consolidato all’interno del Centro di Sonologia Computazionale può essere riassunto nelle seguenti fasi [6]:

1. Preparazione del supporto 1.1 Documentazione fisica 1.1.1 Fotografie 1.1.2. Scansioni 1.1.3 Analisi dati 1.2 Ispezione visiva

1.3 Ottimizza zione del supporto 2. Riversamento del segnale (Figura 1)

2.1 Analisi dei formati/parametri di registrazione 2.2 Setup del sistema

2.2.1 Strumentazione per la lettura (es.

registratore a bobine)

2.2.2 Strumentazione per il riversamento A/D (es. convertitori, software di acquisizione, sistema di monitoraggio, …)

2.3 Monitoraggio 2.4 Analisi dati

2.5 Archiviazione del supporto di origine 3. Elaborazione dei dati e archiviazione

3.1 Estrazione dei metadati

3.2 Completamento della copia conservativa

Con questa metodologia sono stati avviati diversi progetti di digitalizzazione e restauro di documenti sonori, sia a livello nazionale, come ad esempio il progetto REVIVA L (REstoration of the VIcentini archive in Verona) della Fondazione Arena di Verona [7], l’intero Archivio Luig i Nono di Venezia (in corso) che internazionale, come il progetto relativo ai nastri inediti di Luciano Berio [8], finanziato dalla Paul Sacher Stiftung di Basilea (in corso). Oltre ai documenti sonori di carattere compositivo sono

stati completati progetti relativi agli ambit i

dell’etnomusicologia e della pedagogia, come la digitalizzazione del materiale raccolto nei suoi studi da Johannella Tafuri. Per la lettura delle bobine sono stati utilizzati due differenti modelli di magnetofono, entrambi di qualità professionale, uno Studer A810 e un Revo x PR99 MkII. Le letture sono state effettuate con curva di equalizzazione CCIR in quanto standard maggiorment e

diffuso in Europa, nonché l’unica presente nel

magnetofono Revox PR99 utilizzato dai tecnici del Teatro Regio per le registrazioni. Prima di procedere con il riversamento, essendo le bobine dell’intero lotto riavvolte in testa, i nastri sono stati svolti e riavvolti a velocità controllata, così da verificarne lo stato di conservazione e la capacità di resistere allo stress meccanico. La conversione A/D è stata effettuata attraverso due interfacce audio professionali commercializzate da Prism Sound, in particolare il convertitore λύρα, interfacciato con un iMac Intel Core i5 3470, 2,9 GHz, 8 GB RAM DDR3 con sistema operativo OS X 10.9.5 e il convertitore Ὀρφεύς interfacciato via Firewire ad un iMac Intel Core i5 4570R, 2,7 GHz, 8 GB RAM DDR3 con sistema operativo OS X 10.9.5. Come software per l’acquisizione è stato scelto Adobe Audition CS6. Il riversamento è stato effettuato in maniera consona agli standard internazionali [2], con una frequenza di campionamento di 96 Khz e una profondità di 24 bit e con livello di acquisizione 0 dBu = -18dBFS.

Figura 1. Schema di riversamento dei supporti magnetici.

La principale funzione di una copia conservativa è quella di sostituire il documento di origine e permettere l’accesso alle informazioni qualora venisse perduto o ne risultasse impossibile la lettura. Di conseguenza è di fondamentale importanza che esse non si limitino ai singoli file audio, bensì permettano di ottenere un quadro il quanto più possibile completo di quello che era il documento sonoro originale nella sua interezza. Una particolare attenzione è stata infatti rivolta alla raccolta dei metadati, affinché le copie conservative realizzate contenessero la maggior quantità di informazioni possibili. Per la creazione delle copie di accesso e la raccolta dei metadati è stato utilizzat o il software PSkit [9, 10]. In una copia conservativa è importante distinguere il concetto di metadato da quello di informazione contestuale [3]: mentre il primo termin e

indica le informazioni che è possibile estrarre

automaticamente dal segnale acquisito, il secondo indica informazioni addizionali indipendenti dal file audio. Un’

importante categoria all’interno delle informazio n i

contestuali è costituita dalla documentazione fotografica raccolta durante ogni fase del progetto, finalizzata a testimoniare lo stato di conservazione delle bobine prima del loro riversamento e a non perdere tutte le informazio n i aggiuntive che spesso è in grado di fornire la stessa custodia del documento sonoro, quali annotazioni a mano e/o stampe che ne indicano, ad esempio, il contenuto. A seconda dello stato di conservazione dei nastri magnetici, in alcuni casi è stato necessario procedere con piccoli interventi di restauro e di ottimizzazione dei supporti, in modo tale da permetterne una corretta lettura e minimizza re il rischio di eventuali danni successivi allo stress meccanico in fase di riversamento. Durante il di digitalizzazione il riversamento è stato monitorato, così da poter annotare tutte le anomalie, sia quelle relative alle condizioni del nastro, sia i disturbi eventualmente introdotti dal sistema in fase di conversione A/D. Il monitoraggio è stato effettuato con una coppia di speakers Genelec 1037B e una coppia di Genelec S30C.

I principali disturbi monitorabili durante il playback possono essere [11]:

(i) Rumore locale: click, pop, attenuazioni del

segnale dovute a giunte o a fenomeni di degrado del nastro.

(ii) Rumore globale: fenomeni di hum, rumore di

fondo o distorsioni

(iii) Alterazioni prodotte durante la fase di

registrazione: rumori elettrici, distorsioni microfoniche, feedback microfonici.

(iv) Degrado del segnale dovuto al

malfunzionamento del sistema di

registrazione (ad es. parziale cancellazion e delle tracce audio).

4.

STATO DI CONSERVAZIONE E

OTTIMIZZAZIONE DEI