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4. ETNOGRADIE Q’EQCHI’: LA SINTESI DELLA TENSIONE

4.1 STORIE CONCRETE

4.1.1 CREARE UNA COSCIENZA

Nei decenni a cavallo tra la fine del primo conflitto mondiale e la metà del XX secolo, il nazionalismo liberale che caratterizzava la scena politica ed ideologica in Guatemala, così come negli altri paesi dell’istmo, produsse diversi effetti contraddittori: da una parte, come accennato, si andò configurando uno stato nazionale fortemente orientato verso una sola direzione i cui sforzi istituzionali erano diretti esclusivamente al raggiungimento di obiettivi economici ed all’attuazione di pratiche di controllo e repressione che servivano a tali scopi; dall’altra, la messa in atto di queste politiche portò ad un crescente contrasto con le istituzioni nazionali. L’ipocrisia dei governi ed il loro operato in costante accordo con le necessità dei grandi piantatori e possidenti spinse molti a riflettere sul concetto di giustizia e sulla sua messa in pratica: il linguaggio politico del periodo, precedentemente costruito in costante riferimento ad entità lontane, dal sovrano a Dio stesso, in questo periodo, grazie all’operato degli attori locali, iniziò a dirigersi verso i temi del diritto e della cittadinanza, rimanendo allo stesso tempo profondamente radicato al territorio ed incorporato nelle relazioni comunitarie e personali.

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Dopo il lungo periodo dittatoriale di Manuel Estrada Cabrera, che in ventidue anni di potere svendette la terra, le ferrovie, i porti, le compagnie elettriche alla UFCo., a partire dal 1920 e per la successiva decade i governi che si succedettero permisero alle forze liberiste di sprigionarsi fuori da ogni controllo324: la lunga tradizione di espropriazione terriera portata avanti dai grandi proprietari a danno delle comunità indigene, che continuava dagli ultimi decenni del XIX secolo, fu aggravata dalle garanzie che il governo concedeva ai primi in termini di proprietà, regolamentazione dei contratti di lavoro, libertà di azione all’interno delle piantagioni, impunità per le pratiche di repressione (quando non era il governo stesso a metterle in pratica), oltre che dalla complessità crescente di un sistema burocratico che di fatto tagliava fuori la popolazione indigena dal diritto d’uso della terra. A metà degli anni ’20 gran parte delle comunità indigene erano state incorporate all’interno dei territori delle piantagioni ed i loro componenti erano diventati veri e propri servi della gleba contemporanei, legati tramite debiti al terreno, condizione che veniva ereditata dai figli325. A partire dall’inizio degli anni ’30 la dittatura più che decennale di Jorge Ubico, subentrata alle debolezze del governo timidamente progressista di Chacón, peggiorò ancora la situazione trasformando le prerogative e gli abusi di potere esercitati dai piantatori in strumenti utilizzati dal governo stesso; i quattordici anni di dittatura di Ubico furono un periodo di totale stagnazione, privi di sviluppi economici e di evoluzione ideologica. Diversamente agiva, però, il contesto locale.

José Angel Icó nacque nel 1875 nella località di Chiatana, un piccolo villaggio ad alcuni chilometri dalla cittadina di San Pietro Carchá, nel dipartimento di Alta Verapaz; suo padre Tomás era riuscito a farsi assegnare la proprietà di alcuni territori che permisero a José un adeguato sostentamento per tutta la sua vita. José si trovo a crescere ed a vivere in un contesto multiforme ed in continua tensione: da una parte la sua familiarità con il mondo dei ladinos, per il suo status di proprietario, per quanto modesto, lo portò in contatto con il mondo della religione cattolica e con la vita politica regionale, dall’altra la sua appartenenza etnica indigena e la vita culturale della comunità lo spinsero ad approfondire i legami con le pratiche ed i valori tradizionali, acquisendo la qualifica di curandero nel rispetto delle farmacopee maya ed a fornire servizi

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Si fa riferimento alle presidenze di Carlos Herrera e José María Orellana con la parziale eccezione della presidenza di Lázaro Chacón.

325 Greg Grandin, The last colonial massacre, The University of Chicago Press, Chicago, 2004, pagg. 27 – 32

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come quisache, una sorta di legale non ufficiale che aiutava i Q’eqchi’ delle varie comunità locali a gestire le crescenti questioni burocratiche. Questa sua triplice posizione di costante contatto ed influenza con le varie realtà regionali (finquero, curandero, quisache) lo rese estraneo ai consueti circuiti del potere locale, espresso attraverso le cofradías comunitarie, confraternite maschili create su basi parentali e clientelari consolidatesi da secoli nella gestione politica delle comunità, nonché difficilmente classificabile da parte dei ladinos e dei proprietari locali che vedevano in lui un forte pericolo per la difesa delle proprie prerogative sulla popolazione maya; il ruolo di spiccata importanza che occupava sia dall’una che dall’altra parte veniva sottolineato dagli attributi eccezionali a livello fisico (un señoron), familiare (padre di una prole numerosissima) e culturale (vestito secondo il canone maya, ma sempre con un ombrello al braccio) da una parte, mentre dall’altra si spendevano secretos de voce riguardo alla sua ambigua natura sessuale (accusato di essere un ixi wiinq, un “uomo-donna”) ed ai suoi rapporti personali e sociali (il fatto che, nonostante le voci sulla sua prole numerosa, fosse un maschio celibe), elementi che, se per i ladinos avevano una scarsa rilevanza, erano di enorme importanza all’interno della comunità maya326. Questa estraneità ai ruoli istituzionali ed ai circuiti tradizionali gli permise di sviluppare una notevole esperienza del mondo ladino mentre rimaneva saldamente ancorato alla sua origine Q’eqchi’ e all’inizio degli anni ’40 la sua posizione gli consentì di dare nuovi sviluppi alla vita politica e sociale dell’intero dipartimento.

La Rivoluzione d’Ottobre del 1944, nonostante le grandi aspettative di allora e le memorie nostalgiche il cui ricordo suscita ancora oggi, scosse molto lentamente le fondamenta del sistema nazionale del Guatemala. Le espropriazioni che il governo riformista di Juán José Arévalo mise in pratica nei primi sei anni furono sì dirette a danno di diversi proprietari, soprattutto stranieri, ma troppo spesso finivano a rinforzare la posizione di ladinos quando a beneficiarne non erano direttamente le stesse compagnie statunitensi. Discorso simile può essere fatto per i progressi in campo sociale. Se la priorità era scardinare il carattere feudale di gran parte della società, molto poco venne fatto per impedire che le stesse condizioni si ricreassero in nuove forme: se nel 1945 vennero abolite le odiate

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vagrancy laws327, lo status di “privo di occupazione” era ancora soggetto a condanna, trasformando la condizione servile in minaccia e pena dispensata dalle autorità stesse.

In un clima nazionale di grande aspettativa a cui faceva da contraltare un riformismo inadeguato, la figura di Icó si collocò come punto cardine dell’evoluzione del contesto politico locale. Dopo le aperture politiche permesse dalla Rivoluzione le reti di contatto e solidarietà intessute dalle varie pratiche di Icó permisero al FPL (Frente Popular Libertador) di estendere i propri contatti nella regione dell’Alta Verapaz; la mancanza di risultati spinse lo stesso Icó, nel 1946, a spingere per un evoluzione locale del FPL che diventò così PAR (Partido de Acción Rivolucionaria), a dedicarsi all’organizzazione di una comunidad agraria328 ed alla diffusione del credo rivoluzionario tra la popolazione indigena, organizzando diverse partecipazioni di gruppi Q’eqchi’ ad eventi a sostegno del governo nella capitale. Nonostante tali attività i proprietari continuarono ad usurpare i diritti degli indios sotto la protezione del governatore del dipartimento il quale affermava che era impossibile stabilire la condizione di autosufficienza degli appartenenti alla comunidad e che la sottrazione di forza lavoro alle piantagioni avrebbe fortemente danneggiato l’economia nazionale basata sull’esportazione del caffè329. Forte della propria appartenenza a due mondi diversi, delle proprie conoscenze e competenze burocratiche e della propria esperienza politica, Icó iniziò a stampare e certificare egli stesso le dichiarazioni di garanzia per le famiglie Q’eqchi’ prevaricando il ruolo delle istituzioni regionali, sfidando i ladinos ed estremizzando l’azione del PAR che, nella persona di José Manuel Fortuny, lo espulse dalle sue fila330.

La vita di Icó fu interamente dedicata al tentativo di creare nuove reti di connessione tra due mondi che troppi avrebbero voluto separare per permettere di mantenere inalterate le cose, dando vita ad un network relazionale che andava ben al di là rispetto al chiuso sistema di controllo elaborato dai piantatori, sviluppando coscienza popolare, peso politico, consapevolezza etnica e culturale.

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Le vagrancy laws consistevano in un insieme di norme realizzate per regolare la condizione delle fasce popolari prive di occupazione fissa e/o residenza stabile; tali leggi vennero realizzate in tutti i paesi latinoamericani, ma ebbero peso ed incidenza molto diverso tra stato e stato 328

Le comunidades agrarias furono legalizzate dopo il 1944 e corrispondevano alle precedenti, informali comunidades indigenas o comunidades campesiñas ed erano il centro dell’attività delle unioni contadine e delle piccole società di mutuo soccorso

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Greg Grandin, The last colonial massacre, The University of Chicago Press, Chicago, 2004, pagg. 34 – 38

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Nel novembre del 1950 Icó moriva dopo aver fatto quanto era nelle sue possibilità per spingere al voto ogni maya della regione, permettendo a Jacobo Arbenz Gúzman di salire alla presidenza della nazione.