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3. LO SCENARIO INTERNO: APERTURE ED OPPOSIZIONI

3.3 VERSO LA CONTEMPORANEITA’

3.3.2 IL PROBLEMA INDIGENO NELLA STORIA

Le presunte volontà di separazione della componente amerindia e, più recentemente, di parte di quella meticcia dal processo di sviluppo e la conseguente creazione di una società dualistica fatalmente statica vengono fatte risalire al periodo dell’inizio del rapporto di tale componente con l’elemento esterno e potenziale portatore del futuro credo sviluppista. La questione amerindia nasce pertanto in relazione alle modalità di penetrazione della componente esterna e non è assolutamente imputabile ad un potenziale isolamento e/o ad una mancata integrazione culturale. La problematica essenziale si configura così, a livello di analisi storica, come corrispondente alle modalità di gestione ed uso della terra, elemento che, attraverso tutta l’America Latina, rappresentava ben più che una semplice risorsa da sfruttare per una potenziale produzione.

Come osserva l’antropologo Eric Wolf lo stesso concetto di comunità associativa amerindia ha radici strutturali e non culturali, mentre il collega messicano Rodolfo Stavenhagen afferma che la specificità dei rapporti etnici ritrova le sue radici in quelli coloniali e di classe311. Andando a definire i tratti essenziali e necessari di quella categoria che in lingua inglese viene espressa come peasantry

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Eric Wolf, “Types of latin – american pesantry” in American Anthropologist, vol. 57, 1955, n.3 e Rodolfo Stavenhagen, “Estratificacion social y estructura de clase”, Revista de ciencias politicas y

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riferita al contesto latinoamericano ed in particolare alle realtà amerindie, emergono diversi fattori utili per formulare una precisa distinzione: è necessario infatti includere all’interno di tale categoria solo determinate tipologie di produttori primari, quelli cioè legati strettamente al mondo agricolo, distinguere tra coloro che detengono una certa libertà nella gestione del terreno e coloro che si trovano totalmente subordinati ad un potere esterno e specificare che lo scopo condiviso dai membri di tale categoria è il sostentamento e non l’investimento. Nonostante tali peculiarità abbiano di molto ristretto il concetto di peasantry, non sembrano essere ancora chiari i suoi limiti, né il contesto in cui questa si trova inserita. È infatti necessario, perché tale definizione aderisca adeguatamente alla realtà, specificare che il termine peasant non indica un particolare contenuto culturale, quanto una relazione strutturale, una modalità di rapporto tra due parti; come spiegato da Robert Redfield ed Alfred Kroeber312, tale categoria può essere definita solo in relazione ad una realtà urbana e di mercato, la quale a sua volta è in strettissima dipendenza dalle possibilità offerte dal contesto rurale e contadino. La realtà contadina latinoamericana legata al mondo amerindio si configura, così, non come una realtà a sé stante, isolata e resistente, ma come uno di diversi segmenti socio-culturali orizzontali, di conseguenza perfettamente inserito in un contesto più ampio ed operante in relazione alla vita degli altri elementi313.

Il rapporto con la terra e le forme di sfruttamento di questa iniziarono ad acquisire una nuova configurazione in corrispondenza delle pretese avanzate dall’elemento coloniale e delle nuove modalità d’uso introdotte. Analizzando adeguatamente le modalità di penetrazione spagnola e di estensione dell’assetto istituzionale coloniale, appare chiaro che quello che si venne a realizzare nel contesto centro e sud americano della Nuova Spagna non fu la replica dell’ordine feudale europeo, che già andava gradatamente dissolvendosi nel Vecchio Mondo, ma un nuovo ordine sociale complesso e relazionato con una realtà ancor più ampia. La stessa istituzione rappresentativa del nuovo ordine in relazione al mondo contadino amerindio, l’encomienda, acquisì una nuova valenza rispetto alla sua origine medievale e feudale, diventando uno strumento di produzione capitalistico e monopolizzato di merci richieste in un sistema di portata intercontinentale, guadagnando anticipatamente le caratteristiche

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Eric Wolf, “Types of latin – american pesantry” in American Anthropologist, vol. 57, 1955, n.3, pagg. 452 – 455

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peculiari di quella che sarebbe stata la sua formale evoluzione in senso capitalista, l’hacienda; allo stesso tempo la figura del conquistatore spagnolo si distaccò da quella del signore feudale, perdendo il ruolo sociale di quest’ultimo e configurandosi invece come un investitore interessato al controllo dei mezzi di produzione, terra e forza lavoro sopra ad ogni cosa. José Maria Ots Capdequí nei suoi diversi studi sul derecho indiano sviluppatosi attraverso l’arco dell’intero periodo coloniale spagnolo, nota come le misure legislative e le indicazioni sottostanti alla formazione del corpo legislativo in questione, regolanti il rapporto con le realtà amerindie e con le terre americane, non vennero elaborate da e al servizio di un’istituzione statale organica, ma in base alle volontà ed alle esigenze di attori privati, dando alle varie capitulaciónes la caratteristica di veri e propri contratti, negoziabili e vendibili314. Allo stesso modo José Miranda González descrive l’encomendero non come un signore feudale, ma piuttosto come “un uomo del suo tempo, mosso dal desiderio di profitto […] un uomo d’azione in cui l’ansietà e le idee del nuovo mondo hanno più salda radice […] non si limita al godimento di tributi e servizi, ma utilizza questi e quelli come base principale per diverse imprese ed affari […] si comporta come ogni altro imprenditore da allora in poi […] usa le risorse ed il lavoro altrui per la propria ricchezza […] spesso troviamo l’encomendero in una complicata rete di rapporti giuridici ed economici”315. Gli encomenderos elaborarono gli strumenti necessari per provvedere a queste nuove esigenze createsi con l’avvento dell’ordine coloniale permettendo l’evoluzione delle vecchie istituzioni feudali: con l’introduzione del cuatequil i nuovi imprenditori si assicurarono una forza lavoro salariata sì, ma coatta, che andava ad incidere costantemente sul volume della popolazione fino ad un sesto del totale, composta da gañanes e laborios che, per aumentare la produttività, iniziarono a risiedere sulle terre del proprietario il quale li legava al destino dell’impresa tramite prestiti, anticipi in denaro, prodotti e merci, gettando le basi per la creazione della nuova istituzione di regolazione dell’impiego della terra, l’hacienda, nella quale, grazie ad una stretta logica del lassez-faire, la cui applicazione anticipava i tempi della sua teorizzazione, il proprietario ampliava le sue prerogative ed il suo potere nel confronto di quella che sempre più andava definendosi come una classe sociale a sé stante, quella dei peones.

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Andre Gunder Frank, America Latina: sottosviluppo o rivoluzione, Einaudi, Torino, 1971, pag. 154

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La nuova organizzazione sociale penetrò in modo rapido nei territori americani e le conseguenze si fecero sentire in tempi brevi per la componente indigena. La popolazione fu decimata da quelle che, più che contratti di lavoro, sono di fatto definibili come pratiche di sfruttamento, accompagnate da migrazioni forzate verso le terre dei proprietari e da pesanti carichi di tributi e servizi da prestare; chi scampava si ritirava spesso in aree geografiche ritenute inaccessibili o quantomeno inadatte ad un adeguato stile di vita dai coloni, dando vita a nuove forme di comunità amerindia in un contesto culturale e sociale completamente sconvolto dalle pratiche dei conquistatori che necessariamente riformava completamente ciò che rimaneva in vita del retaggio indigeno.

Altrettanto importante, la componente indigena andava identificandosi in relazione alle forze che avevano prodotto tali cambiamenti, ma tentando di sottrarsi al modello che queste portavano avanti. Nel periodo precedente alla primavera latinoamericana le componenti amerindie andarono così estraniandosi o riconoscendosi solo parzialmente con i processi di costruzione dello stato nazionale. Le caratteristiche di identità sociale e di identità latinoamericana non finirono con il coincidere pienamente poiché separate dai diversi gradi di coscienza che l’identità etnica giocava, anche a livello di percezione del processo di costruzione nazionale, il quale era costantemente percepito come qualcosa di estraneo alle basi culturali locali e vissuto sempre come strettamente legato con le volontà di interferenza espresse dai vari elementi esterni316.