3. LO SCENARIO INTERNO: APERTURE ED OPPOSIZIONI
3.2 LA CIVILTA’ MAYA
3.2.3 LA TRANSIZIONE COLONIALE
A partire dall’inizio del XVI secolo le scarse sopravvivenze del mondo maya entrarono in contatto con la civiltà europea portata nel Nuovo Mondo dagli Spagnoli. La rapida evoluzione degli eventi nel periodo in questione è ben nota. La situazione politica nella macroregione mesomaericana meridionale, che assisteva al definitivo tramonto della grande civiltà che per lungo tempo l’aveva caratterizzata, si presentava come frammentaria e le deboli formazioni locali furono incapaci di opporre un fronte compatto ad un avversario sconosciuto e temuto. Le truppe di conquistatori spagnoli, sotto la guida di condottieri tristemente noti come Pedro De Alvarado e Diego De Rojas, ebbero facilmente ragione delle resistenze locali e, a partire dal 1530, riuscirono ad imporre progressivamente il proprio controllo sulla maggior parte dei territori maya,
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salvo qualche area isolata di resistenza locale dovuta maggiormente a motivi di difficoltà ambientale o di mancanza di interesse per gli invasori, zone che vennero comunque lentamente assoggettate entro la fine del XVII secolo.
L’organizzazione statale maya non sopravvisse al processo di colonizzazione spagnola per diversi motivi. Ovviamente il motivo principale fu la pesantissima incidenza demografica che la conquista ebbe sulla popolazione amerindia maya, soprattutto nel primissimo periodo; al di là di tale motivazione, tuttavia, ciò che venne a mancare fu la relazione intersociale precedentemente esistente tra i vari potentati locali, distrutta dalla sovrapposizione delle istituzioni spagnole nel contesto americano. I Maya tentarono di mantenere in vita le proprie istituzioni politiche a livello regionale, ma in tutti i territori le organizzazioni politiche furono ridotte ad un livello comunitario locale mentre le figure di autorità come i cacique295 venivano utilizzati come tramiti tra la realtà amerindia e le istituzioni di governo coloniali.
È inutile ricordare il crudele destino a cui le diverse civiltà amerindie, tra cui anche i Maya, furono sottoposti dalle classi militari ed imprenditoriali coloniali, le quali contribuirono alla vera e propria distruzione fisica di gran parte della popolazione; tuttavia, nonostante la gran parte degli studiosi consideri, con buona ragione, il periodo coloniale spagnolo come un periodo di totale distruzione, questo non è del tutto vero se si prende in considerazione l’ambito socio-culturale296. La parte superstite della popolazione maya, sebbene fortemente ridotta e sconvolta dal tumultuoso mutamento nella propria vita, seppe ancora una volta reagire di fronte all’inserimento di un elemento esterno, questa volta decisamente più drastico rispetto alle infiltrazioni del periodo messicano, e ricostituire parte delle proprie realtà locali secondo modalità sociali e culturali proprie: i maya iniziarono ad adattarsi alla nuova realtà coloniale e sovralocale in cui si trovavano inseriti loro malgrado.
La presenza della realtà istituzionale spagnola ebbe un doppio effetto sulla percezione sociale maya. Da una parte, disarticolando il sistema istituzionale indigeno, obbligò la popolazione superstite a riorganizzare la propria vita sociale attorno ad unità di base che vennero identificate nell’istituzione aborigena del
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Il cacique era la figura di rifermento in termini di potere politico a livello locale, all’interno di una comunità di villaggio o di un insediamento. Tale accezione è stata poi modificata in seguito agli eventi della conquista spagnola ed all’istituzione del “caciccato” come particolare sistema di potere esterno sopra le comunità locali.
296 Robert M. Carmack, “A historical anthropological perspective on the Mayan civilization” in
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caj, costituita da un insediamento con i relativi territori di uso comune, chiamati successivamente ejidos, vere e propria comunità locali nelle quali venivano mantenuti, in diverso grado, elementi della cultura materiale e religiosa maya e dove la vita sociale si articolava su modelli del tutto diversi da quelli coloniali; con una base istituzionale comunemente riconosciuta e che affondava le sue radici in epoca precoloniale le comunità locali poterono ricreare al proprio interno e tra di loro le relazioni sociale e le reti di potere su base familiare, parentale e clientelare che avevano caratterizzato le più grandi realtà statali di alcuni secoli prima e che permettevano, ora, la presenza di figure che fungevano da mediatori con le istituzioni coloniali. Dall’altra parte, la riduzione della società maya ad una costellazione di comunità isolate e chiuse e la distruzione delle reti intersociali autonome che ne avevano caratterizzato il precedente sviluppo contribuirono a sviluppare una diffusa sensazione di partecipazione ridotta ad insiemi sociali interrelati di dimensioni sempre maggiori: i Maya divennero parte della “periferia della periferia” del sistema internazionale ed intercontinentale che si andava sviluppando in questo periodo e maturarono una sorta di coscienza dell’impossibilità di ricostituzione di ciò che era stata la loro civiltà nel passato297. L’effetto, ancora oggi visibile in molti casi, fu quello, come ricorda George Lovell, di creare comunità che preservavano sì la cultura maya dall’abbandono, molte volte sintetizzandola con quella ispanica, ma che al tempo stesso, a causa del contesto coloniale in cui furono create, erano imbevute di sospetto, mancanza di fiducia, timore e odio298, contribuendo a creare le basi di divisione che sarebbero poi state adeguatamente strumentalizzate per screditare i retaggi indigenisti in relazione alle possibilità di sviluppo ed adattamento nel contesto contemporaneo.
Il divario effettivamente creato tra il mondo ispanico e quello amerindio venne ben espresso dai numerosi tentativi di ribellione che si manifestarono attraverso tutto il XVIII secolo, ma che soffrirono della mancanza di obiettivi concreti e di organizzazione sul territorio: l’isolamento delle diverse realtà locali e i retaggi passati di autonomia e splendore, ancora troppo vivi nella coscienza sociale della componente maya, impedirono alle lotte del periodo di adeguarsi criticamente e coerentemente alla nuova realtà politica, riducendosi ad essere percepiti come tentativi di restaurazione di un potere ormai perso, mentre venne completamente messa in ombra la volontà di tentare una mediazione ed una
297 Ivi, pagg. 80 – 84 298
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fusione tra l’eredità culturale maya, la cultura ispanica e la religione cristiano- cattolica.
Di certo in questo periodo, dopo le iniziali, enormi difficoltà, la popolazione maya ebbe la capacità di riorganizzare la propria vita all’interno di nuove forme sociali percepite come non estranee, crescendo sia in un numero (il volume demografico all’inizio del periodo contemporaneo era doppio rispetto a tre secoli prima) che in coscienza.