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2. IL CONTESTO EMISFERICO: CONFLITTI E DIPENDENZE

2.3 VERSO UN NUOVO PARADIGMA

2.3.1 NUOVE POLITICHE PER UN NUOVO IMPERIALISMO

Per comprendere le modalità di articolazione di questo nuovo paradigma e le sue applicazioni in America Centrale non si può non partire dal prendere in considerazione le cruciali esperienze del Sud-Est asiatico che giocarono una parte fondamentale nell’adozione di nuovi presupposti.

A partire dalla metà degli anni ’70, le esperienze del Vietnam radicalizzarono le componenti politiche interne statunitensi: quanto a sinistra si generò una fortissima opposizione alle amministrazioni Johnson e Nixon ed alle logiche della Guerra Fredda, così a destra si approfittò dei passi falsi dello stesso Nixon196 per staccarsi dalle sue pratiche di real politik, così malviste dall’opinione pubblica. Il risultato fu quello di rovesciare completamente le tendenze repubblicane, ritornando ad una concezione dell’azione politica forte del fervore kennedyano e rinvigorendo l’immagine di una nuova America guidata da uomini giusti e dalla mano di Dio.

L’inizio difficile ed incerto di tale nuovo percorso fu paradossalmente sostenuto dagli eventi della presidenza di Jimmy Carter, il cui mandato democratico ed improntato alla difesa dei diritti umani contrastò con la realtà particolarmente calda della serie di eventi che dovette affrontare mentre la sua tendenza a voler ricorrere al negoziato in ogni situazione con qualsiasi interlocutore lo rendeva inadatto alla guida di un paese la cui opinione pubblica stava riavvicinandosi a ideali missionari197. La forza etica con cui investì la sua politica estera fu ripresa dalla nuova destra che si andava formando che, al tempo stesso, la utilizzò per gettare discredito sul credo del Partito Democratico e sull’ambiguità dell’operato del suo massimo esponente, il presidente Carter.

Nel 1980, ancora durante la presidenza Carter, il modello retorico della nuova destra venne formalmente illustrato nel documento “A new inter-American

196 Ci si riferisce alla questione dello scandalo Watergate. 197

Durante il mandato di Carter le tensioni mediorientali esplosero e la sua amministrazione, con estrema incoerenza, optò per un massiccio riarmo e per la creazione di un potente apparato militare di “pronto intervento” in qualsiasi area del mondo secondo le volontà di Zbigniew Brzezinski, capo dell’NSC (National Security Council) e le sue idee di azione preventiva. Le sue decisioni di appoggiare alcune rivendicazioni da parte di gruppi islamici (poiché andavano a danneggiare direttamente l’URSS) e la successiva crisi del Golfo Persico diedero il colpo definitivo alla sua credibilità.

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policy for the Eighties”198. In questo non solo risuonavano i temi, ormai quasi classici, della minaccia sovietica e della presunta debolezza americana, ma veniva riproposta una visione del gioco politico mondiale vecchia di quasi un secolo: nel documento si sosteneva infatti che la diplomazia era un gioco al ribasso, essendo la guerra lo status naturale delle relazioni internazionali e, in questa situazione, spiccava la problematica questione degli American Balkans centroamericani199. Quello che dieci anni prima veniva presentata da Richard Nixon come un esempio di stabilità e di realizzazione del modello di sviluppo nordamericano, all’alba degli anni’80 venne paragonata al focolaio che all’inizio del secolo fece scoppiare uno dei due conflitti mondiali e le relazioni da intrattenere con tale interlocutore vennero fatte risalire, anch’esse, a più di mezzo secolo prima. A favore di questa scelta giocavano la totale mancanza di rilevanza internazionale della zona in quel particolare momento storico, l’appartenenza al backyard statunitense e la necessità di risalire la china dopo lo scivolone del Vietnam: come ebbero ad affermare gli stessi autori del documento, l’America Centrale diventò il posto più importante al mondo200.

La dottrina politica che questa nuova destra andava articolando all’inizio degli anni ’80 era impregnata da un idealismo tale da essere fortemente messa in discussione dagli stessi conservatori in quanto si trovava agli antipodi rispetto alla tradizionale impronta di real politik che da sempre caratterizzava lo schieramento della destra politica statunitense. I tempi obbligavano ad un cambiamento e fu proprio negli anni ’80 che il fervente idealismo di questa nuova logica servì da giustificazione per ciò che veniva compiuto nel laboratorio mesoamericano. La svolta ideologica fu effetto di una precisa volontà di

198

Il documento è il primo elaborato dai membri del cosiddetto Santa Fe Committee, reso pubblico nel 1980; su tale tipo di impostazione l’amministrazione Reagan avrebbe calibrato la sua politica estera nei confronto dei paesi dell’America Centrale e dei Caraibi.

199 Le origini di una simile visione dell’ordine mondiale e di una tale classificazione generalizzante e irreale di un’intera regione sottocontinentale si ritrovano nel meccanismo di gestione della bilancia del potere emergente dal Trattato di Versailles del 1919, al termine della Prima Guerra Mondiale: qui le potenze del Vecchio Mondo, a cui si erano intanto aggiunti gli Stati Uniti, con l’accettazione del modello imperialista crearono le condizioni per una riduzione della

partecipazione delle potenze “secondarie” nel concerto mondiale; non solo, i paesi soggetti a regime coloniale vennero ordinati in tre classi di arretratezza e, all’interno dell’emisfero Ovest, rapporti di questo tipo si stabilirono tra gli Stati Uniti ed i paesi centroamericani, nonostante il loro status di indipendenza (Da Marcello Carmagnani, L’Altro Occidente, Einaudi, Torino, 2003) 200 Bruce D. Larkin, Vital Interests: the Soviet issue in U.S. Central American policy, Lynne Rienner Publishers, Londra, 1988, pagg. 11 – 21

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evoluzione culturale e concettuale promossa da diversi membri del nuovo schieramento repubblicano, ma furono pochi i veri campioni della nuova destra. A differenza dei membri del Comitato di Santa Fe201, la cui visione stantia si basava su presupposti altrettanto datati, Jeane Kirkpatrick propose una nuova combinazione ideologica, maggiormente coerente con i tempi che correvano. Rifacendosi al pensiero di Hobbes e di Burke, in particolare alle valutazioni sulla centralità del potere nel dirimere le questioni umane e sociali e sulla difficoltà di comprendere ed accettare tale potere, diede vita ad una critica decisamente ambigua sullo status sociale dei paesi centroamericani: se da una parte accusava di ipocrisia i nazionalismi che tornavano ad emergere, dall’altra applaudiva alle istituzioni politiche che da tempo detenevano il potere202. A fianco di questa visione elaborò una vera e propria dottrina politica che prevedeva un diverso destino politico a seconda della strada imboccata, ribaltando la normale concezione del potere: la dittatura di stampo occidentale, di tipo autoritario ed instaurata nel nome del liberalismo più azzardato, forniva le basi per un possibile futuro sviluppo in senso democratico grazie al grado di stabilità sociale ed alla coesione fornita dalle sue politiche, mentre i regimi filo-sovietici, di tipo totalitario, impedivano qualsiasi apertura in tale senso a causa dell’elevato grado di frammentarietà proprio dell’ideologia socialista e delle pratiche di governo brutali ed inadatte203. Kirkpatrick fece, tuttavia, un ulteriore passo per avvalorare questo discorso: prendendo a prova del suo pensiero le ultime esperienze democratiche del governo Carter, dall’Iran a Cuba, ribaltò la normale visione sottolineando come le aperture pluraliste, che andavano sempre più diffondendosi anche internamente agli stessi Stati Uniti, non avessero prodotto altro che ulteriori problematicità, mettendo in evidenza una presunta naturale tendenza verso una situazione di caos in mancanza di una forte ideologia in cui inserirsi204.

Tale visione “hobbesiana” contrapposta al sogno pluralista “kantiano” veniva però caricata di un valore morale e di un fervore quasi religioso del tutto estranei

201

Il comitato nacque come appendice del CIS (Council for Inter-american Security) ed era composto da personalità politiche ed intellettuali di stampo marcatamente conservatore. 202 Articolo presente su U.S. Policy

(http://americanempireproject.com/empiresworkshop/chapter2/TheHobbesProblem.pdf) 203

La dottrina prende spunto dalle idee espresse nel saggio “Dictatorships and double standards” (un estratto si può ritrovare su Commentary Magazine, volume 68, No 5, Novembre 1979) 204

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alla normale politica della destra, elevando l’operato della politica estera americana ad una missione da affrontare con animo colmo di fede205.

Fu proprio il contesto centroamericano a fornire le motivazioni necessarie alla nuova amministrazione repubblicana che elaborò tale pratica politica in opposizione a ciò che dieci anni prima succedeva in Vietnam dove Nixon, dopo aver visto sparire ogni traccia di valore morale nel vortice della guerra, si limitò a giustificare i fatti in termini di necessità; al contrario, nel decennio in questione, gli eventi del Nicaragua e di El Salvador spinsero Reagan a sottolineare sempre più la portata ideologica della politica USA, riaffermando le convinzioni della dottrina Monroe e premendo sempre più sull’obiettivo della svolta democratica. Si può sostenere che vi fosse un baratro tra il realismo di Nixon e l’idealismo del nuovo “partito della guerra” capeggiato da Reagan prima e Bush poi; in realtà, come sosteneva la stessa Kirkpatrick le due posizioni si susseguirono in una sorta di evoluzione temporale che ne rafforzò la valenza206.