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3. LO SCENARIO INTERNO: APERTURE ED OPPOSIZIONI

3.2 LA CIVILTA’ MAYA

3.2.2 IL LENTO DECLINO

La prolificità culturale e l’equilibrio sociale che caratterizzarono il Periodo Classico continuarono fino alla metà del VIII secolo quando, nel corso di un secolo e mezzo, si invertirono repentinamente lasciando il posto ad un graduale declino del sistema delle città-stato. Ciò che emerge dai reperti è l’improvviso arresto della produzione di stele scolpite a geroglifico in molti dei principali centri cerimoniali, insieme alla presenza di numerose opere architettoniche lasciate inconcluse senza una precisa ragione, inducendo a pensare ad una sorta di rapido ed inaspettato abbandono delle zone in questione. In realtà la situazione fu decisamente complessa e carica di incertezze che a tutt’oggi non hanno ancora una risposta univoca. Un destino molto diverso toccò alle diverse zone dell’are maya. Così mentre nel settentrione lo sviluppo continuò fino ai primi secoli del primo millennio, nelle regioni meridionali il percorso fu più difficoltoso285. Le interpretazioni date a questo diverso percorso a livello locale sono numerose e si basano soprattutto sul ruolo che ha giocato il fattore ambientale286 unito ad una possibile degenerazione del sistema teocratico e teocentrico che caratterizzava la vita delle diverse regioni287. Al di là di quello che

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Gli esempi possono essere Chichén Itzá e Mayapá a Nord la cui ascesa continuò, nel secondo caso, addirittura fino al 1.450 circa; la città di Copán è invece un caso molto critico ed ambiguo che testimonia le difficoltà delle regioni meridionali.

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Nella regione centro-meridionale il caso di Copán è certamente esemplificativo di ciò che accadde a diversi centri di una certa importanza: capitale di un distretto discretamente popolato con popolazione in costante crescita, tra il V ed il VII secolo divenne sede di alcune figure nobiliari giunte dalle città di Tikal e Teotihuacan, come testimoniato dalle stele e dai monumenti eretti a scopo celebrativo per tali avvenimenti; tuttavia, l’ultima incisione calendariale ritrovata su una stele di Copán risale appena all’822, indicando un collasso sociale avvenuto in un tempo davvero brevissimo. i ritrovamenti archeologici nella valle di Copán e le analisi degli strati dei pollini indicano che la popolazione, stabilitasi inizialmente nelle zone del fondovalle, nel corso del VII secolo iniziarono ad occupare le pendici collinari che, a causa delle tecniche di coltivazione dipendenti dalle regole della foresta tropicale stagionale, vennero coltivate per pochi anni per poi essere abbandonate; la natura del suolo, privato della propria vegetazione, causò un continuo moto di erosione del terreno che andò a coprire le fertili vallate del fondovalle causando una diminuzione della produzione alimentare a fronte di una forte crescita umana (Jared Diamond,

Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere, Einaudi, Torino, 2005, pagg. 177 – 186)

287 Quanto detto in precedenza può essere vero per il caso di Copán, ma non sembra applicabile su larga scala a tutto il territorio maya. Seguendo l’ipotesi più plausibile, è possibile che il

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può essere stato un contributo senz’altro fondamentale del contesto ecosistemico e del ruolo giocato dall’agitazione sociale sembra evidente che la risposta profondamente diversa fornita dalle diverse zone evidenzia la sostanziale mancanza di unità che contraddistingueva la civiltà Maya nei suoi territori e che produsse in collasso graduale del sistema288.

La seconda parte del periodo classico (700 – 900 d.C.) fu una sorta di canto del cigno per la civiltà maya. La disgregazione politica che da sempre caratterizzava il territorio e la congiuntura storica di particolare debolezza permisero alle civiltà messicane, in cui spiccava nettamente una propensione militare del tutto assente tra i Maya, di conquistare effettivamente diverse regioni del territorio maya e, dove non arrivarono con le armi e gli eserciti, arrivarono con la propria influenza culturale. I primi conquistatori a penetrare nei territori settentrionali furono certamente provenienti da Tula, nell’Hidalgo, certezza testimoniata dalle somiglianze archeologiche tra i due territori risalenti al periodo post – classico: il gruppo degli Itzá occupò infatti la città, che ancora porta con sé il nome, guidati dal grande capo Kukulcan intorno all’anno 987, come testimoniato dalle iscrizioni e dalle grandi profezie maya sul loro ritorno nella stessa data della conquista289. Il caso è molto interessante e controverso. In realtà non si può essere così certi che il condottiero che conquistò la città fosse lo stesso protagonista dell’epopea della

progressivo crollo dei diversi centri nell’area maya fosse causato da una serie di ribellioni e sollevamenti delle fasce popolari e contadine contro le minoranze teocratiche e aristocratiche in conseguenza dei continui aumenti in termini di servigi richiesti ed esigenze di sostentamento e di una possibile, apparente incapacità da parte delle caste sacerdotali di gestire il rapporto con le divinità della terra e del cielo, le uniche veramente determinanti nella vita della popolazione. 288

J. Eric S. Thompson, La civiltà Maya, Einaudi, Torino, 1994, pagg. 107 – 113 289

La profezia segue la leggenda della storia del grande condottiero Kukulcan. Il suo nome originario era Ce Acatl, figlio del capo dei Tamime – Chichimeca Mixcoatl;questi, dopo aver guidato il suo popolo verso diverse importanti conquiste sugli altopiani messicani, fu spodestato ed ucciso, mentre Ce Acatl si rifugiò nella città di Xochicalco dove fu iniziato al culto della grande divinità Quetzalcoatl, divinità della quale divenne sacerdote. Tornato tra i Tamime, riconquistò il proprio ruolo di legittimo capo, con il nome di Topiltzin Ce Acatl Quetzalcoatl, e fondò la città di Tula da dove partì per diverse spedizioni di conquista nella parte settentrionale dello Yucatán che lo portarono ad assoggettare la città precedentemente nota con il nome di Uucyabnal

chiamandola Chichén Itzá, “sul ciglio del pozzo degli Itzá”. La sua figura, associata al culto di Quetzalcoatl, in lingua maya Kukulcan, divenne leggendaria tanto che il suo esilio, dettato dal continuo scontro tra le caste sacerdotali al servizio di Quetzalcoatl e del suo opposto

Tezcatlipoca, incarnò il mito dell’esilio del dio Quetzalcoatl su una barca di serpenti oltre che le altrettanto mitiche profezie sul suo ritorno dal mare dell’Est (da Immacolata Forlano, Dottorato di Ricerca in Testi e linguaggi nelle letterature dell’Europa e delle Americhe, Mito e storia nella

letteratura mesoamericana: Carlos Fuentes, Università degli Studi di Salerno, a.a. 2009 – 2010,

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creazione di Tula e capo dei Toltechi, sul quale tra l’altro le leggende si sprecano: non si dimentichi infatti che Quetzalcoatl nelle regioni messicane, prima, e Kukulcan in quelle maya, poi, erano i titoli dati a molti alti sacerdoti dediti al culto del dio serpente – piumato, culto che dal Messico era lentamente penetrato nei territori di confine maya, approfittando delle debolezze connesse al momento storico; i libri Chilam Balam di Chuyamel, poi, narrano le vicende dell’arrivo degli Itzá raccontando come essi giunsero via mare, azione per nulla adatta al popolo tolteca, mentre sembra calzare molto meglio per popolazioni di confine quali i Maya Chontal, fortemente influenzati dalla cultura messicana, che di fatto conquistarono la città prima del successivo arrivo di Kukulcan290. Al di là delle intricate vicende, il caso è significativo poiché mostra come non fu tanto la spada messicana a determinare il declino della civiltà, quanto i vuoti lasciati da un sistema culturale che sempre più si era evoluto attorno a sé stesso, dimentico delle necessità pratiche della popolazione e della propria consistenza politica; fu l’influenza messicana, a partire dai toltechi, a riempire con nuovi elementi i vuoti creatisi nel breve periodo di tracollo culturale.

Lo sconvolgimento fu enorme e superò i confini regionali: la nuova cultura militare e le nuove forme di governo instaurate dai toltechi spinsero la popolazione maya ad abbandonare l’area, come testimoniato dai resti di Uxmal, o ad attuare nuove strategie difensive: Mayapán fu circondata da mura in questo periodo, mentre Tulum fu con mura su tre lati, mentre sul quarto era protetta da una poderosa scogliera; una simile tendenza fu messa in atto anche nelle zone centrali291. Il quadro che oggi si può ricostruire ci presenta un vero e proprio riorientamento sociale nel periodo in questione, senza una vera e propria rivoluzione culturale: se l’iniziale momento di debolezza fu causato dall’insostenibilità del sistema teocratico, nel giro di poco più di un secolo e mezzo tale sistema venne ricreato mettendo al centro i nuovi valori delle potenti caste militari provenienti dalla regione messicana, nate al servizio degli dei, i quali diventarono i santi patroni della guerra; in sostanza, la frusta cambiò mano e fu raccolta da una molto più violenta.

La situazione all’inizio del nuovo millennio sembrava così definirsi in modo diverso per le tre regioni del territorio maya: a settentrione l’azione diretta della componente messicana portò con sé una forte influenza straniera che determinò una sorta di improvviso e potente scossone culturale e sociale, oltre che a forti

290 J. Eric S. Thompson, La civiltà Maya, Einaudi, Torino, 1994, pagg. 124 – 127 291

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mutamenti politici mentre nella regione centrale tali influenze, sebbene visibili nella decadenza della produzione architettonica, nella scultura semplificata e nella contaminazione del sistema geroglifico, furono mitigate dall’isolamento sia geofisico sia culturale delle zone degli altopiani e della foresta; a meridione invece la situazione rimaneva stabile, prematuramente stagnante rispetto alle potenzialità del territorio.

L’ultima fase del periodo post-Classico fu contrassegnata da una crescente serie di tensioni che portarono ad una continua e progressiva parcellizzazione delle realtà regionali, segnando la fine della parabola della civiltà maya. Nella penisola dello Yucatán Chichén Itzá, Izamal e Mayapán erano i centri principali e sembra che per circa due secoli le tre signorie coesistettero in modo pacifico. Tale periodo culminò ed ebbe termine con una serie de eventi, riportati nel libro di Chilam Balam di Chuyamel, che sembrano ricollegare le vicende centroamericane agli eventi della guerra di Troia292, in seguito ai quali soltanto Maypán, retta dalla dinastia dei Cocom, rimase attiva sulla scena politica yucateca mentre Chichén Itzá conservava un mero ruolo religioso. Il periodo in questione (1.200 – 1.450 d.C.) vide la messa in atto di politiche centralizzate e di una spiccata tendenza al militarismo, che si tradussero, per esempio, nella pratica di obbligare i signori locali a risedere nella “capitale” Mayapán, stringere legami matrimoniali con le loro famiglie, mantenere un esercito permanente oltre che ad un notevole numero di mercenari di origine tolteca, tratti che segnarono un ulteriore declino culturale nell’intera regione. Le politiche dei Cocom portarono alla nascita di moti di ribellione che iniziarono ad organizzarsi intorno alla dinastia Tutul Xiu, discendenti dei guerrieri di Tula, i quali riuscirono a scardinare il regime centralizzato di Mayapán293. Quello che si aprì fu un periodo di continuo conflitto tra le piccole signorie locali e di decadenza accelerata.

Un percorso parallelo fu compiuto sugli altopiani del Guatemala dove i Quiché, di estrazione non maya, ma ormai completamente assorbiti culturalmente, si imposero su tutta l’area in un primo momento, probabilmente, con l’aiuto dei Cakchiquel, tenendo in soggezione diversi gruppi minori; nelle stesse modalità e

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Protagonista di tali vicende è Hunac Ceel, signore di Maypán che riuscì ad estendere la sua influenza su Chichén Itzá ponendo alla reggenza un suo protetto, Chac Xib Chac; questi, si racconta, tradì l’alleanza rubando la moglie ad Ah Ulil, signore di Izamal, cosa per la quale fu rovesciato dallo stesso Hunac Ceel, che probabilmente temeva il potere che Chac Xib Chac andava sempre più ottenendo, mentre Izamal scomparve repentinamente dalla scena (Ivi, pagg. 144 – 146)

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tempi con cui la signoria dei Cocom a settentrione venne distrutta dalle rivolte interne, lo stesso destino si abbattè sui Quiché, distruggendo l’unità della regione e trasformandola in un terreno di scontro tra piccoli insediamenti, situazione in cui venne trovata dagli spagnoli al loro arrivo.

La società Maya durante i secoli della sua decadenza seppe incorporare elementi provenienti da diverse culture, ma senza attuare alcun tipo di selezione. I tratti salienti delle culture di area messicana diventarono elementi di rischio nella cultura maya; gli spagnoli seppero sfruttare il veleno che le violenze della guerra avevano posto tra i vari gruppi maya, portando i Cakchiquel nel centro ed i Tutul Xiu nel nord a combattere al proprio fianco, estendendo rapidamente il proprio controllo su gran parte del territorio. Il Petén ed il Chiapas nordorientale, privi di risorse interessanti ed adatte allo sfruttamento, vennero ignorati per molto tempo, ma alla fine subirono lo stesso destino. L’ultimo insediamento maya di Tayasal, una piccola isola nel lago Petén, cadde nel 1697294.

Parlando in termini sociali e politici della civiltà maya si può affermare che i primi due secoli del nuovo millennio coincidano con il suo definitivo tramonto la cui debole luce, dopo un crepuscolo di diversi secoli, si spense quasi alle soglie dell’era contemporanea; destino diverso ebbero invece la popolazione e la cultura che questa portava con sé, le quali si proposero come protagoniste forti e scomode del millennio che avanzava.