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La creazione di valore condiviso

Grafico 3: Andamento (2008-2017) della preoccupazione dei consumatori sull'inquinamento (fonte:

3.2 Dalla CSR alla Sostenibilità

3.2.2 La creazione di valore condiviso

Il dibattito sulle tematiche preposte si è spinto negli anni sempre più verso ciò che sta attorno all’impresa, i suoi portatori di interessi e le relative aspettative. Dalla CSR si è giunti alla nozione di sostenibilità secondo le tre note variabili e all’importanza della stessa in chiave strategica.

In tempi recenti, questa integrazione tra le tre dimensioni di performance ha assunto particolare rilievo142. «Il punto massimo di integrazione è rappresentato dal concetto di shared value (valore condiviso) proposto da Kramer e Porter in un loro articolo143 pubblicato dalla Harvard Business Review nel 2011. Mentre la CSR ruota attorno al concetto di responsabilità, la sostenibilità (o valore condiviso, nell’accezione di Kramer e Porter) richiama la generazione di valore per tutte le categorie di stakeholder» (Mio C., 2017). Porter e Kramer enfatizzarono la posizione delle imprese quali principali responsabili dei problemi socio-ambientali e il cambiamento che esse sarebbero chiamate a perseguire, cercando di creare valore economico, in modo da generare allo stesso tempo, valore per la società144. In altre parole, un approccio strategico che consenta anche di valorizzare il know how

dell’impresa, al fine di una riconfigurazione delle relazioni lungo la catena del valore (Sobrero R., 2016). Gli autori inoltre si soffermarono sull’interconnessione tra la competitività dell’impresa stessa e il benessere della comunità circostante: «l’azienda necessita di una comunità in buona salute per poter usufruire di un personale competente, di un’ambiente in grado di investire e innovare e di una domanda effettiva per i suoi prodotti; la comunità ha bisogno di imprese di successo per mettere a disposizione dei suoi componenti posti di lavoro e opportunità per creare ricchezza e benessere»; la teoria rappresenta in parte un’evoluzione della CSR (Sobrero R., 2016).

Oggi possiamo dire che un’azienda è sostenibile se è in grado di creare valore per i propri stakeholder nel lungo periodo; possiamo sostenere inoltre che mentre la RSI emergeva spesso per pressioni della comunità esterna, la sostenibilità derivi invece da un processo, un percorso evolutivo in cui essa matura, si sedimenta nei valori di chi fa parte dell’istituto impresa. Ogni azienda che ha avuto da tempo a cuore l’ambiente, la società, la soddisfazione dei bisogni degli stakeholder, ha modellato il proprio percorso in quest’ottica. In questa dimensione si aggiunge la nozione di valore condiviso, ovvero di valore creato per la comunità, per gli altri soggetti interni ed esterni dell’impresa. «Abbracciando il concetto di una creazione di valore condiviso (creating shared value) siamo di fronte a una nuova rivoluzione che sorpassa il concetto di “corporate social responsibility” e in maniera definitiva evita l’atavica confusione con la filantropia che, restando per sua natura

142 C. Mio (2017): Introduzione; in M. Fasan, S. Bianchi (a cura di): L’azienda sostenibile. Trend, strumenti e case study; I libri di Ca’

Foscari (4); Edizioni Ca’ Foscari; Venezia, 2017.

143 M. Porter, M.R. Kramer (2011): Creating Shared Value: How to reinvent capitalism and unleash a wave of innovation and growth.

Online al link: https://www.srm.nl/docs/default-source/pdf/creating-shared-value.pdf#page=1&zoom=auto,-95,798

144 «The purpose of the corporation must be redefined as creating shared value, not just profit per se. This will drive the next wave of

innovation and productivity growth in the global economy. It will also reshape capitalism and its relationship to society. Perhaps most important of all, learning how to create shared value is our best chance to legitimize business again». Dal link:

https://www.srm.nl/docs/default-source/pdf/creating-shared-value.pdf#page=1&zoom=auto,-95,798

Mentre i programmi di CSR si concentrano principalmente sulla reputazione e hanno solo una connessione limitata al business, rendendoli difficili da giustificare e mantenere nel lungo periodo, al contrario, la CSV (Creating Social Value) risulta parte integrante della redditività di un'azienda e della sua posizione competitiva. Sfrutta le risorse e le competenze esclusive dell'azienda per creare valore economico dal valore sociale (Porter M., Kramer M.R., 2011).

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racchiusa nella sfera dei sentimenti e degli atteggiamenti dei singoli, non può sfociare in un indirizzo reale dei valori aziendali, delle sue strategie, delle sue attività» (Rossi F., 2017).

Oggi un’impresa dovrebbe essere un’organizzazione aperta che instaura relazioni, tesse reti con la collettività e l’ambiente in cui opera. Per rispondere ai bisogni della società e dare prova concreta dei risultati raggiunti, si inseriscono, in un secondo momento dopo la “struttura” sostenibile che si forma col tempo in azienda, la comunicazione e le logiche di una rendicontazione integrata145

delle performance aziendali (non financial) tornando sulla necessità di un quadro normativo uniforme che tuteli le imprese, come i consumatori, i sindacati e le altre categorie di interesse.

La misurazione degli impatti prodotti da un’azienda va ritenuto oggi uno strumento necessario? La rendicontazione può essere un mezzo complesso, ma utile per dimostrare a tutti gli stakeholder, interni ed esterni, i risultati conseguiti a livello non finanziario. Laddove possa risultare ancora complesso, soprattutto per le PMI, dotarsi di un sistema di contabilità ambientale e sociale accurato e delle competenze richieste, subentra nel discorso la recente fondazione del movimento B Corp, scelta di Perlage per sopperire alla mancanza di una sistematica misurazione e alle perplessità riscontrate con le griglie di RSI. La certificazione di Benefit Corporation rappresenta «uno strumento intimamente collegato (per certi versi, una necessaria e logica conseguenza) con la prospettiva di sostenibilità». Le B Corp, a cui si aggiunge la forma giuridica ad hoc delle Società Benefit, «riconoscono la necessità di un cambio di paradigma e mirano a utilizzare il business come forza positiva di cambiamento» (Mio C., 2017).

La lungimiranza dei fondatori di B Lab, ente non-profit che verifica accuratamente la documentazione da fornire ai fini della certificazione (e una relazione annuale sugli impatti), rende credibile all’occhio esterno tale riconoscimento alle aziende che trovano nel movimento anche un’uniformità di giudizio, data la B.I.A. ben strutturata per tutti i settori. Uniformità che ricercava, senza successo, con lo Sportello CSR, anche Ivo Nardi di Perlage il quale oggi si dimostra compiaciuto dell’essere venuto a conoscenza di questa comunità di imprese, riconoscendone i valori comuni.

Lo strumento benefit quindi rappresenta una modalità flessibile, un’applicazione anche se semplificata, capace di dimostrare se le aziende stanno producendo un impatto positivo, se stanno creando valore per la comunità, per l’ambiente. Qualora questo strumento dovesse diffondersi soprattutto tra i consumatori, si formerebbe un quadro veritiero e omogeneo capace di riconoscere se un’impresa crei o meno valore per tutti i portatori di interessi. La stessa soglia (80) oltre il quale si genera valore nella valutazione benefit, sembra attestare peso e fiducia alle imprese che ottengono questo punteggio (Honeyman R., 2014).

Riassumendo, il cambiamento in corso ha reso la sostenibilità e la creazione di valore degli ingredienti primari per competere: «la sostenibilità diventerà in un futuro non così remoto, una delle condizioni fondamentali per essere, o meno, accettati dal mercato anche in vacatio di un quadro normativo che richieda esplicite compliance» (Rossi F., 2017). Inoltre il recente modello delle Benefit Corporation, sotto il profilo della certificazione, sembra ben rappresentare l’applicazione dei due concetti sopra citati, oltre a riuscire a riassumere in un unico numero, sicuramente oggetto

145 Anche la comunicazione gioca un ruolo importante, in particolare quella per rendere all’esterno gli impatti ambientali e sociali di

un’azienda. La confusione tra i diversi standard e diversi report ambientali/sociali delle imprese si può ora riassumere nel report integrato. L’IR (Integrated Reporting) oramai è anch’esso un processo che cerca di rendersi utile per gli azionisti nel lungo termine, poiché considera la relazione tra sostenibilità e performance economico-finanziaria (Fasan M., 2017).

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comunque di interpretazioni, la variegata scelta di applicare materialmente la sostenibilità e la shared value con molteplici politiche e strumenti, includendo il welfare aziendale, le iniziative per la collettività, il benessere del territorio, la tutela della biodiversità ecc.

L’informazione relativa agli impatti ambientali e sociali da fornire all’esterno dovrà tuttavia essere sempre più esaustiva, trasparente e accurata, nonché di facile lettura e verificabile dai cittadini, desiderosi sempre più di venire a conoscenza degli impatti e del percorso dei prodotti lungo la filiera e di avere un format unitario di riconoscimento. Lo schema proposto da B Lab, a cui Perlage ha aderito, sembra essere una buona via di mezzo per le imprese che non abbiano mai misurato e comunicato i propri impatti. Oppure può rappresentare un primo passaggio, un mezzo in vista di una crescita futura o di una maturazione successiva in materia di rendicontazione. Un aspetto incombente per le imprese cui tengono a dimostrare l’impegno profuso per la società e che vogliano dare un riflesso (anche numerico) del valore creato per essa, un valore condiviso.