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CSR: regolamentazione

Grafico 3: Andamento (2008-2017) della preoccupazione dei consumatori sull'inquinamento (fonte:

3.1 Cenni di Responsabilità Sociale d’impresa 1 CSR: le origini americane

3.1.4 CSR: regolamentazione

Se la RSI era oggetto di discussione e approfondimento da parte degli studiosi di diverse discipline, occorre andare oltre per trovare dei punti di incontro tra Paesi e realtà diverse sul piano normativo. Indirettamente, le imprese socialmente responsabili per dare prova all’esterno del loro impegno, ricorsero spesso, a partire dal 1997, allo standard SA 8000, che raggruppa «requisiti sociali orientati all'incremento della capacità competitiva di quelle organizzazioni che volontariamente forniscono

120 A. Sundaram, A. Inkpen (2004): The corporate objective revisited. «The goal of creating value for stakeholder is decidedly pro-

shareholder».

121 R.E. Freeman, A.C. Wicks, B. Parmar (2004): Stakeholder Theory and “The Corporate Objective Revisited”. Articolo disponibile

al link: https://pubsonline.informs.org/doi/pdf/10.1287/orsc.1040.0066

122 «Managers must develop relationships, inspire their stakeholders, and create communities where everyone strives to give their

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garanzia di eticità della propria filiera produttiva e del proprio ciclo produttivo». Lo standard è adottato oggi in 60 Paesi di tutto il mondo123.

Nel 2000 un primo cenno di unità tra differenti Paesi sul tema CSR arrivò con il Global Compact al “World Economic Forum”, dove si stabilirono dieci principi suggeriti alle multinazionali su temi legati ad ambiente, equità sociale, rispetto dei diritti umani e lotta alla corruzione nonché le linee guida dell’OCSE124 che rimandano a norme e buone pratiche volontarie per un comportamento

responsabile delle imprese, modello valido anche per le PMI (Sobrero R., 2016).

Il principio fondamentale su cui basare il contributo al progresso sociale delle imprese che troviamo anche nelle Linee Guida OCSE (aggiornate nel 2011) è il seguente: «le imprese dovrebbero tenere pienamente conto delle politiche in atto nei paesi in cui operano e prendere in considerazione i punti di vista degli altri stakeholders» (OCSE, 2011). L’approccio che considera le persone che hanno interessi o influenza nei confronti delle aziende è sempre focale e va adattato al contesto territoriale in cui esse operano.

L’Europa risultava tuttavia ancora priva di reali riferimenti normativi alla Corporate Social Responsibility. Nel 2000 la Strategia di Lisbona fu un passo importante in questa direzione.

Quello che si può enunciare come il documento di partenza, l’incipit della CSR, elenca «una serie di riforme strutturali da attuare negli ambiti dell’occupazione, dell’innovazione, delle riforme economiche e della coesione sociale, - monitorati dai Consigli Europei - specificando e cadenzando meglio una serie di obiettivi specifici» (Sobrero R., 2016).

Dopo l’appello contro l’esclusione sociale di Jacques Delors, Presidente del Consiglio Europeo nel 1993, prese corpo il programma di riforme per il decennio 2000-2010 concordato nel marzo 2000, in sede straordinaria da parte del CE con cui si promossero una crescita economica sostenibile e la piena occupazione combattendo l’esclusione sociale «nel contesto di un’economia basata sulla conoscenza» (CE, 2000).

Nel 2001, l’Unione Europea delineò il primo quadro condiviso dedicato alla CSR, attuato dall’Italia nel 2003 tramite il progetto “CSR-SC” in collaborazione con Unioncamere. Venne pubblicato il Libro Verde125 “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese” che definiva la Corporate Social Responsibility come «l’integrazione su base volontaria da parte delle imprese delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate (stakeholder)» (COM, 2001).

Si misero insieme i contenuti emersi negli anni e il risultato fu la definizione ancora oggi concepita di responsabilità sociale d’impresa, i cui principi si fondano sulla volontarietà e sul coinvolgimento degli stakeholder, come dibattuto a lungo dagli studiosi.

Il Libro Verde aveva l’obiettivo «di inviare un segnale alle varie parti interessate con le quali hanno rapporti: lavoratori dipendenti, azionisti, investitori, consumatori, poteri pubblici e ONG. In questo modo, le imprese investono nel loro avvenire e sperano che il loro impegno volontario contribuirà ad aumentare la loro redditività» (COM, 2001).

123 http://www.sa8000.info/sa8000cosa/index.htm

124 Organizzazione per la Cooperazione e Sviluppo Economico (in inglese OECD). Riferimento alla Dichiarazione OCSE del

27/6/2000 per le imprese multinazionali con "principi e norme volontari per un comportamento responsabile delle imprese, conforme alle leggi applicabili" (OCSE, 2011).

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I punti di fondamentale interesse ricavabili dal Libro Verde sono i seguenti:

• investimenti per la società e l’ambiente andando oltre gli obblighi giuridici; • valenza non solo per le multinazionali, ma anche per le PMI;

• maggior efficacia nella produttività del lavoro ed incremento nell’efficienza d’impiego delle risorse naturali con benefici economici e reputazionali;

• partnership per favorire l’occupazione locale e attenuare conseguenze sociali delle ristrutturazioni aziendali;

• incentivo a presentare relazioni sui risultati nel settore sociale e ambientale (COM, 2001).

Risultava chiaro lo scopo di creare soprattutto un dibattito che vada a diffondere il più possibile l’orientamento socialmente responsabile nelle imprese. Il quadro attiene alle multinazionali pioniere e della posizione di apripista nei confronti delle aziende minori e di tutti i tipi di società, alla ricerca della coesione sociale in un contesto sempre più volatile, dinamico; alla gestione del cambiamento, alla protezione dei diritti dell’uomo e alla tutela dell’ambiente, incentivando reti europee, collaborazioni tra imprese, istituzioni e ascoltando i consumatori.

Successivamente il dibattito attorno alla CSR passò per il Multistakeholder Forum, organismo di dialogo e scambio di buone pratiche e iniziative di CSR in ottica trasversale, e per il nuovo Rapporto della Commissione Europea del 2006: “Alleanza Europea per la responsabilità sociale delle imprese” al fine di dare maggior impulso alle imprese europee per adottare pratiche socialmente responsabili nel proprio agire (Sobrero R., 2016).

A livello nazionale, con la legge finanziaria del 2005, nasceva la Fondazione per la Diffusione della Responsabilità Sociale, I-CSR126 con cui si aprivano gli Sportelli della CSR presso le Camere di Commercio, favorendo il dialogo e progetti di formazione condivisi da diverse aziende. Gli sportelli consentivano alle imprese di registrarsi alle camere della propria Provincia, tramite una griglia auto valutativa che doveva comprendere 8 categorie di stakeholder, le relative aree tematiche e un set di indicatori quantitativi e qualitativi «per controllare e dimostrare le performance organizzative127». Nonostante si cerchi di comparare le differenti realtà, lo schema di autovalutazione e l’assenza di un ente terzo di controllo rende tuttora il Registro difforme e scarsamente oggettivo.

Per gli standard adottati dalle imprese che si affacciavano al mondo della CSR si cita inoltre la norma ISO 26000:2010 che definisce le linee guida della Responsabilità Sociale d’Impresa complementari alle precedenti, ordinate nei seguenti sette filoni: «responsabilità di rendere conto, trasparenza, comportamento etico, rispetto degli interessi degli stakeholders, rispetto del principio di legalità, rispetto delle norme internazionali di comportamento, rispetto dei diritti umani». Inoltre con la normativa si evidenzia che «la responsabilità di rendere conto implica anche il farsi carico delle responsabilità in caso di azioni scorrette, adottando adeguate misure allo scopo di porvi rimedio

126 Italian Centre for Social Responsibility: Fondazione e centro dati per diffondere la CSR in Italia, istituita con la legge finanziaria

Art 1, comma 160 (csrtreviso.it), promossa dal Ministero del Lavoro, Unioncamere, Inail e Università Bocconi.

127 Gli Stakeholder sono così raggruppati: 1. Risorse Umane, 2. Soci/Azionisti/Comunità Finanziaria, 3. Clienti, 4. Fornitori, 5. Partner

Finanziari, 6. Stato, Enti Locali e Pubblica Amministrazione, 7. Comunità, 8. Ambiente. Ogni impresa avrà un Social Statement comprensivo della scheda anagrafica e di un set di indicatori specifico: «Il Social Statement è lo strumento che consente alle imprese

di: rispondere alle esigenze informative dei diversi stakeholder; dimostrare la loro capacità effettiva di sviluppare nel mercato e sul territorio politiche sociali attive, partecipare ad alcune delle iniziative di intervento sociale promosse dal Governo, accedere alle agevolazioni previste dal Governo» (Bressan A., 2006); online al sito: http://www.promoimpresaonline.it/

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e intraprendendo azioni volte a impedirne la reiterazione128».

Sul piano internazionale l’ultimo passaggio significativo da segnalare è avvenuto nel 2011 con la Comunicazione “Strategia Rinnovata dell’UE per il periodo 2011-14 in materia di CSR”, per rinnovare la promozione della RSI, utile anche per la società nel suo complesso in ottica di sviluppo sostenibile (Fiorani G., Jannelli M., Meneguzzo M., 2012). La Commissione nel 2011 definisce quindi la CSR come la responsabilità per l’impatto provocato dalle imprese sulla società. Infatti diversi studi dimostrano come «le strategie di responsabilità sociale possono effettivamente portare alcuni benefici alle imprese e, risolvere al contempo, alcuni problemi di tipo sociale ed etico che interessano il rapporto tra azienda e stakeholder» (Burchi B., 2013).

Si è passati dunque da una definizione di responsabilità sociale d’impresa attinente alla sfera morale, alle motivazioni etiche che dovevano spingere gli uomini d’affari a perseguire politiche di interesse comune, all’allargamento dei diversi interessi degli stakeholder dell’impresa unito al concetto di volontarietà, fino alla responsabilità per impatto che indirettamente rimanda alla misurazione, alla performance di risultato della aziende non più limitato ai valori economici, ma anche all’ambiente e alla società. Per questa ragione oggi sentiamo parlare sempre meno di responsabilità sociale d’impresa, e sempre più di sostenibilità e imprese sostenibili, di green economy e creazione di valore condiviso nel mondo imprenditoriale.