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CSR: Stakeholder Theory

Grafico 3: Andamento (2008-2017) della preoccupazione dei consumatori sull'inquinamento (fonte:

3.1 Cenni di Responsabilità Sociale d’impresa 1 CSR: le origini americane

3.1.3 CSR: Stakeholder Theory

Tornando all’estero, negli anni ’60, maturarono nuove teorie attinenti alla CSR come quelle di William C. Frederick, il quale riteneva la responsabilità sociale come un dovere per gli imprenditori incaricati di un duplice compito: utilizzare le risorse per fini sociali e non circoscritti ai privati e vigilare sulla soddisfazione delle aspettative della collettività che il sistema economico avrebbe dovuto essere in grado di garantire116.

Negli anni ’70 moltissime pubblicazioni tornarono sul tema csr con diversi economisti e docenti tra cui (citiamo) Jules Backman, S. Prakash Sethi, A. Carroll, Preston e Post, Gordon Fitch e Thomas Jones.

Essi rappresentarono diverse dimensioni della csr, ma erano accumunati da medesime idee di fondo. Gli studiosi riconoscevano delle responsabilità alle quali le società erano volontariamente chiamate ad accollarsi nei confronti delle diverse categorie di persone interessate dall’attività aziendale117.

114 Info suhttp://www.storiaxxisecolo.it/larepubblica/repubblicabiografie2.htm; A. Olivetti (1901-1960) recitò così nel Discorsi per il

Natale: «è motivo di compiacimento l’aver dato, negli anni scorsi, il massimo contributo alla soluzione dei problemi di lavoro della

nostra città e dei paesi che ci attornano, ma dobbiamo ricordarci che esistono dei doveri di riconoscenza anche verso coloro che da anni contribuiscono al nostro sforzo direttamente qui nella fabbrica, e pertanto nello sviluppo che non dovrebbe ancora mancare al nostro progresso, non dimenticheremo di tutelare insieme ai figli delle altre famiglie, i figli della nostra famiglia, perché taluni di essi ormai attendono da anni di entrare nella fabbrica ove i loro padri lavorano» (Olivetti A., ed.2017)

115 http://www.fondazioneadrianolivetti.it/lafondazione.php?id_lafondazione=1

116 W.C. Frederick (1960): The growing concern over business responsibility; California Management Review, (2) - p. 54.

117 A. Carroll (1979): «The social responsibility of business encompasses the economic, legal, ethical, and discretionary expectations

that society has of organizations at a given point in time». Citazione disponibile al link: https://www.researchgate.net/publication/282441223_Corporate_social_responsibility_Evolution_of_a_definitional_construct Figura 24: Adriano Olivetti all'interno della

fabbrica di Ivrea (foto: lastampa.it)

Figura 25: Robert Edward Freeman (foto:

http://uvamagazine.org/articles/we_come_from_o ld_virginia)

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Risalendo al 1984 per riprendere i filoni di studi americani e soprattutto italiani rispetto alla molteplicità di portatori interessi dell’impresa, citiamo le tesi di Robert Edward Freeman. Egli, riprendendo le passate teorie, identificava nel suo saggio118 i portatori di interessi dell’impresa

suddividendoli tra primari e secondari.

I primi, gli stakeholder in senso stretto cioè «tutti quegli individui e gruppi ben identificabili da cui l’impresa dipende per la sua sopravvivenza: azionisti, dipendenti, clienti, fornitori e agenzie governative chiave» (Freeman R.E., 1984). Freeman considerava gli stakeholder come gli individui che possono esercitare influenza in termini di prodotti, politiche e processi

La prospettiva dell’impresa e dei suoi uomini d’affari è progredita nel tempo; dalla figura del businessman egoista alla filantropia, dalle ragioni etiche all’ormai esplicita considerazione dei differenti interessi in gioco; in questa fase i contributi degli autori contrapposero la Stakeholder Theory alla Shareholder Theory, raggiungendo il concetto di governance allargata: le imprese dovrebbero tenere conto delle aspettative di diversi soggetti con cui l’azienda è in relazione andando oltre il valore economico per gli azionisti che diventano a loro volta stakeholder (clienti, lavoratori, fornitori, P.A., sindacati, associazioni, la comunità ecc. da considerare, o addirittura coinvolgere a

fini decisionali).

Nel 1991 Archie Carroll119 provò a fare ordine in dottrina, pubblicando la piramide della Corporate Social Responsibility. Alla base della piramide considerò la responsabilità economica nella dimensione distributiva della ricchezza prodotta in azienda e della proposizione di un prezzo equo per i consumatori; mentre al di sopra seguiva la responsabilità legale rispetto al contesto e alla legislazione vigente in un determinato Paese. Questi sono due fattori richiesti dalla società, sono responsabilità che la collettività si aspetta che vengano osservate, il che dal punto di vista dell’impresa, significa rispettare puntualmente la legge. Come abbiamo già avuto modo di vedere, essere imprese socialmente responsabili significa andare oltre questi limiti: ecco quindi sul terzo gradino della piramide la responsabilità etica, ovvero la considerazione anche delle problematiche che toccano la sfera sociale, ciò che è giusto fare per la comunità e che essa si attende, mentre al vertice si collocano le philantrophic responsabilities “desiderate” dalla società. Carroll alludeva, non tanto alla mera filantropia, definibile come la “restituzione” di ricchezza da destinare ad altri soggetti, ma piuttosto mirava ad un concetto più ampio: il volontario impegno nel considerare gli interessi della comunità, del territorio, dei soggetti che hanno una relazione, un interesse in gioco con l’azienda fornendo ad esempio giustizia nelle retribuzioni e rispetto delle condizioni di lavoro

118 R.E. Freeman nel 1984 redige il saggio Strategic Management: a Stakeholder Approach.

119 Archie B. Carroll è Professore Emerito dell’Università della Georgia (Terry College of Business).

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per i dipendenti, un prezzo giusto per i clienti o concorrere alla realizzazione di servizi e opere di pubblico interesse (Carroll A.B., 1991). Tuttavia non furono tutti d’accordo con questo cambiamento prospettico della responsabilità sociale d’impresa. I sostenitori della Shareholder Theory infatti vedevano nella soddisfazione degli interessi degli azionisti, un passaggio necessario per creare valore anche per gli stakeholder e di conseguenza per il sostentamento dell’impresa stessa. Quindi i portatori di interessi diversi dagli investitori, venivano visti da autori come Sundaram e Inkpen120, come una sorta di mezzo per creare valore per gli azionisti e un incentivo per i manager il cui unico compito era quello di ottenere risultati economici per gli shareholders.

Edward Freeman con Wicks e Parmar criticò questi contributi mettendo gli azionisti sullo stesso piano degli stakeholder. La teoria degli stakeholder parte dal presupposto che i valori rientrano necessariamente ed esplicitamente nel modo di fare business. I manager sono chiamati a condividere il senso del valore che creano e ciò che riunisce i core-stakeholder. La teoria spinge inoltre i managers a chiarire il modo in cui intendano fare business, in particolare rispetto alle relazioni da instaurare con i diversi portatori d’interessi per raggiungere i rispettivi scopi121 (Freeman R.E., Wicks A.C.,

Parmar B., 2004). La teoria degli stakeholder si fa preferire in quanto mette le aspettative degli stakeholder in primo piano, al cui interno figurano anche gli azionisti, gli interessi dei quali se soddisfatti nel loro insieme, conducono all’equilibrio, alla conservazione dell’integrità dell’istituto impresa. Inoltre la teoria presuppone due questioni principali da tenere a mente per le imprese: scopo e responsabilità. Occorre instaurare delle relazioni con le altre categorie di soggetti per perseguire gli obiettivi dell’azienda e i managers devono domandarsi quali responsabilità hanno verso questi soggetti, cercando di ispirare i portatori di interessi in modo che tutti diano il proprio meglio: ecco che allora si può arrivare al valore economico per l’impresa nel suo insieme122 (Freeman R.E., Wicks

A.C., Parmar B., 2004).

Regolamentare la Corporate Social Responsibilities era il passo successivo per dare chiarezza e definire la RSI in maniera univoca. Il dibattito è proseguito negli anni a venire conducendo gli studiosi della responsabilità sociale d’impresa verso nuovi punti di vista, spesso incontrandosi con l’accezione più ampia della sostenibilità e delle sue dimensioni come verrà illustrato nei proseguo della tesi.