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Critiche mosse al romanzo

Elenco delle sue opere

Capitolo 2: A Fringe of Leaves

2.2 Critiche mosse al romanzo

Pubblicato nel 1976, A Fringe of Leaves cattura immediatamente l'attenzione dei critici, perché dei lavori di White è il primo romanzo con un'ambientazione storica che ha radici così lontane. Ispirandosi alla storia di Eliza Fraser e del suo naufragio nel 1836, White narra le vicende di una donna, Ellen Roxburgh, che si ritrova a vivere la stessa esperienza traumatica di Eliza. Questo però non basta a fare di A Fringe of Leaves un romanzo storico: ed infatti, nella sua accezione più profonda, non lo è.

Sebbene sia ambientata in un'epoca passata, la trama è solo uno spunto narrativo per analizzare la storia e la società dell'Australia alle sue origini:

Tutt'altro che un romanzo storico, dunque, bensì una ulteriore analisi della “Australian mind” di oggi alla luce di una storia di ieri,il tentativo- per me perfettamente riuscito- di stabilire un rapporto di continuità culturale e morale tra il passato e il presente per quanto riguarda le convenzioni sociali e l'identità individuale, i punti morti o le frizioni tra la Reality e le “illusions of reality” offerte dal grezzo, ma già marcatissimo “social world” del secolo decimonono in Australia.71

Quello che preme allo scrittore australiano, ed è poi il motivo per cui si trovano tante differenze rispetto alla storia originale, è riuscire a raffigurare la società australiana del suo tempo analizzando certi comportamenti ed atteggiamenti della cultura di quasi un secolo prima, dimostrando quindi che sono insiti nella storia dell'Australia.

Per farlo, White narra la rinascita di una donna: Ellen, alla fine del romanzo sarà l'unico personaggio ad essere riuscito davvero a spogliarsi di tutte le sovrastrutture mentali, culturali e sociali che le erano state imposte suo malgrado.

L'esperienza traumatica ha l'indiscusso pregio di riuscire a mettere di nuovo in contatto Mrs Roxburgh ed Ellen Gluyas, ed è questa piena accettazione del proprio essere che le consente di sopravvivere. Nell'episodio in cui lei è costretta a cacciare un opossum, questo salvataggio viene esplicitato dall'autore, che descrive l'intervento di Ellen in soccorso di Mrs Roxburgh, con il verbo rescue.

Al contrario di suo marito, che non sarà mai in grado di scavare nel profondo, ma che rimarrà sempre con una conoscenza superficiale e nozionistica del mondo che lo circonda, Ellen riesce a scendere nelle profondità della natura umana, si inabissa e abbandona i panni della lady per imbruttirsi. Il suo imbruttimento è ovviamente dettato dalle condizioni nelle quali vive, ma può essere anche letto come il suo bisogno di lasciar andare tutti quegli orpelli (i guanti bianchi, lo scialle, la pelle schiarita) che facevano di lei la creatura voluta da suo marito e dalla suocera.

Il romanzo però, non ottiene critiche del tutto positive: come spesso accade per le opere di White, il linguaggio che l'autore usa non lo esimia dal ricevere qualche parere negativo.

Inoltre, a motivo della sua data di pubblicazione, A Fringe of Leaves si inserisce a pieno titolo nel dibattito sul postcoloniale, alimentando le riflessioni dei critici.

Il libro fornisce molti spunti: si pensi per prima cosa al rapporto con gli aborigeni e con la loro cultura, che anche ai nostri giorni non è scevro di polemiche e conflitti.

Quello che è interessante sottolineare è il fatto che White riesce a tratteggiare una descrizione credibile e realistica degli aborigeni: ne racconta le tradizioni, gli usi e i costumi, la cultura, il loro essere un gruppo unito e coeso, nonostante le difficoltà della vita. È forse la prima volta in cui le tribù di nativi non vengono viste solo come selvaggi da addomesticare: Ellen riconosce in loro, e in questo modo lo fa anche il lettore, una struttura e una gerarchia ben definite.

White ha il merito di riuscire, fin dall'inizio del settimo capitolo, ma ancora più avanti nel romanzo, a delineare le opinioni che gli occidentali hanno degli aborigeni: da una parte per esempio il capitano Purdew, che li considera innocenti e richiama immediatamente al lettore il mito del buon selvaggio, dall'altra la ciurma che li vuole attaccare per sopravvivere. Ma ancora Mr Roxburgh, che li guarda con l'interesse quasi di un antropologo, affascinato solo dalle loro fisicità, Jack, che ha vissuto con loro a lungo e che è l'unico con un quadro di insieme della situazione, e infine Elllen, che arriva ad ammettere che la morte di suo marito è stata causata da una serie di sfortunate decisioni prese da entrambe le parti, i marinai e gli uomini della tribù.

Un altro elemento che cattura l'attenzione della critica è il finale: Ellen compie un percorso di redenzione e rinascita, che però termina con un matrimonio borghese,

quasi fosse un passo indietro rispetto a tutto ciò che era riuscita a realizzare e ottenere durante la sua esperienza con la tribù. Infine, l'aspetto che più colpisce, è la capacità di White di trasformare in protagonisti i reietti della società: una vedova, un condannato a morte, una tribù di aborigeni.

Lo scrittore è in grado di dipingere dei veri e propri ritratti di queste persone, rendendole, pur con i loro difetti e le loro debolezze, dei veri e propri eroi moderni. Diventano i protagonisti del romanzo e della loro storia perché trovano il coraggio di raccontarla e viverla appieno.

White, in un passo di Flaws in the Glass, risponde ferocemente alle critiche ricevute:

Half those professing to admire Voss did so because they saw no connection between themeselves and the Ninetheen Century Society portrayed in the novel. […] If there is less gush about the so-called “historical” novel, A Fringe of Leaves, it is perhaps because they sense in its images and narrative the reasons why we have become what we are today72.

Concludo questa sezione dedicata all'analisi critica di A Fringe of Leaves con un passo di Pietro Spinucci, ad oggi uno dei più interessanti esperti italiani di Patrick White.

Soprattutto A Fringe of Leaves non ha la frenetica contrapposizione strutturale e linguistica tra il punto di partenza e il punto di arrivo, cosicché anche il ritmo ne risulta più pacato,il passo più lento, mentre il linguaggio non sottopone i materiali narrativi a quel violento “squeezing” con cui nei romanzi precedenti venivano distillati i significati, esattamente come la rebirth di Ellen Gluyas, la quale è soltanto l'inevitabile risposta ad una esperienza purgatoriale che ha tutte le caratteristiche della accidentalità, ma non certo quelle di straordinaria folgorazione interiore. Anche se l'intero romanzo è costruito sopra una contrapposizione che non potrebbe essere più “eversiva” ( un reietto della società, un “ convict” è il solo personaggio in grado di essere uno strumento di salvezza) lo “ordinary” e lo “extraordinary” più che contrapporsi senza alternative sembrano finalmente coesistere l'uno dentro l'altro o, almeno, l'uno a fianco dell'altro73.

72 Patrick White, Flaws in the Glass: A Self-portrait, op. cit. 73 Pietro Spinucci, op.cit.

2.3 Le riscritture della storia di Eliza Fraser: ispirazioni e