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Nomi propri e nomi di persona: due esemp

Commento alla traduzione

4.2 Fattori lessical

4.2.1 Nomi propri e nomi di persona: due esemp

Una delle prime difficoltà con la quale mi sono dovuta confrontare è stata la traduzione del termine “black”, usato ripetutamente dall'autore quando parla della tribù con cui vive Ellen, in contrapposizione con il termine “aborigens”. La decisione si è ridotta a due opzioni: usare il termine “nero” o il termine “negro”. Negro infatti è un termine che compare dalla metà '500, di derivazione latina “nigrum” “black, dark, sable, dusky, figuratively gloomy, unlucky, bad, wicked of unknown origin (perhaps from PIE*nekw-t- "night )”110e dal 1590 inizia ad essere

adoperato come aggettivo. Anche il dizionario Treccani riporta l'uso del termine negro come una forma antica e letteraria per indicare nero.111 Dal punto di vista

linguistico quindi, poiché il libro è ambientato negli anni 30 dell'Ottocento, poteva essere, a mio avviso, una scelta traduttiva appropriata. Come tutti sappiamo, però, il termine ha assunto dal 1960 una connotazione spiccatamente razzista, perché associato ad un'imposizione della cultura bianca dominante, tanto che ora il suo corrispettivo in inglese viene semplicemente indicato con “N. word”.Ho ritenuto necessario essere fedele però soprattutto al lettore, ed è per questo che ho deciso di usare nella mia traduzione il termine “nero”. Questo termine è ciò che sente più vicino alla sua cultura e alla sua sensibilità, ed è per questo che ritengo possa essere la scelta più appropriata.

Vorrei ora analizzare brevemente il termine “aborigens”, che io ho tradotto con il corrispettivo italiano aborigeno. Quello che è stato interessante scoprire è che una parola che in Italia rappresenta una tradizione, una cultura ed un popolo australe, senza alcun tipo di riferimento offensivo, dall'altra parte del mondo viene invece considerata una “bad word”. Per riferirsi a coloro che noi comunemente chiamiamo aborigeni, esistono tre parole diverse: la prima è appunto aborigene, l'unica delle tre presente nel testo di White, ora legata a

110Per ulteriori informazioni su questa voce, si rimanda al link

.http://www.etymonline.com/index.php?term=Negro&allowed_in_frame=0 111Per ulteriori informazioni su questa voce, si rimanda al link

pregiudizi e discriminazioni.

Aboriginal people are a diverse group of individuals and use of the term 'Aborigine' has negative connotations imposed during colonisation and can perpetuate prejudice and discrimination.—Maria Tomasic, former president Royal Australian and New Zealand College of Psychiatrists.112

La seconda parola è invece “Aboriginal”, spesso scritto con la lettera maiuscola in segno di rispetto, è un termine consigliato dalla Aboriginal Advisory Group of Community Legal Centres perché ha una valenza più positiva113. Infine, il termine “indigenous”, che venne inizialmente adoperato

per parlare di piante ed animali, e con il quale ora si includono popolazioni differenti.Pur essendo consapevole di queste differenze semantiche nell'inglese, ho deciso di rimanere fedele al testo, alla sua ambientazione storica e culturale, mantenendo il termine aborigeno. Indigeno sarebbe stata a mio avviso una forzatura, perché la parola non è presente nel testo e nella nostra lingua non gode di tutti i riferimenti culturo-specifici che invece ci rievoca aborigeno.

Dedico l'ultima parte di questa sezione al nome proprio e alle difficoltà traduttive che ho incontrato di fronte al pronome “she”.Nell’ultima parte del capitolo, in cui la protagonista fugge con Jack verso Moreton Bay, capita spesso di imbattersi in frasi in cui si usa il termine “she” in contrapposizione a Jack, “he”.Come comportarsi di fronte a “she”? Il problema in una prima lettura può sembrare banale, ma soffermandosi con attenzione sul testo ci si rende conto che la soluzione non è affatto semplice. Se infatti l’ipotesi di eliminarlo non è percorribile, poiché si creerebbe una confusione linguistica su chi sia il vero soggetto dell’enunciato, rimane come unica strada percorribile l’ipotesi della traduzione. Anche in questo caso però, mi sono trovata di fronte ad una scelta traduttiva interessante: “ lei disse” (e simili) è un'espressione che in italiano può suonare pedante e forzata, ma in questo caso, mantiene la giusta relazione con il personaggio. Infatti un’altra ipotesi che ho scartato consisteva nel tradurre “ she” con il nome della protagonista. Ma quale? In altri libri la

112 http://www.creativespirits.info/aboriginalculture/people/how-to-name-aboriginal-people; per maggiori informazioni sulla figura di Maria Tomasic si rimanda al link https://www.ranzcp.org/About-us/About-the- College/Our-history/Presidents-of-the-College/Maria-Tomasic.aspx

scelta sarebbe stata ovvia, ma in A Fringe of Leaves il lettore è costretto a relazionarsi con tre diverse personalità. La prima è Ellen, la ragazzina che è cresciuta in comunione con la natura, forte e robusta, che ha sofferto per il rapporto complicato con i suoi genitori, ma che ha vissuto l'infanzia di una giovane selvaggia e libera. La seconda è Mrs Roxburgh, la moglie devota e la donna addomesticata dal marito e dalla suocera, che tiene un diario e ascolta i versi di Virgilio solo per compiacerli, la donna con un forte desiderio materno, ma che allo stesso tempo cede alle pulsioni carnali con il fratello del marito. Infine, abbiamo Ellen Gluyas, che potremmo descrivere come la parte più viscerale, ancestrale della donna, quella che riesce a salvarla dalle situazioni più complicate da affrontare. Questi tre aspetti sono presenti nella stessa persona, ma emergono in momenti diversi e rappresentano quindi tutte le sfaccettature della sua personalità, come si può vedere nei tre brevi esempi.

But she felt accepted, rejuvenated. She was the “Ellen” of her youth.

Ma si sentì accolta, ringiovanita. Era l'" Ellen" della sua giovinezza

She was so desperate she cried out in anger. “They won't dare! I am Mrs Roxburgh!”

Era così disperata che strillò dalla rabbia " Non oseranno! Io sono Mrs Roxburgh!"

Or else it was the spirit of Ellen Gluyas coming to Mrs Roxburgh's rescue.

O forse era lo spirito di Ellen Gluyas che correva in soccorso di Mrs Roxburgh.

Come avrei potuto scegliere, imponendomi come autore del testo, quale delle personalità far prevalere? La mia presenza sarebbe stata troppo evidente, e assolutamente immotivata: non spetta infatti al traduttore decidere che cosa è giusto per il personaggio, ma è un compito che spetta allo scrittore, Per i motivi illustrati ho scelto di tradurre letteralmente “she” con “ lei”, anche a costo di appesantire alcune pagine, rendendole poco musicali al lettore italiano: un rischio che corro volentieri, perché a mio avviso la fedeltà verso il personaggio deve prevalere su tutte le altre possibili scelte.

4.2.2 Realia

Il settimo capitolo è ricco di realia, che gli studiosi Vlahov e Florin definiscono come:

parole (e locuzioni composte) della lingua popolare che rappresentano denominazioni di oggetti, concetti, fenomeni tipici di un ambiente geografico, di una cultura, della vita materiale o di peculiarità storicosociali di un popolo, di una nazione, di un paese, di una tribù, e che quindi sono portatrici di un colorito nazionale, locale o storico; queste parole non hanno corrispondenze precise in altre lingue.114

I realia possono essere geografici, etnografici, politici e sociali115.

Le soluzioni proposte per i realia sono molte, e qui mi limito ad elencare quelle più conosciute e studiate dai linguisti.

Trascrizione vera e propria

Consiste nel trascrivere una parola secondo le regole fonetiche e fonologiche della lingua d'arrivo.

Traslitterazione

Si tratta di una trasmissione, carattere per carattere, della parole della lingua di partenza in quella d'arrivo.

Creazione di un neologismo

Si tratta, come dice il nome, della creazione di una nuova parola, spesso frutto di un calco dalla lingua di partenza

114Nel loro testo Neperovodimoe v perevode, Mosca, Vysšaja škola, 1986., i due studiosi formulano per la prima volta la definizione di realia, che da quel momento viene approfondita e studiata anche nelle Università e nei centri linguistici. Nasce inoltre un progetto di indagina linguistica http://www.realiaproject.org/. Per un approfondimento su questo tema rimando a Lambert M Surhone, Mariam T Tennoe, Susan F Henssonow, Realia (Translation), Londra, Betascript Publishing, 2011.

115 Natale Fioretto, La torre di Babele. Quattro saggi sulla tecnica della traduzione dal russo, Perugia, Graphe.it Edizioni, 2011.

Sostituzione

Si sostituiscono i realia con altri realia della lingua verso la quale si sta traducendo. È una delle tecniche più diffuse, perché consente di dare coerenza e coesione al testo prodotto.

Espressione generica o omologo internazionale

Si usa un termine più generico, o polisemico, per indicare un concetto che in realtà, nella lingua di partenza, ha una parola specifica che lo designa.

Omologo locale

Si sostituisce il realia con un omologo locale del fenomeno della lingua di partenza.

Descrizione e spiegazione

Attraverso una perifrasi nel testo, il traduttore spiega il significato della parola o dell'espressione.

Aggiunta di aggettivo specificante

Si inserisce un aggettivo che possa chiarire e specificare il termine in questione.

Traduzione contestuale

Il traduttore decide di concentrarsi sul significato globale della frase, e traduce il realia con un'espressione che può non essere il suo corrispettivo, ma è chiara e immediatamente comprensibile al lettore.

In linea di massima, tralasciando quindi alcuni esempi del libro, è possibile affermare che i realia presenti nel testo tradotto sono di due categorie diverse: i realia della cultura aborigena e quelli della cultura di Mrs Roxburgh.

le poche parole che pronunciano appartengono ad un mondo completamente estraneo alla protagonista. Per questo motivo ho deciso di non tradurre questi termini, perché penso che possa essere interessante far vivere al lettore lo stesso senso di straniamento che prova Ellen, incapace di capire le parole che le vengono dette.

Per quel che riguarda in generale i termini dell'ambiente nel quale vivono gli aborigeni, come “dillis”, “corroboree”, e “geum”, ho pensato di non tradurli, perché il loro significato si intuisce dal contesto e volevo lasciare al lettore il piacere di immaginare come fossero effettivamente questi oggetti o queste espressioni, il cui significato completo è indicato nel glossario in fondo al lavoro. Per lo stesso motivo, non ho ritenuto necessario inserire delle note esplicative all'interno della traduzione, che a mio avviso avrebbero solo distratto il lettore dalla trama.

The revolting remains of the feast were stuffed inside the dillis

I resti rivoltanti del banchetto venivano infilati dentro i dillis

La seconda macro-categoria di realia è quella che appartiene al mondo di Mrs Roxburgh, suo marito e sua suocera. In questo caso, la mia decisione traduttiva ha agito su due piani.

Da una parte ho tradotto tutti quei termini che, seppur appartenenti ad una determinata fase storica, sono conosciuti anche in italiano, come soprabito e panciotto, dall'altra, sempre per quel che riguarda il campo semantico dei vestiti, ho pensato di non tradurre alcuni termini come “kerseymere”, “bombasine”, che avrebbero richiesto una perifrasi troppo lunga, la quale avrebbe inutilmente appesantito il testo con dettagli non indispensabili ai fini della storia. Un'altra ragione che mi ha spinto verso questa decisione è che i riferimenti ai vestiti a cui ho accennato prima, che in qualche modo indicano tutto il passato di Mrs Roxburgh, compaiono in un momento di delirio nel quale lei immagina sua suocera, sono ricordi fumosi, e ho ritenuto pertanto utile lasciare al lettore lo stesso senso di difficoltà che in quel momento stava vivendo la protagonista nella sua testa.

As might have expected, she was dressed in her brown kerseymere of several winters.

Come ci si poteva aspettare, era vestita col suo di kerseymere marrone di diversi inverni.

Inoltre, ho sempre lasciato in inglese il termine “lady”, innanzitutto perché è un termine ben noto anche a chi non è anglofono, e in secondo luogo perché quel termine racchiude in sé una determinata fase storica e sociale, ha un riferimento geografico specifico, che si sarebbe certamente perduto in traduzione.

Posso affermare che per i termini aborigeni e per la moda ottocentesca, la mia scelta è stata simile alla spiegazione e alla descrizione, perché nel glossario ho cercato di fornire una definizione chiara di queste parole.

Se prima ho parlato di due grandi macro-categorie, ora è il momento di analizzare la mia scelta traduttiva per quel che riguarda termini come “possum”,“lily roots”o “goanna”: è vero che sono termini che indicano un certo ambiente, ma la loro traduzione è familiare anche al lettore italiano, se si pensa per esempio che la traduzione di “possum” è il termine opossum. Per quel che riguarda “lily roots”, ho pensato fosse necessario tradurlo, perché intorno ad esse ruotano le vicende delle due ragazze che si contendono il maschio, e la conseguente scena di cannibalismo, e di nuovo, i gigli sono dei fiori che anche un lettore italiano conosce. La scelta di tradurre anche il termine goanna è stata più ponderata e “sofferta”: quello che mi ha spinto alla fine ad optare per il corrispettivo italiano “varano”, è che esso si usa per indicare il varano australiano, ed in questo modo si sarebbe mantenuta l'origine dell'animale.

He told her one night as they sat warming themselves at the fire after a dinner of roasted goanna

Le raccontò, una notte, mentre sedevano a scaldarsi attorno al fuoco dopo una cena a base di varano arrostito