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Cruscotto direzionale e misurazione dell’attività Presupposti e funzione

Pianificazione, controllo di gestione e valutazione dell’attività

2.2.2. Cruscotto direzionale e misurazione dell’attività Presupposti e funzione

Come riferivo nel paragrafo precedente, lo standard unico 124 è il risultato del rapporto tra prodotti elaborati e personale: nella sede, ogni dipendente deve lavorare mediamente nel mese per almeno centoventiquattro ore di lavoro «certificato». Ho altresì sottolineato che, oltre il criterio quantitativo, si valuta anche la qualità quantificata delle prestazioni, giudicate con parametri misurabili. Lo strumento fondamentale per valutare il rispetto di tali parametri e monitorare il loro progressivo raggiungimento, è il cruscotto. Si tratta di un software che, prelevando in modo quasi del tutto automatico i dati relativi all’attività dall’ente, li seleziona secondo gli indicatori individuati e li compone in indici man mano più sintetici, che disegnano un quadro panottico dell’attività complessiva dell’ente a livello nazionale; ma può discendere fino al dettaglio della produzione di una singola agenzia e delle diverse tipologie di prodotto. È come se fosse una fotografia istantanea di quello che succede, ma con la possibilità di zoommare fino ad individuare il singolo elemento di tale immagine.

Prima di addentrarci nella sua puntuale descrizione, è interessante, ai fini di questo lavoro, notare le modalità attraverso le quali tale strumento di controllo dell’attività è stato costruito. Perché, dietro gli indici e gli indicatori, vi è non solo uno studio logico di individuazione di ciò che può costituire la difettosità di un prodotto, ma anche una precisa analisi e misurazione del lavoro svolto nell’ente. Un corposo numero di attività, in particolare quelle direttamente connesse alle pratiche che danno luogo a prestazioni, la cd. produzione, è stato oggetto di uno studio accurato da cui sono stati desunti, mi spiega Carlo, determinati coefficienti per ciascuna attività

86 direttamente misurata: operando su alcune sedi campione, si è calcolato quindi il tempo per la realizzazione di ciascun tipo di operazione. Come mi dice più in dettaglio Raffaele, esperto informatico della Direzione provinciale di Cosenza, la costruzione dei coefficienti per ogni attività, fondamento del cruscotto direzionale, è stata realizzata attraverso una fase di sperimentazione in cui «praticamente si è fatto per prima cosa un’attività di campionamento sul territorio…e moltissime sedi hanno concorso per fasi di lavorazione diverse […]. È venuto materialmente un funzionario della Dc pianificazione ha preso un campione di pratiche casuale, sufficientemente ampio; ha preso un certo numero di addetti del reparto su cui si faceva il test e ha misurato quanto tempo impiegavano a lavorare quelle pratiche, materialmente. Cioè ha visto che per fare quel campione di dieci pratiche hanno impiegato, non lo so … centocinquantatre minuti. A quel punto quello è stato suddiviso per il numero di pratiche, è stato considerato il tempo medio. In quel tempo c’è tutto: c’è la consultazione della base normativa, c’è l’andare in archivio a prelevare un fascicolo, c’è fare una consultazione in più; c’è tutto, c’è chiamare all’utente…c’è tutto. Quindi alla fine è uscita una valutazione che è andata a rettificare quella che era la precedente valutazione […] ciò che è misurabile…abbiamo già le procedure che lo misurano. Tutto ciò che è incluso come attività collaterale, di supporto è già inclusa nella misurazione…quando si dice che una liquidazione di una pensione vale 0,50…in quel momento si sta considerando tutto. Se per liquidare quella pensione c’è bisogno di andare a consultare la banca dati normativa per andare a rileggersi una circolare, è già considerato». Queste sperimentazioni dei tempi medi di realizzazione di un certo tipo di pratica non sono dati una volta per tutte: «ora si è intervenuti sul calcolo dei tempi di liquidazione di una pensione con il quasi dimezzamento dei tempi […] man mano che si evolve la tecnologia e la normativa si va ad intervenire» e anche in base alle segnalazioni, alla considerazione dell’opportunità di una attività.

Il cruscotto, come strumento di monitoraggio e valutazione delle performance di sede, è stato introdotto più di dieci anni fa e nel tempo ha subito molte modifiche e ampliamenti. Questo, come si evince da quanto fin qui esposto, traduce in termini aritmetici, quindi misurabili, gli obiettivi elaborati mediante la produzione normativa interna dalla Direzione centrale.

Articolato in 160 indicatori di base, il cruscotto direzionale, accanto al piano budget, è l’altro strumento di natura qualitativa che rileva le performance di sede. Consente non solo un’attività valutativa annuale e di confronto tra sedi, ma costituisce anche uno strumento di monitoraggio intra-sede mediante rilevazioni mensili e quotidiane, finalizzate a consentire gli eventuali recuperi in caso di ritardi nella produzione.

Aprendo il programma, si individuano come principali livelli di riferimento per la performance di sede quello nazionale, regionale e il cluster . Attenendosi al livello elevato degli indicatori, a colpo d’occhio, sono immediatamente visibili le sedi virtuose e le sedi meno virtuose; mentre, scendendo a un livello meno aggregato degli indicatori, è possibile individuare nello specifico le aree di produzione problematiche. Si utilizza, infatti, una modalità cromatica per segnalare la performance positiva, negativa o border line di ciascuna sede/attività rispetto al dato medio nazionale: la cella corrispondente a ciascun indicatore avrà quindi un colore verde, rosso (scostamento superiore al 5 per cento) o giallo a seconda della sua corrispondenza e dell’ampiezza dello scarto, minore o maggiore al cinque percento.

I principali sub-indicatori dell’indicatore sintetico globale sono l’indicatore sintetico della qualità dei processi di produzione globali insieme all’indicatore di efficienza. Il primo fornisce

87 una informazione sulla qualità della produzione, il secondo informa sulle modalità di gestione delle risorse (produttività, percentuale di assenza del personale, etc.). Scendendo di livello, è possibile scomporre i due ulteriormente: per il primo avremo riferimenti alle macroaree di attività di back office, front office e altre aree di produzione, che si scompongono ancora fino a giungere al singolo prodotto e a una serie di indicatori di base (come la percentuale delle prime liquidazioni e la percentuale di difettosità). L’indicatore sintetico di efficienza è costituito a sua volta da un indicatore di produttività e da un indicatore di impiego di risorse. Al di là dell’indicatore sintetico di efficienza e quello di qualità della produzione ci sono poi le funzioni professionali, legale e medico-legale.

Come scrivevo sopra, al rispetto degli obiettivi qualitativi e quantitativi è legato l’ottenimento degli incentivi ordinario e straordinario. Più precisamente, il primo è legato al criterio di produttività del 124; il secondo ad un più complesso sistema connesso al miglioramento della propria performance di sede rispetto all’anno precedente, e in ragione della sua consistenza. Ora, di anno in anno, il valore relativo della performance media - almeno dell’indicatore sintetico di qualità che si prende come riferimento - cresce intorno al quattro-cinque percento. Ma la sua effettiva entità si conosce solo a fine anno, cioè a dicembre. Per ciascuna sede l’ultimo dato utile su cui attestare la produzione (magari lavorando più intensamente certi prodotti, anziché altri), di fatto, è quello di ottobre. In breve, l’intensità della produzione cresce di anno in anno: se si vuole ottenere parte della retribuzione flessibile è necessario confermare il livello di produzione dell’anno precedente.

Così, a prima vista, questo strumento sembra avere un triplice effetto, ponendosi come un dispositivo utile: a) alla valutazione, da parte del centro, di tutte e di ciascuna sede ai fini dell’erogazione degli incentivi; b) all’opera di monitoraggio, da parte della dirigenza di sede, delle attività gestionali per effettuare correzioni ritenute necessarie; c) per stimolare sia la performance di sede che quella individuale attraverso l’elemento del premio, a cui si accede rispettando lo standard medio e la comparazione costante con le altre sedi. Filippo, responsabile di linea di prodotto, mi spiega che: «nel corso degli anni questo cruscotto si è fatto sempre più minuzioso, sempre più particolare, si è ingrandito sempre di più. E questo sì che misura effettivamente…a volte…tra virgolette…in maniera troppo leggera, a volta troppo pesante [se le prescrizioni sono state rispettate o meno]. […] ha avuto due effetti: monitoraggio diretto da parte della Dc, ma soprattutto è stato da stimolo forte, da forte stimolo per la dirigenza locale. Prima si faceva perché doveva essere fatto, ora se ne è compresa l’importanza». La funzione di stimolo alla produzione svolta da questo sistema è estremamente importante, ma presenta degli effetti collaterali, inattesi e problematici, che approfondiremo nel prossimo paragrafo.

2.2.2.1. Gli effetti

Le funzioni principali del sistema del cruscotto sono la valutazione e l’accesso alla retribuzione accessoria, e la possibilità di rettifica dell’andamento in corso. In senso più ampio, però, questo dispositivo è stato ideato e introdotto per omogeneizzare la produzione tra le diverse sedi, sincronicamente, e la produzione di ciascuna di esse nel tempo, diacronicamente. L’effetto di stimolo prodotto mediante la distribuzione dell’elemento economico in base ad un andamento

88 non assoluto ma relativo delle performance, su cui si gioca il suo ottenimento, è anch’esso stato ricercato per sollecitare tale uniformazione.

Ma l’essere costantemente misurati, che effetti produce? Lo stimolo può trasformarsi in pressione? La pressione in competizione? «Quello sì, quello sicuramente, perché è stato una conseguenza: oggi si lavora molto per il cruscotto. Molto di più di due tre anni fa. Sicuro al cento per cento» per Filippo. In particolare, mediante il cruscotto si produce una rivalità tra le diverse sedi, soprattutto quelle appartenenti allo stesso cluster secondo Rocco, responsabile di agenzia interna: «Competizione tra le diverse sedi…competizione tra le diverse sedi sì. Fa parte dell’animo umano…c’è la competizione…nel senso che si va a vedere il risultato di Catanzaro, di Reggio…è una competizione comunque positiva perché è volta a migliorare; quindi ci si deprime se si va meno bene e ci si esalta se si è andati meglio degli altri…competizione da questo punto di vista….Ma lo vedo come un fatto, diciamo, positivo. Ovviamente poi ci deve essere l’ elemento unificante che è una direzione regionale che questa competizione la volge ad effetti ancora più positivi».

Dello stesso avviso è anche Antonio, funzionario che sovrintende al monitoraggio del cruscotto per la sede provinciale per il quale il confronto continuo: «in effetti ingenera competitività, che per alcuni versi è un dato negativo, per un altro positivo. E questo ha consentito nel corso degli anni a mettersi in gioco, fare una gara con gli altri, anche se, per quanto mi riguarda non è la strada migliore perché noi dobbiamo agire all’interno di un sistema, cioè non competitivo tra di noi, noi dobbiamo raggiungere il risultato…tutti…se va male una sede, siamo andati male tutti. La stessa logica che deve guidare le strutture di una provincia, il risultato è comune…dobbiamo risolverlo […] io penso che all’inizio sia stato un po’ cercato, perché mettere in competitività le sedi comunque rappresentava una molla: quando c’è una situazione statica, bisogna trovare qualcosa per metterla in movimento, però questa spinta non deve degenerare. La competizione tra le sedi non è quello l’obiettivo. La competizione vera è quella di garantire a ciascun cittadino, in qualsiasi punto del territorio, lo stesso livello di servizio…all’inizio è prevalso un po’ questo, ma adesso si sta riducendo questa cosa, anche perché le sedi globalmente, non solo per effetto di questo meccanismo, ma anche per l’evoluzione dei processi produttivi, c’è un livellamento della performance […] il nostro utente è l’esterno, che noi ci mettiamo a fare le gare tra di noi, o che ci inventiamo indicatori…il 124 è una cosa autoreferenziale, se poi non si concretizza in un servizio migliore al cittadino…noi dobbiamo fare queste cose, ma il nostro sguardo deve sempre essere rivolto all’esterno».

Se un po’ tutti sono concordi nel riconosce l’utilità e l’eccezionalità di questo strumento, nonché l’effetto di competizione che ingenera, per qualcuno, quest’ultimo aspetto, non è assolutamente positivo. Nell’ambivalenza dell’ultima testimonianza riportata, infatti, sembrano condensarsi due approcci culturali antitetici: uno «aziendalistico-competitivo» e uno «pubblico-organicistico», che sono filiazioni, rispettivamente, delle innovazioni organizzative contemporanee e dell’ideale della funzione sociale e di pubblica utilità dell’ente. Quest’ultimo, dinanzi al progressivo smantellamento dello Stato sociale e alla tendenziale privatizzazione dei rischi sociali, sembrerebbe rappresentare un retaggio che resiste alla penetrazione dell’ideologia neoliberale in ambito pubblico: nelle organizzazioni lavorative, la messa in competizione degli individui (e l’accettazione da parte di essi di tale operazione), è uno degli strumenti costituenti il nuovo homo oeconomicus .

89 Un altro responsabile della Direzione provinciale di Comardo, come Mariapaola, mi dice sorridendo, di vivere l’implementazione di questo strumento: «Ah, come una gara, come una gara, perché ogni mese noi controlliamo. Quando arriva io convoco tutti; facciamo la nostra bella riunione…“Siamo andati bene! Siamo andati male!” Però è bello, perché è stimolante, e stimola davvero alla gara, sì con gli altri uffici. “Facciamo meglio noi, dobbiamo migliorare”. “La sede di Catanzaro è andata meglio di noi, noi però l’anno scorso andavamo meglio, quindi li possiamo acchiappare”. Ha fatto scattare una partecipazione più attiva, alla produzione allo standard, al premio di produzione, perché poi alla fin fine, agli indicatori di qualità è legato anche l’incentivo. Quindi è vissuto positivamente. [Come un gioco?] No no no! Altro che gioco, perché quando vengono e dicono: “Stavolta siamo andati male”, dobbiamo recuperare, allora si elaborano insieme piani di attacco. “Dobbiamo attaccare questo prodotto” […] crea molta competizione perché è proprio il sistema del cruscotto a crearla. Il cruscotto non è un dato assoluto, tranne per alcuni prodotti; rivela la media di quel cluster e quindi tu diventi verde, rosso, giallo, a seconda della media degli altri. Io posso aver fatto anche una pratica, e non aver fatto nulla di fatto; ma tutto il resto d’Italia ha fatto zero, per dirti…ed io sono verdissimo…se invece tutte le altre sedi d’Italia hanno fatto cento per cento ed io ho fatto novantanove, io sono rosso». È una gara proficua perché incita al miglioramento, però non è un gioco. Anzi, può ingenerare piani di contrattacco proprio come se si fosse in guerra.

Lavorare in un sistema così strutturato e articolato fa sentire Francesca, coordinatrice di agenzia: «nel complesso sollevata, perché ho la percezione - cioè gli strumenti che dà l’istituto per controllare quello che fai - ti fanno capire cosa fai…poi è chiaro che nelle pieghe c’è la possibilità di fare moltissimi giochi, però la sensazione complessiva è che tu hai una percezione del senso di quello che fa questo istituto […]. Il senso del mio sforzo nell’ente. […] quello che spesso…quello che non va bene necessariamente è che dietro questi numeri spesso rischi di perdere di vista le persone. E quindi l’indicatore, ma soprattutto il 124…(sulla qualità secondo me ha più un senso complessivo, cioè lo percepisci di più lo scopo del tuo lavoro), il 124 porta a dimenticarti lo scopo del tuo lavoro. Quindi io vedo i responsabili che si sbattono per trovare prodotti che facciano produzione. Quindi c’è questa ricerca all’omogeneizzato…[ride] però dico no…è un sollievo in generale. Quello che chiaramente comporta è che il personale è molto orientato a lavorare in questo modo. Ed è un bene…a volte si dimentica…però secondo me dimentica un poco nel complesso che noi non lavoriamo solo per il cruscotto. C’è lo dobbiamo ricordare. Io non lavoro per il cruscotto. Il cruscotto è uno strumento utile. Ma bisogna ricordarselo ogni tanto, perché...però è un sollievo. […] ti metti lì e vedi come posso fare per migliorare questo dato ed è come se giocassi una partita di risico, no? Non c’è una guerra, ma sembra più un gioco di ruolo. Però nel complesso è un sollievo».

Se è vero che il lavoro sovrinteso dal cruscotto viene accostato alla guerra e al gioco, in cui si compete usando furberie e trucchetti di produzione, è vero anche che questa tecnologia organizzativa, offrendo una visione d’insieme di quello che «produce» l’istituto, di fatto consente ai responsabili di cogliere il proprio apporto all’ente: suscita una sensazione di «sollievo» perché fornisce una guida a supporto dell’azione e della sua stessa comprensione. Ma tale «sollievo» non potrebbe essere un indicatore del sentirsi sollevati, più che nello spirito, dalla responsabilità e dalla autonomia decisionale ed organizzativa? Inoltre, facendo perdere di vista le persone e i bisogni fondamentali che l’istituto deve soddisfare istituzionalmente, per privilegiare

90 la soddisfazione dei criteri misurati, il cruscotto non registra, piuttosto, la sua stessa degenerazione da mezzo in fine?

Nella sequenza di queste dichiarazioni, si sovrappongono frasi che elogiano il sistema organizzativo e di verifica del lavoro, e frasi che ne biasimano l’allontanamento dal fine socio- istituzionale dell’ente. Quest’ambivalenza sembra essere l’eco di un conflitto tra le ragioni del discorso ufficiale e i sentimenti soggettivi della pratica quotidiana; tensione e sovrapposizione già riscontrate altrove.

L’ossessione per il risultato, che distoglie lo sguardo dai bisogni dell’utenza, non è solo propria dei responsabili, ma pervade, penetrando a fondo, anche il modus operandi della componente esecutiva della forza lavoro, come emerge da questa testimonianza: «Il personale, almeno il mio, è ossessionato dal 124, [il cruscotto] quello lo percepiscono meno. E il personale sul 124, sulla produzione. Poi fanno dei giochetti, cercano lavorazioni per fare produzione e i responsabili per aumentarla…perché tu hai la produzione in base alla forza lavoro che metti, fai un certo, dato; ricavi il coefficiente. Quindi per fare in modo che questo numero sia più alto, la media, tolgono personale, quindi per esempio scaricano in sussidiarietà ad altre parte. Per cui c’è questa specie di gioco folle, in alcuni casi, per alcuni soggetti al limite del penale. C’è gente che si scarica metà del personale così fa questa produzione, questo coefficiente che improvvisamente sale». La competizione, ovvero l’ansia di prestazione, di mostrarsi all’altezza degli obiettivi fissati, alcune volte spinge anche ad effettuare le pratiche in maniera poco ortodossa, cioè manipolando i dati, nei limiti del possibile, per risultare in linea con il dato nazionale. Se prima dell’introduzione della rilevazione automatica, addirittura, si potevano truccare i dati forniti manualmente, in seguito si è agito, ad esempio, spostando sulla carta il personale, in modo da far gravare un minore organico su certe produzioni. Tuttavia, anche questo «giochetto» è risultato sempre meno praticabile a causa del contingentamento e della fissazione delle persone da adibire all’attività non produttiva.

Resta, però, una seconda possibilità: concentrarsi sulle produzioni meglio valutate, sacrificando le altre, ovvero prestare una maggiore attenzione ai prodotti con un coefficiente più alto. Questo escamotage è praticabile perché gli indicatori sono tarati sulla singola sede, e sul tipo di domanda più rilevante che è espressione del territorio di competenza: «nel momento in cui io arrivo a ottobre e qua abbiamo delle carenze e io devo raggiungere un risultato, poi bisogna fare delle scelte: “Riusciamo a fare più sedie o più cucchiai?”...Un’azienda alla fine decide, “vendiamo più sedie”…allora facciamo più sedie e facciamo meno cucchiai…ma l’azienda è legata più ad un risultato economico interno, il nostro è economico ma non è interno, è verso l’esterno […] ma considerando che il sistema degli indicatori è una rete; se si trascurano troppe cose, poi il risultato non si raggiunge». Quando ci si accorge di aver raggiunto una misura di produzione inferiore al dato nazionale, ci si concentra sui prodotti che attribuiscono un punteggio maggiore, tra quelli più richiesti dal proprio ambito territoriale.

Se la competizione è un risultato voluto dal sistema per stimolare l’impegno delle sedi locali, le storture che ne conseguono di certo lo sono meno. Il cruscotto, in quanto strumento di attuazione della spinta «motivazionale», da veicolo per mettere in concorrenza le sedi lavorative, si trasforma in una dinamica autoreferenziale; da strumento di slancio e orientamento, diventa il fine per l’azione locale. L’intensificazione della produttività, con i suoi risvolti positivi e negativi, come dicevo sopra, è solo una delle funzioni del sistema del cruscotto: esso serve anche per valutare la qualità della produzione ex-post e per il monitoraggio del suo iter. Rispetto a tali