2.3.1 L’avanguardismo tecnologico
Sin dagli albori del loro sviluppo, l’Inps ha vantato una posizione avanguardistica nell’implementazione delle tecnologie dell’informazione, vantando il sistema informatico più grande d’Europa. A partire dagli anni Ottanta prende corpo il processo di innovazione tecnologica sotto la spinta propulsiva di Gianni Billia, il quale è stato prima direttore della DC che si occupava di supporti tecnologici, poi Direttore generale e Presidente dell’ente. Ad una prima fase di sviluppo a livello centrale, segue il decentramento informatico mediante la costituzione dei CED, Centri regionali per la gestione e lo sviluppo del software ed hardware. Dopo i sottosistemi informatici decentrati, nei primi anni Novanta arriva l’informatizzazione di massa, con le cosiddette postazioni intelligenti , una in ciascuna stanza condivisa da quattro o cinque persone. Ma la telematica arriverà, poi, a sconvolgere e portare avanti questo processo. Raffaele, informatico della Direzione provinciale di Cosenza, mi racconta di essere approdato all’ente come Operatore di sistema, figura dedita, nella prima fase di introduzione tecnologica, alla trasmissione in bench verso il centro delle elaborazioni effettuate sui sottosistemi dipartimentali. C’era un sistema centrale allineato con sistemi dipartimentali che fungevano da trade union tra l’operatore ed il centro. I sistemisti gestivano tale comunicazione e una prima elaborazione dei dati, oltre che occuparsi dell’assistenza alle macchine.
Nel tempo l’ente è stato in grado di tenere il passo con lo sviluppo informatico, cavalcandone le ondate innovative, cosicché «quello che si faceva allora, che aveva, come tutta l’informatica degli anni Ottanta e Novanta, un po’ quel sapore di artigianale (ma non in Inps, nel mondo), oggi è tutt’altro. Oggi parliamo di prodotti con livelli qualitativi elevati. Noi non possiamo permetterci di sbagliare. Noi abbiamo un problema di diritto, di salvaguardia del diritto
103 soggettivo», prosegue Raffaele. La riorganizzazione del 2008 dell’Ufficio relazioni con il pubblico è stata l’occasione, aggiunge Rossella, per una ulteriore «reingegnerizzazione di tutto il software, semplificando ancora notevolmente; spingendo ancora di più quest’informatizzazione; e soprattutto collegandola a queste nuove modalità» di interazione con l’utenza, telematica o mediante padronati.
Come nell’ambito dell’organizzazione, anche nel settore informatico, l’ente coltivava lo sviluppo di professionalità notevoli: i tecnici informatici dell’Inps ricevevano proposte di lavoro da importanti imprese private, che tentavano di accaparrarseli. Eppure, come nel primo caso, nel tempo si è dato un progressivo processo di esternalizzazione di tale attività, che si è accompagnato ad una riduzione del relativo personale e degli interventi per il loro aggiornamento professionale.
In passato appannaggio della sezione informatica interna, lo sviluppo delle procedure informatiche è da qualche anno demandato a società esterne che lavorano sulla base di analisi amministrative di competenza delle diverse Direzioni di prodotto (depositarie del necessario sapere normativo e organizzativo). Gli informatici dell’Inps sono chiamati poi a intervenire per velocizzarle e apportarne miglioramenti. Oggi, circa mille tecnici interni, si occupano della loro implementazione: «dalla gestione dell’immissione della pratica telematica, allo smistamento in base alle strutture, al controllo del workflow; della gestione dati intermedi, riuso del dato di lavoro, fino alla conservazione di tutti i dati necessari per garantire i massimi livelli di sicurezza e di privacy»; sono inoltre costantemente contattati per appurare la corretta interpretazione ed uso delle procedure o per proporre miglioramenti, mi spiega Raffaele.
Sono preistorici i tempi in cui vi era una marcatissima divisione delle mansioni che vedeva il coinvolgimento di svariati soggetti e il passaggio della documentazione da una scrivania all’altra. Ora l’uso della carta è limitata al massimo e, dalla domanda all’emissione del provvedimento amministrativo, l’intero procedimento prende la fisiologia immateriale di un iter informatico. Non solo la ricezione delle istanze e della documentazione è affidata sempre più allo strumento telematico, ma anche il concreto svolgimento quotidiano del lavoro viene attualizzato mediante l’implementazione di procedure informatiche che prendono il nome di Flussi standardizzati di processo. L’informatica, quindi, non serve solo per l’interazione interna ed esterna, rispettivamente come canale di coordinamento e comunicazione tra i dipendenti e tra questi e gli utenti, ma come vero e proprio «strumento» di lavoro. Ed è sotto quest’ultimo aspetto che la tecnologia informatica verrà analizzata nei prossimi paragrafi.
2.3.2. I flussi standardizzati di processo e l’impatto sulla professionalità
I flussi standardizzati di processo sono applicazioni che consentono la produzione informatica di una pratica sovrintendendone lo svolgimento: spiegando, cioè, step dopo step quali azioni compiere, quali documenti verificare e in quanto tempo concludere l’intero iter. Le procedure informatiche da semplice format da seguire, si sono sempre più strutturate, tanto che ora «ti guidano sempre di più. Guidandoti sempre di più, ti consentono di fare sempre meno errori. Quindi tu sei anche molto più sicura. I rischi sono sempre più bassi perché ti guidano moltissimo […] oramai è un circolo vizioso…eh scusa…virtuoso: nel senso che …“Obiettivo. Flusso sempre più tirato. No ridondanze, no cose inutili, non torno indietro, vado avanti, validazione”»
104 e quindi accoglimento o rifiuto della domanda, ci spiega un’importante funzionaria della Dc Organizzazione, Graziella.
A qualunque livello si sia collocati, aggiunge Rossella, di qualsivoglia mansione si sia investiti «ormai l’accesso alle procedure è diventato normalità…(a parte che sono davvero semplici…sono tutte davvero molto semplici) Poi chiaramente uno utilizza un certo numero di procedure, tutte quelle legate al lavoro di cui si occupa. È evidente che ne abbiamo un mare, un numero incredibile. Però, anche lì, rispetto ad una nuova, di un prodotto che non conosci, bene o male sono procedure abbastanza semplici, molto accessibili». Da quanto appena detto, risulta chiaro che in Inps: a) il lavoro è sovrinteso e ricompreso nello strumento tecnologico-telematico; b) lo sviluppo dello stesso guida l’operatore nel suo lavoro; c) è una macchina lavorativa (software) maneggevole e di facile accesso. Queste, ad una panoramica generale, sono le principali caratteristiche. Ma cos’è esattamente un flusso standardizzato di processo? Come si sarà già intuito: «è il modo più opportuno e giusto per istruire quella pratica. È come se l’istituto ti spiegasse come fare quell’istruttoria […] ti guida, quindi, ti dice cosa fare, dove fermarti, cosa controllare e come proseguire. Quindi ti va guidando nell’istruttoria procedimentale», spiega Francesca. Ma, oltre alla funzione di ausilio per l’operatore, svolge anche altre due importanti funzioni: in primo luogo, «se sbagli quando c’è un flusso standardizzato tu ti trovi in una situazione in cui sei più esposta perché non hai giustificazioni. E quindi è un rischio…quando sono molte pratiche oppure quando ci sono delle situazioni a monte problematiche, non applicare il flusso significa che se c’è un vizio nella procedura e poi non lo applichi [il flusso], fino a quando va bene…, ma se poi non lo applichi e si verifica qualche problema (poiché noi alla fine liquidiamo prestazioni, diamo denaro), può essere un problema per il personale coinvolto». Detto in altri termini, laddove si devia dalla procedura informatica e c’è un’indebita prestazione liquidata, diventa difficile giustificare l’errore. Così, l’altra faccia della medaglia della «guida» è, che chi non si lascia «guidare» ha maggiori difficoltà a giustificare eventuali errori nel proprio operato.
Per questa via, oltre alla funzione di controllo su chi liquida prestazioni, il flusso svolge «anche una garanzia su come lavori: significa che l’Inps da qualunque parte lavora allo stesso modo. Non ci possono dire: “Tu questo controllo a Comardo non lo applichi” perché se noi applichiamo il flusso, facciamo tutti la stessa cosa».
Il flusso standardizzato di processo, ci ricorda inoltre Umberto, è stato preceduto da un altro «metodo, come dire, un altro elemento di aiuto, che è il manuale dei rischi e che ha la stessa funzione, ma analizza il processo da un'altra prospettiva: il flusso standardizzato indica come si deve produrre; il manuale dei rischi dice, deviando dallo standard, in quali rischi si può incorrere (quando si parla di rischi, ovviamente parliamo di rischi di carattere finanziario per l’istituto, che possono essere rilavorazioni, pagamento di prestazioni indebite o di non perfetta, come dire, comprensione delle dinamiche fraudolente che si possono generare intorno ad un prodotto). Il manuale dei rischi dà un’indicazione di quelli che sono i controlli da fare per evitare» problemi di carattere finanziario. Con il passaggio dall’uno all’altro, probabilmente l’ente ha pensato fosse più opportuno stabilire lo standard di esecuzione di una prestazione per evitare errori, piuttosto che rendere gli operatori edotti dei rischi connessi a quella pratica.
Proseguendo nella sua spiegazione, Umberto mi dice che il flusso standardizzato «è un sistema che consente di poter elaborare prodotti mantenendo un livello standard di lavorazione sia sul piano qualitativo che sul piano quantitativo. E soprattutto aiutano coloro i quali hanno proprio
105 quelle carenze tecniche di cui parlavamo prima…di eseguire, attraverso il canovaccio della standardizzazione del flusso (quindi del disegno di come deve essere lavorato quel prodotto), di avere una linea guida attraverso la quale arrivare dall’input all’output>>.
Insomma, questa tecnologia rende immediatamente operative anche le persone che non abbiano particolari competenze tecniche, in ragione del fatto che è, come diceva Rossella, molto semplice da usare. Poi, non solo garantisce uniformità sotto il profilo qualitativo (stessi controlli, stesse modalità di esecuzione, etc.) ma anche quantitativo, perché segnala in quanto tempo andrebbe conclusa quella pratica.
D’altra parte, però, come sostiene Pietro, sebbene i flussi «sono strumenti di democrazia, di trasparenza e di oggettività, possono sembrare al vecchio impiegato che conosce tutta la normativa, che conosce bene le disposizioni, possono essere guardati con una sorta…diciamo…di “fastidio”, per le redini che sono poste dal flusso “standardizzato”…lo dice la stessa parola…però obiettivamente sono uno strumento di democrazia, trasparenza…consente al funzionario che abbia anche solo una minima formazione di base, di introdursi nella materia e cominciare a lavorare. Perché il flusso standardizzato…tu vieni seguito dal flusso e in più grazie ai link che accompagnano il flusso hai tutti i riferimenti normativi possibili e i rimandi normativi che giustificano quel determinato step procedurale…(che ti impone, tra virgolette, quel determinato step). Al di là di standardizzare il processo e dirti “Tu finisci questa pratica entro tot minuti; tot passaggi”, credo che l’elemento fondamentale è questo della trasparenza, della oggettività […] ti limita da una parte perché hai uno standard da seguire, e come in tutti gli standard…però è uno strumento splendido. Poi consente anche per un neofita di entrare nella materia rapidamente […] c’è tutto nel sistema per cui non devi chiedere, né hai bisogno di formazione dall’alto o dal basso».
«Strumento di democrazia e trasparenza ma che può anche ingenerare fastidio per le redini che impone all’operatore esperto». «Standardizza il processo e ti dice entro quanto finire…consentendo anche ad un neofita di entrare nella materia perché nel sistema c’è tutto…comunque è fondamentalmente dispositivo di trasparenza e oggettività». «Ti limita perché è uno standard da seguire, però è splendido». Si intuisce da questa alternanza di elementi di perplessità a valutazioni favorevoli (ma, soprattutto, dalla rapidità di passaggio dall’una alle altre), della sussistenza in esso di qualcosa, quanto meno, di ambivalente. Ed è questa ambivalenza che deve essere sviscerata per appurare la reale dimensione in cui versa il «lavoro vivo».
Ricapitolando: i flussi standardizzati di processo sono stati introdotti come un ulteriore metodo di evasione del lavoro, più esplicito rispetto al manuale dei rischi: con quest’ultimo il lavoratore era edotto delle conseguenze di una deviazione dello standard, con i flussi standardizzati si definiscono, in modo puntuale, le modalità di esecuzione del lavoro. Tutto ciò garantendo omogeneità di trattamento sul territorio nazionale; maggiore controllo sugli operatori, a contrario, identificando le responsabilità in caso di errori; consentendo di avere una guida, un supporto nell’esecuzione del lavoro. Rispetto a quest’ultimo aspetto, se può rappresentare un elemento di fastidio e di rigidità per le persone che hanno esperienza e non necessitano di alcuna guida, con tale metodo si ha, di contro, la possibilità di mettere al lavoro anche persone senza una grande esperienza ed un’avanzata competenza tecnica.
A tal proposito Umberto, ridendo, dice: «questo è lo spirito ma una risposta va articolata, perché è normale che la persona deve comunque conoscere. Oggi il flusso standardizzato di processo
106 aiuta, sicuramente. Ed aiuta sicuramente sul piano di sistema, […] non voglio banalizzare…non posso dire che con il flusso standardizzato di processo io prendo una persona in mezzo alla strada e la metto e mi sa liquidare la pensione. Questo no…ma sicuramente utilizzando il flusso standardizzato di processo la pensione liquidata ad Aosta è la stessa liquidata a Cosenza». Sembrerebbe insomma che lo «spirito» sia quello di incidere, mediante la standardizzazione consentita dal supporto informatico, sia sull’omogeneizzazione che sulla semplificazione del lavoro, così da renderlo eseguibile senza grande esperienza, formazione o affiancamento.
Ma allora, si può sostenere che semplificando il lavoro si produca de facto un abbassamento della professionalità richiesta al funzionariato per evadere le pratiche di attribuzione di prestazioni? Ed inoltre, guidando il lavoratore in modo pedissequo, non si finisce per limitarne l’autonomia, di qui il fastidio di alcuni? Non si forniscono stampelle al ragionamento che ne rallentano il libero fluire?
Rispetto a questi interrogativi, registro posizioni contrastanti, che sono legate, inutile dirlo, al ruolo ricoperto; con un crescendo di giudizi negativi nel discendere la scala gerarchica, o spostandomi dagli ambiti delle attività di supporto a quelli della produzione.
Così, per un tecnico come Raffaele, le procedure non sono una limitazione, ma forniscono tranquillità all’operatore. A suo avviso, al contrario, l’impatto sulla professionalità è positivo: questa si articola in competenze legate tanto alla conoscenza e all’applicazione delle norme che alla gestione contabile del flusso dei dati. L’informatica si sostituirebbe all’operatore in questo secondo tipo di attività; lasciandolo libero di concentrarsi sulla norma. Così, mentre li affranca dalle operazioni di livello medio-basso, ne favorirebbe la crescita professionale, mettendo a loro disposizione tutta la base dati normativa nella rete intranet.
Ma, non sono pochi tra gli intervistati quelli che ritengono che la tecnologia sia neutrale: di per sé non comporterebbe propriamente un deskilling, perché, contestualmente, si svilupperebbero altre competenze o, addirittura, altri settori per i quali spuntano nuovi profili lavorativi. La tecnologia per Antonio: «ha un’incidenza negativa se si pensa che la professionalità sia data dall’abilità di svolgere un determinato compito. […] prima ciascuna pensione veniva calcolata a mano dall’operatore che però faceva tutto sommato operazioni semplici, sommare dei contributi, applicare delle norme che dovevano essere delle norme conosciute per la liquidazione delle pensioni. Adesso questa fase, che peraltro è una professionalità, (però a ben guardare si tratta di un’operazione noiosa e ripetitiva) ora questa viene passata alle macchine. Ovviamente perché le macchine facciano la parte noiosa e ripetitiva, e ci sia qualcuno che gli dica cosa fare, come fare. Quindi c’è uno spostamento di professionalità su altri settori. L’operatore ovviamente deve cambiare…la professionalità dell’operatore di oggi non è tanto quella di svolgere il compito, ma quella di interagire con l’utente e di avere una polivalenza, una polifunzionalità. Perché la professionalità consiste in questo: quello di adattare anche il proprio lavoro alla domanda che proviene dall’esterno […] cambia il tipo di professionalità…la presenza di una tecnologia spinta ti costringe ad occuparti di altro, cambi livello, cambi settore. E se nell’immediato ci può essere, come dire, un contraccolpo negativo (perché poi noi diciamo che cambiare è progredire, ma soprattutto cambiare è positivo…ma nella realtà i cambiamenti non sempre sono vissuti in maniera positiva. Uno spesso costruisce un’immagine di sé…però…la professionalità che c’era una volta era una professionalità semi-statica; adesso è richiesta una professionalità più dinamica, quindi è richiesta una maggiore flessibilità, quindi sono richieste competenze e la
107 capacità di adattarsi alle richieste che dicevamo, ci vengono dall’esterno, sia dall’utenza che dal legislatore».
Verrebbe da chiedersi che tipo di professionalità possa prescindere dalla cumulatività data dalla persistenza temporale; dall’esperienza compenetrata dallo scorrere del tempo. (Sennett, 2001). Verrebbe da chiedere agli apologeti della versatilità e della polivalenza, se in tale mutamento continuo sia possibile accumulare una professionalità salda e accrescerne il beneficio, ovvero, se tale polivalenza è resa possibile proprio dall’abbassamento delle competenze necessarie per le diverse mansioni. Se così fosse, avremmo che le persone sono adeguate a cambiare continuamente mansioni non in virtù delle proprie abilità e della propria intelligenza, ma, al contrario, in virtù della semplicità delle operazioni che sono chiamate a svolgere.
Ma sul punto torneremo in seguito. Ora ci interessa l’opinione del personale Inps sull’impatto che le procedure semplificate hanno sulla professionalità degli operatori nel medio-lungo periodo.
Alla domanda, Umberto, sempre ridendo, risponde: «Tu mi vuoi dire o vorresti che ti dicessi se secondo me l’utilizzo del flusso standardizzato rende gli uomini macchina …c’è talmente tanto da mettere di proprio nel lavoro Inps che…sono davvero d’aiuto; la macchina non sostituirà mai l’uomo; mi sembra di parlare, come dire, di fare un ragionamento di storia industriale della Ford o di qualche altra catena di montaggio…non diventano una catena di montaggio perché c’è tutta un’attività a latere che vive sul rapporto umano, sulla consulenza, sull’informazione, l’analisi delle problematiche che non sono state analizzate nel processo, perché non c’è tutto lo scibile nel flusso standardizzato…ma questo anche per il manuale dei rischi…il funzionario ha un valido aiuto, non perde la propria individualità, non perde la propria personalità. Sicuramente sì, questo te lo posso dire».
Nel fargli presente che un progetto dell’Inps è quello dell’autoliquidazione delle pensioni, di qui la mia ipotesi di una tendenziale semplificazione delle procedure fino alla loro automazione nel lungo periodo, interrompendomi, ribatte che: «Sì ci potremmo arrivare…sì noi avremo necessità di costare sempre meno, la PA ha un ruolo di garanzia…poi io sono un pubblico dipendente e ci credo molto e credo molto nella funzione della PA, che è quella di garanzia, di tutela del cittadino. Ci sono delle materie che non potranno essere mai affidate al privato, ma questa è una questione politica, non scientifica o da amministratore…si può arrivare all’autoliquidazione, perché nel momento in cui il back office lavora perfettamente; nel momento in cui tutti i conti saranno a posto…automaticamente ci sarà un programma, tu avrai il PIN da casa, la tua età è qualcosa di oggettivo; i tuoi contributi sono qualcosa di oggettivo, si mettono insieme e c’è una formula che calcola, automaticamente ti farà uscire il certificato di pensione. Però l’Inps probabilmente diventerà altro. L’Inps oggi è un po’ meno pensioni e molto più prestazioni…Quindi come vedi, se prima si riteneva che il dipendente più qualificato fosse quello che liquidava le pensioni. Oggi il liquidatore delle pensioni…non sono più loro gli elementi su cui puntare l’attenzione; perché sono molto più importanti le prestazioni…ce lo dice la cronaca di tutti i giorni; è molto più importante il pezzetto assistenziale legato all’invalidità civile, ad esempio…acquisiremo nuovi prodotti».
Al di là della tendenza a glissare le domande di questo gioviale e pimpante responsabile, possiamo facilmente cogliere dalla sua risposta che, intanto, la semplificazione e la tensione verso l’automazione sono nell’ordine esplicito ed esplicitato dell’ente. Sebbene io non abbia accennato né alla catena di montaggio né al taylorismo, menzionando, esclusivamente, termini
108 quali «semplificazione» e «impatto sulla professionalità» delle procedure informatiche, il fatto che gli sia venuto in mente e vi abbia fatto riferimento in maniera spontanea, mi solleva e ci dovrebbe sollevare qualche perplessità in tal senso. Umberto, però, ritiene che attraverso questa