La sacralizzazione del corpo sembra avere, come conseguenza naturale, il culto di se stessi,
dal punto di vista del singolo individuo che costituisce una parte della comunità generale e,
dal punto di vista di quest’ultima, il culto dell’individuo in quanto tale192. Quest’ultimo, per
un autore come Durkheim, ad esempio, non ha e non deve assumere per forza di cose
un’accezione negativa. Infatti, non è né da considerare né da assimilare all’egoismo, con il
quale non deve essere confuso. Tanto è vero che, il sociologo francese ne prende le difese
affermando che, tale atteggiamento non va ricondotto ad una idolatria del proprio Io, bensì
al carattere sacro del singolo193. Ma in che senso “carattere sacro”? Cosa lo rende tale e
quali sono le conseguenze? Le prime a cui si pensa sono quelle etico/morali, poiché le
regole imposte da un determinato credo non permettono nessuna forma di sovversione ed è
grazie ad esse che è possibile mantenere, per Durkheim194, la coesione sociale e in
particolar modo quella morale, creando un realtà collettiva solida e stabile. «(…) per
Durkheim l’individualismo morale e la tradizione dei diritti dell’uomo esprimevano il
nucleo centrale dell’identità francese (e moderna in generale), ne rappresentavano la parte
migliore, la forma moralmente legittima del legame sociale»195. Questo è uno dei motivi
base per il quale il culto dell’individuo, inteso in questo modo, deve essere salvaguardato,
poiché difendendo questa attitudine si difende, di conseguenza, la stabilità della comunità
stessa. Infatti, l’individualismo potrebbe essere paragonato, addirittura, ad una religione
dove divinità e credente coincidono. Rosati espone molto chiaramente quale sia
l’atteggiamento di Durkheim rispetto a tale argomento e mette in risalto quale sia per
192 Si è notato, da quanto emerso nel paragrafo precedente che il corpo e l’individuo in sé sono divenuti l’ideologia base e lo scopo ultimo della società moderna.
193 Carattere affermato anche da Rousseau e Kant, per esempio. 194 Coerentemente al suo pensiero sulla religione e sul sacro. 195 Rosati M., op. cit., p. 67.
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l’autore nella modernità il ruolo che, anche se in forme e modi differenti, il sacro continua
ad avere.
«La concezione durkheiminana è perfettamente coerente con tutte quelle teorie che concepiscono l’individualismo, come peraltro anche molti altri dei principali valori della modernità, come una forma secolarizzata - e cioè mondanizzata e incarnata, ma non desacralizzata — dei valori religiosi, in primo luogo - data la storia della modernità occidentale - della tradizione ebraico — cristiana. Durkheim fa valere — nella sua difesa dell’individualismo morale e del suo carattere normativo - l’inscindibilità della forma di vita moderna della sua propria normatività»196.
È, soprattutto, al cristianesimo che bisogna riferirci trattando di ciò, perché proprio
quest’ultimo avrebbe avuto la capacità di portare la moralità all’interno dell’individuo,
facendo sì che l’uomo stesso fosse l’arbitro e il giudice delle proprie azioni. Infatti, ci sono
delle condotte e dei movimenti197 che vengono compiuti in modo genuino, anche se, ad
un’analisi più approfondita ci si accorge che così non è, anzi. Tutto ciò che non è naturale e
spontaneo198 è frutto della società nella quale si nasce, è un fatto sociale. Tra questi ultimi,
per Durkheim, un posto privilegiato è riservato alla religione. Infatti, come si è evinto dalla
trattazione, è grazie allo studio delle religioni nelle comunità indigene che si può studiare e
avere più consapevolezza della sfera inconscia della collettività. Ma come si possono porre
in analogia o addirittura sovrapporre gli atteggiamenti caratterizzanti le società più semplici
con quelle più complesse? Nella riflessione di Baudrillard, e in particolare ne La società dei
consumi, è possibile trovare un’analisi ed un’ipotesi su ciò. L’autore mette in risalto come
196 Rosati M., op. cit., p. 70.
197 Si è già parlato dell’educazione dei gesti all’interno delle società e del ruolo che ha e riveste la tradizione nel paragrafo Antropologia dei gesti, di questo testo.
198 Vogliamo riferirci qui a tutto l’insieme di gesti involontari che un qualsiasi neonato tende a fare, come portare qualcosa alla bocca se ha fame, per esempio.
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le credenze presenti tra le popolazioni “primitive” non siano collegate a sacramenti, ma
siano soprattutto pratiche collettive (e di coesione), a differenza di ciò che caratterizza
religioni come il cristianesimo, ad esempio. «Le «religioni» primitive non conoscevano
«sacramenti», conoscevano una pratica collettiva. È con l’individualizzazione del principio
di salvezza (principalmente nella spiritualità cristiana) che si istituiscono i sacramenti e gli
«officianti» ad essi preposti»199. Quest’ultimo sembra poter essere, con le dovute cautele,
posto in analogia con l’atteggiamento che contraddistingue la società moderna, la quale ha,
allo stesso modo, come punto di riferimento un principio di salvezza a cui tendere e da
adorare, anche se, naturalmente, questo è diverso da quello cristiano. Dunque, se il corpo è
la nuova ideologia che contraddistingue la modernità200, divenendo un nuovo, anzi, il
nuovo “feticcio”, una nuova divinità, quali o chi saranno i suoi “sacerdoti”? Quali saranno i
riti ad esso collegati? Essendo il corpo “l’oggetto”, “la cosa”, ciò a cui secondo quest’ottica
si deve tendere, i “sacerdoti” di tale “religione”, secondo Baudrillard, non possono non
essere che i medici: «(…) è con il corpo divenuto oggetto di prestigio e di salvezza, valore
fondamentale, che il medico diviene «confessore», «assolutore», «officiante»»201. Ai
dottori, infatti, il singolo “affida” la cura del bene, oggi, più grande cioè se stesso. “La cura
del bene dell’individuo” e l’idea di una comunità che se ne interessi è alla base della società
consumistica, la quale parte dal presupposto che il singolo sia un malato da curare e che, di
conseguenza, lo sia anche il corpo sociale:
«L’ideologia di una società che si prende continuamente cura di voi culmina nell’ideologia di una società che vi cura, e precisamente come malato virtuale. Bisogna
199 Baudrillard J., La società dei consumi, op. cit., p. 163.
200 Tale concetto è stato già messo in risalto nel paragrafo Il corpo in se stesso: moderna divinità da adorare? di questa trattazione.
111 credere in effetti che il grande corpo sociale sia ben malato, e che i cittadini consumatori siano ben fragili, sempre al limite del tracollo e dello squilibrio»202.
Ma quale sarebbe il collegamento tra la cura dell’individuo, il consumo, le relazioni con
l’altro e gli scambi? Esiste una tendenza che riconduce il male che affligge tale società a
livello di questi ultimi; dunque, secondo questo ragionamento: «Per guarirla è sufficiente
ristabilire la funzionalità degli scambi, accelerare il metabolismo (vale a dire iniettare
ancora una volta della comunicazione, della relazione, del contatto, dell’equilibrio umano,
del calore, dell’efficacia e del sorriso controllato)»203. Ogni credenza, però, ha come
caratteristica peculiare il sacrificio, sulla scia del pensiero di Durkheim secondo il quale
l’istituzione di tale rito è alla base sia delle forme elementari della vita religiosa, che di
quelle a seguire. Dunque anche il corpo, come avveniva nei rituali nelle società semplici,
viene sacrificato. La differenza è che, in questo caso ed in questo contesto, talora è il
singolo individuo ad essere, contemporaneamente, sacerdote e vittima (si pensi a quando,
autonomamente, ci si somministra dei farmaci). Allo stesso modo di coloro i quali
credevano che sacrificando, donando si potesse ottenere qualcosa in cambio, oggigiorno,
l’individuo, attraverso ciò che Baudrillard chiama “consumo rituale”, attua lo stesso
atteggiamento: «(…) a che cosa obbedisce questa condotta se non al pensiero profondo
secondo cui occorre (ed è sufficiente) che si paghi qualcosa perché in cambio sia data la
salute: consumo rituale, sacrificale più che cura medica»204. Tale “consumo rituale” è ciò
che contraddistingue la società consumistica che incentiva l’acquisto di beni superflui
grazie ai quali l’acquirente può far parte di quel rituale che è lo scambio, non
semplicemente di merci, ma di simboli che influenzano, manipolano e gestiscono anche le
202 Buadrillard J., La società dei consumi, op. cit., p. 201. 203 Ibidem, p. 202.
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relazioni tra individui. «La società dei consumi è nello stesso tempo una società di
produzione di beni e di produzione accelerata di relazioni. È anche quest’ultimo aspetto a
caratterizzarla»205. Come è già stato più volte messo in risalto, larga parte in questi processi
e nella loro analisi ha la cultura dell’osservatore. Infatti, quest’ultima influenzerà il modo di
esaminare la trasformazione che ha subito il rapporto tra soggetto ed oggetto, o meglio,
nello specifico la relazione che intercorre tra di essi e, altresì, quella che intercorre tra un
individuo ed un altro attraverso le relazioni che si instaurano grazie alle cose che possiede,
in virtù delle quali appartiene o meno ad uno status sociale che, di conseguenza, gli
permette di fare o meno parte di determinati ambienti ossia di come gli oggetti siano
diventati, essenzialmente, dei feticci. Iacono nel suo Teorie del feticismo sottolinea, nel
modo che segue, proprio questo aspetto:
«Il momento del rapporto tra l’osservatore e l’osservazione riguarda invece il problema di come sia teoricamente possibile cogliere il fenomeno del feticismo, quella inversione secondo cui quelli che sono i rapporti sociali appaiono come rapporti di cose e tra cose, al di là della coscienza degli attori sociali che stanno dentro il contesto e subiscono quel particolare fenomeno a partire da un determinato sistema di interazione. Di come cioè sia possibile che l’osservatore capace di cogliere la realtà al di fuori e al di dentro del fenomeno osservato»206.
Questi cambiamenti non hanno, semplicemente, influenzato le gerarchie sociali che
esistono tra gli uomini, ma hanno rovesciato anche i rapporti tra denaro ed oggetto, per
esempio. Infatti, mentre in un primo momento era il denaro a descrivere le cose, invece,
come già sottolineato da Baudrillard e come sottolinea anche Iacono, il rapporto si è
invertito e può essere messo in analogia con una particolare fase della religione: «Questo
205 Ibidem, p. 208.
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processo di sostituzione è simile a quello che si verifica nella religione dove gli idoli si
sostituiscono al dio che in origine rappresentavano»207. È possibile collegare queste
considerazioni alla teoria marxista, per la quale i prodotti materiali sarebbero non soltanto
merci, bensì rappresenterebbero status sociali e, di conseguenza, trasformerebbero le
relazioni interpersonali in relazioni tra oggetti.
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