Oggetto di Le forme elementari della vita religiosa di Durkheim è la religione totemica.
Tale religione ha come caratteristica distintiva, che può essere già desunta dal nome con il
quale viene designata, la costruzione e la regolamentazione della vita sui totem da parte dei
diversi clan. I totem sono animali, piante ed in alcuni casi, anche persone, le quali, secondo
determinati usi e miti, meritano deferenza e rispetto e sono considerati sacri, ma non solo:
«(…) il totem non è solo un nome o un emblema. È durante le cerimonie religiose che il totem, nel momento in cui rappresenta un’etichetta collettiva, assume un carattere religioso. Le cose, infatti, vengono classificate in sacre e profane in rapporto a lui. Egli è il tipo stesso delle cose sacre»55.
Dunque il totem è anche e soprattutto, durante i rituali, una rappresentazione collettiva ed è
proprio per questo che, secondo Durkheim, è possibile trovare nelle cerimonie rituali di
questa religione le fondamenta di tutte le altre. Le basi sociali di ogni religione possono
trovarsi in essa poiché essa stessa è il primigenio esempio di rappresentazione simbolica,
che permette la tenuta sociale. Il clan è un micro-gruppo sociale, formato da individui che
credono di discendere dallo stesso totem, che può essere un animale mitico nello specifico,
ma la cui specie continua ad esistere nella realtà. Sia il totem mitico nello specifico che la
specie alla quale appartiene vengono considerati sacri alla stessa stregua, tanto è vero che
esistono delle proibizioni alimentari sul consumo della carne di animali appartenenti a
questa precisa specie.
33 «Alla base delle tribù australiane, troviamo un gruppo che occupa nella vita collettiva un posto preponderante: si tratta del clan. (...) Gli individui che lo compongono si considerano uniti da un legame di parentela, che è però di natura molto particolare. Questa parentela non deriva dal fatto che essi abbiano tra loro relazioni definite di consanguineità; essi sono parenti per il solo fatto di portare uno stesso nome. (...) Il nome che esso porta è anche quello di una specie determinata di cose materiali con cui crede di avere rapporti particolari (...) si tratta comunque di rapporti di parentela»56.
Come già detto pure gli appartenenti al clan possono essere considerati sacri e con essi
anche gli oggetti, o meglio, nello specifico, gli strumenti utilizzati durante i cerimoniali.
«Le immagini totemiche non sono però le sole cose sacre. Esistono esseri reali che sono,
anch’essi, oggetti di riti in virtù del loro rapporto con il totem: si tratta, in primo luogo,
degli esseri della specie totemica e dei membri del clan»57. Si è abituati a pensare che
l’essere umano, le cose, le piante facciano parte del mondo profano, ma si deve tener
presente che il modo in cui si percepisce, si categorizza il reale dipende dalla cultura alla
quale si appartiene, infatti:
«Noi siamo inclini, per tutto un insieme di abitudini acquisite e per la forza stessa del linguaggio, a considerare l’uomo comune, il semplice fedele, come un essere essenzialmente profano. Potrebbe benissimo darsi che questa concezione non fosse vera alla lettera in alcuna religione; in ogni caso, non si applica al totemismo. Ogni membro del clan è investito di un carattere sacro che non è significativamente inferiore a quello riconosciuto all’animale. La ragione di questa santità personale è che l’uomo crede di essere, insieme a uomo nel senso abituale della parola, un animale o una pianta della specie totemica. Infatti, egli ne porta il nome, e si ritiene che l’identità del nome implichi l’identità della natura»58.
56 Ibidem, p. 154. 57 Ibidem, p. 181. 58 Ibidem, p. 187.
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Il totem acquisisce agli occhi dell’indigeno una sacralità, un rimando a qualcos’altro che
non fa parte del mondo profano/terrestre, che lo proietta in una dimensione che è al di là del
mondo che gli appartiene, ma che su di esso, se non viene rispettato, scatena la sua ira. Ma
da dove derivano queste credenze? Quali sono i motivi che portano una determinata fratria
a scegliere un determinato animale come proprio totem? Come vengono utilizzati? Quali
sono i loro usi durante i rituali e quali sono i divieti ad essi collegati? Qual è il potere che
ad essi viene assegnato dal soggetto e in che cosa consiste?
«Poiché tutte queste cose sono sacre allo stesso titolo, per quanto non in eguale misura, il loro carattere religioso non può derivare da alcuno degli attributi particolari che le distinguono le une dalle altre. Se una certa specie animale o vegetale è oggetto di un timore reverenziale, ciò non avviene in ragione delle sue proprietà specifiche, perché i membri umani del clan godono, sia pure a un grado leggermente inferiore, dello stesso privilegio, e perché la semplice immagine59 di queste piante o di questo animale ispira un rispetto ancora più profondo. I sentimenti simili che queste diverse specie di cose risvegliano nella coscienza del fedele e che costituiscono la loro natura sacra possono evidentemente derivare solamente da un principio che sia comune indistintamente a tutte, agli emblemi totemici come ai membri del clan e agli individui della specie che serve da totem. È a questo principio comune che si rivolge, in realtà, il culto. In altri termini, il totemismo è la religione non già di certi animali, o di certi uomini, o di certe immagini, ma di una forza anonima e impersonale, che si trova in ciascuno di questi esseri, senza per altro confondersi con alcuno di essi. Nessuno la possiede interamente e tutti vi partecipano»60.
È questo principio invisibile che invade tutti gli oggetti e le cose sacre, che li rende tali, che
infonde la sua forza. Per definirlo si potrebbe impiegare un termine usato dalle popolazioni
della Melanesia e della Polinesia61, ossia mana. Esso indica la forza, l’energia spirituale che
59 Si rimanda al paragrafo La venerazione dell’immagine per una trattazione approfondita dell’argomento. 60 Durkheim É., op. cit., pp. 245-246.
61 Sono due delle quattro regioni, insieme alla Micronesia e all’Australia e Nuova Zelanda, a formare l’Oceania.
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gli abitanti di queste regioni credono possa appartenere, per un periodo di tempo
determinato, sia ad oggetti che a persone, che li precede e non ha nessun luogo preciso di
residenza. «In altre parole, il wakan (perché di questo si tratta) va e viene attraverso il
mondo, e le cose sacre sono i punti in cui si è posato»62. Questa idea non trova riscontro solamente nelle tribù della Melanesia, ma anche in altre, un esempio, ne sono infatti, il
wakan dei sioux e l’orenda degli irochesi, come mostra Durkheim nelle sue pagine.
«In alcune isole della Melanesia (…) si ritrova, sotto il nome di mana, una nozione che è l’equivalente esatto del wakan dei sioux e dell’orenda degli irochesi. Ecco la definizione che ne dà Codrington:
I melanesiani credono nell’esistenza di una forza assolutamente distinta da ogni forza materiale, che agisce in tutte le maniere, sia per il bene sia per il male, e che l’uomo ha grande interesse a mettere sotto il suo potere e a dominare. Si tratta del mana. Io credo di comprendere il senso che ha questa parola per gli indigeni (…) È una forza, una influenza di ordine immateriale e, in un certo senso, soprannaturale; ma è attraverso la forza fisica che essa si rivela, oppure mediante ogni specie di potere o di superiorità che l’uomo possiede. Il mana non è affatto fissato su un oggetto determinato; può essere indirizzato verso ogni specie di cose (…). Tutta la religione del melanesiano consiste nel procurarsi del mana sia per trarne egli stesso profitto, sia per avvantaggiarne altri. Non è forse la stessa nozione di forza anonima e diffusa di cui scoprivamo il germe nel totemismo australiano?»63.
Questa forza dunque si insinua in ogni cosa trasformandola in sacra. Per quanto riguarda le
tribù australiane, essa è, infatti, una qualità specifica degli oggetti usati durante le cerimonie
religiose. A questi oggetti viene riservato un particolare trattamento, il quale consiste, tra le
altre cose, anche nel racchiuderli tutti insieme in un luogo preposto, considerato anch’esso
sacro.
62 Durkheim É., op. cit., p. 257. 63 Ibidem, pp. 251-252.
36 «Le tribù dell’Australia centrale, soprattutto gli arunta, i loritjia, i katish, gli unmatjera, gli ilpirra, si servono sempre nei loro riti di certi strumenti che, presso gli arunta, sono chiamati, secondo Spencer e Gillen, churinga, oppure, secondo Strehlow, tjurunga. Si tratta di pezzi di legno o di pietra liscia, di forma molto varia, ma generalmente ovali o allungati. Ogni gruppo totemico ne possiede una collezione più o meno importante. Orbene, su ognuno di essi è impresso un disegno che rappresenta il totem di questo
stesso gruppo. (…) Ogni churinga64, infatti, quale che sia lo scopo per cui è adoperato, figura tra le cose più eminentemente sacre, e non ve ne è alcuna che lo superi per dignità religiosa»65.
64 Si rimanda al paragrafo Oggetti sacri: feticci e simulacri di questo testo per un approfondimento. 65 Durkheim É., op. cit., pp. 171-172.
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