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Tavola VI.6 Nazionalità per ordine di scuola

NUCLEI TEMATIC

VI.3.1. Gli effetti inattesi delle politiche migratorie

VI.3.1.1 Cultura locale e dinamiche di integrazione nel territorio

Politicamente il territorio della città lombarda si contraddistingue per la presenza di partiti autonomistici che, come la Lega, difendono il locale contro le intrusioni esterne sia internazionali che nazionali.

La cultura tipica del territorio sembra basarsi su alcuni requisiti essenziali che caratterizzano la relazione di accettazione e di riconoscimento dell’altro: il lavoro e la religione cattolica. Come affermano Francesco, psicologo dell’ associazione laica presente sul territorio, e Antonio, docente di scuola secondaria di primo grado

i valori dominanti locali sono il lavoro e la religione cattolica, quindi se l'immigrato lavora , lavora regolarmente e lavora molto, perchè qui non c'è solo il concetto del lavoro , ma c'è il concetto del “molto lavoro”, perché essenzialmente più si lavora e meno si pensa, c’è la possibilità di emergere anche socialmente. La cultura locale è cattolico solidaristica, la religione ha una valenza forte per cui se l’immigrato va in chiesa ha più possibilità di integrarsi. Avrai visto tu stessa che all’inaugurazione della nostra associazione, che tra le poche che si occupa di stranieri, è laica, era presente il prete che ha voluto fare comunque la benedizione. Questo fa parte della cultura locale.(Francesco, psicologo).

l’incontro con l’altro è sempre da mettere alla prova e da sperimentare nel tempo, solo successivamente comincia il processo di socializzazione. Questa è una città che mette alla prova le persone e che non è sempre riconoscente. Nel momento in cui ti ha dato fiducia, non è sempre disposta a riconoscere pubblicamente questa fiducia, alla fine tu hai fatto solo il tuo dovere. Più che di diffidenza io parlerei di previdenza, che puoi può essere definita pregiudizio… le sfaccettature sono molte. Prevedo quello che magari potrebbe succedere e siccome non voglio che succeda, allora me ne sto ai margini, poi, quando vedo come si sviluppa la scena, decido di entrare o meno in relazione (Antonio, docente).

Una cultura cattolico solidaristica diffusa nella popolazione locale, prevale sull’ atteggiamento di chiusura e di distacco , che viene avvertita soprattutto da chi non è originario del territorio. Come ben esprime Francesca, originaria del luogo, questa forma di diffidenza che caratterizza la cultura locale ha un’origine geografica – ambientale e culturale.

Sono radicata qui e la realtà la conosco bene e condivido anche questa natura, mio malgrado, ma l’aria in cui vivi la fai tua, non c’è niente da fare. Credo però di avere anche un forte senso di autocritica. Il mio lavoro, che si basa essenzialmente sulla relazione e sul rapporto umano, mi aiuta molto ad ammorbidire i miei atteggiamenti, ma chi mi da una forte mano, sono le colleghe, quelle che provengono dal sud (Francesca, docente scuola primaria)

L’impatto con questa natura “ostica” della popolazione locale, fa sentire straniero anche chi proviene dal territorio nazionale. Anche se una economia fiorente ha creato una notevole disponibilità di posti di lavoro e ha facilitato l’immigrazione riconoscendola necessaria, questo non ha influito sull’ atteggiamento di durezza che l’opinione pubblica esprime verso le intrusioni sia nazionali che internazionali.

Buona parte del corpo docente e del personale ATA, che ha un vissuto di emigrazione-immigrazione, sembra vivere in prima persona questo disagio. Le storie narrate pur se fanno riferimento ad anni antecedenti, danno comunque il senso dell’impatto che i residenti del luogo esprimono verso i nuovi venuti, italiani o stranieri che siano. In tal senso le parole di Giovanni, di Angela e Federica, originari del sud Italia, risultano particolarmente significative

il primo anno che sono arrivato, mi trattavano come uno straniero….ricordo ancora le parole di una proprietaria che mi disse chiaramente: “ Se sei extracomunitario niente da fare! Io non affitto la mia casa ad extracomunitari” (Giovanni, collaboratore scolastico)

La cultura del luogo non è calda, non è accogliente non ti fa sentire parte della comunità.

Io non mi sento integrata, mi sento straniera. Sono brave persone, ma l’affetto, il calore, la passione non ci sono. (Angela docente)

Io, il primo anno che sono arrivata sono stata messa sotto osservazione dai genitori degli alunni per molto tempo.

Mio figlio, quando ci siamo trasferiti, ed era in seconda elementare, ha avuto difficoltà relazionali. Solo dopo molti mesi è stato invitato a casa dei compagni di classe. I genitori dovevano prima di tutto capire che tipo di famiglia eravamo, dove abitavamo, che tipo di professione svolgevamo... una sorta di studio preliminare. Solo dopo quattro o cinque mesi, mio figlio è stato invitato alla prima festa. Le cose ora sono cambiate tantissimo, se prima eravamo noi gli extracomunitari, oggi siamo saliti di un gradino (Federica docente)

La percezione di accoglienza nei confronti dei soggetti immigrati ripercorre il disagio descritto da chi ha un percorso di emigrazione-immigrazione, ma questa sensazione di estraneità si amplifica e si acutizza verso i soggetti stranieri e, in particolare, verso alcuni gruppi etnici.

Io qui non mi trovo bene, sento in ogni momento della giornata la mancanza di rispetto che avverto nelle parole, negli sguardi, nei gesti ... qui siamo visti solo come braccia che devono lavorare. Poi le persone si rivolgono a me utilizzando i verbi

all’infinito, perchè io sono una donna velata, per loro questo vuol dire che ho un livello culturale ed economico insufficiente...questi sono stereotipi ..si pensa che la donna velata debba essere compatita, perchè è una persona sottomessa... Quando vado nei convegni e partecipo ai tavoli , mi sento come una torcia che attira su di sé tutti gli sguardi...(Saba, mediatrice iraniana).

A questo atteggiamento di chiusura che, come abbiamo visto, contraddistingue la popolazione locale, si antepone la presenza di una massiccia rete di solidarietà, per lo più di matrice cattolico solidaristica, che ha portato, nel tempo, alla formazioni di reti sociali di quartiere.

E’ proprio in questo doppio canale che vanno letti i fenomeni di integrazione che si riflettono anche nel contesto scolastico dove l’attenzione e la sensibilità coesistono con forme di chiusura e di indifferenza.

Le parole di Maria e di Ambra (Preside dell’Associazione e Dirigente scolastico), offrono uno spaccato significativo di questa realtà colta da due punti di vista professionali diversi

Noi abbiamo tantissime famiglie in città che ci aiutano, ci portano i vestiti per le persone, quando abbiamo bisogno di qualcosa basta fare una telefonata. Certo non sono tutti così, noi, che lavoriamo nelle scuole di tutto il territorio, troviamo realtà estremamente dissimili. Ci sono realtà splendide ed altre dove gli insegnanti fanno una fatica pazzesca non solo con gli immigrati, ma con gli stessi colleghi che sono invece più restii. (Maria, preside dell’Associazione).

Da parte di un significativo numero delle nostre famiglie, c’è sensibilità e volontà di prendersi cura dei bambini stranieri. Li portano a casa a fare i compiti con i loro figli e intervengono economicamente per fare in modo che non rimangano a casa durante la gita scolastica, pagando anche per loro. Certo questo atteggiamento non corrisponde al 50% delle famiglie, da parte di alcuni c’è fastidio, irritazione, senso di essere espropriati. Quando la scuola chiede collaborazione ci sono sguardi più che parole. (Ambra, Dirigente Scolastico).

VI.3.2 Le condizioni socio economiche delle famiglie immigrate e il disagio dei