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Tavola II.7 La presenza degli alunni stranieri per classe – A.S 2008/

III.4 Strategie e standard

Nel capitolo, più volte si è fatto riferimento al ruolo centrale occupato dalle decisioni che vengono adottate nella scuola di fronte all’inserimento degli alunni stranieri in una prospettiva organizzativa pluridimensionale che dovrebbe investire i settori e gli attori della scuola. Le linee guida per l’inserimento degli alunni stranieri (C.M 24/2006), tratteggiano le fasi dell’accoglienza e dell’integrazione declinandole all’interno di tre aree distinte: amministrativa, comunicativo-relazionale ed educativo didattica.

L’iscrizione, infatti, prevista anche per gli alunni con genitori privi di una posizione di regolarità giuridica in ogni momento dell’anno scolastico, investe inizialmente l’area amministrativa nel suo primo contatto con l’alunno e la sua famiglia. In questa fase, si utilizza un modello di iscrizione unificato, ma la scuola può avvalersi dell’ausilio di moduli di iscrizione plurilingue utili per raccogliere i dati anagrafici e superare le difficoltà linguistiche che ostacolano la comunicazione tra famiglia e scuola.

In mancanza della documentazione anagrafica la scuola accoglie l’iscrizione con riserva che decade al completamento dell’iscrizione e nel caso rilevi la presenza di alunni di “minori non accompagnati”, privi cioè di adulti responsabili della loro tutela deve darne comunicazione all’autorità competente. Inoltre deve verificare i documenti relativi alle vaccinazioni obbligatorie e, in caso di mancanza delle documentazione, segnalare il caso alla Asl di competenza e richiedere alla famiglia la certificazione degli studi compiuti dal minore tradotta in italiano (Ongini, Nosenghi,2009 pp. 22-23).

All’atto dell’iscrizione dovrebbe seguire un primo incontro utile a comunicare le informazioni sull’organizzazione della scuola, le modalità di rapporto scuola- famiglia, reperire informazioni sulla storia personale e scolastica dell’alunno e le aspirazioni della famiglia. Nell’aree comunicativo relazionale ed educativo didattica viene sottolineato il ruolo strategico che assumono gruppi ristretti di docenti, componenti di una Commissione che si occupa dell’accoglienza e dell’integrazione degli alunni stranieri, che dovrebbe individuare gli strumenti migliori per affrontare un dialogo efficace. Al colloquio, dovrebbero intervenire i mediatori culturali per contribuire a creare un clima sereno di comunicazione che, se adeguatamente predisposto, dovrebbe agevolare l’ingresso dell’alunno a scuola e nella classe di inserimento definita in base alle modalità condivise dal collegio docenti in base ai parametri disposti dalla legge. Secondo la normativa, l’inserimento nella classe, generalmente definito in base all’età anagrafica dell’alunno, potrebbe prevedere l’inserimento in una classe eventualmente inferiore o superiore all’età anagrafica in relazione alle competenze, abilità e livelli di preparazione dell’alunno (D.P.R. 394/99).

La C.M 2 del 2010 recante le “Indicazioni e raccomandazioni per l’integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana”, afferma l’importanza di superare modelli e tecniche educative tradizionali e sollecita le scuole ad adottare metodologie adeguate

alle nuove esigenze secondo una prospettiva interculturale che coinvolge l’intero sistema scolastico. La classe si prospetta, infatti, come luogo di comunicazione e cooperazione collettiva in cui viene favorita la partecipazione di tutti ai processi di costruzione delle conoscenze e spazio in cui si promuove il processo di decentramento volto al rispetto e alla valorizzazione dei punti di vista di tutti i partecipanti coinvolti nel processo.

Sul piano didattico l’intercultura richiede dunque una comunicazione interculturale volta a promuovere il dialogo, l’incontro e il rispetto e dall’altro.

In questa prospettiva l’educazione interculturale può essere intesa come

il segreto per la formazione dell’essere umano glocale […] globale e locale insieme “planetario ma decisamente e attivamente situato” nel suo ambiente culturale specifico […]: un essere umano legato fattivamente alla propria gente ma anche cosciente dell’interdipendenza delle dinamiche planetarie e, di conseguenza, capace di “oltrepassarsi”, di viaggiare essenzialmente e culturalmente, di valorizzare le differenze culturali e di viverle positivamente, in una relazione dialettica che arricchisca il soggetto stesso e la società intera (Milan, 2008, p.9)

Prospettiva questa che apre ad un modello di convivialità tra le culture, ben espressa da Buber, Levinas, Deridda, Freire che insistono sul ruolo prioritario del dialogo costruttivo dei valori in un’ottica di apprendimento reciproco di cambiamento che prevede una revisione profonda dei valori su cui si fonda l’agire sociale contemporaneo.

Come afferma Bauman (2006) per poter costruire una possibile interculturalità “occorre mettere in discussione le premesse apparentemente indiscutibili del nostro modo di vivere” fondate sull’individualismo che di fatto nega l’alterità.

Se l’educazione interculturale mira al reciproco scambio e a formare persone che riescono a pensare se stesse come interculturali, non possiamo dire di trovarci di fronte ad un modello italiano che agevola questo percorso che dovrebbe disegnare in maniera chiara e integrata l’approccio ai temi dell’interculturalità (Giovannini 2006). La breve esperienza temporale dell’immigrazione in Italia rispetto agli altri paesi, la conflittualità politica su questi temi (par. II.3), la mancanza di corrispondenza tra le affermazioni di principio dell’uguaglianza e l’effettiva discriminazione nell’ accesso ai diritti, hanno prodotto un profondo scollamento tra una lettura politica emergenziale del fenomeno, tenuta in vita dai media e intrecciata con i problemi della sicurezza nazionale e internazionale e gli orientamenti di politica educativa. L’esito che ne deriva è il forte divario tra lo scambio simbolico, in cui operano prevalentemente le istituzioni educative, che gestiscono più frequentemente lo scambio tra culture, e lo scambio materiale, proprio degli interventi politici rivolti all’immigrazione.

Il progetto interculturale per queste ragioni rimane ancora in fieri, si presenta come un modello a cui tendere in un’ideale prospettiva educativa e sociale.