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La cura del creato

LO STILE DIALOGICO DI PAPA FRANCESCO

LA CURA DELLA CASA COMUNE In margine a “Laudato si’ ”

1. LA NUOVA ECOLOGIA La casa comune

1.2. La cura del creato

Si può allora dire che l’uomo deve avere consapevolezza di “non essere un tutto” (di essere un “non tutto”) e, nel contempo, non deve

cedere all’idea di “essere un niente”. La cosa è possibile, se il soggetto abita (cioè coltiva e custodisce) in termini di accoglienza: il soggetto che accoglie e si accoglie non censura o sublima il limite che lo af-figge né semplicemente lo subisce, ma accoglie l’alterità che lo abita come la condizione stessa della sua esperienza, vivendo non “come un condannato ad essere”, bensì “come un chiamato ad essere”. Si pone, così, l’etica del condividere. Al riguardo, affinché la condivi-sione rinnovi radicalmente il rapporto dell’uomo con la natura, sono da puntualizzare tre categorie: la dignità, l’unità e la mediazione.

La prima annotazione riguarda la frase di Gen. 2, 26-31, dove tra l’altro si dice a proposito della creazione dell’uomo che “Dio vide quanto aveva fatto; ed ecco, era cosa molto buona”, in precedenza in Gen. 1, 3, 10,12, 18, 21, 25, a proposito di ogni altra parte della creazione aveva detto che “era buona”. Queste due citazioni rendono evidente la duplice valutazione della creazione, vale a dire che tutto il creato è “cosa buona” e che, in particolare, l’uomo è cosa “molto buo-na”. Tradotto in altro linguaggio, si potrebbe dire che ogni essere, in quanto creato, ha dignità, e che, fra tutti gli esseri, l’uomo ha (per usare alcune espressioni dell’enciclica) una “speciale dignità” (n. 43), una “immensa dignità” (n. 65), una “dignità unica” (n. 69), una “pe-culiare dignità” (n. 154); detto altrimenti ha una “dignità infinita”

(Giovanni Paolo II), una “dignità trascendente” (Benedetto XVI).

Già in san Francesco era evidente il riconoscimento della dignità di tutte le creature; come ricorda san Bonaventura (citato nella enci-clica), “san Francesco chiamava le creature, per quanto piccole, con il nome di fratello e sorella”, per cui in san Francesco (come annota papa Francesco) c’è “una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio” (n. 11).

È importante evidenziare che la dignità è di tutte le creature, pur se è da riconoscere all’uomo una dignità speciale. Pertanto, la dignità non è solo di alcuni uomini (concezione premoderna di carattere eli-tario), e non è solo dell’uomo (concezione moderna di carattere uni-versale), ma è di tutti gli esseri (concezione postmoderna di carattere

cosmico). È su questa base che papa Bergoglio propone una “ecologia integrale”, cioè una ecologia che ha “diverse dimensioni”, in partico-lare, “il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda” (n. 15, cfr. tutto il ca-pitolo quarto dell’enciclica: nn. 137-162); una ecologia, quindi, am-bientale e umana, che è all’insegna del rispetto e della responsabilità, in quanto a tutti gli esseri riconosce la dignità, e all’uomo una di-gnità speciale, conseguente al fatto che è dotato di ragione e libertà.

La seconda annotazione è relativa alla metafora della “famiglia”

che si applica all’unità del genere umano (la famiglia umana) e all’u-nità di tutte le specie (la famiglia cosmica), nella quale francescana-mente tutti hanno il loro riconoscimento e meritano rispetto, pur nella diversità delle condizioni di ciascuno. Al n. 89 si parla anche di “famiglia universale”; spiega papa Bergoglio: “essendo stati creati dallo stesso Padre, noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comu-nione sublime che ci spinge a un rispetto sacro, amorevole e umile”.

La terza annotazione riguarda l’idea della terra configurata come donazione o come affidamento: in entrambi i casi c’è una logica ter-naria, che mette al centro il momento della mediazione, cioè la re-lazione mediata (di donazione o di affidamento) tra due persone (chi dona o affida e chi riceve il dono o l’affidamento); eppure i due concetti sono differenti, per il fatto che “affidare”, diversamente da

“donare”, implica una donazione parziale o comunque incompleta, cioè configura un possesso condiviso e non completamente trasfe-rito. Pertanto, parlare della terra come “donata” da Dio all’uomo comporta soprattutto il carattere di amore e gratuità da parte di Dio, mentre parlare della terra come “affidata” da Dio all’uomo chiama in causa specialmente la responsabilità e l’impegno da parte dell’uomo.

In altre parole, si potrebbe dire che su una cosa donata il donante non ha più voce, mentre su una cosa affidata sì; nel primo caso il donatario è libero di disporre a suo piacimento del dono (pur nella gratitudine all’amore che il dono esprime), mentre nel secondo caso

non può disporre arbitrariamente di ciò che gli è stato affidato, per-ché ne deve rendere conto a chi glielo ha affidato. Si potrebbe dire che del dono si può rispondere meno di quanto si debba rispondere di ciò che è stata affidato, ovvero che in una relazione di affidamen-to (pur sempre caratterizzata dalla dimensione dell’amore) c’è una

“responsabilità” maggiore da parte dell’uomo. Scrive papa Francesco (n. 159), “se la terra ci è donata, non possiamo più pensare soltanto a partire da un criterio utilitarista, di efficienza e produttività, per il profitto individuale”; ebbene, tale affermazione è ugualmente valida, e forse in misura maggiore, se la terra ci è affidata. La cosa si rende anche più evidente in riferimento ai rapporti intragenerazionali e intergenerazionali, che papa Francesco richiama in termini di soli-darietà: leale, rinnovata e urgente (n. 162).

Fra le tre categorie di dignità creaturale, famiglia universale e af-fidamento ambientale c’è una costante: è la cosmicità; la dimensione cosmica è condizione per una nuova mentalità ecologica, nel senso che è richiesta una nuova logica, per affrontare in termini inediti la questione ecologica: cioè per capirne le cause e suggerirne i rimedi.

Quella “cosmica” è una dimensione cui il mondo cattolico è for-se poco abituato, esfor-sendo più abituato alla dimensione “cattolica”

(umanistico-universale). Proprio la dimensione cosmica costituisce la rivoluzione copernicana che papa Francesco opera nella questione ecologica.

Spostando il centro del suo discorso dall’uomo a Dio, e dall’uo-mo alla natura, i riferimenti al creatore e al creato (n. 69) offrono le coordinate per intendere correttamente la posizione dell’uomo, ed evitare che alcuni esseri siano considerati meno creature di altre o che “alcuni (uomini) si sentano più umani di altri” (n. 90). In questo contesto, sono essenziali due sottolineature: primo: che “lo scopo fi-nale delle altre creature non siamo noi” (n. 83); secondo: che occorre

“mantenere una relazione corretta con il prossimo” (n. 70); da qui il riconoscimento della “interdipendenza delle creature” (n. 86) e l’imperativo a “rispettare il creato” (n. 69) in termini di “creazione”

(n. 76), per evidenziarne il carattere di processo continuo e coinvol-gente.