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I giovani interpellano gli adulti

LO STILE DIALOGICO DI PAPA FRANCESCO

LA CONDIZIONE DELLE NUOVE GENERAZIONI In margine a “Christus vivit”

1. I NUOVI GIOVANI

1.3. I giovani interpellano gli adulti

Vorrei allora concludere sostenendo che “i giovani ci interpella-no”, e con ciò intendo dire che c’è una richiesta (esplicita o impli-cita) dei giovani agli adulti ed è un invito (diretto o indiretto) che coinvolge gli adulti in quanto adulti. Quindi, per un verso si tratta di non disattendere le richieste che sono avanzate dai giovani, e, per altro verso, si tratta di portare alla luce quanto è sotteso nelle loro attese. Si può allora dire che “i giovani ci interpellano” in un duplice significato: letterale e metaforico, e in entrambi i casi a partire dalla diversità generazionale tra giovani e adulti; se non fosse mantenuta, si produrrebbe un appiattimento negativo sia per i giovani, sia per gli adulti.

Più precisamente è da dire che i giovani ci interpellano come per-sone giovani e vogliono essere interpellati come perper-sone giovani; è evidente, anche lessicalmente, la ripetizione del termine “persona”:

sottolinea che i giovani sono persone nella loro condizione di soggetti in età evolutiva, anche prima di diventare maggiorenni e adulti; in altri termini, sono cittadini a pieno titolo a prescindere dal fatto che abbiano raggiunto l’età per votare. Quindi, se è vero che i giovani rappresentano il futuro, non è meno vero che la considerazione in cui devono essere tenuti è quella del presente, per cui parlarne solo o soprattutto al futuro significherebbe estraniarli dalla società, di cui

invece sono sempre più parte attiva, in ogni loro forma di protago-nismo: positivo o negativo che sia.

Ma i giovani ci interpellano, oltre che dalla loro condizione di giovani, pure dal punto di vista del nostro essere adulti. Ciò com-porta che dobbiamo chiederci chi sono i giovani (questi giovani, questo giovane), ma anche chi siamo noi adulti (in quanto adulti e come adulti). E questo secondo aspetto non è meno importante del primo, seppure tenda ad essere trascurato. Con ciò voglio dire che il tema dei giovani non va scisso dal tema degli adulti. Il che è sempre necessario, ma è anche più necessario in presenza di forme “disagio”

giovanile, inteso come forma patologica di quel “malessere”, che fi-siologico nei giovani.

Da quanto accennato consegue il fatto che i giovani ci interpellano deve portare a problematizzare tanto l’età adolescenziale e giovanile, quanto l’età adulta e matura, e problematizzare vuol dire non dare per scontato chi sono i giovani e chi sono gli adulti. Lasciarsi inter-pellare dai giovani (dalle loro esigenze e dalle loro aspettative, come pure dalle loro provocazioni) significa anche interrogarci sul nostro essere adulti e sul nostro rapporto con loro. Tutto questo richiede di liberarci da tutta una serie di pregiudizi sui giovani in generale e sui giovani d’oggi in particolare.

Se non sgomberiamo il campo da tali pregiudizi sarà difficile, o addirittura impossibile, affrontare quelle res novae, di cui i giovani sono inevitabilmente portatori e che sono rese anche più impegna-tive dai modi affrettati e frettolosi con cui si manifestano nel nostro tempo, per cui verrebbe da dire: i giovani ci interpellano, ma noi adulti sappiamo intercettarli? Alcune definizioni che di essi sono sta-te dasta-te esprimono questa esigenza, che però si rivela tutt’altro che semplice: c’è una novità relazionale tutt’altro che trascurabile, come si rende evidente fra l’altro nel dialogo intergenerazionale. Questo a volte non trova modo di essere avviato, altre volte viene banalizzato nella chiacchiera, altre volte è caricato di paternalismo, solo a volte si traduce in una effettiva pratica dialogica, che invece rappresenta

la strada maestra, se è caratterizzata dalla pariteticità o uguaglianza (i dialoganti sono alla pari per la loro pari dignità di persone), e dalla asimmetria o diversità (i dialoganti si collocano a livello differente per generazione (età) e funzione (ruoli o compiti).

Tutto ciò porta a misurarsi con i fenomeni dell’odierno disagio giovanile, in particolare quelli legati a disturbi alimentari e digitali che sono, a ben vedere, disturbi relazionali. Ancora una volta entra in discussione l’intero sistema sociale così come si è andato delinean-do negli ultimi tempi e che il cosiddetto “pensiero unico” configura senza alternativa, per cui si dichiara che l’attuale impostazione, per quanto possa essere giudicata negativa, non può essere evitata. Si trat-ta di una mentrat-talità che è agli antipodi della giovinezza, la quale ha strutturalmente bisogno di apertura tra rivedibilità e rinnovamento.

Al riguardo è da ricordare (con don Ciotti dell’opera citata) che “un giovane è per sua natura aperto alla vita, affamato di conoscenza, ani-mato da domande profonde e inquietudine positive”, per cui il giovane

“sente bisogno di interlocutori che prendano in seria considerazione la sua domanda, il suo bisogno di interrogare e interrogarsi”, e questo richiede “adulti che sappiano essere presenti senza essere soffocanti, tolleranti senza essere indifferenti. Che lo mettano in condizione di essere autonomo, di costruire percorsi in cui l’energia possa scorrere alla giusta tensione, in argini né troppo stretti né troppo larghi.”

Si badi: non si tratta di fare concessioni ai giovani, dal momen-to che le loro richieste metmomen-tono in discussione non qualche aspetmomen-to particolare ma l’impostazione globale della società attuale: i temi ambientali e climatici (per esempio) non vengono configurati come congiunturali, bensì come strutturali al sistema vigente: ne va in-somma di una idea della vita e dell’uomo. I proposito si potrebbe ag-giungere che i giovani appaiono sintonizzati con quell’orientamento che (con papa Francesco) può essere definito “ecologia integrale”, per cui non è l’ecologia a iscriversi (in modo più o meno appendicola-re) nell’umanesimo, ma è l’umanesimo a iscriversi nella ecologia (in modo strutturato e organico).

Forse solo collocandosi in questa nuova ottica sarà possibile avviare nuovi rapporti intergenerazionali, caratterizzati – pur nel-la asimmetria generazionale – dalnel-la pariteticità dell’essere persone, coessenziali per affrontare i problemi del nostro tempo e provare a dare ad essi una soluzione, nella consapevolezza che risolverli non significa dissolverli, bensì rinnovarne continuamente la compren-sione e quindi la ricerca di soluzioni sempre più adeguate, ma mai del tutto risolutive, in quanto la “complessità” diversamente dalla

“complicatezza” non si lascia “semplificare”, ma reclama una impo-stazione sistemica: ecologica, fraterna, generativa, giovane. È, que-sto l’atteggiamento che mi pare rintracciabile nel Sinodo sui giovani prima e nell’esortazione apostolica post-sinodale poi, di cui ora ci occuperemo.

2. INTERROGARSI SUI GIOVANI