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Vulnerabilità e protagonismo

LO STILE DIALOGICO DI PAPA FRANCESCO

LA CONDIZIONE DELLE NUOVE GENERAZIONI In margine a “Christus vivit”

2. INTERROGARSI SUI GIOVANI 1. I giovani al centro

2.4. Vulnerabilità e protagonismo

Che la vulnerabilità sia una caratteristica dei giovani, soprattutto della prima giovinezza è facile constatazione, in quanto la fragili-tà propria dell’umano è accentuata nella giovinezza, e tale fragilifragili-tà, che è segnale della preziosità dell’umano, è particolarmente rilevante nei giovani. Ancora una volta, è caratteristica che si accompagna ad altre caratteristiche in modo contraddittorio. Così l’adolescente di oggi è stato definito “fragile e spavaldo” nel libro omonimo, dove si

chiarisce che è un Narciso il nuovo adolescente, insieme temerario e delicato, in tutto diverso dai ragazzi degli scorsi anni.

Il fatto è che il nuovo adolescente non è stato allevato secondo un modello educativo rigido e autoritario, ma viene da un’infanzia privilegiata e fatica a lasciarla; è abituato a considerare i suoi genitori come gli alleati per eccellenza; lavora sul suo corpo in trasformazione con il piercing, lo sport ossessivo, la ricerca morbosa di magrezza: la-vora molto nella propria mente, ma se attacca nella realtà è incapace di identificarsi con il dolore che provoca, perché nessuno gli ha inse-gnato cosa significa immedesimarsi nell’altro da sé. Da qui la neces-sita di superare l’impostazione giovani vs adulti per cercare di vedere come crescere insieme, per usare il titolo di un altro libro importante.

Occorre aggiungere che la vulnerabilità dei giovani di oggi è acu-ita da una situazione sociale difficile a livello planetario per guerre, violenze, sfruttamento, schiavitù, persecuzioni; qui ci limitiamo a ricordare la questione del lavoro con specifico riferimento all’Italia.

Come osserva il Documento finale del Sinodo, nel mondo del lavoro, che “resta un ambito in cui i giovani esprimono la loro creatività e la capacità di innovare”, essi “sperimentano forme di esclusione ed emarginazione. La prima e più grave è la disoccupazione giovanile, che in alcuni Paesi raggiunge livelli esorbitanti. Oltre a renderli po-veri, la mancanza di lavoro recide nei giovani la capacità di sognare e di sperare e li priva della possibilità di dare un contributo allo sviluppo della società”.

Per questo vari interventi al Sinodo “hanno sottolineato la ne-cessità che la Chiesa valorizzi le capacità dei giovani esclusi e i con-tributi che essi possono offrire alle comunità. Essa vuole schierarsi coraggiosamente dalla loro parte, accompagnandoli lungo percorsi di riappropriazione della propria dignità e di un ruolo nella costru-zione del bene comune”.

Veniamo così al protagonismo, una tendenza tipica dei giovani, ma che è necessario precisare, in quanto ci sono due modalità di re-alizzarlo: c’è il protagonismo positivo, caratterizzato dalla volontà di

crescere, di realizzarsi e di affermarsi, e c’è il protagonismo negativo, che si configura come forme patologiche di relazione: per esempio sul piano alimentare con l’anoressia e la bulimia, e sul piano sociale con le bande e il bullismo.

Di fronte a questi comportamenti negativi non serve deprecarli, serve piuttosto favorire il protagonismo positivo, quello attraverso cui il giovane realizza la sua giovinezza e, insieme, si apre all’età adulta:

è così che il giovane si rende capace di realizzare la propria umanità e di favorire la propria umanizzazione, opponendosi a quella “cul-tura dello scarto” che papa Francesco non si stanca di denunciare, e il Sinodo ha reiterato la denuncia, evidenziando che “di fronte alle contraddizioni della società, molti giovani desiderano mettere a frutto i propri talenti, competenze e creatività e sono disponibili ad assumersi responsabilità.

Fra i temi che stanno loro maggiormente a cuore emergono la sostenibilità sociale e ambientale, le discriminazioni e il razzismo. Il coinvolgimento dei giovani segue spesso approcci inediti, sfruttando anche le potenzialità della comunicazione digitale in termini di mo-bilitazione e pressione politica: diffusione di stili di vita e modelli di consumo e investimento critici, solidali e attenti all’ambiente; nuove forme di impegno e di partecipazione nella società e nella politica;

nuove modalità di welfare a garanzia dei soggetti più deboli”.

Certo, non possiamo nasconderci che la cultura digitale deve an-che destare qualan-che preoccupazione, perché – come è stato ricordato in un recente articolo – le sue “conseguenze sono importanti, specie sulle generazioni più giovani. A cominciare dalla formazione della loro identità sempre più narcisistica e alla ricerca di conferme co-stanti dal web”, tanto che la “generazione degli smartphone”, quella nata negli anni zero del 2000, appare formata da ragazzi più soli, fragili, immaturi, depressi e incapaci di allacciare relazioni profonde ed equilibrate, per cui (come è stato detto) “i ragazzi oggi crescono meno ribelli, più tolleranti, meno felici e del tutto impreparati a di-ventare adulti”, così si sottotitola un volume in cui si giunge a dire:

questa generazione è sull’orlo della più grave emergenza di salute psicologica giovanile da decenni. In superficie, però, va tutto liscio”.

È in profondità che sta avvenendo una “mutazione antropologi-ca”. E le ricadute sono anche sul piano politico, dal momento che, i “cittadini democratici (aperti al confronto, al pensiero critico, alla tolleranza del diverso) sono sostituiti da quelle che sono state deno-minate solitudini comunicanti, connesse ma non in relazione, imbe-vute di spirito competitivo e di una mentalità avvezza all’omologa-zione e a lasciarsi dettare dall’esterno perfino l’agenda esistenziale”.

Da qui l’invito che proviene da più parti di introdurre nelle scuo-le “l’educazione sentimentascuo-le”, intesa “anzitutto come formazione di ragazzi in grado di sentire la vita che li circonda in tutte le sue sfuma-ture e occasioni, invece che guardare quella virtuale che li ipnotizza tramite gli smartphone”. Insomma, si tratta di prendere atto di una crisi che “è cognitiva, tecnologica, ambientale, demografica, politica.

Cioè totale, sistemica, epocale”. E di cui “non ci siamo accorti per-ché distratti da quella economica, che ne rappresenta solo un fram-mento. Quella crisi economica che ha ridotto i millennials a genera-zione persa, perché privata del lavoro e dei diritti delle generazioni precedenti, mentre oggi ci ritroviamo a tutti gli effetti di fronte a una generazione risucchiata. Da schermi colorati che la ipnotizzano con le luci della vita virtuale”.