LO STILE DIALOGICO DI PAPA FRANCESCO
1. Il senso di un dialogo
“In dialogo con papa Francesco” s’intitolavano queste mie “con-versazioni tra filosofia e religione” per la rassegna promossa dal Co-muna di Camerata Picena con l’intento di presentare alcuni fon-damentali documenti del magistero di papa Bergoglio: l’enciclica Laudato si’, l’esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia, l’e-sortazione apostolica postsinodale Christus vivit, e l’enciclica Fratres omnes.
Con ciò si è voluto compiere una duplice operazione: per un ver-so ver-sottolineare la peculiarità del magistero di papa Francesco, vale a dire l’attitudine dialogica, per cui come “uditore della Parola” si fa uditore e interlocutore del mondo contemporaneo sulle diverse que-stioni disputate, e per altro verso rendersi lettori attivi di quei testi, mettendoli in rapporto con la cultura contemporanea e la dottrina sociale cristiana e evidenziandone alcuni punti avvertiti come par-ticolarmente significativi. Il risultato è stato che i menzionati docu-menti appaiono cogliere con grande acutezza alcuni snodi essenziali della odierna temperie culturale, vale a dire la questione ambientale, la questione familiare, la questione giovanile e la questione antropologica.
Si tratta di questioni che interpellano quanti hanno a cuore il futuro dell’umanità, giacché la cura della casa comune, l’amore nel-la comunità familiare, nel-la condizione delle giovani generazioni, l’a-spirazione alla fratellanza universale costituiscono altrettanti punti caldi della società contemporanea: su di essi si scontrano concezioni diversamente configurate dalla modernità e dalla postmodernità, con le quali papa Bergoglio si vuole misurare, condividendone certe istanze ma in una visione che le supera, aprendo a inediti orizzonti.
In tal modo, papa Francesco per un verso si fa interprete del no-stro tempo e per altro verso invita a non rimanere chiusi in quel perimetro, entro cui i problemi non riescono (come appare evidente dalla situazione in cui ci troviamo) a trovare adeguata soluzione, che invece può essere cercata e ipotizzata, se si riesce a operare un salto di qualità che non pretenda di dissolvere i problemi né di assolversi dai problemi, ma punti – alla luce del Vangelo – a risolvere i problemi con l’aiuto di tutti e non una volta per tutte.
Mi sembra allora di poter affermare che la proposta di papa Fran-cesco fornisca alcune indicazioni per affrontare le citate questioni, e lo faccia – per così dire – in progress, cioè con l’umiltà e il coraggio di chi vuole rapportarsi al presente e aprirsi al futuro; con la “gioia del Vangelo” e evitando “ricette preconfezionate” papa Bergoglio proce-de con interventi senza soluzione di continuità: ad animarlo infatti è sempre la disponibilità e la capacità dialogiche.
I molteplici aspetti e modi del dialogo di papa Francesco indu-cono anzitutto a comprendere il senso del “dialogo”, che, quando è autentico, chiede ai dialoganti di essere tanto “uditori o ascoltato-ri”, quanto “locutori o parlanti”; in ogni caso con l’intento non di
“con-vincere” bensì di “per-suadere” in una “com-petizione” che si caratterizza (come abbiamo chiarito in altre occasioni) come “obbe-dienziale”, “responsoriale” e “performativa”, per dire che deve essere caratterizzata rispettivamente da ascolto, responsabilità e crescita di quanti si impegnano nel dialogo.
Sulla base di questa impostazione, abbiamo puntato anzitutto a metterci “all’ascolto” della parola di papa Francesco e “in ascolto” del nostro tempo, esercitando la capacità di “pensare”, che è un “sop-pesare” e un “de-cidere” con lo scopo ultimo di essere capaci di “dis-cernimento” nel concreto dell’agire; il che richiede (per usare due termini che il papa tende ad abbinare) “umiltà” e “coraggio”; così il dialogo diventa il luogo privilegiato di alcune virtù che possono sembrare “deboli” ma in realtà non lo sono e, soprattutto, non sono per i “deboli”; infatti la tenerezza, la mitezza, la gentilezza, la
dolcez-za, la cortesia (per citarne solo alcune care a papa Bergoglio) sono modi di comportarsi da non ridurre a “buone maniere” bensì da col-tivare come “maniere buone”, cioè propriamente morali, tanto che il loro esercizio abituale rinnova il senso delle “grandi” virtù etiche.
Ecco, come il dialogo si carica di una valenza che non è solo
“intellettuale”, ma propriamente “esistenziale” e si configura pratica-mente come esercizio di “prossimità”, cioè come “farsi prossimo” che è da intendere quale comandamento che Dio rivolge a tutti gli uo-mini e che ogni uomo può esercitare, scoprendone l’intrinseca “lai-cità”, nel senso che il “farsi prossimo” prescinde dalle appartenenze confessionali, come anche da quelle sociali, e non cede ad alcuna forma di “ideologizzazione”, che papa Francesco non si stanca di de-nunciare, mentre si spende tutto per evidenziare la centralità del dia-logo, rinnovandolo continuamente e praticandolo convintamente.
Già in Paolo VI il dialogo era stato indicato come la strada mae-stra, e fin dalla enciclica Ecclesiam suam e in modo articolato (il dia-logo a vari livelli); prima ancora Giovanni XXIII lo aveva abbozzato (specialmente con la Pacem in terris) e poi il Concilio ecumenico Vaticano II lo aveva specificato in alcuni documenti come Unitatis redintegratio (dialogo tra confessioni cristiane), Nostra aetate (dialo-go tra le religioni monoteistiche e con le altre religioni mondiali) e Gaudium et spes (dialogo con il mondo contemporaneo), e sempre a partire dal riconoscimento e dal rispetto della dignità che caratteriz-za ogni uomo a prescindere dalle sue condizioni e convinzioni: così in Dignitatis humanae.
Nel rispetto di tutto e di tutti ma senza cedimenti a niente e a nessuno, quella di papa Francesco è una impostazione che definirei non ideologica bensì dialogica. Più precisamente, si potrebbe usare una distinzione di Raimon Panikkar, il quale parla di “dialogo dia-lettico” e “dialogo dialogale”: mentre quello produce solo chiarimen-ti, questo produce veri e propri arricchimenti; ebbene al “dialogo dialogale” invita papa Francesco, il quale lo indica come la strada obbligata della convivenza umana.