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La creazione di un cd. “linguaggio contabile comune” all’interno dell’Unione europea era, seppur in via embrionale, già contenuto nel Trattato di Roma, istitutivo della Comunità Economica Europea. In particolare, era presente la volontà di abbattere, o almeno di limitare, le differenze esistenti tra i vari sistemi contabili nazionali in una dimensione comunitaria.

L’articolo 54, par. 3, lett. g), del Trattato, disponeva che il Consiglio e la Commissione, dovevano esercitare le funzioni loro attribuite «coordinando, nella

necessaria misura e al fine di renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell’art. 58, secondo comma, per proteggere gli interessi tanto dei soci come dei terzi».

Il coordinamento dei sistemi contabili costituiva una misura necessaria per rendere trasparenti le informazioni di contenuto patrimoniale, economico e finanziario rese dalle società al loro ambiente socio/economico di riferimento, che tendeva sempre più a travalicare i confini nazionali dei singoli Stati.

Inizialmente, pertanto, l'armonizzazione contabile rientrava nell'obiettivo principale comunitario della creazione di un mercato comune.

In tal modo si è raggiunto un grado di armonizzazione relativamente modesto, con il quale il legislatore comunitario non ha cercato di eliminare tutte le differenze esistenti tra le regole contabili dei diversi paesi, ma si è limitato a definire un quadro di insieme che le disciplinasse.

In questa prima fase, l'armonizzazione delle regole contabili degli Stati membri è stata attuata attraverso l'emanazione delle cd. Direttive contabili, le quali si limitavano ad enunciare i principi generali e lasciavano alle opzioni degli Stati membri di definire nelle loro legislazioni nazionali le modalità precise di messa in opera di questi principi.

Nella Comunicazione 508/1995/CEE ("Armonizzazione contabile: una nuova

strategia nei confronti del processo di armonizzazione internazionale"), la

Commissione europea ha però affermato che i conti redatti conformemente alle Direttive ed alle leggi nazionali non soddisfacevano più gli interessi dei mercati internazionali ed ha iniziato a cambiare strategia.

59 inserita nell'ambito di quel generale sistema di armonizzazione, giuridica ed economica, necessaria per aversi la piena libertà di circolazione delle persone, dei servizi, dei capitali e delle merci entro i confini comunitari.

La nuova strategia comunitaria ha però cominciato a guardare alla normalizzazione contabile in un ottica di un mercato internazionale.

Nella predetta Comunicazione, si è affermato che la libera circolazione di informazioni finanziarie comparabili è una condizione essenziale per il buon funzionamento del mercato interno ed un incentivo alla concorrenza.

I conti delle imprese redatti attenendosi alla legislazione nazionale fondata sulle Direttive, non sono stati più riconosciuti adeguati alle esigenze dei mercati finanziari internazionali.

L'obiettivo è diventato così quello di definire una serie di norme contabili accettabili per i mercati finanziari di tutto il mondo.

L'allora Comunità europea ha però rinunciato alla creazione di un organismo

ad hoc per la elaborazione di principi contabili da far adottare alle imprese degli

Stati comunitari, per sostenere ufficialmente il lavoro di armonizzazione internazionale compiuto dallo IASC. 117

Si è così deciso che il lavoro futuro dell'Unione divenisse quello di far si che le norme internazionali, sia quelle già redatte dallo IASC, sia quelle IAS/IFRS ancora da definire, fossero comparabili con la legislazione comunitaria. 118

Nelle Conclusioni del Presidente nel Consiglio europeo tenutosi a Lisbona il 23 e 24 marzo 2000, si legge che l'esistenza di mercati finanziari efficienti e trasparenti favorirebbe la crescita delle imprese e dell'occupazione attraverso una migliore distribuzione del capitale e la riduzione dei costi del capitale stesso.

Questo processo è arrivato a maturazione il 13 giugno 2000, quando la Commissione ha definito una nuova politica in materia di informazione finanziaria.

Nella Comunicazione della Commissione al Consiglio del 13 giugno 2000, n.

117 Come vedremo meglio in seguito, lo IASC (International Accounting Standard Committee), è un organismo di natura privata creato nel 1973 dall'IFAC (International Federation of Accountants, l'organizzazione che rappresenta la professione contabile a livello mondiale), con lo scopo di elaborare i principi internazionali uniformi di standardizzazione contabile, definiti IAS (International Accounting Standard). A partire dal 2001 IASB (International

Accounting Standard Board) è il nuovo acronimo di IASC, mentre la sigla dei principi emanati, IAS, è stata sostituita

dalla nuova sigla IFRS (International Financial Reporting Standard).

118 Nella Comunicazione si legge l'invito della Commissione affinché fosse garantita «la coerenza tra le direttive

60 359/00/CEE ("La strategia dell'UE in materia d'informazione finanziaria: la via

da seguire") si riconosce che all'interno dell'Unione europea esistono molti sistemi

di informativa finanziaria ed interpretazioni divergenti delle regole, fondate su tradizioni differenti tra un paese e l'altro. Si è, così, affermato che se non si fosse proceduto ad una riforma queste divergenze avrebbero continuato a sussistere e l'informativa finanziaria a livello europeo sarebbe continuata ad essere frammentata, ostacolando così lo sviluppo di un mercato unico dei capitali, «dotato di spessore e liquidità», nell'Unione europea.

Vi doveva così essere una informativa rilevante, tempestiva, attendibile e comparabile sui risultati e sulle posizioni finanziarie delle imprese, per la salvaguardia degli interessi degli investitori, dei creditori e degli altri terzi, ed assicurare così la parità delle condizioni di concorrenza.

Cambiano, in pratica, anche le prospettive di riferimento.

Da una prima garanzia degli interessi dei soci e dei terzi, che ha portato all'emanazione delle Direttive, si è passati ad una tutela più specifica degli investitori, dei creditori e della concorrenza.

In tale nuova ottica, pertanto, le Direttive contabili non rispondevano più alle esigenze delle imprese europee che desideravano raccogliere capitali sui mercati mobiliari internazionali.

Si arriva così all'emanazione del Regolamento n. 1606 del 19 luglio 2002, cd. "Regolamento IAS".

Con esso, l'Unione apre le porte alla completa applicazione nei conti delle imprese europee dei principi contabili IAS/IFRS redatti dallo IASC/IFRIC, in quanto si è ritenuto che essi avrebbero meglio risposto alle necessità degli investitori e sarebbero stati compatibili con gli sviluppi delle imprese stesse a livello mondiale.

L'adozione degli IAS, e soprattutto della loro "filosofia" di mercato, con tutte le relative conseguenze, ha comportato non pochi problemi di integrazione con i principi ed i sistemi giuridici dell'Unione.

Una prima questione ha riguardato il valore legale delle norme contabili internazionali.

Il fatto di rendere obbligatori in Europa delle norme prodotte da un organismo privato internazionale, ha condotto inevitabilmente all'abbandono del principio di

61 legittimità gerarchico che fonde il valore del sistema giuridico europeo. 119

Il secondo problema è stato quello delle conseguenze che si sono avute negli ordinamenti tributari degli Stati membri, con l'introduzione di una filosofia differente da quella che aveva caratterizzato le precedenti Direttive.

Si è passati, come già detto e come vedremo meglio in seguito, da una logica "contabile" di tutela dei soci e dei terzi, espressa nelle Direttive, alla tutela del mercato, inteso come sintesi degli interessi degli investitori, creditori, ed altri soggetti terzi all'impresa stessa, espressa con l'adozione dei principi IAS/IFRS.

Terza questione è stata quella delle conseguenze fiscali di questo intervento. Gli effetti tributari di tale mutamento di principi, si sono avuti, soprattutto, quando si è lasciata l'opportunità per gli Stati membri, di rendere applicabile i principi IAS/IFRS anche ai conti d'esercizio delle società non operanti sui mercati mobiliari.

L'intervento diretto nei conti economici delle società non operanti nei mercati finanziari, ha comportato conseguenze dirette anche nella determinazione fiscale del loro reddito.

L'esigenza di rendere omogenei i conti delle società con sede in diversi Stati, ma appartenenti ad un unico gruppo imprenditoriale, ha comportato, quasi come effetto domino, quella di mettere le mani anche nei conti di esercizio di tali singole imprese e, di conseguenza, negli ordinamenti tributari di quagli Stati membri dove maggiore è il collegamento tra reddito contabile e redditi fiscale, con gli effetti che, nel proseguo, cercheremo di evidenziare.

Permettere l'utilizzo dei principi contabili internazionali anche ai bilanci d'esercizio ha comportato, infatti, un intervento diretto nel cuore della disciplina fiscale, soprattutto per quei regimi in cui maggiore è il rapporto tra ordinamento contabile ed ordinamento fiscale.

L'introduzione dei nuovi principi contabili internazionali IAS/IFRS ha in tal modo comportato effetti di convergenza, non solo di tipo contabile, ma anche di tipo fiscale.

La questione di maggior rilevanza dal punto di vista sistematico è quindi se possa o debba coesistere con i principi contabili internazionali il principio della

119 R.LO RUSSO, Les fondaments de la doctrine compatble européenne et le valeur juridique des IFRS, in Revue Fiscalité Europeenne, anno 41, n. 161.

62 derivazione, o se sia opportuno slegare le risultanze civilistiche IAS/IFRS dalla determinazione del reddito imponibile.

L'ulteriore evoluzione degli studi nell'Unione europea si sono indirizzati nella ricerca di un superamento di tali problematiche, anche con l'intento di abbattere quelli che vengono definiti quali "compliance costs".

I progetti della Home State Taxation (HST) e quello della Common

Consolidated Corporate Tax Base (CCCTB) elaborati dai servizi studi della

Commissione europea, insieme ai progetti di aliquota d'imposta comune europea (EUCIT) ed a quello dell'armonizzazione completa dell'imposta sulle società, sono stati impostati proprio nella prospettiva di riuscire ad armonizzare la tassazione diretta per le imprese europee.

In particolare la Commissione europea ha proposto l'adozione della HST per le piccole e medie imprese, mentre la CCCTB avrebbe come destinatari i gruppi di società di medie e grandi dimensioni.

Quest'ultima prevede la definizione a livello comunitario di una base imponibile comune consolidata, di natura opzionale, rispetto a quella degli ordinamenti interni.

La potestà impositiva dei singoli Stati membri sarebbe salvaguardata in quanto ogni società pagherebbe secondo l'aliquota d'imposta dello Stato di appartenenza.

La Commissione europea ha anche pubblicato una ulteriore comunicazione, Com (2006), n. 157, del 5 aprile 2006 ("Implementing the Community Lisbon

Programme: Progress to date and next steps towards a Common Consolidated Corporate Tax Base (CCCTB)") nella quale si sottolinea che i principi IAS/IFRS

possono rappresentare un valido strumento interpretativo e di supporto per la definizione degli elementi comuni della base imponibile.

Il modello previsto dalla Commissione europea sarebbe in tal modo adesivo al principio di dipendenza del reddito fiscale dal reddito civilistico contabile, con gli opportuni adattamenti nazionali, poiché, come si legge nella comunicazione, «The

rules governing the content of the CCCTB will be applicable whether, at the national level, the starting point for companies preparing their tax accounts is accounts prepared in accordance with IAS/IFRS or national accounting standards».

63 soluzione identificata all'interno del gruppo di lavoro della Commissione va nella direzione di una definizione di reddito tassabile inteso come reddito realizzato durante il periodo di imposta, escludendo i redditi non realizzati se non specificamente previsti. 120

La scelta di ancorarsi ad un concetto di realizzazione nell'ambito del progetto di CCCTB può essere dettata dalla necessità di neutralizzare le differenze esistenti nella Unione, divisa tra sistemi fiscali nazionali che derivano il reddito imponibile dal conto economico (principio di dipendenza) e legislazioni nazionali che si sganciano totalmente dal risultato di bilancio (doppio binario), nella determinazione della base imponibile.

La stessa Commissione ha ammesso che una determinazione di base imponibile consolidata non sia ad oggi percorribile stante il fatto che molti paesi non hanno adottato i principi IAS/IFRS per la redazione del bilancio di esercizio (soluzione quest'ultima adottata dall'Italia) ma esclusivamente per la redazione del bilancio consolidato. 121

Ne consegue, infatti, che ai risultati civilistici determinati secondo i principi contabili locali, dovrebbero essere apportate le variazioni su determinate fattispecie reddituali per rispettare le disposizioni volte a determinare una base imponibile consolidata comune.