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5. Il principio di derivazione alla luce dell'introduzione dei principi contabili internazional

5.5. Operazioni sul capitale sociale

L'introduzione dei principi contabili internazionali per la redazione dei bilanci di esercizio delle società di capitali, potrebbe dar vita a problemi anche in campo societario.

Una questione che è emersa in dottrina, è se, qualora gli amministratori di una Società per azioni, in sede di redazione del bilancio di esercizio, riscontrino perdite rilevanti ai sensi dell'articolo 2447 del Codice civile, che tuttavia non emergerebbero ove il bilancio venisse redatto recependo i principi contabili internazionali, potrebbero optare per l'adozione di detti principi, in conformità alle disposizioni contenute nel Decreto n. 38/2005, così prevenendo a monte la formazione di perdite rilevanti ex articolo 2447, e facendo dunque venir meno l'obbligo di intervenire sul capitale sociale. 298

Come abbiamo già avuto modo di osservare, l'adozione del fair value per la valutazione di alcune voci di bilancio, conduce a recepire nei conti delle società aspettative di redditi futuri e futuri flussi di cassa - e dunque, in buona sostanza, di utili non ancora realizzati - in contrasto con il principio di prudenza proprio del diritto contabile tradizionale che consente l'appostazione unicamente degli utili realizzati alla data di chiusura dell'esercizio (cfr. articolo 2423 bis, comma 1, n. 2, Codice civile).

L'adozione del fair value determina un minor grado di attendibilità nella determinazione della misura dell'utile distribuibile ai soci, e nella verifica dell'effettiva copertura del capitale sociale.

Nel bilancio redatto utilizzando il criterio del fair value è infatti possibile che vengano esposti valori alla cui formazione concorrono anche plusvalenze non realizzate e legate alle oscillazioni del mercato. 299

297 G.ZIZZO, Le aggregazioni aziendali contabilizzate in base allo IFRS n. 3, in Corr. Trib., n. 44/2007, pp. 3614 ss., e M.BEGHIN, IAS, aggregazioni e imposizione reddituale, in Corr. Trib. n. 39/2008, pp. 3193 ss., ritengono che da un punto di vista strettamente operativo, le disposizioni fiscali, stabilendo di fatto un doppio binario quasi perfetto, non presentano particolari difficoltà di natura applicativa, in ragione della suddetta equiparazione (ai fini fiscali) tra le differenze di valori che emergono nella rappresentazione delle medesime operazioni secondo i due sistemi contabili. 298 N.ABRIANI, La riduzione del capitale sociale nelle SpA e nelle Srl: profili applicativi, in Le operazioni sul capitale sociale: casi pratici e tecniche di redazione del verbale notarile, Atti del Convegno tenutosi a Milano il 29 marzo 2008 (Supplemento al n. 3/2008), I Quaderni della Fondazione Italiana del Notariato.

299 G.STRAMPELLI, L'introduzione dei principi IAS/Ifrs e gli effetti sulla disciplina giuridica del bilancio di esercizio,

153 Ed è proprio alla luce di tali considerazioni, come visto, che il Decreto n. 38/2005 ha imposto di destinare i plusvalori derivanti dall'applicazione del fair

value a riserva e ne ha sancito una (tendenziale) indisponibilità.

E' stato, infatti, espressamente escluso l'utilizzo di tali riserve per l'aumento del capitale sociale, per il pagamento di dividendi ai possessori di azioni correlate, per l'acquisto di azioni proprie o di società controllante, o per operazioni che comunque possano portare alla distribuzione dei plusvalori da fair value.

Si è altresì precisato che le riserve da fair value possono essere impiegate per coprire le perdite solo dopo aver utilizzato, oltre alle riserve di utili disponibili e alla riserva legale, tutte le altre riserve (cfr. articoli 6 e 7 del Decreto n. 38/2005).

Le predette norme hanno anche previsto il generale divieto di distribuire utili fino a quando non siano state costituite riserve indisponibili di importo pari a quello delle plusvalenze da fair value qualora il loro ammontare sia inferiore al limite minimo di legge.

Ciò anche in base a quanto prevede il terzo comma dell'articolo 2433 del Codice civile, secondo il quale «Se si verifica una perdita del capitale sociale,

non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente».

Negli ordinamenti in cui si è consentita l'adozione della redazione del bilancio secondo i principi IAS/IFRS, l'effettiva protezione offerta ai creditori dalle norme

Bianchi, Milano, 2005, pp. 108 e ss., afferma:«La "combinazione" tra l'adozione dei principi IAS/IFRS per la

redazione del bilancio d'esercizio e un regime delle distribuzioni ai soci incentrato sul divieto di distribuire utili non realizzati, potrebbe apparire in contrasto con ... il superamento del principio di realizzazione e la conseguente rilevazione di componenti di reddito soltanto "sperate" che caratterizzano il corpus dei principi contabili internazionali. Tale perplessità non ha tuttavia ragione di porsi se si distingue la fase di determinazione da quella di destinazione dell'utile: a tal fine basta considerare il disposto dell'art. 2433, co. 1 c.c. che nettamente distingue la delibera assembleare di approvazione del bilancio di esercizio da quella di distribuzione degli utili. Muovendo da questa premessa si coglie come l'utilizzo ... di criteri prudenziali di redazione del bilancio, idonei a far emergere i soli utili effettivamente realizzati, non costituisca un necessario presupposto logico-giuridico del divieto di distribuire utili soltanto "sperati". Questo obiettivo, qualora i conti annuali siano redatti secondo i principi IAS/IFRS o alla disciplina comunitaria ad essi parzialmente adeguata, può essere conseguito senza imporre la redazione di un secondo bilancio conforme alle vigenti norme del codice civile: risulta infatti sufficiente disporre l'indistribuibilità degli utili non realizzati risultanti dai conti annuali. ... L'adozione dei principi contabili internazionali e la conseguente rilevazione di utili di natura valutativa non avrebbero dunque alcuna incidenza sul divieto di distribuzione di utili non realizzati, il cui rispetto sarebbe assicurato non dalla disciplina dei conti annuali ma da una norma di diritto societario regolante la destinazione dell'utile di periodo. Un'evidente conferma di tali osservazioni può essere rinvenuta, anzitutto, nelle disposizioni codicistiche [artt. 2423, co. 4; 2426 n. 4); 2426, n. 8 bis) c.c.] che già consentono il superamento del principio di realizzazione e la conseguente rilevazione di utili non realizzati, vietandone, tuttavia, la distribuzione e imponendone l'imputazione a una riserva indistribuibile sino al momento dell'effettivo realizzo. ... Alla stregua di quanto osservato ... risulta chiaro che, una volta ammessa la redazione (in via obbligatoria o facoltativa) dei conti annuali secondo i principi IAS/IFRS, il quantum distribuibile può risultare "direttamente" dai conti annuali (senza la necessità di rettificare in via extracontabile gli utili non realizzati) soltanto là dove si imponga la redazione di due distinti bilanci di esercizio, l'uno conforme agli IAS/IFRS avente finalità soltanto informativa, l'altro redatto secondo le regole prudenziali e strumentale alla determinazione dell'utile distribuibile».

154 sulla conservazione del capitale sociale è data dai limiti posti alla distribuzione degli utili non realizzati derivanti dall'utilizzo del fair value, e dal regime delle riserve originate dall'applicazione degli IAS/IFRS.

Nel nostro ordinamento, ove si adottino gli IAS/IFRS per la redazione del bilancio di esercizio, il disposto dell'articolo 2433 Codice civile è integrato dalle disposizioni del Decreto n. 38/2005.

Quest'ultime, seppur dirette a prevenire la distribuzione di utili non realizzati derivanti dall'utilizzo del fair value, possono imporre il vincolo di indistribuibilità anche su utili effettivamente realizzati, determinando così un limite ulteriore che si aggiunge a quello dettato dalla norma del Codice civile.

Per effetto del disposto dell'articolo 6 del Decreto n. 38/2005, può infatti accadere che, pur non risultando il capitale sociale intaccato da perdite, ed essendo gli utili di periodo interamente realizzati, questi siano sottratti alla disponibilità dei soci, sì da precludere la distribuzione dei dividendi.

In pratica, si ha lo stesso vincolo di indistribuibilità sugli utili degli esercizi successivi che si ha in presenza di perdite di gestione che incidono sull'integrità del capitale sociale.

Il sistema IAS/IFRS, integrato dalla disciplina contenuta nell'articolo 6 del Decreto n. 38/2005, determina, rendendo indisponibile la quota di attivo patrimoniale corrispondente alle riserve da fair value, la tendenziale variabilità del limite alle distribuzioni dei soci, ma non può avere l'ulteriore effetto di rendere variabile la soglia della consistenza patrimoniale minima al venire meno della quale è imposta ai soci l'alternativa tra la ricapitalizzazione e lo scioglimento della società. 300

L'adozione del criterio del fair value, pertanto, potrebbe ritardare l'operatività dei meccanismi previsti per la tutela del capitale sociale in presenza di perdite.

Questi, infatti, non si attiveranno ogni qualvolta i plusvalori non realizzati influiscano sul risultato dell'esercizio riducendo l'incidenza delle perdite sul capitale sociale.

La rilevazione di utili non conseguiti può infatti influire sulla disciplina della riduzione del capitale per perdite e può, di fatto, limitare la protezione degli interessi dei creditori (e dei soci), importando distorsioni al funzionamento della

155 disciplina prevista dall'articolo 2447 Codice civile.

Infatti, nelle ipotesi in cui il saldo delle variazioni del fair value delle attività imputato a conto economico sia positivo, la compensazione di perdite effettivamente realizzate con plusvalori invece non realizzati può ridurre le perdite al di sotto delle soglie rilevanti ex articoli 2446 e 2447 del Codice civile, facendo così venir meno il presupposto per l'attivazione dei rimedi ivi previsti.

I principi contabili internazionali, infatti, determinano un'inedita variabilità dei valori del patrimonio netto e dunque più frequenti scostamenti al di sotto delle soglie di rilevanza indicate dai predetti articoli 2446 e 2447.

Oltre a ciò, si può anche osservare come la maggiore volatilità del patrimonio netto calcolato in base al fair value, accentuerebbe i doveri di monitoraggio degli amministratori sulla consistenza del patrimonio sociale (e dunque la loro responsabilità ai sensi degli articoli 2485 e 2486 del Codice civile). 301