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Da uno studio condotto da una commissione ministeriale (presieduta dal Prof. Biasco e come tale denominata "Commissione Biasco"), sono state avanzate delle proposte per cercare di dare una soluzione alle questioni sopra esposte. 368

Le associazioni rappresentative degli istituti finanziari, in particolare delle banche, hanno indicato come possibile soluzione l'applicazione della disciplina del cd. "binario unico" per determinare il reddito imponibile dalle risultanze del bilancio.

In particolare è stata sollecitata la collocazione del bilancio IAS/IFRS come punto di riferimento anche ai fini fiscali, sulla base di una accentuata derivazione del reddito imponibile dal risultato di bilancio, con applicazione di limitate variazioni qualora ciò si renda necessario (ad esempio, per evitare la doppia

368 Lo studio della Commissione Biasco è reperibile nella rivista della Scuola Superiore dell'Economia e delle finanze Ezio Vanoni - Ministero dell'Economia e delle Finanze - Commissione di studio sull'imposizione fiscale sulle società - Tributi - Supplemento n. 3/2008.

193 imposizione dei dividendi concorrenti a formare l’utile dell’impresa partecipata o per specifici motivi di ordine tributario).

All’opposto è stata però sollecitata l'adozione di un regime di “doppio binario”, in cui venga attribuita al “bilancio fiscale” una propria autonomia che lo separi dai dati del bilancio civilistico e, segnatamente, da quello redatto in base ai principi IAS/IFRS.

Terza soluzione era posta da coloro che propendevano per il mantenimento del principio di derivazione tanto per le imprese che adottano il bilancio tradizionale, quanto per quelle che adottano gli IAS/IFRS, ma obbligando queste ultime a neutralizzare, quanto più possibile, le rappresentazioni contabili ispirate dai principi internazionali che si diversificano da quelle del bilancio redatto con i criteri tradizionali.

Questa ultima impostazione è in pratica quella seguita dal legislatore col Decreto n. 38/2005, il quale, nel confermare per l’appunto il principio di derivazione del reddito imponibile dalle risultanze del bilancio di esercizio anche per le imprese che utilizzavano i principi contabili internazionali, aveva coordinato tale principio con quello della neutralità dell’imposizione rispetto alle imprese che continuavano a redigere i propri bilanci in base ai criteri contabili nazionali.

Da ultimo vi era anche chi si augurava un ripensamento dell’applicazione degli IAS/IFRS ai bilanci di esercizio individuali, tenuto conto proprio delle difficoltà applicative che questi principi comportavano non solo ai fini fiscali ma anche, e soprattutto, ai fini civilistici, in considerazione della non chiara compatibilità di essi con le finalità del bilancio.

Per la Commissione Biasco, la soluzione più razionale appariva quella più conservativa, quella cioè che intendeva confermare, in linea di massima, il principio di derivazione e di neutralità, senza modificare le regole del TUIR.

Unico problema a tale soluzione era che le imprese finanziarie e quelle comunque di grandi dimensione che, per obbligo o per scelta, avrebbero adottato una contabilizzazione secondo gli IAS/IFRS, si sarebbero trovate a dover effettuare una serie di correzioni per giungere al “bilancio fiscale” tradizionalmente inteso, sì da subire costi e complicazioni eccessive.

194 non solo il risultato finale sarebbe venuto a divergere da quello economico secondo gli IAS/IFRS, ma, tenuto conto del principio di continuità, anche i valori patrimoniali contabili e quelli fiscali si sarebbero differenziati nel tempo ed avrebbero perso ogni corrispondenza, ponendo così sostanzialmente nel nulla lo stesso principio di derivazione.

Anche per l’Amministrazione finanziaria sarebbe divenuto difficile il compito di verifica e accertamento, dovendo essa avere a che fare con importi rilevanti fiscalmente i cui riscontri non sarebbero stati facilmente ricavabili dalla contabilità IAS/IFRS, richiedendo apposite scritture ai fini tributari, in aggiunta ai dati contabili.

La stessa Commissione ha altresì riconosciuto che anche l’annullamento in toto delle differenze tra bilancio di esercizio IAS/IFRS e “bilancio fiscale” avrebbe potuto comportare effetti dirompenti.

La piena identificazione tra i due bilanci (il c.d. “binario unico”) porterebbe ad una eccessiva volatilità del risultato imponibile, a causa dei criteri valutativi, che caratterizzano le rappresentazioni IAS/IFRS, ed apparirebbe così non coerente con la normativa fiscale, da sempre restia a dare rilevanza alle poste di natura valutativa.

Inoltre, come visto vi esposto in precedenza, l’Amministrazione finanziaria, sarebbe costretta a pronunciarsi su regole contabili basate su argomenti valutativi e determinate da un organismo internazionale privato (lo IASB).

La via alternativa, del "doppio binario" - che renderebbe autonomo il bilancio fiscale da quello civilistico - per la Commissione amplierebbe, per altro verso, il divario tra criteri contabili e norme fiscali.

La stessa esporrebbe poi i contribuenti ad una determinazione dell’imponibile sulla base di scelte che di volta in volta verrebbero rimesse al legislatore senza alcun aggancio a quei criteri economici elaborati dalla dottrina contabile per individuare la c.d. “ricchezza novella”, che sono sempre stati la maggiore garanzia dell’obiettività dell’imposizione. 369

369 G.ZIZZO, Gli IAS e la determinazione del reddito d'impresa nella relazione Biasco, cit., pp. 2899 ss., non condividendo tale opinione, ha affermato che «L'aggancio al risultato d'esercizio assicura, è vero, all'imposta una

base economica attendibile, perché formata in via analitica secondo le indicazioni fornite dalle scienze economiche. Il reddito, quale nozione economica, sfugge però ad una definizione univoca, dipendendo questa, in buona parte, dalla funzione assegnata alla rilevazione del dato, come ben dimostra, ad esempio, il confronto tra il conteggio tra secondo i principi contabili nazionali e quello secondo i principi contabili internazionali. L'esigenza di un