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Dare forma alle capacitazioni: per un nuova cittadinanza dell’Università nella formazione degli insegnanti secondar

il contributo dell’Università come fattore di innovazione Umberto Margiotta

6. Dare forma alle capacitazioni: per un nuova cittadinanza dell’Università nella formazione degli insegnanti secondar

La missione, quindi, dell’Università nel ventunesimo secolo, in particolare per la formazione degli insegnanti secondari, è di generare valore, dovunque. E co- munque. Generare valore significa inventare, significa ricreare il gusto della

creazione, della inventività, significa sostituire agli ormai stantii parametri di efficacia ed efficienza un principio importantissimo che anche in epi- stemologia è stato riscoperto nella sua pregnanza complementare: il prin- cipio di fecondità delle analisi e delle argomentazioni. Quando una tesi può dirsi feconda? Quando i suoi assunti mostrano di essere capaci di co- prire un ambito di esplicabilità più ampio di quello regolato dal rispetto o dal rapporto con gli oggetti specifici di indagine. Ovvero, quando il po- tenziale di efficacia di un insegnamento è più ampio di quello regolamen- tato dal suo rapporto diretto con i suoi specifici oggetti di ricerca. Questo è il fattore che consente, ricorsivamente, di generare valore. Se vogliamo dunque risalire ad una visione generale dell’Università, dobbiamo dire che in essa occorrerà reintrodurre non più le scuole o le dottrine, ma l’indagi- ne, e dunque l’attenzione, l’analisi, il confronto, il riesame e la rigenera- zione dei programmi di critica e di crescita della conoscenza e dell’espe- rienza, per ogni ambito disciplinare; o per diversi ambiti disciplinari insie- me, in quanto chiamati a collaborare a ridefinire obiettivi, strategie, a ri- definire metodi o tecniche di analisi, soprattutto a rigenerare linguaggi.

È per questi motivi che tendo a configurare in un modo personale la transizione che stiamo vivendo. Penso infatti che viviamo questi nostri giorni in quello stato di intuizione, di analisi, in quel mix di sentimenti, di conoscenze, di valutazioni, che tutte insieme ne fanno un pre-sentire. Secondo Kuhn il ciclo di vita che presiede allo sviluppo della critica e della crescita delle scienze è costituito da una lunga linea che fa seguire le grandi scoperte scientifiche da lunghi periodi di normalizzazione, in seno ai quali si costituiscono i fattori che danno origine ad una nuova scoperta. E così ricorsivamente. In particolare, se si esaminano i lunghi e complessi dibat- titi che accompagnano l’interpretazione di una dottrina o l’applicazione di una scoperta si assiste ad un periodo che, esteriormente, si configura come processo di stagnazione e di normalizzazione di una dottrina scientifica, ma che al proprio interno sta per aprire una sorta di nuovo Big Bang, che porta alla deviazione dalla teoria imperante, alla sua falsificazione, e che infine genera nuove scoperte, nuovi paradigmi. Se trasferissimo questo

Umberto Margiotta

modello al problema dell’Università nel XXI secolo, confesso di vivere una situazione di questo tipo. Vivo una condizione che percepisco come tran- sitoria, con diverse possibili e probabili soglie di fuoriuscita dalla transizio- ne a livello globale. Pre-sento cioè una sorta di big bang nell’affermarsi di nuovi paradigmi di scoperta e di conoscenza. Ciò mi obbliga a ridislocare tutta la mia esperienza di ricercatore e di formatore, e mi accorgo che il di- scorso possibile intorno al futuro dell’Università nel XXI secolo diventa molto interessante. A questo punto, infatti, non serve più usare parole vec- chie per parlare del futuro dell’Università. È preferibile usare parole anti- che, perché le parole antiche sono nuovissime.

Dunque l’Università, nel ventunesimo secolo, dovrà sempre più con- frontarsi con questo obiettivo: configurarsi ed essere, più che un parame- tro di successo, un motore delle comunità che apprendono; sapendo che ormai le comunità che apprendono non sono solo i laboratori, sono gli ambienti organizzativi, sono gli ambienti del fare, sono gli ambienti del- l’essere, oltre che dell’esistere. Sono le scuole in cui si sviluppano le prati- che di reinvenzione del sapere ad opera degli insegnanti. Questa è la novi- tà, che cambia la prospettiva e che consente all’Università di tornare ad es- sere seme e anticipazione di valore per le solo comunità di pratiche.

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Umberto Margiotta

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Premessa

I risultati della ricerca internazionale sulla professionalità (Korthagen, Kessels, 1999; Kunter, 2011, 2013; Buck, Akerson, 2016) mostrano l‘im- portanza di coniugare sapere teorico, esperienza e riflessione evidenziando l‘importanza di “rileggere“ la teoria nella pratica e di “avere occhi“ per ve- dere oltre la pratica, sapendo connettere pratica e teoria.

La polarizzazione teoria-pratica si racchiude nelle domande che gli stu- denti fanno all‘università riguardo all‘utilità del sapere universitario e della formazione per la loro futura professione così come nella difficoltà dei rap- presentanti dell‘Università quando devono prendere posizione sulla occu- pabilità e sulla percezione di autoefficacia professionale conseguente alla formazione universitaria.

Il termine e il concetto di formazione

Nel discorso pedagogico il termine e il concetto di formazione da un lato si collega con i concetti di istruzione e educazione, dall’altro li contempera come momenti della formazione stessa (Baldacci, Frabboni, Margiotta, 2012).

La formazione in un ambito/settore può essere definita come il proces- so e il prodotto della progressiva acquisizione di una determinata fisiono- mia culturale e di un habitus professionale fatto di competenze e intelli- genze specifiche. A livello didattico comporta la promozione, la diffusio- ne, l’aggiornamento del sapere, nonché la promozione, la diffusione e l’ag- giornamento dei modi di utilizzo di tale sapere (Quaglino, Caprozzi,

XVI.

Nuovi modelli dell’apprendere/insegnare all’università.