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Globalizzazione, povertà, emergenze educative

Tra nuovi (web) populismi e vecchie povertà Fabrizio Manuel Sirignano

2. Globalizzazione, povertà, emergenze educative

A partire dalla fine del “secolo breve”, i processi della globalizzazione so- cio-economica e politico-culturale hanno conosciuto un’accelerazione, che, nel giro di tre decenni circa, hanno contribuito alla configurazione di un sistema-mondo decisamente sempre più complesso ed imprevedibile. Differentemente dai processi dell’internazionalizzazione e della multina- zionalizzazione, la globalizzazione si caratterizza per la sua compressione spazio-temporale, ossia, sia per la “simultaneità temporale” (Revelli, 1996, p. 165) delle conseguenze di fenomeni su una pluralità di luoghi distribui- ti casualmente a livello planetario, sia per l’“indifferenza spaziale” (Revelli, 1996, p. 165), dato che i fenomeni si influenzano a prescindere dalla di- stanza spaziale tra i luoghi in cui avvengono.

Tali caratteristiche sono riscontrabili ai più diversi livelli della globaliz- zazione e si riferiscono all’informazione ed ai mezzi di comunicazione di massa (il villaggio globale, McLuhan, 1967, p. 11) alla dimensione econo- mica (l’economia mondo capitalista, Wallerstein, 1991, p. 43), che si carat- terizza per la mercificazione radicale dell’esistente tesa all’accumulazione continua e permanente del capitale sia alla dimensione socio-culturale, con il suo portato relativo all’occidentalizzazione del mondo (Lautouche, 1992), nonché all’uniformazione e all’omologazione culturale realizzate sotto l’egida della tecnica e della razionalità strumentale.

Se già la globalizzazione intesa come “villaggio globale”, “economia mondo capitalista” ed “occidentalizzazione del mondo” pone alla pedago- gia una serie di sfide rilevanti – quali, ad esempio, l’educazione ad una re- cezione e ad un utilizzo critico, responsabile e consapevole dei vecchi e dei nuovi media; la valorizzazione e l’incontro delle diversità attraverso l’inter- culturalità; la configurazione di modelli educativi incentrati sulla decrescita per promuovere uno sviluppo sostenibile (Sirignano, 2012); la salvaguar- dia della formazione integrale del soggetto e dell’uomo-cittadino sempre più ridotto alla sola dimensione antropologico-culturale di produt tore/ -

Pedagogia e politica. Tra nuovi (web) populismi e vecchie povertà

consumatore, se non di solo “consumatore-consumato” (Revelli, 2017, p. 9) –, l’esame critico dell’acuirsi delle sperequazioni socio-economiche e della crisi delle democrazie consustanziali alla globalizzazione consente di argomentare in modo più circoscritto l’esigenza di rilanciare un discorso

forte sulla dimensione etico-politica della pedagogia.

Uno dei dogmi del “pensiero unico” neo-liberista consta nel sostenere che “la ricchezza di pochi avvantaggia tutti”, ma, come è stato evidenzia- to, si tratta di una grande “bugia” che “galleggia” su altre “bugie” (Bau- man, 2013, p. 29), quali quelle relative alle ideologie della crescita eco- nomica, del consumo crescente, della connotazione naturale delle dise- guaglianze sociali, e della rivalità come chiave di volta per la promozione della giustizia.

Infatti, in quella che è stata definita l’età della “controffensiva” del ca- pitale contro il lavoro, ossia l’età della “lotta di classe dopo la lotta di clas- se” (Gallino, 2012, p. 2), la ricchezza dei pochi finisce con il favorire sol- tanto i ricchi, secondo un processo di redistribuzione alla rovescia del red- dito, che procede esclusivamente e strutturalmente dal basso della pirami- de sociale verso l’alto, per concentrarsi sempre più nel solo vertice della stessa.

Uno dei risultati più vistosi della controffensiva in questione – os- serva il compianto sociologo piemontese – è stato un forte aumento delle disuguaglianze globali, dovuto ad una marcata redistribuzione del reddito dal basso verso l’alto, e quindi non soltanto ad un accre- scimento del reddito e della ricchezza degli starti più abbienti. Con- trariamente a quanto sovente si legge, le cossi dette disuguaglianze globali, che si riferiscono al rapporto che esiste a reddito e ricchezza tra individui del pianeta (e non tra paesi), sono fortemente aumen- tate a partire dagli anni Ottanta (Gallino, 2012, p. 104).

L’allargamento della forbice tra ricchi e poveri, che appare oramai con- clamato già a partire dagli anni Novanta, ha indotto molti studiosi a ri- marcare la dicotomia tra sviluppo e società.

La tendenza – sostiene, ad esempio, Revelli – oramai è chiara. Lo

sviluppo è entrato in conflitto con la società. La profezia polanyana

di una economia autonomizzatasi dai rapporti sociali – ‘uscita dal suo alveo sociale’ – e trasformatasi per questa via, in una permanen- te sfida alle possibilità stesse di sopravvivenza del ‘legame sociale’, si

Fabrizio Manuel Sirignano

sta materializzando in tutte le sue implicazioni. In un mondo sem- pre più uniformato in un sistema integrato di mercato, la crescita economica non alimenta, ma divora socialità, socievolezza, coesio- ne. Non assorbe, ma produce su scala allargata marginalità, esclu- sione, disgregazione (Revelli, 1996, p. 211).

Nell’insieme si può osservare che la globalizzazione ha fatto riesplodere le disuguaglianze, configurando un sistema mondo sempre più verticistico e piramidale, che alimenta la formazione di soggetti esclusi, marginalizza- ti, colpevolizzati e deprivati non solo dal punto di vista socio-economico ma anche dal punto di vista etico-culturale, col rischio di condurre alla “cosificazione” delle relazione umane. Come è stato osservato:

[…] quando trasferiamo il modello della relazione soggetto/ogget- to, derivata dall’esperienza del trattare con oggetti inanimati, sulle relazioni fra esseri umani o categorie umane [si finisce col] trattare gli esseri umani secondo il modello elaborato e riservato alle “cose”: cioè come entità che si suppongono a priori prive di coscienza, di motivazioni e volontà, e che quindi non domandano né esigono simpatia o compassione (Bauman, 2013, p. 88).

Da queste brevi riflessioni, emerge la necessità di una pedagogia politica, che sia in grado di decostruire criticamente i falsi miti conformanti ed omologanti imposti dall’ideologia neo-liberista, che fa leva sull’etica utili- taristica, per rilanciare e promuovere la formazione integrale del soggetto.