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Migliorare l’insegnamento universitario: come, verso dove?

il contributo dell’Università come fattore di innovazione Umberto Margiotta

4. Migliorare l’insegnamento universitario: come, verso dove?

Senza dubbio la contraddizione di cui si diceva discende essenzialmente dal fatto che, nell’insegnamento universitario, le conoscenze sono organiz- zate in funzione delle discipline e del loro statuto accademico. Le discipli-

Umberto Margiotta

ne, infatti, non sono soltanto un comodo strumento di divisione delle co- noscenze in elementi; sono anche la base su cui l’università si organizza in comparti autonomi che definiscono le differenti specializzazioni dell’inse- gnamento e della ricerca. Affrontare il problema delle discipline e della lo- ro settorializzazione significa sottoporre ad esame l’intera struttura sociale dell’università.

Tuttavia, sia che ci si ponga dal punto di vista dello studente (futuro in- segnante) o da quello delle Autonomie scolastiche o, infine, da quello della domanda di qualità rinnovata dell’istruzione e della formazione da parte della società, in ogni caso sarebbe assurdo pensare che queste discipline siano state fissate una volta per tutte, secondo un ordine di conoscenze prestabilito. Se una lezione è da trarre dalla storia delle scienze, è appunto che il passaggio dalla conoscenza all’azione – si tratti di fenomeni sociali o naturali – esige una interdipendenza delle discipline e genera altresì disci- pline nuove. L’“interdisciplinarità” di oggi è la “disciplina” di domani. Su un piano pratico si potrebbe concludere che bisogna diffidare delle sem- plificazioni abusive e che si tratta di difendere o di criticare l’insegnamento articolato in discipline diverse.

In verità se la controversia appare oggi tanto animata intorno a questo problema è anche perché si tende a dimenticare la complessità dell’univer- sità in quanto istituzione. Così, coloro che attribuiscono all’università la missione di formare eruditi e dotti, vedono nell’insegnamento per disci- pline la pietra angolare della formazione intellettuale e la difendono con vigore. Coloro invece che assegnano all’università il compito di preparare personale qualificato per il mercato del lavoro ammetteranno senza dub- bio che molteplici discipline concorrono alla sua formazione, anche se poi essi manifestano la convinzione secondo cui difendere la “disciplina” signi- fica difendere la propria “professione”. Infine, per coloro i quali la missio- ne dell’università consiste nel formare uomini e donne “coltivati”, senza preoccuparsi di sapere se si tratta di scienziati, eruditi o specialisti, è natu- rale che molteplici discipline concorrano a realizzare un compito siffatto.

Bisogna tuttavia riconoscere che la maggior parte delle università assu- me insieme queste tre missioni a proprio ideale, ma anche che, per ciascu- na di esse, l’interdisciplinarità riveste un significato differente. L’aggettivo “disciplinare” è relativamente recente nella storia della scienza occidentale e dell’insegnamento. Nostalgia di un umanesimo ora scientifico ora lette- rario, così come l’ha conosciuto il XVIII° secolo; tema originario di una scienza delle scienze o di un sapere assoluto; esigenza di una trama unitaria

Il nuovo sistema di formazione iniziale degli insegnanti secondari

per la scienza, emergente dal suo stesso sviluppo; crisi dell’università: tutti questi elementi si mescolano senza dubbio tra loro e costituiscono la di- mensione storica attuale del modo con cui ciascun docente affronta la questione della qualità del sapere. A questa dimensione, tuttavia, occorre aggiungerne un’altra, molto più complessa, che è dovuta al fatto che ogni impresa disciplinare si inscrive in una struttura universitaria più vasta; che quest’ultima non ha senso se non in relazione all’intero sistema europeo di insegnamento universitario, e che pertanto occorre richiamarsi ad una sto- ria generale delle scienze e dell’insegnamento, per un verso, e alla estrema diversità dei sistemi universitari, per l’altro.

Dobbiamo dunque partire da un fatto singolare: non si può affrontare il problema dell’insegnamento che in termini di disciplina. Così come dobbia-

mo riconoscere che non esiste alcuna relazione costante tra l’idea di rag- gruppamento disciplinare (o tra discipline) e il raggruppamento di ricerca- tori. Le discipline, infatti, sono raggruppate a partire da uno specifico do- minio di studi, non in funzione dell’organizzazione delle cattedre universi- tarie, e tanto meno in funzione dei processi di apprendimento. Ogni volta che si ha a che fare con una scuola di specializzazione di ingegneri, vi ritro- veremo le matematiche, la fisica, l’ingegneria, la psicologia, la sociologia, la gestione aziendale. Se si tratta di medicina, vi incontreremo un’altra costel- lazione disciplinare, altrettanto classica. Siamo dunque in una situazione tradizionalmente pluridisciplinare. Il numero di discipline raggruppate è estremamente variabile, e non v’è modo di determinare i criteri per stabilire il numero massimo o minimo di discipline che permettano di assicurare in- segnamenti interdisciplinari efficaci. Inoltre i criteri – sempre impliciti – di raggruppamento delle discipline sono assai variabili. Infine, ed è comunque il caso più frequente, si incontra un gran numero di raggruppamenti che definiremo “naturali”, cioè di volta in volta conformi ora alle tradizioni scientifiche, ora all’interazione tra i rispettivi oggetti di ricerca, ora a speci- fiche necessità metodologiche o a problemi. In questo caso si ricade all’in- terno di una costante, che è presente in tutti i sistemi universitari. Questi ultimi, infatti, si articolano secondo un ordito pluridisciplinare, mentre l’originalità dell’interdisciplinarità non può attestarsi che a livello di area in- segnabile, e cioè del passaggio da un insegnamento per giustapposizione e successione di argomenti, ad un insegnamento integrato per fusioni pro- gressive dettate dal sistema di obiettivi e di scopi che è ordinato a raggiun- gere e realizzare. Come è, appunto, il caso di specie della sfida costituita dal nuovo sistema di formazione iniziale degli insegnanti secondari.

Umberto Margiotta

E tuttavia, con questo, non siamo ancora che nella ripetizione del- l’identico: nella ripetizione di quella fenomenologia quotidiana entro cui viviamo e che ci accompagna, ma non ci sostiene. Ritengo tuttavia che sia possibile e urgente andare oltre nell’ individuare e determinare un fonda- mento di valore e un obiettivo per il sistema dinamico della generazione di scienza e conoscenza nelle Università a favore di un rinnovato sistema di formazione iniziale degli insegnanti secondari. Sostengo anzi che la fi- nalità essenziale del sinolo tra insegnamento e ricerca nell’università sia nella sua capacità di anticipazione; cercherò, infine, di mostrare che è pos- sibile assumere la scienza, l’insegnamento e l’innovazione come un sistema integrato e multi-alfabeta di generazione del valore a tutto vantaggio del nuovo profilo di insegnate seondaio che intendiamo formare.

Così – a mio parere – il ruolo di anticipazione che si impone all’uni- versità nella società globale della conoscenza, e all’interno dei processi di innovazione, discende dalla virtù che essa sola possiede di poter potenziare l’attitudine della società e della natura umana nel rinnovarsi senza posa. Un ruolo siffatto non pertiene soltanto alla funzione di trasmissione di cultura che l’università si è assunta, nel tempo: esso è , invece, legato alla sua triplice funzione fondamentale: insegnamento, ricerca e innovazione. La frattura inquietante che si è originata tra queste tre funzioni (sia che ri- guardi la loro finalità o la loro esecuzione), e che diviene sempre più evi- dente nell’università contemporanea, affonda la sua origine nelle radici stesse della crisi che attraversa.