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Come ho avuto modo di precisare, la costruzione del piano avviene a partire dalla conduzione inerziale del business (business as usual) ossia dalla gestione in essere prima dell’esecuzione del piano stesso.

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Il primo passo da compiere consiste nella stima dei volumi di produzione, giacché da questi discendono i costi variabili e i ricavi variabili previsionali. I volumi attesi devono essere coerenti con:

a) la capacità produttiva esistente data dalle risorse tecniche in termini di impianti e tecnologia e delle risorse umane (struttura dell’organico e sue competenze);

b) il mix produttivo storico;

c) il track record storico: si deve considerare l’andamento del mercato e la quota di mercato al momento delle rilevazioni e nelle proiezioni prospettiche si deve tenere conto che i dati storici devono essere “normalizzati” per tenere conto di dinamiche non più attuali (ad esempio non dovranno esser tenuti in considerazione i volumi di produzione realizzati mediante impianti dismessi o i ricavi conseguiti da punti vendita ceduti);

d) le attese dell’andamento del mercato e del settore di riferimento: è necessario fare affidamento alle previsioni di enti che presentano un adeguato grado di affidabilità; si tratta di istituti di ricerca le cui previsioni passate sono state confermate dai dati consuntivi o rispetto alle quali non si sono verificati scostamenti significativi.

e) il posizionamento competitivo dell’impresa: tale vaglio è correlato a quello riguardante le attese del mercato; si tratta di capire innanzitutto se vi sia una correlazione tra andamento del mercato a andamento dell’impresa. Se vi è correlazione si deve comprendere se in passato i volumi dell’impresa sono stati in linea con quelli medi di mercato, al di sotto di quelli medi di mercato (e in tal caso l’indagine si sposta sulle cause delle “sottoperformance”) oppure al di sopra. Se non viene riscontrata alcuna correlazione tra andamento del mercato e andamento dell’impresa, per analizzare il posizionamento competitivo, sarà necessario individuare un’altra grandezza macroeconomica che presenti una correlazione con i dati dell’impresa;

f) la politica di prezzo: se la dinamica storica di eventuali politiche di sconto rivela una buona elasticità della domanda, ossia un’alta sensibilità della domanda alle variazioni di prezzo, può essere presa in considerazione l’ipotesi di stimolare utilizzando la leva del prezzo.

Sebbene la reazione della clientela sia un elemento molto difficile da prevedere, non può esser trascurato il fatto che l’ammissione alla procedura, comportando la manifestazione all’esterno dello stato di crisi, può incidere sulla fiducia della clientela nei confronti dell’impresa e della sua capacità di stare sul mercato; il fenomeno,

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frequente soprattutto per le imprese che operano su commessa, è tanto più rilevante quanto maggiore è la durata del ciclo produttivo (dall’ordine alla consegna) ed è originato dai dubbi che la crisi può ingenerare sulla capacità dell’impresa di mantenere adeguati standard qualitativi e di garantire un soddisfacente servizio post vendita.

Nella valutazione dei ricavi prospettici occorre infine tener conto di avvenimenti che si verificano naturalmente nell’ambito del business as asual (quali ad esempio contratti in scadenza di contratti o stipulazione di nuovi contratti) e che comunque rientrano nel novero degli elementi di discontinuità strutturale37.

Così come per i ricavi, anche l’entità dei costi variabili dipende dai volumi di vendita; non necessariamente i costi variabili presentano una proporzionalità diretta rispetto ai volumi di produzione, potendo riscontrarsi situazioni in cui vi è una correlazione “a scalini”38

o in cui hanno luogo economie di scala39; entrambe sono situazioni delle quali deve esser tenuto conto se il loro impatto sulle stime previsionali è significativo.

Le modalità attraverso le quali è possibile addivenire alla determinazione dei costi variabili previsionali sono due: la prima è basata sui dati storici e ne replica l’andamento proiettandolo nel piano, la seconda è basata invece su costi standard completamente stimati in via previsionale; se è vero che questo secondo modo di procedere presenta il vantaggio di non tenere in considerazione le anomalie del passato (consumi anomali, prezzi di acquisto storici non più attuali, inefficienze produttive), è altrettanto vero che, in assenza di un vaglio critico e di una comparazione con i dati del passato, rischia di condurre a valori che, data la loro astrattezza, sono inattendibili. Pare evidente, allora, come una terza via, rappresentata dall’unione dei due metodi sia quella da prediligere; partendo dal dato storico si cerca di “sterilizzarlo” per evitare di proiettare nel piano anomalie eliminate o da eliminare. In questo modo si ottiene un dato non scollegato dalla realtà e al tempo stesso rappresentativo della situazione attuale.

Accanto ai costi variabili vi sono i costi fissi ossia costi insensibili alle quantità prodotte. Per evitare l’omissione di elementi di costo, in genere i costi fissi sono individuati per differenza tra i costi totali e i costi variabili risultanti dal conto

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Per le aziende che sono solite effettuare scambi con paesi che adottano valute estere, nel valutare i ricavi prospettici, si manifesta la necessità di tenere in considerazione la possibile oscillazione dei tassi di cambio tramite apposite analisi di sensitività.

38 Si tratta di situazioni in cui i costi rimangono fissi entro certi intervalli di produzioni e aumentano al superamento dei “valori soglia”.

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Quando sono presenti economie di scala i costi aumentano in modo meno che proporzionale rispetto ai volumi prodotti.

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economico. È opportuna la scomposizione dei costi fissi a seconda della diversa natura e della diversa destinazione in modo da semplificare la misurazione degli effetti delle azioni industriali. È d’uopo precisare che gli ammortamenti, costituendo la ripartizione nel tempo di investimenti già effettuati e rappresentando costi non monetari, non rientrano nel computo dei costi fissi40.

La stima dei costi fissi e dei costi variabili consente di determinare un altro dato di fondamentale importanza nella realizzazione del piano: il break even point o punto di pareggio.

Per determinarlo si deve innanzitutto calcolare il margine di contribuzione per unità di prodotto, dato dalla differenza tra prezzo di vendita e costi variabili unitari; dopodiché, effettuando il rapporto tra costi fissi e margine di contribuzione unitario si ottiene il punto di pareggio ossia il volume di produzione superato il quale l’attività diventa profittevole per l’impresa41

. Se nel piano non sono previsti volumi di produzione superiori a tale soglia la fattibilità del piano è inevitabilmente a rischio dato che il suo sforamento al ribasso consuma risorse dell’impresa non consentendo di ottenere alcun flusso da destinare al servizio dei creditori.