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L'affitto di azienda nel concordato in continuita: il ruolo dell'attestatore

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN CONSULENZA

PROFESSIONALE ALLE AZIENDE

L’affitto d’azienda nel concordato preventivo con continuità:

il ruolo dell’attestatore

Candidato:

Relatore:

Francesco Frongia

Prof. Roberto Verona

Correlatore:

Dott. Giuseppe Rielli

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Indice

Introduzione... 6

Capitolo I PROFILI GIURIDICI DEL CONCORDATO PREVENTIVO 1.1 Requisiti per l’accesso alla procedura. ... 9

1.2 La proposta di concordato preventivo. ... 10

1.3 Documenti di corredo alla domanda di ammissione. ... 11

1.4 Il concordato con riserva. ... 13

1.5 Il decreto di ammissione. ... 14

1.6 Inammissibilità della proposta. ... 17

1.7 Effetti della presentazione del ricorso. ... 17

1.8 Amministrazione dei beni e sorte dei contratti in corso di esecuzione..……… 18

1.9 Attività del commissario giudiziale. ... 19

1.10 Adunanza e votazione. ... 21

1.11 Provvedimenti successivi alla votazione. ... 23

1.12 Transazione fiscale. ... 24

1.13 La prededucibilità dei finanziamenti nel concordato preventivo. .…... 25

1.14 Definizione di concordato in continuità aziendale. ... 27

1.15 Particolarità del piano e dell’attestazione. ... 28

1.16 Autorizzazione a effettuare pagamenti in deroga alla par condicio.………... 29

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1.18 Prosecuzione dei contratti pubblici. ... 31

1.19 La partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici………. 32

1.20 Ammissibilità dell’affitto di azienda nel concordato con continuità... 34

Capitolo II IL PIANO E L’ATTESTAZIONE Sezione I IL PIANO 2.1 Principi per la redazione dei piani di risanamento. ... 43

2.2. Finalità e contenuto dei piani di risanamento. ... 45

2.3 Il superamento dello stato di crisi. ... 48

2.4 La coerenza del piano. ... 49

2.5 Due approcci nella costruzione del piano. ... ….. 49

2.6 La stima dei dati previsionali. ... 50

2.7 L’anamnesi dell’azienda. ... 51

2.8 La diagnosi delle cause della crisi. ... 56

2.9 La costruzione del piano. ... 58

2.10 I dati economici. ... 61

2.11 L’effetto delle azioni programmate. ... 64

2.12 La declinazione finanziaria. ... 66

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2.14 La declinazione patrimoniale. ... 71

2.15 L’equilibrio finanziario. ... 73

2.16 L’orizzonte temporale del piano. ... 74

Sezione II L’ATTESTAZIONE 2.17 Premessa. ... 75 2.18 Responsabilità dell’attestatore. ... 76 2.19 Nomina e accettazione. ... 78 2.20 Indipendenza. ... 79

2.21 Verifica sulla veridicità dei dati aziendali. ... 80

2.22 Valutazione dei rischi. ... 82

2.23 La diagnosi dello stato di crisi. ...….. 86

2.24 Verifica sulla fattibilità del piano. ... 88

2.25 La verifica sullo sviluppo dei dati del piano. ... 90

2.26 La valutazione del miglior soddisfacimento dei creditori……… 94

2.27 La relazione di attestazione. ... 95

Capitolo III CASO PRATICO 3.1 Il settore di appartenenza. ... 99

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3.2 La società. ... 101

3.3 Procedure negoziali a confronto. ...………. 107

3.4 Le trattative. ... 116

Conclusioni ... 131

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Introduzione.

Il concordato preventivo è regolato dalla legge fallimentare, R.D 16 marzo 1942, n. 267 che nel corso degli anni ha subito diversi interventi da parte del legislatore volti a una rimodulazione dell’istituto al fine di favorire il risanamento e la prosecuzione dell’attività di impresa.

Nel previgente sistema, l’imprenditore era l’unico titolare del potere di iniziativa per l’accesso alla procedura, la quale poteva prevedere o il pagamento dilazionato e/o decurtato assistito da garanzie reali o personali o la cessione dei beni ai creditori.

L’organo giurisdizionale, in questo quadro, oltre a controllare la sussistenza delle condizioni per l’ammissione alla procedura, nel giudizio di omologazione esercitava un controllo di merito sulla proposta di concordato.

La previgente disciplina era inoltre caratterizzata dalla scarsa flessibilità dello sviluppo della procedura di concordato, sia con riferimento alle modalità di soddisfacimento dei creditori, che con riferimento all’indicazione di percentuali minime per il soddisfacimento dei creditori chirografari1.

Nella pratica però, tali vincoli si erano sempre risolti non in elementi volti a favorire un garantismo, ma in fattori che inficiavano il mantenimento del valore economico dell’impresa.

Con il passare degli anni, la prassi ha fatto emergere l’inutilità di eliminare totalmente dal mercato le imprese insolventi e la necessità di perseguire i preminenti interessi che le procedure concorsuali dovrebbero salvaguardare: il mantenimento dei livelli occupazionali e la tutela concreta ed effettiva dei creditori.

I suesposti limiti del concordato preventivo disciplinato dal legislatore del 1942 e la sua sostanziale inadeguatezza al salvataggio delle imprese, hanno determinato negli ultimi anni la necessità di individuare uno strumento concorsuale idoneo ad affrontare le crisi di impresa e volto a realizzare la salvaguardia del patrimonio aziendale, ove possibile dei livelli occupazionali e la tutela dei creditori.

La legge fallimentare, nella sua forma attuale, risulta pertanto essere il frutto di numerose modifiche apportate al R.D. 16 marzo 1942, n. 267; tra queste, le più rilevanti sono quelle introdotte dal D.L. 35/2005 convertito nella legge 14 maggio 2005, n. 80, quelle apportate dal D.L. 83/2012, n. 83 convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134 e

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Previsione peraltro reintrodotta dal D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132

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recante, oltre ad altre importanti novità, la disciplina del concordato preventivo con continuità aziendale e quelle di cui al D.L. 83/2015 convertito nella legge 6 agosto 2015, n. 132.

Con l’intervento del 2012 il legislatore ha inteso perseguire il dichiarato obiettivo di favorire le possibilità di risanamento delle imprese in crisi per evitare che un transitorio periodo di contrazione dei risultati comporti il fallimento di imprese non decotte. In primo luogo, con una serie di disposizioni non dettate specificamente per la continuità aziendale, ma comunque funzionali al suo perseguimento, ha chiarito vecchi dubbi inerenti alla disciplina dei contratti in corso di esecuzione, alla disapplicazione delle norme di tutela del capitale sociale in pendenza di concordato e alla possibilità di reperire mezzi di finanziamento anche in corso di procedura. In secondo luogo ha dettato una serie di agevolazioni specifiche per il concordato con continuità aziendale; in particolare pare opportuno richiamare:

- la possibilità di prevedere una moratoria annuale per il pagamento dei creditori privilegiati;

- la prosecuzione dei contratti pubblici e la possibilità di partecipare a procedure per l’assegnazione degli stessi;

- la possibilità di chiedere al tribunale l’autorizzazione al pagamento dei creditori essenziali anteriori.

A fronte di queste agevolazioni, e soprattutto del maggior rischio che la prosecuzione dell’attività di impresa indubbiamente presenta rispetto all’ipotesi di concordato liquidatorio, il legislatore ha previsto l’integrazione della documentazione di cui all’art. 161 della legge fallimentare.

Il primo capitolo del presente elaborato tratta gli aspetti giuridici del concordato preventivo e si conclude con l’analisi sui dubbi inerenti all’ammissibilità dell’affitto di azienda quale fattispecie di concordato con continuità aziendale, scaturenti dalla lettera dell’art. 186- bis della legge fallimentare che prevede esclusivamente la continuità mediante prosecuzione dell’attività da parte del debitore, mediante conferimento e mediante cessione.

Il secondo capitolo si sofferma sul ruolo delle professionalità coinvolte nella procedura di concordato preventivo: il soggetto o i soggetti incaricati della redazione del piano e il soggetto attestatore. In particolare, stante la mancanza di specifici principi dettati per la redazione del piano, partendo dalle Linee guida per il finanziamento delle imprese in crisi, dalle Linee guida alla redazione del business plan e dalla Guida al piano

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industriale ho provato a ipotizzare un modello da seguire. Nella seconda sezione del capitolo mi sono invece soffermato sul ruolo del professionista attestatore alla luce dei recenti Principi di attestazione dei piani di risanamento.

Il terzo capitolo contiene l’analisi di un caso pratico di tentativo di risanamento di un’impresa in crisi che, passando per ipotesi di piano di risanamento e di accordo di ristrutturazione dei debiti, si è concluso con la stipula di un contratto di affitto di azienda nell’ambito del concordato preventivo con continuità.

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CAPITOLO I

PROFILI GIURIDICI DEL CONCORDATO PREVENTIVO

1.1 Requisiti per l’accesso alla procedura.

Affinché un imprenditore possa essere ammesso alla procedura di concordato preventivo è necessario che siano soddisfatti un requisito soggettivo e un requisito oggettivo, desumibili rispettivamente dagli articoli 1 e 160 della legge fallimentare. Quanto al presupposto soggettivo, gli imprenditori che possono presentare domanda di ammissione alla procedura, sono gli stessi che l’art. 1 ricomprende nel novero di quelli assoggettabili a fallimento: innanzitutto si deve trattare di soggetti che esercitano attività commerciale ai sensi dell’art. 2195 del codice civile con esclusione degli enti pubblici; in secondo luogo devono essere integrati dei requisiti dimensionali volti a escludere dall’accesso alla procedura gli imprenditori di modeste dimensioni.

Il comma 2 dell’art. 1 della legge fallimentare, infatti, dispone che per poter essere ammesso al concordato preventivo l’imprenditore deve soddisfare almeno uno dei seguenti requisiti:

a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;

b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;

c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.

Per quanto concerne il secondo requisito, quello oggettivo, il legislatore, al primo comma dell’art. 160 ha stabilito che siano gli imprenditori che si trovano in stato di crisi a poter proporre ai propri creditori il concordato preventivo, avendo avuto inoltre cura di precisare al comma 3 che per stato di crisi debba intendersi anche lo stato di insolvenza; quest’ultima previsione è del resto coerente con il moderno sistema delle procedure concorsuali che, alla luce delle riforme susseguitesi dal 2005 in poi, privilegia soluzioni negoziali rispetto al fallimento.

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1.2 La proposta di concordato preventivo.

Il legislatore ha reso completamente atipico il contenuto della proposta: qualunque soluzione idonea a prevenire o eliminare il dissesto, a conservare o incrementare il valore dell’azienda, a ottimizzare il ricavato della liquidazione può essere adottata purché non arrechi pregiudizio ai creditori e sia approvata con il loro consenso maggioritario.

L'imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere:

a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l'attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito.

Il fatto che il contenuto della proposta sia stato reso completamente atipico si desume immediatamente dal primo comma dell’art. 160 che alla lettera a) ammette qualsiasi soluzione recando, in aggiunta, delle esemplificazioni non vincolanti. Nella maggior parte dei casi la proposta di concordato prevede il pagamento decurtato e/o dilazionato dei creditori o la cessione dei beni, che a sua volta può configurarsi sia come liquidazione integrale del patrimonio ad opera di liquidatori e sotto il controllo dell’autorità giudiziaria sia come datio in solutum degli stessi beni ai creditori. b) l'attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad

un assuntore2; possono costituirsi come assuntori anche i creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato;

c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei;

d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.

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Si tratta di un soggetto co-proponente che si accolla i debiti dell’imprenditore insolvente con effetto cumulativo o liberatorio ricevendo in contropartita, in tutto o in parte, i beni e le attività a seguito dell’omologazione del concordato.

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La suddivisione dei creditori in classi consente di prevedere trattamenti differenziati, migliori o deteriori, rispetto all’ipotetica applicazione del regime legale, con riguardo ai tempi, alla misura e alla modalità del loro soddisfacimento.

Quanto ai creditori muniti di diritto di prelazione la proposta può prevedere che non vengano soddisfatti integralmente, a condizione che il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, terzo comma, lettera d). Il D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132 ha portato all’introduzione di un quarto comma nell’art. 160 in cui è previsto che, salvo il caso di concordato con continuità aziendale di cui all’art. 186-bis, la proposta deve assicurare il pagamento di almeno il 20 per cento dei crediti chirografari.

1.3 Documenti di corredo alla domanda di ammissione.

Ai sensi dell’art. 161 della legge fallimentare la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo deve essere presentata al tribunale del luogo in cui l’impresa ha la sede principale senza che rilevino, ai fini della competenza, i trasferimenti di sede intervenuti nell’anno precedente.

Il legislatore impone al debitore di depositare, insieme al ricorso che contiene la domanda di ammissione alla procedura, anche la proposta rivolta ai creditori e una serie di documenti utili alla valutazione di convenienza della soluzione concordataria da parte degli interessati e degli organi della procedura. In particolar modo il comma 2 dell’art. 161 dispone che il debitore debba presentare con il ricorso:

a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;

b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;

c) l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;

d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;

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e) un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta; in ogni caso, la proposta deve indicare l'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore.

Il piano di cui alla lettera e) del secondo comma dell’art. 161 può essere sia di tipo industriale economico e finanziario ma anche puramente liquidativo, purché risulti comunque strumentale al progetto di ristrutturazione dell’esposizione debitoria e al soddisfacimento dei creditori.

La nuova formulazione dell’art. 161 comma 3 della legge fallimentare prevede poi che la documentazione in argomento debba essere accompagnata dalla relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67 terzo comma lettera d)3

, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano. Tale previsione trova le sue ragioni nella volontà del legislatore di riporre in un soggetto estraneo alle vicende ed interessi dell’impresa, il compito di valutare che la proposta di concordato preventivo non rappresenti, anche solo potenzialmente, uno strumento per frodare le ragioni dei creditori sociali.

In primo luogo, ciò che il professionista indipendente deve attestare è la corrispondenza alla realtà, non in senso assoluto, ma tenendo conto delle oscillazioni legate ai metodi aziendalistici di valutazione, della rappresentazione della situazione patrimoniale economica e finanziaria prodotta dall’imprenditore; si tratta sostanzialmente di un compito di revisione volto alla verifica della regolare tenuta della contabilità della corretta rilevazione dei fatti di gestione e della corrispondenza del bilancio alle scritture contabili.

In secondo luogo il professionista deve attestare la ragionevolezza delle previsioni formulate nel piano circa il recupero di redditività, gli introiti attesi, il soddisfacimento dei creditori; si tratta di un complesso giudizio prognostico su plausibilità e attendibilità

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Si tratta di un soggetto iscritto nel registro dei revisori contabili e in possesso dei requisiti per esser nominato curatore; possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore:

a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti;

b) studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale caso, all'atto dell'accettazione dell'incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura;

c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento.

Non possono essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell'impresa, nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento.

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delle soluzioni prospettate nel piano nonché sulla coerenza delle stesse rispetto al contenuto economico della proposta.

1.4 Il concordato con riserva.

Allo scopo di anticipare gli effetti protettivi di cui all’art. 168, collegati alla presentazione della domanda di concordato preventivo, e di salvaguardare gli elementi dell’attivo patrimoniale dall’aggressione dei creditori, il sesto comma dell’art. 161 consente all’imprenditore di depositare il ricorso contenente la domanda di concordato, unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro un termine fissato dal giudice, compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni. Nello stesso termine è altresì consentito all’imprenditore di presentare una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 182-bis della legge fallimentare; in tali casi si parla di concordato “con riserva” o “in bianco”.

La domanda di concordato con riserva è inammissibile se l’imprenditore, nei 2 anni precedenti, ha presentato un’altra domanda di concordato in bianco a cui non abbia fatto seguito l’ammissione alla procedura o l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti.

A fronte dei vantaggi che la presentazione della domanda di concordato con riserva garantisce, il legislatore ha voluto in qualche modo compensare la mancanza del piano e della documentazione con specifici obblighi informativi a carico dell’imprenditore; infatti, con il decreto che fissa il termine per la presentazione della proposta del piano e della documentazione, il tribunale dispone gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell'impresa e all'attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale se nominato, sino alla scadenza del termine fissato. Inoltre il debitore, con periodicità mensile, deposita una situazione finanziaria dell'impresa che, entro il giorno successivo, è pubblicata nel registro delle imprese a cura del cancelliere.

Dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di ammissione alla procedura il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del

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tribunale, il quale deve acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato. Nello stesso periodo il debitore può altresì compiere gli atti di ordinaria amministrazione.

1.5 Il decreto di ammissione.

Avvenuto il deposito del ricorso da parte del debitore, il tribunale competente effettua un preliminare controllo di ammissibilità avente ad oggetto i presupposti soggettivi e oggettivi di accesso alla procedura. In questa fase il tribunale deve verificare anche la correttezza dei criteri di formazione delle classi ove siano state previste.

Giova precisare che il controllo che il tribunale effettua consiste in una mera valutazione di conformità della domanda alle disposizioni di legge sotto il profilo della forma, della legittimazione e della competenza, non potendo l’autorità giudiziaria apprezzare le condizioni offerte e il programma del debitore.

Se la domanda supera tale vaglio preliminare, il tribunale, ai sensi dell’art. 163, con decreto dichiara aperta la procedura e contestualmente adotta dei provvedimenti che hanno funzione propulsiva rispetto al suo svolgimento; in particolare:

1) delega un giudice alla procedura di concordato;

2) ordina la convocazione dei creditori non oltre centoventi giorni dalla data del provvedimento e stabilisce il termine per la comunicazione di questo ai creditori; 3) nomina il commissario giudiziale osservate le disposizioni degli articoli 28 e 29; 4) stabilisce il termine non superiore a quindici giorni entro il quale il ricorrente deve

depositare nella cancelleria del tribunale la somma pari al 50 per cento delle spese che si presumono necessarie per l'intera procedura, ovvero la diversa minor somma, non inferiore al 20 per cento di tali spese, che sia determinata dal giudice. Su proposta del commissario giudiziale, il giudice delegato può disporre che le somme riscosse vengano investite secondo quanto previsto dall'art. 34, primo comma;

5) ordina al ricorrente di consegnare al commissario giudiziale entro sette giorni copia informatica o su supporto analogico delle scritture contabili e fiscali obbligatorie. Ai sensi dell’art. 166, anche il decreto di ammissione deve essere pubblicato nel registro delle imprese.

Una delle novità più rilevanti del recente intervento legislativo di modifica della legge fallimentare (D.L. n. 83/2015) è costituita dalla possibilità di formulare proposte concordatarie concorrenti, in competizione tra loro e con quella del debitore.

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Alla luce del novellato art. 163 della legge fallimentare, proposte di concordato preventivo alternative a quelle del debitore, possono essere presentate dai creditori che rappresentano almeno il dieci per cento dei crediti a condizione che nella relazione di cui all’articolo 161, terzo comma, il professionista non attesti che la proposta di concordato del debitore assicura il pagamento di almeno il quaranta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari o, nel caso di concordato con continuità aziendale di cui all’articolo 186-bis, di almeno il trenta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari.

Legittimati alla presentazione di proposte concorrenti a quella del debitore sono uno o più creditori rappresentanti almeno il dieci per cento dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata unitamente al piano, purché il deposito delle proposte e dei relativi piani avvenga non oltre trenta giorni prima della data fissata dal tribunale per l'adunanza dei creditori (non oltre 120 giorni dalla data del decreto di ammissione). Nel caso di presentazione del c.d. ricorso “prenotativo”, di cui al sesto comma dell’art. 161, tali crediti possono essere acquistati anche successivamente alla data di presentazione del ricorso a condizione che comunque risultino dalla situazione patrimoniale depositata ai sensi dell'articolo 161, secondo comma, lettera a).

Non rientrano nel computo della percentuale soglia i crediti della società che controlla la società debitrice, delle società da questa controllate e di quelle sottoposte a comune controllo.

La proposta concorrente può prevedere l’intervento di terzi quali garanti o finanziatori al fine di reperire i mezzi finanziari necessari all’attuazione del piano e, se il debitore è costituito in forma di s.r.l. o s.p.a. può prevedere altresì un aumento di capitale della società con esclusione o limitazione del diritto di opzione dei soci. La proposta, infine, può prevedere la suddivisione dei creditori in classi: in tal caso, deve essere sottoposta alla verifica dei criteri di correttezza nella formazione delle classi da parte del tribunale; si noti che, dato che l’art. 163 riconosce il diritto di voto ai creditori che hanno presentato la proposta solo se questi sono collocati in una medesima classe, è abbastanza improbabile che questi presentino una proposta che non prevede la suddivisione in classi.

Il D.L. 83/2015 ha portato anche all’introduzione nella legge fallimentare dell’art. 163-bis, rubricato “offerte concorrenti”. Esso prevede che qualora il piano di concordato comprenda un’offerta da parte di un soggetto già individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche prima dell’omologazione, verso un corrispettivo in

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denaro o comunque a titolo oneroso dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni, il tribunale, con decreto, dispone la ricerca di interessati all’acquisto mediante l’apertura di un procedimento competitivo.

Il decreto che dispone l’apertura del procedimento oltre a disporre la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche di cui all’articolo 490 del codice di procedura civile e l’aumento minimo del corrispettivo che le offerte devono prevedere, stabilisce:

- le modalità di presentazione di offerte irrevocabili; - i requisiti di partecipazione degli offerenti;

- le forme e i tempi di accesso alle informazioni rilevanti, gli eventuali limiti al loro utilizzo e le modalità con cui il commissario deve fornirle a coloro che ne fanno richiesta; l’art. 165 della legge fallimentare prevede che il commissario giudiziale deve fornire ai creditori che ne fanno richiesta, valutata la congruità della richiesta medesima e previa assunzione di opportuni obblighi di riservatezza, le informazioni utili per la presentazione di proposte concorrenti, sulla base delle scritture contabili e fiscali obbligatorie del debitore, nonché ogni altra informazione rilevante in suo possesso.

- la data dell'udienza per l'esame delle offerte;

- le modalità di svolgimento della procedura competitiva; - le garanzie che devono essere prestate dagli offerenti.

Le offerte, che divengono irrevocabili una volta presentate in conformità al decreto di apertura della procedura competitiva, sono da presentarsi in forma segreta e sono inefficaci se non conformi a quanto stabilito nel decreto.

Alla data fissata per l’esame delle offerte, le stesse vengono rese pubbliche e, nel caso in cui ve ne siano più di una il giudice dispone la gara; questa può avvenire o nella stessa udienza o ad un’udienza immediatamente successiva e deve concludersi prima della data fissata per l’adunanza dei creditori, anche quando il piano prevede che la vendita o l'aggiudicazione abbia luogo dopo l'omologazione.

Se a formulare l’offerta migliore non è il soggetto indicato nell’originaria proposta, quest’ultimo è liberato delle obbligazioni eventualmente assunte nei confronti del debitore e il commissario dispone in suo favore il rimborso delle spese sostenute per la formulazione dell’offerta nel limite del tre per cento del prezzo in essa indicato. In tali casi, il debitore dovrà modificare la proposta e il piano in conformità all’esito della gara.

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1.6 Inammissibilità della proposta.

Nel caso in cui, dal preliminare controllo di cui nel paragrafo precedente, il tribunale riscontri che non ricorrono i presupposti di legge per l’ammissione alla procedura, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta di concordato. In tal caso, anche in considerazione del fatto che non necessariamente sussiste lo stato di insolvenza, l’inammissibilità della domanda non comporta l’automatica dichiarazione di fallimento. Tuttavia è possibile che il tribunale, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiari il fallimento del debitore.

1.7 Effetti della presentazione del ricorso.

L’accesso alla procedura di concordato preventivo produce, fin dalla data di pubblicazione della domanda nel registro delle imprese, rilevanti effetti nei confronti dei creditori concorsuali. Per effetto del divieto imposto dall’art. 168, analogo a quello dettato dall’art. 51 in tema di fallimento, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore; non possono inoltre ricevere pagamenti per debiti scaduti prima della presentazione della domanda.

L’art. 168 ha la funzione di cristallizzare il patrimonio del debitore alla data di presentazione della domanda; tuttavia, consapevole del fatto che il divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari potrebbe portare alla prescrizione o alla decadenza dei diritti dei creditori, il legislatore ha dettato un correttivo: le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti in argomento rimangono sospese, e le decadenze non si verificano. Ulteriore effetto che scaturisce dalla presentazione del ricorso è quello dettato dall’art. 182-sexies della legge fallimentare: dalla data del deposito della domanda per l'ammissione al concordato preventivo (anche nel caso di domanda con riserva), e sino all'omologazione non si applica la disciplina della riduzione del capitale per perdite. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale nel caso in cui lo stesso scenda al di sotto del minimo legale, pur restando immutati gli obblighi informativi degli amministratori e il loro dovere di convocare l’assemblea per adottare gli opportuni provvedimenti.

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L’applicazione della rigida disciplina del capitale sociale, e soprattutto della regola “ricapitalizza o liquida”, a cui sono soggette le società di capitali, resta dunque sospesa durante la procedura negoziale con una evidente agevolazione delle operazioni di riorganizzazione dalle quali potrà scaturire il riequilibrio finanziario e patrimoniale.

1.8 Amministrazione dei beni e sorte dei contratti in corso di esecuzione.

Uno dei principali motivi per cui l’imprenditore ha interesse ad accedere alla soluzione concordataria risiede nel fatto che, a differenza di quanto avviene nel fallimento, con il concordato preventivo non si ha “spossessamento” del debitore.4

Infatti, l’art. 167 al primo comma dispone che durante la procedura di concordato, il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa; tuttavia tale attività si svolge sotto la vigilanza del commissario giudiziale e ciò comporta un’inevitabile compressione della libertà economica e del potere di gestione dell’impresa.

Al comma 2, l’art. 167 reca un elenco di atti (mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni), riconducibili sostanzialmente agli atti eccedenti la ordinaria amministrazione, per i quali è richiesta l'autorizzazione scritta del giudice delegato, pena l’inefficacia rispetto ai creditori anteriori al concordato. Tuttavia, anche per questi atti, con il decreto previsto dall'articolo 163 o con successivo decreto, il Tribunale può stabilire un limite di valore al di sotto del quale non è dovuta l'autorizzazione di cui al secondo comma.

Quanto ai contratti in corso di esecuzione alla data di presentazione della domanda la regola generale è quella della prosecuzione con l’imprenditore in concordato. Ai sensi dell’art. 169-bis, il debitore, con il ricorso di cui all'articolo 161 o successivamente può chiedere che il tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato, lo autorizzi a sciogliersi dai contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti alla data della presentazione del ricorso. Su richiesta del debitore può altresì essere

4

In tema di fallimento, infatti, l’art. 42 della legge fallimentare prevede che la sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento.

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autorizzata la sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta.

Anche in questa disposizione risulta evidente l’intento del legislatore di favorire l’adozione di soluzioni negoziali, dal momento che permette la rinegoziazione dei contratti più onerosi o comunque una loro rimodulazione in funzione del piano di risanamento.

Il favor che la norma riconosce al debitore incontra tuttavia degli inevitabili limiti laddove, in ragione del tipo di contratto, siano presenti dei preminenti interessi (rispetto a quello dell’imprenditore) meritevoli di tutela; per questi tipi di contratti il legislatore ha pertanto escluso la possibilità per il debitore di chiedere lo scioglimento o la sospensione.

Il primo comma dell’art. 169-bis non si applica infatti: - ai rapporti di lavoro subordinato;

- al contratto preliminare di vendita trascritto ai sensi dell'art. 2645-bis del codice civile avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell'attività di impresa dell'acquirente;

- ai contratti di finanziamento di cui all’art. 2447 primo comma lettera b) del codice civile;

- al contratto di locazione di immobili in caso di concordato del locatore.

Quanto al terzo contraente, in caso di scioglimento del contratto, ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. Tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato.

1.9 Attività del commissario giudiziale.

Il commissario giudiziale, per quanto attiene l’esercizio delle sue funzioni, è un pubblico ufficiale investito di compiti verifica, riscontro e relazione; innanzitutto deve verificare l’elenco dei creditori e dei debitori con la scorta delle scritture contabili apportando, qualora necessarie, le opportune rettifiche.

Sulla base dell’elenco dei creditori, il commissario giudiziale provvede a inviare una comunicazione a tutti i creditori con cui li convoca all’adunanza nella quale gli stessi saranno chiamati a esprimere il loro voto sul concordato. Assieme all’avviso di

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convocazione provvederà a inviare anche la proposta del debitore e il decreto di ammissione.

Allo scopo di garantire ai creditori un’adeguata informazione, funzionale all’espressione di un voto consapevole, l’art. 172 impone al commissario giudiziale di redigere una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori; tale relazione deve essere depositata presso la cancelleria del tribunale almeno quarantacinque giorni prima dell’adunanza dei creditori e comunicata nel medesimo termine agli stessi.

Se sono state depositate delle proposte concorrenti, il commissario deve redigere anche una relazione integrativa contenente una particolareggiata comparazione tra tutte le proposte depositate, da depositare in cancelleria e comunicare ai creditori con le modalità previste per la comunicazione dell’originaria proposta del debitore, almeno dieci giorni prima dell’adunanza dei creditori.

La verifica che fa il commissario sulla condotta del debitore è funzionale a verificare se ricorre una delle ipotesi elencate dall’art. 173:

- Occultamento o dissimulazione dell’attivo;

- Omissione da parte del debitore di denunciare uno o più crediti; - Esposizione di passività insussistenti;

- Commissione di atti di frode.

Se il commissario giudiziale accerta che il debitore ha tenuto uno dei predetti comportamenti deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori. In tali casi il tribunale provvede con decreto alla revoca dell’ammissione e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, dichiara con sentenza il fallimento del debitore qualora ne ricorrano i presupposti. Il commissario giudiziale è inoltre chiamato a esercitare una vigilanza continua sull’attività svolta dall’imprenditore nel lasso di tempo intercorrente tra l’ammissione alla procedura e l’omologazione del concordato; dovrà quindi informare immediatamente il giudice delegato nel caso in cui il debitore abbia compito atti non autorizzati a norma dell'articolo 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l'ammissibilità del concordato; anche in tali casi il tribunale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato preventivo e se ne ricorrono

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i presupposti dichiara il fallimento del debitore su istanza del creditore o richiesta del pubblico ministero.

1.10 Adunanza e votazione.

Ai sensi dell’art. 174, nell’adunanza, che è presieduta dal giudice delegato, ogni creditore può farsi rappresentare da un mandatario speciale con procura che può essere scritta anche sull’avviso di convocazione; il debitore, o chi ne ha la legale rappresentanza deve invece intervenire personalmente e, solo in caso di assoluto impedimento, può farsi rappresentare da un mandatario.

Come detto, la relazione del commissario giudiziale costituisce per i creditori la base informativa essenziale ai fini della deliberazione e pertanto deve essere depositata in cancelleria almeno quarantacinque giorni prima della data prevista per l’adunanza. Durante l’adunanza, ai sensi dell’art. 175, la proposta definitiva del debitore e quelle eventualmente presentate dai creditori devono essere illustrate dal commissario giudiziale, unitamente alla sua relazione, e successivamente discussa.

La funzione della discussione è quella di assicurare un dibattito e un confronto fra tutti gli interessati in ordine all’ammissibilità, convenienza, praticabilità della soluzione negoziale; prima delle modifiche apportate dal D.L 83/2015, in questa sede poteva anche essere modificata la proposta a condizione che non fossero iniziate le operazioni di voto5; attualmente le proposte di concordato, ivi compresa quella presentata dal debitore, possono essere modificate fino a quindici giorni prima dell'adunanza dei creditori.

Nell’adunanza ciascun creditore può esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibili o accettabili le proposte di concordato e sollevare contestazioni sui crediti concorrenti; il debitore può rispondere e contestare a sua volta i crediti.

Gli eventuali contrasti sono risolti dal giudice delegato, il quale, ai sensi dell’art. 176, può emettere un provvedimento di ammissione (o di esclusione) provvisoria del credito contestato valevole ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze, ossia tale da non pregiudicare l’accertamento definitivo della sussistenza del credito stesso.

5

In tali casi si rendeva necessaria la relazione integrativa del professionista che attestasse la fattibilità del piano alla luce delle apportate modifiche.

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Quanto ai creditori esclusi, il secondo comma dell’art. 176, dispone che possano opporsi alla esclusione in sede di omologazione del concordato solo nel caso in cui la loro ammissione avrebbe avuto influenza sulla formazione delle maggioranze.

Al termine della discussione iniziano le operazioni di voto; queste devono essere verbalizzate analiticamente al fine di consentire il successivo controllo giudiziale sulla formazione delle maggioranze e sullo svolgimento dell’assemblea.

I creditori che non hanno esercitato il voto, ai sensi del comma 4 dell’art. 178, possono far pervenire lo stesso per telegramma, per lettera, per telefax o per posta elettronica nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale.

Il D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132 ha portato all’eliminazione del previgente meccanismo del c.d. “silenzio-assenso” con l’effetto di rendere inevitabilmente più difficoltosa l’approvazione da parte del ceto creditorio.

Il concordato preventivo è approvato con il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. È ovvio che una maggioranza calcolata soltanto sul valore nominale dei crediti, senza alcun riguardo al numero dei creditori, attribuisce una posizione negoziale privilegiata ai creditori “forti” in pregiudizio a quelli “deboli” con la conseguenza che per questi ultimi la proposta potrebbe prevedere un pagamento poco più che simbolico.

La legge esclude dal voto e dal computo delle maggioranze i soggetti legati da rapporto di coniugio parentela e affinità col debitore nonché la società che controlla la società debitrice, le società da questa controllate e quelle sottoposte a comune controllo e i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta di concordato, al fine di evitare alterazioni nel processo di formazione della maggioranza. Qualora la proposta preveda la formazione di diverse classi di creditori, il concordato è approvato se nel maggior numero delle classi abbia riportato il voto favorevole della maggioranza dei crediti ammessi al voto.

Quando sono poste al voto più proposte di concordato, a essere approvata è la proposta che ha conseguito la maggioranza più elevata dei crediti ammessi al voto; in caso di parità, prevale quella del debitore o, in caso di parità fra proposte di creditori, quella presentata per prima. Quando nessuna delle proposte concorrenti poste al voto sia stata approvata con le maggioranze di cui al primo e secondo periodo del presente comma, il

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giudice delegato, rimette al voto la sola proposta che ha conseguito la maggioranza relativa dei crediti ammessi al voto6.

Il comma 2 dell’art. 177 esclude altresì dal voto i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l'integrale pagamento a meno che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione. I creditori che rinunciano al diritto di prelazione per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono equiparati ai creditori chirografari, sia per quanto concerne il diritto di voto che per quanto concerne il soddisfacimento; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato.

1.11 Provvedimenti successivi alla votazione.

A seguito della votazione possono configurarsi due diversi scenari; se la proposta non consegue nella votazione le maggioranze richieste dalla legge, il giudice delegato ne informa il tribunale ai fini dell’eventuale dichiarazione di fallimento che, lo ricordiamo, potrà avvenire solamente su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero. Se invece le maggioranze prescritte dalla legge vengono raggiunte il giudice delegato riferisce al tribunale il quale fissa un'udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale, disponendo che il provvedimento venga pubblicato nel registro delle imprese e notificato, a cura del debitore, al commissario giudiziale e agli eventuali creditori dissenzienti.

Almeno 10 giorni prima dell’udienza devono costituirsi sia il debitore, sia il commissario giudiziale sia i creditori dissenzienti e ogni altro eventuale interessato depositando memorie e documenti.

Se non sono proposte opposizioni, il tribunale, verificata la regolarità della procedura e l'esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame.

Se sono state proposte opposizioni, il giudizio di omologazione è celebrato nel contraddittorio delle parti, con le forme del procedimento in camera di consiglio; il tribunale può assumere anche d’ufficio tutte le in formazioni e prove necessarie anche delegando uno dei componenti del collegio.

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Modifica apportata al primo comma dell’art. 177 dal D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132

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Nell'ipotesi in cui vi sia stata la suddivisione dei creditori in classi, se un creditore appartenente ad una classe dissenziente ovvero, nell'ipotesi di mancata formazione delle classi, i creditori dissenzienti che rappresentano il 20 per cento dei crediti ammessi al voto, contestano la convenienza della proposta, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.

Il procedimento si conclude con decreto motivato che, ricorrendo i presupposti, omologa il concordato e rigetta le opposizioni. Il decreto è comunicato al debitore e al commissario giudiziale che provvede a darne notizia ai creditori; è inoltre soggetto a pubblicazione nel registro delle imprese.

Se invece il tribunale respinge il concordato, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, dichiara il fallimento qualora ne ricorrano i presupposti con sentenza emessa contestualmente al decreto.

Avverso il provvedimento che omologa o respinge il concordato, così come per la sentenza dichiarativa di fallimento, è ammesso il reclamo dinanzi alla corte di appello.

1.12 Transazione fiscale.

Nel piano che accompagna la domanda di concordato preventivo, il debitore può proporre il pagamento parziale o dilazionato dei propri debiti tributari e previdenziali, sia chirografari che privilegiati ancorché non iscritti a ruolo ai fini della riscossione coattiva. L’art. 182-ter prevede infatti 2 distinte ipotesi di accordo:

- con l’agenzia delle entrate e l’agente della riscossione: - con gli enti di previdenza e assistenza.

Per quanto riguarda i crediti chirografari, l’interpretazione della norma porta a ritenere che le condizioni di pagamento praticate al fisco devono essere le stesse di quelle applicate alla classe di chirografari maggiormente soddisfatta.

Per quanto riguarda i crediti tributari o contributivi assistiti da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.

L’ufficio tributario e il concessionario del servizio di riscossione hanno 30 giorni di tempo dalla presentazione della domanda, rispettivamente, per procedere alla

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liquidazione dei tributi e attestare l’entità del debito, in modo da definire l’ammontare dei tributi dovuti. Ciò è utile ai fini della neutralizzazione del rischio di sopravvenienze passive tributarie in sede di esecuzione del concordato.

A seconda che sia già stato avviato il procedimento di esecuzione coattiva o meno, il concessionario della riscossione o l’ufficio fiscale competente partecipano alla deliberazione per l’approvazione del concordato preventivo alla stregua degli altri creditori, previo parere conforme della direzione regionale.

Si tratta dunque, non dell’accettazione di una proposta da parte degli uffici tributari, ma dell’espressione di un voto nell’ambito di un procedimento decisionale collettivo.

1.11 La prededucibilità dei finanziamenti nel concordato preventivo.

L’art. 182-quinquies consente al debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo di chiedere al tribunale l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili se un professionista indipendente attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.

La norma è applicabile sia ai concordati che prevedono la continuità sia a quelli che non la prevedono ma è chiaro che il bisogno di finanziamenti-ponte si avverte soprattutto in caso di prosecuzione dell’attività di impresa per coprire l’esigenza di liquidità nella fase endoconcordataria.

La disposizione colma una lacuna dell’art. 182 quater, il quale concede il grado di prededucibilità ai finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di concordato o in esecuzione del concordato.

I finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione al concordato (art. 182-quater, comma 2) devono essere erogati prima della presentazione della proposta e sono prededucibili solo a condizione che il tribunale conceda espressamente la prededuzione nel provvedimento che accoglie la domanda di ammissione: di conseguenza il finanziatore è esposto al rischio che la domanda non sia accolta o che il tribunale non riconosca il beneficio al credito.

I finanziamenti erogati in esecuzione del concordato preventivo (art. 182-quater, comma 1), in qualsiasi forma effettuati, presuppongono invece l’avvenuta omologazione e sono sempre prededucibili.

La disciplina dei finanziamenti erogati ai sensi dell’art. 182-quinquies, c.d. finanziamenti “in occasione della presentazione della domanda di concordato

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preventivo”, consente invece di acquisire nuova finanza dopo la presentazione della domanda e in condizioni di certezza sul riconoscimento della prededuzione; dal momento che la legge richiede l’autorizzazione del tribunale il finanziamento resta prededucibile anche se il concordato non viene successivamente approvato e omologato. Tema particolare è quello riguardante la disciplina dei finanziamenti effettuati dai soci o dalle società che esercitano attività di direzione e coordinamento.

Per tali somme l’art. 2467 del c.c., a cui rimanda l’art. 2497-quinquies, prevede che il rimborso sia postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito. Questa disciplina non sia applica a tutti i finanziamenti ma solo a quelli concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.

Se nell’ambito del fallimento il codice civile detta una regola volta ad incentivare i soci a conferire capitale di rischio in luogo della concessione di finanziamenti, così non è per il concordato preventivo.

Infatti, l’art. 182 quater, derogando espressamente agli art. 2467 e 2497-quinquies del codice civile, eleva al rango di crediti prededucibili, seppur nella misura dell’ottanta per cento del loro ammontare, i crediti dei soci o delle società che esercitano attività di direzione e coordinamento concessi in esecuzione del concordato preventivo o in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura.

Mentre la disciplina dettata dall’art. 182 quater, in tema di finanziamenti erogati dai soci o da società che esercitano attività di direzione e coordinamento non dà adito a dubbi, lo stesso non può dirsi per quella dettata dall’art. 182-quinquies in tema di finanziamenti erogati “in occasione” del concordato preventivo; tale ultimo articolo, infatti, non prende in considerazione l’ipotesi di finanziamenti da parte di soci o di società che esercitano direzione e coordinamento. I possibili scenari interpretativi sono 3:

- giacché la norma non deroga espressamente alle norme del codice civile, come invece fa l’art. 182-quater, a tali crediti non può essere riconosciuto il rango di prededucibili; - considerando che la norma non tiene minimamente in considerazione il soggetto che

concede il finanziamento, si può ritenere che i crediti concessi “in occasione” del concordato preventivo siano sempre integralmente prededucibili quale che sia il soggetto finanziatore;

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- terza soluzione, che pare preferibile alla luce di un’interpretazione sistematica, è quella che ritiene i crediti concessi dai soci o dalle società che esercitano attività di direzione e coordinamento, “in occasione” del concordato preventivo, prededucibili limitatamente all’ottanta per cento del loro ammontare alla stregua di quelli concessi in esecuzione del concordato preventivo o in funzione della presentazione della domanda di ammissione.

1.14 Definizione di concordato in continuità aziendale.

Mentre in passato proseguire o cessare l’attività di impresa rientrava nell’ambito dell’autonomia concessa al debitore, sia pure con il limite di farsi autorizzare dall’autorità giudiziaria per il compimento di atti di straordinaria amministrazione, dopo il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con legge 7 agosto 2012, n. 134 la continuazione dell’attività diventa elemento caratterizzante il tipo di proposta di concordato.

Una volta ammesso al concordato con continuità aziendale il debitore è tenuto a proseguire l’attività aziendale: se cessa l’esercizio di impresa senza modificare la proposta, ai sensi dell’art. 186-bis comma 6, il concordato viene revocato e non si trasforma automaticamente in concordato senza continuità; allo stesso modo, se il debitore prosegue l’attività di impresa senza averlo indicato nella proposta concordataria, il concordato deve essere revocato perché il piano e l’attestazione mancherebbero delle necessarie indicazioni.7

Ai sensi dell’art. 186-bis, il concordato preventivo si definisce con continuità aziendale se la proposta prevede:

- la prosecuzione dell’attività di impresa da parte dell’imprenditore; - la cessione dell’azienda in esercizio;

- il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione.

Come è facile comprendere dalla lettura della norma, l’elemento caratterizzante del concordato con continuità è la prosecuzione, anche temporanea, dell’attività di impresa in sé, indipendentemente dal fatto che avvenga da parte del debitore.

7

V. M. Campobasso, Nuovi principi e vecchi problemi nel concordato preventivo con “continuità aziendale”, in Il diritto dell'impresa in crisi fra contratto, società e procedure concorsuali, cap. II, Giappichelli, Torino 2014.

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1.15 Particolarità del piano e dell’attestazione.

L’art. 186-bis stabilisce che se il concordato è con continuità il piano alla base della proposta e l’attestazione del professionista debbano avere un contenuto integrativo; in particolare:

a) il piano di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e), deve contenere anche un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura;

b) la relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, deve attestare che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.

Posto che la giurisprudenza della Cassazione è orientata nel ritenere che al tribunale non competa valutare la fattibilità economica del piano, ma la fattibilità giuridica e l’idoneità della proposta ad assicurare almeno un certo grado di soddisfacimento ai creditori8, è lecito chiedersi se al tribunale spettino degli ulteriori compiti di verifica qualora il concordato preveda la continuità aziendale; in materia è significativo quanto prevede l’art. 186-bis all’ultimo comma: si tratta della disposizione per cui, se nel corso di un concordato con continuità l’esercizio dell’impresa cessa o risulta manifestamente dannoso per i creditori, il tribunale revoca d’ufficio l’ammissione.

Dalla norma in argomento si può trarre la conclusione che il tribunale debba verificare, non solo in costanza di procedura, ma anche in sede di ammissione, quantomeno la non manifesta dannosità della prosecuzione dell’attività di impresa giacché non avrebbe senso aprire una procedura che presiti ab origine i requisiti della revoca d’ufficio. Ne discende che il ruolo del tribunale nella valutazione dell’ammissibilità del concordato in prosecuzione è più ampio di quello esercitato nel concordato senza prosecuzione9.

8

Cass., S.U., 23.1.2013, n. 1521; Cass., 9.5.2013, n. 11014; Cass., 27.5.2013, n. 1308. 9

V. M. Campobasso, Nuovi principi e vecchi problemi nel concordato preventivo con “continuità aziendale”, in Il diritto dell'impresa in crisi fra contratto, società e procedure concorsuali, cap. II, Giappichelli, Torino 2014.

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1.16 Autorizzazione a effettuare pagamenti in deroga alla par condicio

A fronte di alcune agevolazioni di carattere generale, che facilitano il ricorso al concordato con continuità ma non la presuppongono, riconducibili alla sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione (art. 182-sexies), alla possibilità di contrarre finanziamenti prededucibili e alla possibilità di sciogliere selettivamente i contratti onerosi, esistono delle agevolazioni specifiche per il concordato con continuità; uno di questi vantaggi consiste proprio nella possibilità per il debitore di chiedere l’autorizzazione a effettuare pagamenti in deroga alla par condicio.

Il debitore, di regola, non può pagare i crediti anteriori alla proposta; tuttavia solo per l’imprenditore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, l’art. 182-quinquies, 4° comma, consente al Tribunale di autorizzare deroghe in presenza di uno dei seguenti presupposti:

- che i pagamenti siano effettuati fino a concorrenza dell’ammontare di nuove risorse finanziarie apportate al debitore senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori;

- che si tratti di prestazioni di beni o servizi essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori, e tutto ciò risulti dall’attestazione di un professionista indipendente in possesso dei requisiti di cui all’art. 67 terzo comma lettera d), nominato dal debitore.

La legge prende dunque in considerazione l’ipotesi che vi siano alcuni crediti anteriori alla presentazione della domanda di concordato il cui mancato soddisfacimento comporti un significativo pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di continuità aziendale programmati dal piano, e di conseguenza possa danneggiare i creditori concordatari.

In merito alle valutazioni che il Tribunale deve effettuare in sede di autorizzazione, il giudizio deve essere di merito: il Tribunale, seppur in modo sommario, deve controllare la valutazione dell’attestatore e accertare sia l’essenzialità delle prestazioni e dei pagamenti rispetto agli obiettivi della continuazione, sia la convenienza per i creditori concordatari10.

10

V. M. Campobasso, Nuovi principi e vecchi problemi nel concordato preventivo con “continuità aziendale”, in Il diritto dell'impresa in crisi fra contratto, società e procedure concorsuali, cap. II, Giappichelli, Torino 2014.

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1.17 La moratoria per il pagamento dei creditori privilegiati

Il comma 2 dell’art. 186-bis ammette la possibilità che, fermo quanto disposto dall’art. 160 comma 2, il piano preveda una moratoria fino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca escludendo tale possibilità nel caso in cui sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. La norma specifica poi che, qualora sia prevista la moratoria per i creditori privilegiati, gli stessi creditori sono esclusi dal diritto di voto.

Il punto di partenza per l’analisi della previsione non può che essere il suo rapporto con l’art. 160, il quale prevede che i creditori privilegiati hanno diritto a conseguire integrale soddisfazione dei propri crediti, a differenza dei chirografari; questo principio trova tuttavia una parziale deroga, sempre al comma 2 dell’art. 160 , laddove è prevista la possibilità di non soddisfare integralmente i creditori muniti di cause di prelazione, con il solo vincolo costituito dall’impossibilità che la previsione di pagamento per detti creditori risulti inferiore a quanto realizzabile sul ricavato della liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione.

Questa previsione, che concede la possibilità di degradare a credito chirografario la sola parte di credito che risulti incapiente rispetto al bene su cui sussiste la causa di prelazione, viene richiamata dall’art. 186-bis, confermando in questo modo l’operatività di tale regola anche nel caso di concordato con continuità.

La norma consente di ritenere con ragionevole certezza:

1) che i creditori con prelazione speciale su un bene destinato alla liquidazione possono essere soddisfatti in tempi maggiori di un anno, se si tratti di “tempi tecnici” necessari per liquidare i beni;

2) che i creditori titolari di prelazione su beni che non vengono liquidati possono legittimamente essere pagati con una dilazione fino a un anno e che debbano essere soddisfatti in denaro.11

Quanto alla spettanza del diritto di voto in capo ai creditori che subiscono una dilazione superiore all’anno, è possibile trarre le seguenti conclusioni12

:

11 L’art. 186-bis, a differenza del 160, non fa riferimento in generale alla “soddisfazione” dei crediti ma al “pagamento”.

12

V. L. Stanghellini, Il concordato con continuità aziendale, in Società, banche e crisi d’impresa, vol. III, sez. III, cap. IX, Utet Giuridica, Milano, 2014.

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- se il bene gravato da prelazione viene liquidato in tempi tecnici necessari, il creditore viene pagato al momento della liquidazione, sia esso prima o dopo l’anno; in questo caso la dilazione superiore all’anno non fa scattare il diritto di voto in capo al creditore; - se il bene viene venduto oltre l’anno e in tempi maggiori rispetto a quelli tecnici, il pagamento si ha al momento della liquidazione, ma in tal caso la dilazione superiore all’anno fa scattare il diritto di voto in capo al creditore;

- se il bene non viene liquidato il creditore deve essere pagato entro l’anno o essere ammesso a votare.

1.18 Prosecuzione dei contratti pubblici.

Recependo gli auspici di gran parte della dottrina, il legislatore ha espressamente previsto che la presentazione del concordato con continuità non incida sulla prosecuzione dei contratti in corso, anche se stipulati con pubbliche amministrazioni. Si tratta, come si vedrà in seguito, solo della prima delle due previsioni speciali dettate in materia di contratti pubblici; infatti, alla previsione della continuazione dei contratti pendenti, è stata successivamente aggiunta la specifica previsione che consente la partecipazione alle procedure di aggiudicazione di nuovi contratti.

Il coordinamento tra la norma in esame e la disciplina contenuta nel codice dei contratti pubblici non può dirsi piena, in quanto, se l’art. 38, comma 1, ha subito una modifica nel senso di eliminare i concordati con continuità dall’ambito dei fattori che escludono la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici, nessun intervento è stato attuato sull’art. 140 sempre del codice dei contratti pubblici, con la conseguenza che quest’ultimo continua a prevedere che l’apertura della procedura di concordato preventivo permetta alla stazione appaltante di concludere un nuovo contratto con una delle altre imprese che abbiano partecipato all’originaria gara.

Ovviamente permane la possibilità per l’impresa proponente di chiedere di essere autorizzata a sciogliersi dal contratto, ai sensi dell’art. 169-bis, ferma restando l’opportunità che sul punto sia sentita l’amministrazione, esposta all’improvvisa perdita della controparte negoziale.

La prosecuzione dei contratti pubblici, tuttavia, viene espressamente subordinata dalla norma alla presenza di una specifica attestazione del professionista sulla conformità della prosecuzione del contratto rispetto al piano e sulla ragionevole capacità di adempimento da parte dell’impresa in concordato.

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