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l'attuale assetto normativo in materia di trasporto pubblico locale ed

alcune questioni interpretative; III. Segue. I tentativi di riordino della

disciplina dei servizi pubblici locali: il d.l. n. 50/2017.

I. La definizione di trasporto pubblico locale come servizio pubblico: evoluzione della disciplina.

Il settore del trasporto pubblico locale, quale comparto essenziale per la

crescita e lo sviluppo di qualsiasi sistema economico, rientra nella più

ampia categoria dei servizi pubblici essendo rivolto a garantire alla

collettività, globalmente considerata, beni e servizi essenziali per ciascuno

dei suoi membri

320

.

I servizi di trasporto pubblico locale appartengono infatti alla categoria dei

SIEG (servizi di interesse economico generale) definiti come quella

attività che la pubblica autorità ritiene necessarie per soddisfare specifiche

contingenze, che possono mutare nel tempo e che costituiscono un asse

portante del modello sociale europeo

321

.

320 Cfr. Secondo Rapporto Annuale al Parlamento dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti, Senato della Repubblica 15 luglio 2015, in www.autorita-trasporti.it, 72 e ss. nell’ambito del quale al trasporto pubblico locale e regionale viene riconosciuta una «fondamentale importanza per la vita economica, sociale e produttiva del

Paese. La riduzione della congestione urbana provocata dal traffico automobilistico, la garanzia del diritto alla mobilità dei cittadini, la riduzione dei sinistri automobilistici e i conseguenti effetti positivi per l’economia, l’ambiente e, più in generale, lo sviluppo del Paese non possono prescindere da un buon livello di mobilità in ambito locale che può essere garantito potenziando e rendendo efficiente ed efficace il servizio di trasporto pubblico». Sul tema della nozione di servizio pubblico si v. per un quadro complessivo, M. Dugato, I servizi

pubblici locali, in Trattato di diritto amministrativo, (a cura di) S. Cassese, Milano, 2003, 2588 ss.,; G. Caia, I

servizi pubblici locali di rilevanza economica (liberalizzazioni, deregolazione ed adeguamento della disciplina comunitaria), in Scritti in ricordo di Francesco Pugliese, (a cura di) E. Follieri, L. Iannotta, Napoli, Editoriale Scientifica, 2010, 515 ss. Si v. anche A. Pericu, Impresa e obblighi di servizio pubblico, Milano, 2001, 391, il quale delinea il trasporto pubblico locale come un servizio in cui l'ente locale richiede all'impresa di trasporti di fissare uniformemente il prezzo dei biglietti, indipendentemente dalle zone servite, e ad un livello molto inferiore a quello che eguaglia il costo marginale (totale), con ciò consentendo alla collettività tutta di usufruire del servizio di trasporto collettivo. L'eventuale conseguente disavanzo dell'impresa che gestisce il servizio è finanziato dall'ente locale medesimo con risorse che gli provengono dai contribuenti. Si v. anche Colacito, Autolinee (voce), in Enc.

Giur., IV, 1.

321 Con riferimento al perimetro fondamentalmente soggettivo, derivante da un giudizio di valore e sostenuto da un punto di vista politico e sempre mutevole dei servizi pubblici e delle attività di interesse generale, si v. Y. Gaudemet, Regolazione e servizi pubblici: l'esperienza continentale, in G. Tesauro, M. D'Alberti, Regolazione e

136

Tuttavia, essi presentano alcune caratteristiche peculiari che impediscono

di assimilarli in modo acritico a tale categoria.

Innanzitutto, rispetto agli altri SIEG il trasporto pubblico locale è l'unico

che dispone di più beni sostituti, rappresentati da altri servizi di mobilità

pubblica collettiva (taxi, NCC, modalità innovative basate sull'utilizzo

delle piattaforme digitali) e dal mezzo privato, che possono soddisfare,

attraverso relazioni di sostituibilità intermodali, il medesimo fabbisogno.

Oltretutto, dato che la programmazione del trasporto pubblico locale nella

sua componente di servizio universale è demandata alle Regioni, esso si

caratterizza per una forte disomogeneità nel tipo di prestazione richiesta

rispetto agli altri SIEG che generalmente conoscono una perimetrazione

del servizio universale ad opera di autorità di regolazione centrali.

Non da ultimo, poi, rileva l'aspetto economico, riguardante le motivazioni

poste a giustificazione dell'intervento pubblico.

Il trasporto pubblico locale, infatti, si presenta caratterizzato da un forte

squilibrio economico strutturale, dovuto essenzialmente al mancato

allineamento delle condizioni di fornitura (accessibilità e tariffazione)

all'andamento commerciale dell'attività. Si tratta infatti di un servizio

prioritariamente orientato a soddisfare le esigenze di mobilità dei cittadini

e gli obiettivi di coesione territoriale, anche a scapito di significative

diseconomie a carico dell'impresa di trasporto

322

.

Contrariamente dunque a quanto accade per gli altri servizi a rete, nel

settore del trasporto pubblico locale le ragioni dell'intervento pubblico non

sono legate a fallimenti del mercato “tipici”, quanto piuttosto ad esigenze

di contenimento della spesa pubblica e di garanzia del diritto di mobilità

agli utenti

323

.

Pur non perdendosi di vista la comune ontologia tra i trasporti pubblici

322 Si v. G. Corso, La gestione dei servizi locali, fra pubblico e privato, in Servizi pubblici locali e nuove forme

di amministrazione, Milano, 1997, 37; C. Ingratoci, Il trasporto pubblico locale, in F. Bassan (a cura di), La

regolazione dei trasporti in Italia. L'ART e i suoi poteri alla prova dei mercati, cit., 282 ss.; S. Varone, Servizi pubblici locali e concorrenza, Torino, 2004, 19, 53.

323 Con riguardo alla “fallacia” del modus operandi della pubbliche amministrazioni di ampliare al massimo il perimetro di servizio universale, inserendo nei contratti di servizio tutti i servizi possibili nel perseguimento delle finalità di contenimento della spesa pubblica e di garantire le esigenze di mobilità, si v. AGCM, IC47 Condizioni

concorrenziali nei mercati del trasporto pubblico locale, in www.agcm.it, 71 ss., in cui si evidenzia come siffatto approccio abbia determinato rilevanti sperequazioni sia su base regionale che tra ceti sociali, dato che soprattutto nelle grandi città chi vive in periferia, non solo ha come unica alternativa il mezzo privato, ma si trova a sussidiare, partecipando alla fiscalità generale, i ceti più abbienti, che si muovono in centro dove sono più elevate la qualità e la densità delle reti di trasporto.

137

locali ed i servizi pubblici economici, risulta dunque inevitabile constatare

come le peculiarità che caratterizzano in generale il mercato dei trasporti

si siano riversate nel settore del trasporto pubblico locale, che per per anni

ha conosciuto una dialettica di inclusione-esclusione nell’ambito della

disciplina generale dei servizi pubblici economici

324

, determinando così

l’impostazione di una «struttura a compartimenti stagni»

325

, in parte

distinta ed autonoma rispetto a quella generale relativa agli altri servizi

pubblici locali.

Il settore del trasporto pubblico locale, infatti, per espressa previsione

dell’art. 113 d.lgs. n. 267/2000

326

, rimaneva sottratto dalla disciplina dei

servizi pubblici locali di rilevanza economica. Siffatta esclusione, abrogata

dall’art. 23bis del d.l. n. 112/2008

327

, non ha comunque impedito di

324 M.A. Sandulli, Affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale su strada e riforma dei servizi pubblici

locali, in www.federalismi.it.

325 M.Cammelli, Concorrenza e innovazione nei servizi di trasporto pubblico locale, in Il trasporto pubblico

locale. Una prospettiva per l’Italia, Bologna, 2006, 81 ss.

326 Cfr. art. 1, co. 48, lett. a), l. n. 308/2004, che nel testo dell’art. 113 d.lgs. n. 267/2000 ha inserito un nuovo comma 1bis, secondo cui il settore del trasporto pubblico locale resta disciplinato dal solo d.lgs. n. 422/1997. L’estromissione del trasporto pubblico locale dalla disciplina generale dei servizi pubblici locali deriva da un’evoluzione normativa “sofferta”: diversi, infatti, sono stati gli interventi legislativi che ne prevedevano l’inclusione. In particolare, si v. l’art. 14 del d.l. n. 269/2003 (c.d. lodo Buttiglione), convertito nella l. n. 326/2003, ed ulteriormente modificato dall’art. 4 della l. n. 305/2005, che è andato a novellare completamente l’art. 113 del d.lgs. n. 267/2000. Il lodo Buttiglione, introducendo tre modalità alternative di gestione (a. tramite società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure di evidenza pubblica; b. tramite società di capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato viene scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; c. tramite società a capitale interamente pubblico, a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti pubblici che la controllano), ha sostanzialmente limitato l’apertura alla concorrenza prevista dal decreto Burlando, poi confermata con la riforma del 2001 (art. 35 l. n. 448/2001) in materia di servizi pubblici locali. La restituzione agli enti locali di una più ampia possibilità di scelta tra i diversi moduli gestionali, di fatto, ha sostanziato due delle tre soluzioni offerte, nel mantenimento, in capo a soggetti controllati dagli enti locali, di ampi spazi di intervento nei mercali locali. Per il trasporto pubblico locale, infatti, si è passati da un’unica modalità fondata sulle gare ad evidenza pubblica, ad una gamma di tre sistemi, in cui il modello della società mista pubblico-privata e dell’affidamento in house hanno rappresentato un arretramento, facendo prevalere una logica protezionistica del mercato e del capitale locali. Plateali sono stati gli episodi di revoca delle gare già bandite, con conseguente sviluppo del contenzioso amministrativo, si v. in merito C. Cambini, Le gare per l’affidamento del servizio di

trasporto pubblico locale in Italia, Il Rapporto, Politecnico di Torino e Hermes, 2005, in www.hermesricerche.it. Successivamente all’introduzione del co. 1bis nell’ambito dell’art. 113 d.lgs. n. 267/2000, si ricorda anche il d.d.l. n. 772/2006 (c.d. Lanzillotta), che, delegando al Governo il riordino dei servizi pubblici locali, prevedeva tra i principi ed i criteri direttivi a cui il legislatore delegato avrebbe dovuto fare riferimento, quello dell’armonizzazione della nuova disciplina con quella di settore applicabile ai diversi servizi pubblici locali, tra i quali i trasporti. Per un approfondimento sul d.d.l. n. 772/2006, si v. S. Buzzoli, Note sul DDL “Lanzillotta” sui servizi pubblici locali, in www.astridonline.it; C. Iaione, La regolazione del trasporto pubblico locale. Bus e Taxi

alla fermata delle liberalizzazioni, Napoli, 2008, 141 ss. Nella dialettica tra inclusione-esclusione del trasporto pubblico locale nell’ambito della disciplina dei servizi pubblici, non può farsi a meno di richiamare anche l’art. 23bis del d.l. n. 112/2008, di cui infra.

327 L’art. 23bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la

semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, introdotto con la l. di conversione n. 133 del 6 agosto 2008 ha abrogato parzialmente l’art. 113 del T.U.E.L., disciplinando l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, in via ordinaria, mediante procedure

138

considerare il settore del trasporto pubblico locale come un comparto “a

sè”, assoggettato al solo decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (c.d.

decreto Burlando)

328

, tuttora vigente, il quale si serve di due elementi –

uno in positivo, l’altro in negativo – per definire il servizio stesso.

Secondo tale definizione il trasporto pubblico locale costituisce una

summa dei sistemi di mobilità che compongono il mercato dei trasporti

(ferroviario, autostradale, portuale, aeroportuale, marittimo, lagunare,

fluviale e lacuale), i quali vengono resi in “modo continuativo o periodico,

con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabilite, ad accesso

generalizzato, nell’ambito di un territorio di dimensione normalmente

regionale o infraregionale

329

(elemento in positivo), dovendosi dagli

stessi escludere tutti quei sistemi che, pur presentando una dimensione

locale, rientrano tra i servizi classificati di interesse nazionale

330

(elemento

competitive ad evidenza pubblica (comma 2) ed in deroga, nel rispetto della disciplina comunitaria, attraverso l’affidamento in house o a società mista. L'art. 23Bis disciplinava in modo onnicomprensivo i servizi pubblici locali di rilevanza economica e, prevalendo sulle relative discipline di settore con esse incompatibili, si applicava anche al trasporto pubblico locale, con l'esclusione dei servizi di trasporto ferroviario regionale. Siffatto regime è stato oggetto di modifica con l’art. 15 del d.l. 25 settembre 2009, n. 135, convertito con modificazioni dalla l. 20 novembre 2009, n. 166, che ha esplicitato le fattispecie dell’affidamento in house e della società mista. Successivamente, nel 2011 il d.P.R. n. 113/2011, conseguente al referendum abrogativo del 12 e 13 giugno, ha posto nel nulla la disciplina contenuta nell’art. 23bis del d.l. n. 112/2008 (ed il regolamento di attuazione d.P.R. n. 168/2010). Successivamente, l’art. 4 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla l. n. 148/2011, si preoccupava di adeguare la disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare. Il suddetto art. 4, poi, è stato oggetto di abrogazione a seguito della pronuncia di illegittimità costituzionale da parte della Corte Costituzionale con sent. n. 199/2012. Venuto meno il tentativo di definire una disciplina generale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, all'interno della quale regolare anche il TPL, questo è tornato ad avere una sua specifica regolamentazione caratterizzata essenzialmente dal combinato disposto del d.lgs. n. 422/1997 e del recepimento del regolamento (CE)1370/2007. Si v. infra, per l'esame delle ulteriori disposizioni integrative del quadro normativo di riferimento. Per approfondimenti si v. J. Bercelli, Servizi pubblici locali e referendum, in

Giorn. Dir. Amm., 2013, 2, 155.

328 Sul d.lgs. n. 422/1997, si v. N. Rangone, I trasporti pubblici di linea, in Trattato di diritto amministrativo, (a cura di) S. Cassese, Milano, 2003, 2265 ss. Prima del c.d. decreto Burlando i principali riferimenti per il settore del TPL traevano origine da leggi precedenti la seconda guerra mondiale, fra cui, il t.u. n. 1447 del 1912 ed il r.d. n. 2578 del 1925. Il primo passo per la riforma del settore si ebbe con il d.P.R. 5/1972, che trasferì alle Regioni le funzioni amministrative in materia di tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale, in precedenza rientranti nella normativa statale.

329 Cfr. art. 1, co. 2, d.lgs. n. 422/1997. Sul carattere di servizio pubblico dei trasporti di linea si v. in dottrina, M.S. Giannini, Diritto pubblico dell’economia, Bologna, 1977, 197.

330 Cfr. art. 3 d.lgs. n. 422/1997, che indica tra i servizi classificati di interesse nazionale i servizi di trasporto aereo e marittimo che non si svolgono esclusivamente nell’ambito di una regione; i servizi di trasporto automobilistico a carattere internazionale e le linee interregionali che collegano più di due regioni; i servizi di trasporto ferroviario internazionale e nazionale di percorrenza medio-lunga caratterizzati da elevati standards qualitativi, definiti con decreto ministeriale; i servizi di collegamento via mare tra terminali ferroviari; i servizi di trasporto merci pericolose, nocive e inquinanti. Ovvero, tutte quelle attività che, anche svolgendosi in ambiti territoriali circoscritti, giustificano la conservazione di poteri statali per la particolare modalità del collegamento, per l’estensione delle linee o per la delicatezza degli interessi in gioco, di cui si vuole mantenere una valutazione unitaria. Il d.lgs. n. 422/1997 dava attuazione al Reg. CEE n. 1191/1969, il quale forniva una definizione degli obblighi inerenti alla nozione di servizio pubblico, intesi come “gli obblighi che l'impresa di trasporto, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non assumerebbe o non assumerebbe nella stessa misura né alle stesse condizioni”, comprendenti gli obblighi di esercizio, di trasporto e tariffario. Per approfondimenti si v. A.

139

in negativo).

Quando in Italia si parla di trasporto pubblico locale ci si riferisce

essenzialmente al trasporto c.d. “su gomma” a servizio di bacini di traffico

viaggiatori che normalmente non superano l'ambito provinciale o al

massimo quello regionale

331

.

Come anticipato, la disciplina normativa attualmente vigente, risalente al

1997 e parzialmente integrata dal successivo d.lgs. n. 400/1999

332

(nonché

dalla successiva disciplina generale dei servizi pubblici locali di interesse

economico generale a rete, art. 3bis d.l. n. 138/2011

333

), ha avviato nel

settore del trasporto pubblico locale un percorso di affermazione della

“concorrenza per il mercato”

334

.

A seguito, infatti, del primo intervento riformatore del settore, risalente alla

legge quadro n. 151 del 1981

335

– il cui obiettivo principale di

razionalizzazione della spesa pubblica attraverso la promozione della

responsabilizzazione economica e gestionale delle aziende esercenti

servizi di trasporto pubblico locale non è mai andato a buon fine

336

–, il

Brown, Legality of a national law allowing public authorities to award services contracts directly to their

subsidiaries: a note on C-410/04 ANAV v. Comune di Bari, in PPLR, 2006, NA 217 ss.

331 In realtà, occorre precisare che il TPL comprende altre forme di trasporto locale, quali ad esempio le metropolitane o le tranvie (c.d. trasporto “su ferro”), ma dato che in italia sono piuttosto rare, come quelle del trasporto “per via d'acqua”, proprie di specifiche aree geografiche (cfr. navigazione lagunare di Venezia).

332 D.lgs. 20 settembre 1999, n. 400, Modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422, recante

conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale. 333 D.l. 13 agosto 2011, n. 138, Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. 334 In senso critico rispetto alla misura della “concorrenza per il mercato”, vista come concorrenza per il

monopolio, ovvero come concorrenza parassitaria o fasulla, perchè altro non sarebbe che un metodo artificiale per ovviare all'assenza di concorrenza all'interno del mercato, si v. F. Merusi, La regolazione dei servizi di interesse

economico generale nei mercati (parzialmente) liberalizzati: una introduzione, in E. Bruti Liberati, F. Donati (a cura di), La regolazione dei servizi di interesse economico generale, Torino, 2010, 1 ss. Di diverso avviso coloro che hanno evidenziato come, in forza delle previsioni del decreto, il settore fosse stato liberalizzato, dato che gli operatori di mercato potevano porre in essere le attività corrispondenti al servizio di trasporto pubblico locale secondo la programmazione, si v. in merito M. Roli, A. Pericu, Le forme di gestione del trasporto pubblico locale

tra pubblico e privato: esperienze pratiche e impostazioni teoriche, in La città logistica, a cura di E. Musso, C. Burlando e H. Ghiara, Bologna, 2006, 1 ss.

335 Sul regime anteriore al 1981, si precisa che il settore del TPL, come in generale quello dei servizi pubblici è stato disciplinato per oltre sessanta anni dal R.D. n. 2578/1925 Testo unico della legge sull’assunzione diretta dei

pubblici servizi da parte dei Comuni e delle Province, superato solo nel 1990 con l’entrata in vigore della l. n. 142/1990. Sul regime riguardante la l. 28 settembre 1939, n. 1822 Disciplina degli autoservizi di linea (autolinee)

per viaggiatori, bagagli e pacchi agricoli in regime di concessione all’industria privata, si rinvia a U. Pototschnig,

Vicende e problemi delle concessioni in atto nella nuova organizzazione del trasporto pubblico, in Trasporti, 1978; F. Ciullo, Origini, sviluppo e trasformazione della concessione nel pubblico trasporto, in Trasporti, 1978, 3, 22.

336 La norma prevedeva che le Regioni definissero un costo standardizzato del servizio con riferimento a criteri e parametri di rigorosa ed efficiente gestione, distinto per categorie e modi di trasporto e tenuto conto, attraverso analisi comparate, della qualità del servizio offerto e delle condizioni ambientali in cui esso viene svolto. La devoluzione al livello regionale della responsabilità di programmazione e finanziamento di tutti i servizi di trasporto pubblico locale si prefiggeva l’obiettivo di risolvere ed evitare il perpetuarsi della situazione di dissesto finanziario che caratterizzava larga parte delle imprese, pubbliche e private, esercenti servizi di trasporto pubblico

140

legislatore nazionale è intervenuto con un secondo intervento di riforma

organica dell’organizzazione e gestione dei servizi di trasporto pubblico

regionale e locale di linea, avveratosi con l’approvazione del d.lgs. 19

novembre 1997, n. 422 (c.d. decreto Burlando)

337

, che ha rappresentato il

primo tentativo di individuare una disciplina organica del settore,

innovando profondamente i criteri per l'organizzazione dei servizi di TPL,

con l'intento di introdurre logiche imprenditoriali e di efficienza nella

gestione dei servizi, a partire da alcuni principi cardine ispirati al principio

di separazione tra funzioni di regolazione e funzioni di gestione dei servizi.

I pilastri della riforma, rappresentati dal principio dell’introduzione della

gara per la selezione dell’operatore titolare della gestione del servizio di

trasporto e dall’individuazione del “contratto di servizio”

338

come

locale. L’attuazione della legge non consentì di pervenire all’obiettivo prefissato, principalmente per due ordini di ragioni: da un lato, in fase di elaborazione delle leggi regionali di attuazione della normativa nazionale, il concetto di “costo standard” non fu correttamente recepito (dato che vennero considerati perlopiù i costi preesistenti, rilevati da dati di contabilità e bilancio, piuttosto che i costi derivanti da una gestione rigorosa ed efficiente); dall’altro la quota maggioritaria dei servizi continuò ad essere svolta da aziende controllate dagli enti pubblici oppure affidata a privati in assenza di meccanismi concorrenziali, risultando così del tutto assenti meccanismi incentivanti l’efficienza e la qualità, si v. in merito A. Boitani, F. Ramella, con la collaborazione di G. Di Foggia, Competizione

e aggregazioni nel TPL, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017, in www.anav.it. Con riferimento poi all’approfondimento dei meccanismi di finanziamento previsti dalla l. n. 151/1981 – in base alla quale sono le Regioni a stabilire le tariffe minime dei servizi urbani ed extraurbani in misura idonea a coprire i costi prefissati a livello statale, attingendo al Fondo Nazionale dei Trasporti nella misura decisa a livello ministeriale (Fondo poi eliminato con la l. n. 549/1995) –, si v. anche C. Iaione, La regolazione del trasporto pubblico locale. Bus e Taxi

alla fermata delle liberalizzazioni, cit., 71 ss. Alle problematiche economico-finanziarie del settore si è associata poi una disciplina speciale dei rapporti di lavoro, discendente dal R.D. n. 148/1931 Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in regime di concessione, per approfondimenti si v. T. Treu, M. Tiraboschi, Modernizzazione del quadro legale in materia di disciplina dei rapporti di lavoro

nell’ambito del trasporto pubblico locale, in Hermes Working Paper, n. 4, 2002.

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