• Non ci sono risultati.

2.4- REINGEGNERIZZAZIONE E MODELLAZIONE DI PROCESSI E SISTEMI ORGANIZZATIVI

DEI WORKFLOW SANITARI E IL SUPERAMENTO DELL' “IT PRODUCTIVITY PARADOX”

Come osservato al suddetto punto 4, le tecnologie rivestono un ruolo fondamentale come attivatrici del BPR e nel miglioramento dell'efficienza dei processi, anche sanitari [135]. Esse consentono, ad esempio, di automatizzare attività semplici e ripetitive ed eliminare i tempi morti tra un'attività e l'altra. Si rilevano, tuttavia, differenti frequenze e percentuali di utilizzo dei sistemi di Health Information Technology (HIT) a seconda del tipo di figura professionale (medico, infermiere, amministrativo ecc.) e della struttura (ambulatorio, pronto soccorso, reparto ecc.) considerati [119].

L'impatto positivo dell'HIT sull'aumento della qualità, dell'efficienza, dell'integrazione tra le cure e sulla riduzione degli errori clinici è stato da tempo dimostrato [120],[121]. Le ICT possono garantire una gestione più sicura e sistematica del follow-up dei pazienti ambulatoriali, eliminando le falle del processo, risolvendo ad esempio il problema dello smarrimento dei referti cartacei con la notifica elettronica diretta dei risultati al paziente, e favorendo una comunicazione più facile e tempestiva tra gli attori coinvolti nelle cure [122]. Come emerge dall'interessante articolo pubblicato da Zhu et al [123], l'uso delle ICT può eliminare le cosiddette “non-value added activities” nel workflow delle cure ambulatoriali, cioè le attività non necessarie ed evitabili, in quanto comportano spreco di tempo e nessun valore aggiunto (in particolare, l'attesa del paziente per l'arrivo dei risultati dei test dal laboratorio, le pratiche amministrative, il tempo speso per la raccolta e la produzione della documentazione clinica). Le misurazioni effettuate attraverso il software WOMBAT (Work Observation

Method By Activity Timing) [124] hanno permesso di rilevare che gran parte del tempo dei medici, infermieri e tecnici della respirazione coinvolti nello studio veniva speso non per curare praticamente il paziente, ma per la comunicazione delle informazioni tra i membri dello staff, per faccende amministrative, per l'analisi e la scrittura dei fascicoli medici. Spesso, inoltre, i professionisti sanitari si trovano a svolgere più di una attività contemporaneamente (multi-tasking). Da ciò deriva una maggiore incidenza di errori clinici, favoriti anche dall'elevata frequenza delle interruzioni subite durante il lavoro (ogni 16 minuti circa per i medici, ogni 18 minuti circa per gli infermieri, ogni 17 minuti per i tecnici) [124]. L'impatto delle interruzioni e del multi-tasking sul completamento delle attività svolte dal medico, sugli errori commessi e sull'inefficienza dei processi clinici è stato esaminato anche da Westbrook et al [125]. Emerge, ad esempio, che il 18,5% delle volte in cui il compito svolto dal medico viene interrotto da uno stimolo esterno, egli non torna a completarlo o, se lo riprende, spesso a fine giornata, cerca di ultimarlo in modo più sbrigativo ed approssimativo per recuperare il tempo perso. E' chiaro che ciò può avere pesanti implicazioni per la sicurezza del paziente. In alternativa, il task viene ultimato da un altro medico. Le interruzioni sono subite più frequentemente nella fase di stesura della documentazione clinica e durante lo scambio di informazioni con gli altri medici. Naturalmente, più tempo è richiesto per il compimento di un'attività, maggiori sono le possibilità che questa venga interrotta. Il Time on Task [125] (TOT) è definito come la quantità di tempo impiegata complessivamente da un soggetto per svolgere un certo incarico; nel caso questo venga interrotto, il TOT si ottiene sommando tutti i frammenti di tempo necessari per completarlo. Lo studio rileva una forte correlazione tra un allungamento del TOT ed il numero di interruzioni subite [125]. Ciò vuol dire che un'attività spezzettata in più segmenti, sommati tra loro, richiede più tempo per essere ultimata rispetto al caso in cui la stessa attività venga svolta continuativamente, senza interruzioni. L'analisi si conclude osservando la necessità di un sostanziale ridisegno dei workflow clinici al fine di risolvere questi elementi di criticità [125]. Da un altro lavoro analizzato [126], i tre tipi di attività che occupano maggiormente i medici durante una giornata di lavoro in ospedale risultano: comunicazioni lavorative ai colleghi (33%); attività sociali, come comunicazioni non lavorative e pause pranzo (17%); cure indirette al paziente, come la programmazione delle visite successive (17%). Solo per il 15% del suo orario lavorativo il medico si trova effettivamente davanti al paziente [128]. Essendo, per il resto della giornata, impegnato in attività non prettamente cliniche ma “burocratiche”, compiti da cui invece potrebbe essere scaricato a favore di una maggiore disponibilità di tempo da dedicare alla cura del malato, riesce a riservare, in media, appena 4 minuti per il dialogo con il paziente, e 20 secondi per comunicare con i suoi parenti [128]. Anche questo articolo conclude sottolineando che l'utilizzo delle tecnologie per la riorganizzazione dei flussi di lavoro nelle strutture sanitarie può aiutare a risolvere molti dei problemi analizzati [126].

* Total communication time: 4.4' per patient.

** Communication time with relatives: 20'' per patient.

Figura 2.6- Distribuzione delle attività svolte dal medico durante sei mesi di studio espressa in minuti al giorno ed in percentuale di tempo lavorativo su un totale di 374 ore analizzate [128] Da un recente studio dei flussi di comunicazione e delle modalità con cui essi si svolgono tra i diversi caregivers condotto da Rothberg et al [127], risulta che il medico dedica più tempo per comunicare col paziente in forma scritta, attraverso la stesura di referti, prescrizioni ecc., che verbale (10 minuti contro 6 minuti). Ciò, tuttavia, non sembra influire sulla soddisfazione dimostrata dal paziente riguardo le cure. Analogamente ai medici, gli infermieri si occupano della gestione diretta e della cura vera e propria del paziente solo per una modesta parte del loro tempo (37%) [129].

Le possibilità offerte in chiave BPR dall'uso delle ICT per reingegnerizzare i workflow della sanità e ridisegnare le sue organizzazioni, intervenendo anche sulle aree di criticità sopra descritte, sono notevoli [131]. Il ruolo rivestito dalle tecnologie nel settore dell'healthcare può essere ancor più di peso rispetto a quello assunto in altri settori, anche se il numero di studi che analizzano l'applicazione delle IT in questo specifico ambito è inferiore rispetto ad altri contesti [135]. Il telemonitoraggio offre notevoli opportunità per ridisegnare il processo di cura usuale, rivoluzionando il sistema di gestione dei pazienti cronici ambulatoriali. La telemedicina, dunque, costituisce uno strumento efficace per reingegnerizzare i tradizionali workflow clinici e per ristrutturare i sistemi organizzativi fino ad oggi adottati nella sanità. Bisogna, tuttavia, aver cura di sfruttare le potenzialità offerte dalle tecnologie solo dopo aver ridisegnato i processi e le organizzazioni, e di non limitarsi alla semplice automatizzazione dell'esistente. E' sbagliato infatti pensare che, affinché un nuovo servizio diventi effettivo, basti installare la tecnologia.

La riorganizzazione delle risorse umane è ancor più essenziale, poiché “Nothing works without people” [118]. L'approccio integrato di riprogettazione organizzativa e tecnologica costituisce un fattore critico per il successo di un intervento di BPR. Solo se si includono, tra gli elementi di valutazione considerati nel decision making, i benefici che possono ritornare dall'uso delle ICT in Sanità in termini di miglioramento delle performance delle organizzazioni, e quindi sotto forma di ripercussioni positive sulla qualità dei servizi offerti al paziente, si possono giustificare i massicci investimenti economici richiesti dall'introduzione delle tecnologie nei processi sanitari. In questo modo, si riesce a superare il cosiddetto “IT Productivity Paradox” [130]. Il paradosso consiste nel riscontrare un insufficiente contributo della tecnologia all'aumento della produttività e del valore dell'organizzazione in cui essa viene introdotta, a fronte di una quantità considerevole di risorse spese per implementarla [135]. Questa apparente contraddizione può essere risolta con alcune fondamentali spiegazioni. Innanzi tutto, per giustificare l'importante spesa economica richiesta dagli investimenti tecnologici e non sottostimarne il ritorno in termini di produttività, è necessario scegliere delle appropriate misure di valutazione degli output ricavati da tali investimenti. Aspetto, questo, che risulta ancor più rilevante in un ambito non industriale come quello del servizio sanitario pubblico, dove, insieme al raggiungimento dei goal economici, è fondamentale anche curare la soddisfazione finale del paziente e dei professionisti della salute che operano nei processi di lavoro. In un simile contesto, infatti, non sembra adeguato considerare misure di performance esclusivamente quantitative, come le tradizionali misure di performance economica (ad esempio, ROI e ROA). Ciò porterebbe ad un “mismeasurement” dell'impatto della tecnologia sulle strutture ed i processi organizzativi e quindi sul miglioramento delle loro prestazioni [135]. Per un assessment più completo e multidimensionale, soprattutto in un settore, come quello sanitario, in cui coesistono molti tipi diversi di stakeholders, bisogna enfatizzare il valore di misure meno tradizionali e meno tangibili, più strategiche ed operative, assumendo una prospettiva di valutazione più bilanciata tra misure di performance “hard” e “soft”, monetarie e non monetarie, a breve e lungo termine. Uno strumento che permette di superare il paradosso, già peraltro applicato a più strutture ospedaliere italiane ([131],[132]) ed estere ([133],[135],[136]), è la Balanced Scorecard (BSC). Questa metodologia, al fine di valutare le prestazioni di un'organizzazione, considera non solo la prospettiva economico-finanziaria, ma anche, secondo la sua prima ideazione [134]:

 la prospettiva dell'utente/paziente e della comunità (da porre al top della gerarchia quando la BSC è applicata ad organizzazioni non a scopo di profitto, come sono, in un certo senso, gli ospedali [133],[135]);

 la prospettiva dei processi interni (soprattutto di quelli chiave, amministrativi o clinici, in cui si deve eccellere in qualità ed efficienza)

 la prospettiva della crescita dell'organizzazione e delle risorse umane.

Ciò consente di bilanciare gli indicatori finanziari, che permettono di valutare il risultato delle azioni precedentemente intraprese e descrivono in modo eccellente l'attività passata dell'organizzazione, ma

non hanno potere predittivo [135], con i driver della creazione del valore futuro dell'organizzazione, rilevabile solo su lunghi periodi. Bisogna, in conclusione, tenere in considerazione anche il problema del “time-lag” [135]. Se la valutazione dei benefici è condotta su un periodo di tempo troppo breve, infatti, può sembrare che l'investimento tecnologico sia stato inefficiente perché, prima di sentirne l'impatto organizzativo, che non è diretto né immediato, è necessario un periodo di “rodaggio”, durante il quale gli individui che fanno parte dell'organizzazione possano entrare a pieno nei meccanismi del nuovo sistema.

Outline

Documenti correlati