5. Definizione
6.4. Oggetto del diritto
Chiarita la natura del diritto di accesso ed i soggetti legittimati a presentare la relativa istanza, si deve esaminare l’oggetto su cui ricade tale diritto, ed in particolare quali documenti, atti e provvedimenti sono passibili di accesso, e quali sono le autorità obbligate in tal senso.
L’art. 22 della l. 241/90 fa riferimento esclusivamente ai documenti, intesi come ogni rappresentazione grafica, foto - cinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non, relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una Pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale129.
La definizione di documento accessibile, pur nell’ampia formulazione contenuta nell’art. 22 L. 241/1990, ricomprende solo i documenti amministrativi, essendo escluse le mere informazioni in possesso della P.A. che non siano state trasfuse in un documento.
Così, come si legge nella pronuncia del T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV, 06/03/2017, n. 424 “la domanda di accesso ai documenti della P.A. deve riferirsi a specifici documenti esistenti (e non a dati, notizie o informazioni) e non può comportare la necessità di un'attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta” (…), ed inoltre “l'onere della prova (anche) dell'esistenza dei documenti incombe sulla parte che agisce in giudizio”.
In giurisprudenza ci si è interrogati anche sulla possibilità che oggetto del diritto di accesso siano le sentenze, fornendo risposta negativa al quesito. Ed infatti, hanno affermato le Sez. Un 1629/10 che “il paradigma di cui all’art. 22, legge n. 241 del 1990, in quanto diretto a
129 In tal senso Tar Lazio Roma,sez. I, 105/13
garantire la trasparenza e la imparzialità dell’azione amministrativa rispetto a soggetti che siano interessati alla tutela di specifiche situazioni giuridiche, non è suscettibile di applicazione in presenza di una istanza diretta ad ottenere copia delle decisioni del Giudice Tributario ai fini di studio e pubblicazione. La richiesta di copie delle sentenze non è, invero, rivolta a garantire la trasparenza dell’azione amministrativa, bensì unicamente a conoscere il contenuto degli atti richiesti per ragioni di carattere informativo.” In tal senso anche la pronuncia del Cons.
Stato 1363/08 secondo cui “qualunque possa essere l'accezione di "documento amministrativo" (ogni rappresentazione di un "contenuto" di atti che siano formati dalla pubblica amministrazione, ovvero di atti che, sebbene di diritto privato, siano finalizzati alla cura di interessi pubblici) e quale che sia la latitudine della tutela che si vuole garantire al (e con il ) diritto di accesso, al fine di
"assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale" (art. 22, comma 2, della legge n. 241/1990), le "sentenze" (peraltro pubbliche) non possono essere ricomprese tra gli atti nei cui confronti sia esercitabile il diritto di accesso. Sono di ostacolo sia la formulazione letterale dell'art. 22, che si riferisce ad "atti, anche interni, formati, dalla pubblica amministrazione", che siano espressione di una "attività amministrativa", sia la finalità della previsione che vuole garantire la imparzialità e la trasparenza della pubblica amministrazione. Altro ostacolo di ordine positivo è dato rinvenire nella dizione dell'art. 23 della legge n. 241/1990, che specifica i soggetti passivi dell'accesso, tra i quali non sono previsti gli organi giurisdizionali, che emettono atti con un regime definito (anche di pubblicità), che è completamente estraneo e non assimilabile alla disciplina in tema di accesso amministrativo. In questo senso, non merita di essere assecondato il tentativo della appellante di assimilare "la sentenza tributaria" al "documento amministrativo", al fine di includere la prima nella sfera di applicabilità degli artt. 22
e segg. della legge n. 241/1990 (la sentenza tributaria possiederebbe sia "il requisito soggettivo" sia quello
"oggettivo" del documento amministrativo). L'assimilazione della "sentenza" (tributaria o altra) al "documento amministrativo" deve arrestarsi al primo termine, cioè al
"documento", non potendo mettersi in dubbio che anche la sentenza sia un documento, nel senso che è qualcosa che rappresenta "un contenuto", rendendolo utilizzabile; non è possibile procedere oltre nella identificazione dei due
"documenti", giacché la qualifica di "amministrativo" del documento, in relazione al quale è previsto l'accesso, non può in alcun modo essere assegnata alla "sentenza", che conclude il processo, e non il procedimento (in questo senso, C.S. sez. IV, n. 1043/1996, secondo la quale il diritto di accesso riguarda i documenti amministrativi, formati dalla pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell'attività amministrativa, e non quelli che riguardano attività e organi giurisdizionali).
Per espressa previsione legislativa rientrano nell’oggetto del diritto di accesso anche gli atti interni, purchè il soggetto istante abbia un interesse concreto ed attuale all’estrapolazione e visione del documento130.
La giurisprudenza ha quindi ritenuto che rientrino nella nozione di atti accessibili anche i pareri legali, qualora
130 Vedi Cons. Stato 2472/14 “le comunicazioni inviate dagli operatori finanziari dell'Anagrafe tributaria (sezione Archivio dei rapporti finanziari), relative ai rapporti continuativi, alle operazioni di natura finanziaria e ai rapporti di qualsiasi genere, previste dall'art. 7, comma 6, del D.P.R. n. 605 del 1973, rientrano nella nozione di documento amministrativo, di cui all'art. 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, trattandosi di atti utilizzabili dall'Amministrazione finanziaria per l'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, ancorché non formati da questa. L'art. 7 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, infatti, ne disciplina compiutamente la forma, i contenuti e le modalità di trasmissione, nonché la loro destinazione e i loro possibili impieghi da parte dell'Amministrazione, oltre alla loro conservazione e tenuta.
Non sono quindi atti interni privi di rilevanza giuridica o di mere informazioni, rispetto alle quali sarebbe richiesta all'Amministrazione una non esigibile attività di elaborazione o estrapolazione.”
vengano resi in una fase endoprocedimentale, per consigliare o indirizzare l’amministrazione nell’emanazione del contenuto di un determinato provvedimento (in tal senso anche T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, 10/02/2017, n.
420)131; vengono esclusi, invece, dall’applicazione dell’art.
22, i pareri legali resi nel corso di un contenzioso pendente, in quanto prettamente funzionali alla difesa e alla strategia in giudizio. Sul punto si è pronunciata la sentenza del Consiglio di Stato 7237/10 che ha statuito che
“allorché la consulenza legale si manifesti dopo l'avvio di un procedimento contenzioso, oppure dopo l'inizio di tipiche attività precontenziose, e l'Amministrazione si rivolga ad un professionista di fiducia, al fine di definire la propria strategia difensiva, il parere del legale non è destinato a sfociare in una determinazione amministrativa finale, ma mira a fornire all'ente pubblico tutti gli elementi tecnico giuridici utili per tutelare i propri interessi; in tal caso le consulenze legali restano caratterizzate dalla riservatezza, che mira a tutelare non soltanto l'opera intellettuale del legale, ma anche la stessa posizione dell'Amministrazione, la quale, esercitando il proprio diritto di difesa, protetto costituzionalmente, deve poter fruire di una tutela non inferiore a quella di qualsiasi altro soggetto dell'ordinamento”.
Sussiste dibattito circa la possibilità di accedere alle registrazioni fonografiche delle sedute di organi collegiali, in quanto si discute sulla loro configurabilità come documenti.
131 Sul punto si legga Consiglio di Stato 7237/10 secondo cui
“nell'ipotesi in cui il ricorso, da parte della P.A., alla consulenza legale esterna si inserisca nell'ambito di un'apposita istruttoria procedimentale, nel senso che il parere è richiesto al professionista con l'espressa indicazione della sua funzione endoprocedimentale ed è poi richiamato nella motivazione dell'atto finale, la consulenza legale, pur traendo origine da un rapporto privatistico, normalmente caratterizzato dalla riservatezza della relazione tra professionista e cliente, è soggetto all'accesso, perché oggettivamente correlato ad un procedimento amministrativo”.
Secondo un primo orientamento viene negato l’accesso alle registrazioni fonografiche delle sedute, in quanto se ne esclude la natura di "documento amministrativo" e le si ricomprende tra gli appunti informali redatti dal segretario verbalizzante (Tar Lombardia, sez. III, 1914/09).
Secondo altro orientamento “se un atto è comunque formato da una pubblica amministrazione, per determinazione degli organi di questa che hanno il potere di disporlo, se esso è inerente (anche come forma sussidiaria di documentazione) alla esplicazione di attività amministrativa, se esso è strumentale (anche in via eventuale) alla migliore espressione di potestà certificativa, se, infine, esso è conservato dalla pubblica amministrazione, a riprova della sua possibile utilità strumentale a fini certificativi e/o probatori, allora appare difficile negare la natura di "documento amministrativo" a tale atto132” (Tar Lazio, Roma, Sez. I, 30410/10).
La giurisprudenza ritiene che anche il contenuto di una e-mail, qualora abbia rilievo istituzionale o comunque finalizzata ad un pubblico interesse, per cui non può definirsi “privata”, deve essere oggetto del diritto di accesso (Consiglio di Stato 1113/15).
La riforma del 2005, al fine di sopire il dibattito creatosi sotto la vigenza della preesistente formulazione dell’art. 22 della l. 241/90, fa espressamente riferimento a tutti gli atti che riguardano attività di pubblico interesse indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale.
132 Continua la sentenza sostenendo che “né, d'altra parte, proprio per le ragioni sin qui esposte, è facile sostenere l'esistenza di "atti informali" posti in essere dalla Pubblica Amministrazione. Ed infatti, l'attività amministrativa ben può conoscere atti non espressamente previsti da norme, ovvero non tipizzati, ma non può conoscere "atti informali", se con tale espressione si intende definire una categoria di atti che, pur formati dall'amministrazione pubblica nell'ambito di attività amministrativa, possano tuttavia sottrarsi alla disciplina propria degli atti amministrativi.”
Ed infatti, sotto la vigenza dell’originaria disciplina del 1990 una parte della giurisprudenza riteneva oggetto del diritto di accesso esclusivamente quegli atti emessi da organi sottoposti alla disciplina di diritto pubblico, come sembrava far ritenere il dato letterale della norma. In tal senso si era pronunciata la sentenza del Consiglio di Stato 412/95 secondo cui “il diritto di accesso ai documenti amministrativi, previsto dagli art. 22 ss. l. 7 agosto 1990 n.
241, non è esercitabile laddove e nei limiti in cui un ente o una amministrazione pubblica agisca con il diritto dei privati, senza cioè godere di potestà particolari o di situazioni di supremazia, e ciò in quanto la legge n. 241 cit.
mira ad ottenere la correttezza, il buon andamento e l'imparzialità della p.a., obiettivi che appaiono perseguibili nei confronti dell'amministrazione che si presenti come autorità.”
Un’altra parte della giurisprudenza, invece, ritenendo irrilevante il tipo di strumento, privatistico o pubblicistico utilizzato per la cura degli interessi pubblici, sosteneva che potessero costituire oggetto del diritto di accesso anche gli atti sottoposti ad una disciplina privatistica, purchè indirizzati a finalità di pubblico interesse. In tal senso Consiglio di Stato 82/97 che ha ritenuto che “il diritto di accesso ai documenti amministrativi può essere esercitato sia nei confronti dei documenti relativi ad atti amministrativi sia a documenti relativi ad atti di diritto privato; ciò in quanto l'accesso è correlato non già ad "atti amministrativi", ma alla "attività amministrativa", che comprende nel suo ambito sia l'attività di diritto amministrativo sia l'attività di diritto privato, che costituisce anch'essa cura concreta di interessi della collettività”.
Sul punto è intervenuta l’Adunanza Plenaria che con le sentenze 4 e 5 del 1999 ha definitivamente sposato tale seconda tesi.
Secondo l’Adunanza Plenaria infatti “l'art. 22 della legge n.
241 del 1990 ha disciplinato il "diritto di accesso ai documenti amministrativi", "al fine di assicurare la
trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale", e ha dato attuazione all'art. 97 della Costituzione, per il quale la legge assicura "il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione". Tali principi costituiscono i valori essenziali di riferimento di ogni comportamento dell'amministrazione. Le esigenze del buon andamento e della imparzialità "dell'amministrazione"
(come disciplinate dall'art. 97 della costituzione) riguardano allo stesso modo l'attività volta all'emanazione dei provvedimenti e quella con cui sorgono o sono gestiti i rapporti giuridici disciplinati dal diritto privato. Ogni attività dell'amministrazione, anche quando le leggi amministrative consentono l'utilizzazione di istituti del diritto privato, è vincolata all'interesse collettivo, in quanto deve tendere alla sua cura concreta, mediante atti e comportamenti comunque finalizzati al perseguimento dell'interesse generale. L'attività amministrativa è quindi configurabile non solo quando l'amministrazione eserciti pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando essa (nei limiti consentiti dall'ordinamento) persegua le proprie finalità istituzionali mediante un'attività sottoposta, in tutto o in parte, alla disciplina prevista per i rapporti tra i soggetti privati (anche quando gestisca un servizio pubblico o amministri il proprio patrimonio o il proprio personale).”133 Anche gli enti pubblici ed i gestori dei pubblici servizi134 sono stati, quindi, sottoposti alla disciplina del diritto di
133 In tal senso di recente anche Cons. Stato Sez. III, 17/03/2017, n.
1213 secondo cui “in base alla disciplina contenuta negli artt. 22 e ss. L. n. 241 del 1990, il diritto di accesso può esercitarsi anche rispetto a documenti di natura privatistica purché concernenti attività di pubblico interesse”.
134 La giurisprudenza ritiene pacificamente accessibili gli atti relativi al rapporto di lavoro dei dipendenti con Poste Italiane, in quanto strumentale al servizio pubblico fornito. Ed infatti, si legge nella sentenza del Consiglio di Stato 2516/12 che “l’ 'attività amministrativa, cui gli artt. 22 e 23 della L. n. 241 del 1990 correlano il diritto d'accesso, ricomprende non solo quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai
accesso qualora svolgano attività rivolta a soddisfare interessi pubblici135.
Il legislatore del 2005 ha recepito l’orientamento giurisprudenziale dell’Adunanza Plenaria, prevedendo espressamente la soggezione al diritto di accesso anche degli atti di natura privata136.
Sono sottoposti, quindi, al diritto di accesso anche gli atti emessi o in possesso degli organismi di diritto pubblico e degli affidatari in house.
soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo
direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest'ultima da un nesso di strumentalità derivante anche, sul versante soggettivo, dalla intensa conformazione pubblicistica. (…)I dipendenti di Poste Italiane s.p.a., anche cessati dal rapporto, avessero diritto ad accedere ad alcuni atti relativi all'organizzazione interna della società, quali gli atti di un procedimento privatistico per la selezione dei dirigenti o i fogli firma delle presenze giornaliere, a nulla rilevando che l'attività di Poste si svolga in parte in regime di concorrenza. In tali casi l'attività di Poste Italiane, relativa alla gestione del rapporto di lavoro con i propri dipendenti, è stata ritenuta strumentale al servizio gestito da Poste ed incidente potenzialmente sulla qualità di un servizio, il cui rilievo pubblicistico va valutato tenendo conto non solo della dimensione oggettiva, ma anche di quella propriamente soggettiva di Poste Italiane.”
135 In tal senso Cons. Stato 1303/02 secondo cui “ai sensi degli articoli 22 e 23 della l. n. 241/1990, sono soggetti ad accesso anche gli atti di diritto privato posti in essere dai gestori di pubblici servizi, che, pur non essendo direttamente riconducibili alla gestione, sono a essa legati da nesso di strumentalità, per la valutazione della cui sussistenza va adeguatamente considerata, nel caso delle Poste Italiane Spa, la circostanza che tale organismo societario presenta evidente conformazione pubblicistica, sul piano strutturale e funzionale. Configurano servizi pubblici le attività di interesse pubblico sottoposte a disciplina normativa che ne impone l'esercizio in modo continuativo, regolare e imparziale.”
136 Inoltre, la riforma del 2005 ha modificato anche la nozione di pubblica amministrazione presente nell’art. 22, facendovi rientrare tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.
Per quanto concerne le Autorità indipendenti, stante anche le difficoltà che si rinviene nell’individuare la natura di tali figure, il legislatore prevede che il diritto di accesso nei loro confronti venga esercitato nei limiti e nell’ambito dei rispettivi ordinamenti.
L’art. 13 del d.p.r. 217/98 detta ad esempio la disciplina dell’accesso nei confronti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato stabilendo quali sono i soggetti legittimati all’accesso e i documenti sottratti all’accesso137. E’ stato ammesso l’accesso anche nei confronti di quelle società che a seguito della privatizzazione sono succedute agli enti pubblici nella gestione di un determinato servizio, in quanto a prescindere dalla veste privata o pubblica che queste assumono, perseguono comunque un interesse pubblico138. Si legga di recente quanto contenuto nella sentenza T.A.R. Puglia Bari Sez. III, 15/07/2014, n. 908 secondo cui ”la natura formale di società di capitali non
137 Attenziona tale particolare tipologia di accesso Cons. Stato 6481/10 che ammette l’accesso anche ai documenti riservati contenenti segreti commerciali ma soltanto quando ciò sia necessario per assicurare la “parità delle armi” ed esclusivamente per quella parte del documento che costituisce un elemento essenziale per la difesa dell’istante. Si legge, infatti, in sentenza che
“principio di parità delle armi non comporta che in ogni caso il diritto di accesso prevalga sulle esigenze di riservatezza, ma implica che sia consentito alle imprese di conoscere il contenuto dell'intero fascicolo, con indicazione degli atti secretati e del relativo contenuto e che, in relazioni ai documenti costituenti elementi di prova a carico o comunque richiesti dalle imprese per l'utilizzo difensivo a discarico, la secretazione sia strettamente limitata alla c.d. parti sensibili del documento”,
138 In tal senso Ad. Plen. 5/05 secondo cui “in caso di trasformazione di un ente pubblico economico in società per azioni, deve ritenersi che l'obbligo pubblicistico di esibizione dei documenti amministrativi si trasmetta in capo al soggetto privato (qual è la nuova società per azioni). Ed invero tale obbligo pubblicistico non si pone come incompatibile con l'acquisizione della veste privatistica di società per azione conseguita dalla nuova istituzione nel caso in cui la detta società, per gli interessi pubblici perseguiti, sia sottoposta iure proprio al regime pubblicistico dell'accesso.”
impedisce l'esercizio del diritto di accesso, non ponendosi il perseguimento di uno scopo pubblico in contraddizione con il fine societario lucrativo. Ed invero, a norma dell'art. 22 L.
n. 241/1990, nella definizione di p.a. rientrano tutti i soggetti di diritto pubblico, anche quelli privati, seppur limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario, mentre nel novero dei documenti amministrativi rientrano tutti gli atti concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale. Orbene, la progressiva liberalizzazione dei settori gas ed energia elettrica, la costituzione sotto forma di società per azioni dei soggetti operanti in tali settori e l'intento lucrativo che tipicamente permea un'attività industriale o commerciale esercitata sul libero mercato non contraddicono, per ciò solo, le finalità anche pubblicistiche tese al soddisfacimento di bisogni generali della collettività che gli operatori del settore perseguono, anche in relazione alla sola fase della vendita al consumatore finale. Prova ne sia il mantenimento di poteri pubblici di regolazione, vigilanza, controllo e sanzione sui settori gas ed energia, nonché l'adozione di un codice di condotta commerciale per gli operatori dei settori in parola, adottato dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas con deliberazione 8 luglio 2010 n. 104 proprio a tutela del cliente finale. D'altronde la direttiva 03/55/CE introduce obblighi di servizio pubblico espliciti per la tutela dei consumatori (specificati in un apposito allegato alla Direttiva) nel settore vendita del gas e il Consiglio di Stato ha affermato che "l'obiettivo delle istituzioni comunitarie di liberalizzazione della vendita del gas non è incompatibile con misure di regolazione di salvaguardia dei consumatori, da ricondursi alla nozione di "oneri di servizio pubblico" di cui all'art. 106 del TFUE. Le predette circostanze persuadono ulteriormente della ricorrenza di un "pubblico interesse" rilevante ai fini dell'applicazione della normativa innanzi richiamata in tema di accesso.”
Anche gli atti di gestione del rapporto di impiego alle dipendenze della pubblica amministrazione rientrano tra i documenti oggetto di accesso ai sensi della legge 241/90139.
In giurisprudenza ci si è interrogati sulla sottoponibilità o meno al diritto di accesso dei documenti della società Poste Italiane s.p.a.. Sul punto non vi è dubbio che con riferimento all’attività pubblicistica esercitata, Poste Italiane siano sottoposte alla disciplina degli artt. 22 e ss.. Il problema ha invece riguardato la possibilità che ad esercitare tale diritto siano i dipendenti stessi della suddetta società. La questione è stata sottoposta all’Adunanza Plenaria che con la decisione 16/16 qualifica le Poste Italiane s.p.a. pacificamente come organismo di diritto pubblico per cui ritiene applicabile anche a tale società le norme in tema di accesso, ma, secondo l’Adunanza Plenaria occorre comunque chiarire i limiti, entro cui l'attività societaria debba ritenersi di "pubblico
In giurisprudenza ci si è interrogati sulla sottoponibilità o meno al diritto di accesso dei documenti della società Poste Italiane s.p.a.. Sul punto non vi è dubbio che con riferimento all’attività pubblicistica esercitata, Poste Italiane siano sottoposte alla disciplina degli artt. 22 e ss.. Il problema ha invece riguardato la possibilità che ad esercitare tale diritto siano i dipendenti stessi della suddetta società. La questione è stata sottoposta all’Adunanza Plenaria che con la decisione 16/16 qualifica le Poste Italiane s.p.a. pacificamente come organismo di diritto pubblico per cui ritiene applicabile anche a tale società le norme in tema di accesso, ma, secondo l’Adunanza Plenaria occorre comunque chiarire i limiti, entro cui l'attività societaria debba ritenersi di "pubblico