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La devoluzione ai giudici della soluzione delle controversie fra i sog- sog-getti collettivi e il venire meno dei principi fondativi dell’ordinamento

Nel documento Legge o contrattazione? (pagine 69-73)

Esiste ancora un ordinamento intersindacale? *

4. La devoluzione ai giudici della soluzione delle controversie fra i sog- sog-getti collettivi e il venire meno dei principi fondativi dell’ordinamento

intersindacale

È persino troppo agevole richiamare i recenti interventi giudiziali in tema di conflitto collettivo e, forse, quelli inerenti alle vicende della Spa Fiat sono i meno rilevanti; basti ricordare che vi sono stati due contratti efficaci al tempo stesso con riguardo alla principale categoria esistente nel nostro diritto39. Oltre tutto, l’episodio è stato meno grave di quanto si potrebbe ritenere a un esame superficiale, e le implicazioni nei riguardi dei prestatori di opere sono state minime, nonostante l’evento sia l’indice del livello di disordine delle relazioni industriali. Se manca il consenso persino sul … numero degli accordi, il ricor-so al procesricor-so è inevitabile, non tanto per l’asprezza del contrasto, quanto per la carenza di una minima capacità di autogoverno.

Questa deriva giudiziale non dipende affatto dalla fiducia nella relativa tutela, ma dall’inesistenza di un punto di equilibrio espresso dal sistema. Ciò dimo-stra il venire meno dell’ordinamento intersindacale, cioè il cessare non solo della capacità, ma soprattutto dell’impegno delle associazioni a risolvere da sole le ragioni di dissenso. A fronte della conclusione di un secondo accordo nazionale, in pendenza della perdurante efficacia del primo, la proposizione di azioni ai sensi dell’art. 28 Stat. lav. ha significato il tentativo deliberato (e for-se anche comprensibile dal punto di vista strategico) di una organizzazione dei lavoratori di mettere in discussione la credibilità della controparte nei riguardi dei suoi componenti, poiché le imprese sono state costrette a difendersi in giu-dizio, a fronte di azioni appunto proposte nei loro confronti ai sensi dell’art. 28 Stat. lav. Questa è la negazione espressa di un autogoverno della comunità dei soggetti collettivi, i quali esplorano qualunque percorso (anche i meno preve-dibili) a loro offerto dal diritto civile.

Il giudice non affronta comportamenti devianti da regole condivise, ma entra in gioco proprio per la ragione opposta, perché la fantasia delle associazioni nell’impostare i rapporti reciproci trasforma il negoziato in una sorta di sfrena-ta sperimensfrena-tazione. Basti pensare al recente episodio dell’unilaterale disdetsfrena-ta

39 Infatti, «la disdetta di un contratto collettivo nazionale prima della data di scadenza da parte di alcune delle parti contrattuali e la successiva sottoscrizione di un nuovo accordo tra le parti disdettanti non sono atti idonei a risolvere il precedente contratto collettivo nazionale, non a-vendo la parte non disdettante prestato il proprio consenso. Si configura come una condotta antisindacale l’adesione del datore di lavoro ad altro testo contrattuale e la sua generale appli-cazione ai propri dipendenti se accompagnata alla negazione della perdurante vigenza del

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intimata a un contratto che prevedeva una clausola di ultrattività, con l’applicazione da parte delle imprese di un regolamento aziendale sostitutivo dell’accordo. Dopo alterne vicende, in questo caso non caratterizzate dall’azione in giudizio, l’esito è stato una frammentazione dell’associazione dei datori di lavoro, con il recesso di una parte dei componenti e con la stipu-lazione del soggetto collettivo, rimasto a tutelare gli interessi degli altri.

Queste vicende sono il segno della precarietà, ma anche della libertà di azione, della ricerca del vantaggio con la sperimentazione di posizioni negoziali fuori non solo dalla tradizione, ma da un comune sentire. L’unico sbocco delle si-tuazioni più delicate è quello giudiziale, proprio in nome dell’inesistenza di al-tre forme di governo delle trattative. Un notevole contributo ha posto il pro-blema del rapporto fra il diritto dello Stato e l’ordinamento intersindacale os-servando, con riguardo alla mancata attuazione dell’art. 39, commi secondo, terzo e quarto, cost. che, di fronte all’approvazione della Costituzione, «la di-namica del conflitto […] non rimaneva ferma e produceva contratti […], an-che di rilevante importanza; produceva cioè norme tese a regolare i rapporti di lavoro e i rapporti tra le organizzazioni […] e questa produzione avveniva in piena autonomia, in mancanza cioè di una normativa dello Stato che attribuis-se alle organizzazioni contrapposte lo specifico potere di porre norme in qual-che modo vincolanti e qual-che disciplinasse soggetti e modalità di esercizio del po-tere stesso»40.

Questo brano e, più in generale, l’intero studio hanno un obbiettivo cruciale nell’attuale fase della storia del negozio sindacale, perché inducono a chiedersi che cosa esso sia e dove trovi il suo fondamento, di fronte a una trasformazio-ne impetuosa e poco litrasformazio-neare delle relazioni industriali. Si aggiunge: «era […]

un settore della società civile che si autorganizzava a prescindere dallo Stato:

era genuinamente diritto dei privati»41. Che valore si deve attribuire al ricorso al tempo imperfetto (“era”) e, cioè, tale locuzione ha carattere descrittivo o ha comportato una sorta di riconoscimento implicito sulla natura storica contin-gente dell’ordinamento intersindacale e, di conseguenza, sul suo destino42? Si è soggiunto poco dopo: «il diritto dei privati è un fenomeno che, logicamen-te, preesiste al diritto statuale e […] questo può sì negarlo, ma anche, all’opposto, assumerne al proprio interno gli effetti. E la scelta del diritto posi-tivo (statuale) in linea di principio era nel secondo senso, quella del

40 Si veda M.G.GAROFALO, Per una teoria giuridica del contratto collettivo. Qualche osser-vazione di metodo, in DLRI, 2011, n. 132, 522 ss.

41 Ibidem.

42 Si veda M.G.GAROFALO, Le ambiguità del corporativismo e il sindacato fascista, in RGL, 1992, I, 93 ss.

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scimento ai sensi e alle condizioni stabilite dall’art. 1322 cod. civ.»43. Però, la risposta al quesito sulla perdurante esistenza di più ordinamenti è resa esplici-ta, poiché si aggiunge: «una teoria del contratto collettivo non è esaustiva se si muove unicamente all’interno dell’ordinamento giuridico statuale; deve conte-nere (e spiegare) la dialettica tra fatto socialmente tipico e sua rappresentazio-ne in tale ordinamento»44. Non a caso, si critica quella parte della dottrina la quale si colloca per intero nella prospettiva del diritto dello Stato45. Ora, la spiegazione del negozio sindacale sulla base della pluralità degli ordinamenti ne illustra la genesi e, soprattutto, sottolinea una stagione cruciale, ma omette un ragionamento sul presente, poiché, oggi, il punto decisivo non è indagare come si debba concepire l’ordinamento intersindacale46, ma se esso esista an-cora.

Una implicita risposta proviene dallo stesso contributo o, almeno, esso solleva perplessità indirette, non solo perché ricorda il problematico raccordo con al-cune parti della giurisprudenza comunitaria47, ma perché, nella costruzione dei principi vigenti, rinvia senza particolari esitazioni al diritto privato. Forse que-sto significa che l’ordinamento intersindacale resta nella tradizione e concerne solo il fondamento storico del contratto, senza ambire più a caratterizzarne la

43 Si veda M.G.GAROFALO, Per una teoria giuridica del contratto collettivo. Qualche osser-vazione di metodo, cit., 523 ss., il quale precisa: «nacque così la nozione del contratto colletti-vo di diritto comune: se le parti private possono «liberamente determinare il contenuto del contratto» e concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una specifica disciplina, purché perseguano interessi patrimoniali meritevoli di tutela, perché negare efficacia di fronte ai Giudici dello Stato ai contratti collettivi di lavoro che venivano stipulati dai sindacati con-trapposto?».

44 Si veda M.G.GAROFALO, Per una teoria giuridica del contratto collettivo. Qualche osser-vazione di metodo, cit., 518 ss., e in breve si aggiunge: «la pluralità degli ordinamenti deve fare i conti con il fatto che i diversi ordinamenti insistono, totalmente o parzialmente, sulla medesima società, sugli stessi rapporti sociali e nel medesimo tempo e, quindi, devono per forza entrare in relazione tra di loro: e tale relazione può essere, nell’ottica di ciascuno dei due ordinamenti, di ostilità verso l’altro […]; di indifferenza; di riconoscimento più o meno ampio, al proprio interno, delle sue norme; fino alla completa compenetrazione che, naturalmente, comporta una reductio ad unum dei due ordinamenti e, quindi, il superamento della loro alteri-tà».

45 Si veda A. TURSI, Autonomia contrattuale e contratto collettivo di lavoro, Giappichelli, 1996, 6 ss.

46 Si veda F.MODUGNO, Legge, ordinamento giuridico, pluralità degli ordinamenti. saggi di teoria generale del diritto, Giuffrè, 1985, 75 ss.

47 Si veda M.G.GAROFALO, Per una teoria giuridica del contratto collettivo. Qualche osser-vazione di metodo, cit., 527 ss., ed anche A.DE SALVIA, Non c’è due senza tre: la Corte di giustizia sul caso Rueffert (nota a C. giust. 3 aprile 2008, causa C-346/06, Dirk Rüffert c. Land

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fase attuale? Si dice ancora possibile «dare una soluzione al problema se il contratto collettivo di diritto comune sia fonte di diritto: per l’ordinamento in-tersindacale ha tale natura perché atto di esercizio del potere normativo origi-nario che struttura questo ordinamento, posto in essere dai soggetti e secondo le procedure determinate. Questo fenomeno normativo, però, non necessaria-mente viene riconosciuto come tale da altro ordinamento; in particolare, l’ordinamento statuale lo riconosce solo in quanto espressione di autonomia privata e, quindi, a condizione che la natura di fonte sia disconosciuta»48. Si può ancora affermare, con riguardo alla realtà di oggi, che la stipulazione del contratto è «atto di esercizio del potere normativo originario che struttura que-sto ordinamento intersindacale»?

Si può mai ritenere l’accordo concluso in questa prospettiva? O, al contrario, nel rimanere fedeli alla pluralità degli ordinamenti, si conferma una tesi sorta in un differente contesto e si trasformano le contingenti condizioni empiriche dell’epoca in postulati di cui si immagina (e non si può dimostrare) l’avverarsi nella storia di oggi, così lontana da quella del passato? Anzi, quando ci si rife-risce al contratto come fonte caratterizzante dell’ordinamento, si vuole richia-mare l’accordo di ieri o quelli travagliati del momento presente, non solo per la stipulazione di frequente separata, ma anche per la precarietà del negoziato, circondato da una lunga serie di clausole delle intese interconfederali? Il punto nevralgico è il venire meno dell’accettazione collettiva di «un potere normati-vo originario che struttura» l’ordinamento intersindacale, poiché esso non è più percepito come tale, non è raccolto intorno a un criterio identificativo e ha smarrito la convinzione generale dei protagonisti delle relazioni industriali, convinzione che trasforma in diritto la prassi delle loro condotte reciproche.

Non a caso, se si riconduce il negozio sindacale49, lo si fa parlando di quelle dell’ordinamento statuale, cui talune ricerche dichiarano in via espressa di ri-chiamarsi50. Se si rammenta l’ordinamento intersindacale, lo si fa spesso per sottolineare alcune indicazioni dei testi51, in specie in tema di clausole

48 Si veda M.G.GAROFALO, Per una teoria giuridica del contratto collettivo. Qualche osser-vazione di metodo, cit., 531 ss.; L.MENGONI, Legge e autonomia collettiva, in MGL, 1980, 692 ss.; E.GHERA, Intervento, in AA.VV., Il sistema delle fonti nel diritto del lavoro. Atti delle Giornate di studio di diritto del lavoro, Foggia-Baia Delle Zagare, 25-26 maggio 2001, Giuf-frè, 2002, 496 ss.

49 Si veda A.PIZZORUSSO, Le fonti del diritto del lavoro, in RIDL, 1990, I, 15 ss.

50 Si veda A.TURSI, op. cit., 6 ss.

51 Si veda V.MAIO, Contratto collettivo e norme di diritto, Jovene, 2008, 45 ss.; V.SPEZIALE, Il rapporto tra contratto collettivo e contratto individuale di lavoro, in DLRI, 2012, n. 135, 365 ss.

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gatorie. Tuttavia, su questa base52, è arbitrario postulare il sussistere di un or-dinamento, per la mancanza dell’autoregolazione spontanea e cogente delle condotte, secondo criteri stabili.

L’analisi dell’esperienza è condizione per una ricostruzione accettabile dei principi regolativi, ma, ormai, si deve guardare al solo Stato. In fondo, ciò non comporta alcuna lesione dell’autonomia collettiva, ma solo una sua diversa in-clinazione, poiché, nel prorompere del conflitto e nell’impossibilità di una sua composizione pacifica, i soggetti non abdicano al loro potere negoziale, ma so-lo al compito di essere struttura ordinante del so-loro microcosmo, rimesso all’etero-regolazione e al diritto comune, fuori da ogni ordinamento. Se si di-menticasse la tradizione, per concentrarsi sul presente, le relazioni industriali apparirebbero come un sistema senza un ordine prestabilito a esse impresso dai protagonisti e senza una struttura cogente, quindi riconducibili alla disci-plina civilistica. Le organizzazioni non operano sulla base del dovere essere, ma delle loro convenienze.

Come si è affermato, «la distinzione tra fatto e diritto, tra essere e dovere esse-re è – o, perlomeno, dovesse-rebbe esseesse-re – nella cassetta degli attesse-rezzi di ogni giu-rista. Quando però il fatto regolato dal diritto (statuale) è un’attività regolativa come la contrattazione collettiva, c’è da superare una difficoltà in più: la tenta-zione di ridurre a uno i due discorsi normativi; eppure, a questa tentatenta-zione oc-corre resistere»53. Il ragionamento è ineccepibile sul piano metodologico, ma si presta a due rilievi. Da un lato, come si può pensare che i soggetti nazionali esprimano un dovere essere, che trovi un criterio giuridico separato (seppure non contrapposto) rispetto al diritto dello Stato e che non rinvii a quel giudice al quale si chiede in modo costante la soluzione? Dall’altro, quale sarebbe an-cora lo spazio del “discorso normativo” intersindacale, a paragone di una completa libertà di azione delle associazioni di categoria, in carenza di limita-zioni strutturali frutto del loro porsi come consapevoli ordinatori, e non solo quali ordinati?

5. Il significato della centralità del diritto civile e la libertà di azione

Nel documento Legge o contrattazione? (pagine 69-73)

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