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Dialoghi sulla connettività

6.4 Dialogo con Filippo Cavallo

Nel capitolo “Dalla casa intelligente alla casa connessa” facciamo riferimento a un quadro teorico relativo in parte ad aspetti sociali, in parte ad aspetti tecnici, attraverso il quale emerge come il concetto di ‘casa intelligente’ possa essere ricondotto anche al ‘rapporto’ della casa con la rete e con il Web e all’intelligenza 5  Ricercatore presso l’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

degli oggetti che popolano questo spazio, i quali fungono da mezzo di connessione con ciò che sta all’esterno. Durante il dialogo con il Dott. Cavallo si è cercato di focalizzare l’attenzione proprio sugli aspetti che caratterizzano l’evoluzione del concetto di ‘casa intelligente’ e sul potenziale delle tecnologie della connettività. Traccia:

> Qual’è il suo punto di vista in relazione al quadro di riferimento che abbiamo presentato? Ossia, all’idea che non solo l’automazione, intesa come tecnologia che si sostituisce all’azione umana, può contribuire a rendere uno spazio (in questo caso quello domestico) intelligente, ma anche la connettività e la connessione tra alcuni elementi di quello spazio e l’esterno?

> Nel caso di prodotti e sistemi relativi all’ambiente domestico e personale, ritiene che ci siano uno o più ambiti applicativi in cui le opportunità offerte dall’Internet delle Cose possano essere espresse al meglio?

> A suo avviso che tipo di competenze dovrebbe possedere un designer che si occupa di prodotto e di interazione, per lavorare in maniera proficua con un team di esperti elettronici. Su quali aspetti del progetto dovrebbe focalizzare la sua attenzione per offrire un contributo tangibile?

> Considerando che vari teorici, tra cui anche Donald Norman, ritengono che i designer debbano essere degli ‘esperti generalisti’, alla luce dell’esperienza che abbiamo condotto insieme nell’ambito del progetto High Chest, ritiene che in parte il ruolo di noi designer sia stato quello di ‘collegamento e sintesi’ tra i vari gruppi di lavoro? Come potremmo, in futuro, integrare le nostre competenze nell’ambito di progetti sugli ambienti di vita?

La comprensione del tema della connettività, a livello generale, è molto semplice: la realizzazione di un’elevato numero di connessioni consente di creare una intelligenza distribuita nello spazio e nel tempo. A monte dell’idea di connessione c’è il concetto di cloud, ossia la presenza di una piattaforma per la gestione dei dati. Tutti i robot, i dispositivi, gli smartphone e le persone, hanno la possibilità di stabilire una connessione al cloud, immettendo e prelevando dati. Questi dati, essendo estremizzata la possibilità di comunicazione tra i moltissimi nodi elencati poc’anzi, consentono di creare un’intelligenza distribuita nello spazio e nel tempo. Attraverso queste parole, Cavallo sintetizza il vantaggio principale della connettività. L’esempio del sistema di riscaldamento connesso è semplice ma efficace: il sistema manda in cloud dati quali la temperature e l’umidità dell’ambiente domestico, l’abitante che si trova altrove, apprende tali dati attraverso un’interfaccia (in questo caso lo smartphone) e ‘applica’ un algoritmo intelligente tramite il quale comunica al sistema di azionare il riscaldamento. Si tratta di uno degli algoritmi più elementari e in linguaggio di programmazione questo tipo di struttura si chiama “if/than”. Nel cloud chiaramente ci sono decine e decine di dati di vario tipo, gestiti da un’intelligenza artificiale che può essere in grado di coordinare dal traffico

autostradale alla sicurezza di un ospedale; il poter condividere i dati in cloud, attraverso la connettività, diventa una cosa molto importante.

Cavallo è d’accordo sul fatto che non solo l’automazione, intesa come tecnologia che si sostituisce all’azione umana, può contribuire a rendere uno spazio intelligente, ma anche la connettività e la connessione tra alcuni elementi di quello spazio e l’esterno ne amplificano il concetto. Egli afferma che non dovremmo lavorare a tecnologie che si sostituiscono alle persone, bensì che ne amplifichino le capacità. Nel caso dell’Ambient Assisted Living, tema sul quale il team di ricerca di Cavallo è impegnato, ad esempio, l’obiettivo non è eliminare la figura dei caregivers e dare alle persone esclusivamente un supporto tramite macchine, anzi è quello di amplificare e migliorare le capacità (fisiche, intellettive o cognitive) dei caregivers, attraverso strumenti tecnologici significativi.

In relazione all’ambiente domestico e personale, l’ambito applicativo dell’assistenza sociale, dell’assistenza sanitaria e più in generale dell’Healthcare (attraverso un nuovo concetto di sanità) è quello che, secondo Cavallo, è più promettente per le tecnologie della connettività. Tuttavia le potenzialità sono elevate anche in altri settori; basti pensare, ad esempio, a quello della filiera alimentare, a partire dalla produzione (e quindi la gestione delle coltivazioni, la trasformazione, il trasporto) fino alla conservazione e consumazione domestica del cibo. Per quanto riguarda le applicazioni più legate all’entertainment, in realtà distanti da quello che è il suo operato, Cavallo afferma che potrebbero rivelarsi quelle meglio recepite dal mercato. In questo caso, certe applicazioni, potrebbero creare un mercato tale da generare ricerca e sviluppo su tecnologie, potenzialmente applicabili altrove e quindi innescare fenomeni di trasferimento tecnologico. Avendo partecipato anche a diversi meeting presso la Commissione Europea, egli, afferma che in generale se, effettivamente, il fenomeno dell’Internet of Things dovesse esplodere, potenzialmente rappresenta un’opportunità di business per qualunque settore e qualunque azienda. Perciò se le aziende del comparto casa, ad esempio, quelle che producono cucine, piuttosto che sedute o complementi, iniziano a ragionare sull’applicazione di sensori per rendere i mobili connessi e capaci di implementare nuovi servizi e quindi generare dei valori aggiunti per le persone (percepibili nell’immediato o in un secondo tempo), potrebbero individuare dei nuovi canali per creare profitto. Sicuramente per l’arredo ci sono dei margini di applicabilità. Ormai anche i mobili sono in grado di twittare, perciò tutto il comparto dell’arredo potrebbe essere rivoluzionato, attraverso interazione, automazione e connettività. In relazione alla figura del designer nell’ambito del progetto di artefatti e sistemi tecnologici, Cavallo afferma che la multidisciplinarità è, sempre più, un aspetto imprescindibile. Qualsiasi figura professionale dovrebbe possedere una mente sufficientemente ‘aperta’ da permetterle di dialogare in modo proficuo con le altre, egli afferma che “anche noi ingegneri ci stiamo interfacciando un po' al design, un po' alla psicologia, un po' alla sociologia, tutti temi che mai ci saremmo aspettati di dover trattare”. E prosegue che a suo avviso non si tratta tanto di

essere esperti di varie materie quanto più di riuscire a creare un dialogo con le varie figure professionali e riuscire a cooperare; nell’ambito della tecnologia questo è fondamentale. Quindi la multidisciplinarità non solo come conoscenza di altre materie quanto come capacità di relazionarsi con i rispettivi esperti, dai quali, ovviamente, ci si aspetta la stessa disponibilità. Infine, volendo individuare dei temi specifici che potrebbero contribuire a rendere più produttivo il ruolo del designer all’interno di team di lavoro composti anche da esperti elettronici, Cavallo ritiene che sarebbero importanti conoscenze di base di Meccatronica. Sarebbero utili per avere un’idea più precisa di come si azionano e come si leggono dei sensori, come si usa l’informazione del sensore e come, poi, si esegue l’attuazione.

6.5 Dialogo con Gavin Proctor

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Nel corso della ricerca, in varie occasioni, si è fatto riferimento al lavoro sulle tecnologie, fortemente guidato dal design, portato avanti dall’azienda olandese. Citando come casi rappresentativi esperienze condotte nel corso degli anni passati, ci è sembrato opportuno fornire anche un contributo sull’attuale visione di Philips in relazione al tema della nostra indagine, al fine di comprendere in quale direzione un’importante rappresentante del mondo dell’impresa si stia muovendo e, a distanza di qualche anno, quali siano le sensazioni in merito alle esperienze pregresse. A questo proposito abbiamo chiesto al Dott. Gavin Proctor di riportarci la visione dell’azienda sul tema della casa intelligente. Lasciamo il contributo in lingua originale per non influenzare il significato attraverso la traduzione.

Q: With respect to the current vision of Philips about ‘intelligent’ home, does it is the same related to Ambient Intelligence ‘period’? What is different?

A: Your question; Ambient Intelligence and intelligent home…Although two completely different periods of time they are of course related. The intelligent, 'smart' or 'connected' home is now becoming a reality within the consumer electronics industry due to the emergence of internet of things, cloud connectivity, ubiquity of smartphones, big data, etc. (most of these things we refer to as 'digital eco-systems') whereas ambient intelligence was a vision. I’m not entirely sure myself if I'm pleased with everything I see happening today with the smart home movement; to some extent I still feel that it's technology push and I wonder how many people are really in need of it or exactly what benefits it provides but I guess we are approaching the tipping point. There are many aspects of Ambient Intelligence vision currently unfolding - largely sensor technology becoming embedded in so many devices (think how many sensors are in your smartphone) which enable devices to become smart - when connected with computing power (data processing capability) and whenever such devices also have adaptive, learning 6  Design Manager Director presso Philips.

capabilities. By and large a lot of the adaptive capabilities of smart product today are on-line services, apps, software - so smart devices are now product and service combinations. In Ambient Intelligence we also hypothesized that computing power would become embedded in everyday objects. Here we were wrong. There's no need. All the computing power required to make devices smart is contained in the smartphone in one's pocket and all that a smart device needs to make use of that computing power is the ability to connect with your smartphone - and from there with the cloud. One of the points we did try to make within Ambient Intelligence was that smart devices (or spaces) would need to learn etiquette. Just like human beings when we interact with each other we need to understand context and we need to interact according to social norms or manners. I'm not yet convinced that our current day smart devices have learned this important aspect of behavior as yet.